Il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all'articolo 55-quinquies (in tema di assenza dal servizio dei pubblici dipendenti e responsabilità e sanzioni per i medici), comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001:
La RT afferma che la disposizione è di carattere ordinamentale e non comporta maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le attività certificatorie attraverso la telemedicina saranno svolte dal personale medico deputato con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare, atteso che non emergono dal dispositivo elementi che possano implicare la necessità di un potenziamento a carico degli enti sanitari pubblici dei sistemi di telemedicina, per i quali – laddove e nella misura in cui già esistenti – si dispone di fatto soltanto l’utilizzo per funzioni di certificazione medica.
Il comma 1, integrando l'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 288 del 2003, precisa che il consiglio di amministrazione dell’istituto “Giannina Gaslini” di Genova è nominato con decreto del Ministro della salute, sulla base della composizione prevista dallo statuto. Con il suddetto decreto è altresì nominato il Presidente del consiglio di amministrazione, su designazione della Fondazione “Gerolamo Gaslini”.
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
L’articolo 25, introducendo alcune modifiche al D.Lgs. 3 ottobre 2009, n. 153, è finalizzato ad ampliare la gamma di servizi erogabili dalle farmacie ai sensi del citato provvedimento.
In tal senso il comma 1 dispone una serie di modifiche al comma 2 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 153/2009, consentendo alle farmacie ed ai farmacisti: di dispensare per conto delle strutture sanitarie non solo i farmaci, ma anche i dispositivi medici necessari al trattamento dei pazienti (lett. a); di eseguire le prestazioni analitiche di prima istanza anche se non rientranti nell’ambito dell’autocontrollo (lett. b); di somministrare nei confronti dei soggetti di età non inferiore a dodici anni i vaccini rientranti nel Piano di prevenzione vaccinale da parte di farmacisti opportunamente formati a seguito del superamento di specifico corso abilitante e di successivi aggiornamenti annuali, organizzati dall'Istituto superiore di sanità (non soltanto quindi, come a normativa vigente, quelli antiinfluenzali e anti SARS-COV 2), oltre che di effettuare (come già attualmente previsto) test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo (lett.c); di effettuare test diagnostici per il contrasto all’antibiotico-resistenza ai fini dell’appropriatezza prescrittiva; di effettuare servizi di telemedicina nel rispetto dei criteri indicati nelle linee guida nazionali (lettera d). Viene infine consentito ai cittadini di operare in farmacia la scelta del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta tra quelli convenzionati con il Servizio sanitario regionale (lettera e).
Il comma 2 specifica che sono a carico degli utenti le prestazioni erogate dalle farmacie riguardanti la somministrazione di vaccini, l’effettuazione di test per il contrasto all’antibiotico-resistenza e l’effettuazione di servizi di telemedicina (lettere da e-quater ad e-sexies dell’articolo 1, comma 2, del citato D.Lgs. n. 153/2009).
Ai titolari di farmacia è consentito l’utilizzazione di locali separati da quelli in cui è ubicata la farmacia medesima per l’erogazione dei servizi sanitari di cui all’articolo 1 del citato D.Lgs. n. 153/2009: in ogni caso in tali locali è vietato il ritiro delle prescrizioni mediche e qualsiasi dispensazione o vendita di farmaci o di altri prodotti (comma 3).
L’erogazione in locali separati dei servizi sanitari è soggetta alla previa autorizzazione da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente, nonché all’accertamento dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali. L’amministrazione, in particolare, verifica che i locali ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza prevista in pianta organica e che siano situati a una distanza non inferiore a duecento metri dalle altre farmacie e dai locali ove sono svolti i servizi sanitari di pertinenza di altre farmacie. La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia (comma 4).
Per consentire ai cittadini un’immediata identificazione dei servizi sanitari offerti nei locali di cui al comma 2, i titolari di farmacia appongono presso i locali stessi, oltre alla croce verde identificativa della farmacia, un’insegna riportante la denominazione «Farmacia dei servizi» e forniscono idonea informazione sulla esatta identificazione dei soggetti titolari di farmacia che offrono i servizi medesimi (comma 5).
Viene poi previsto che due o più farmacie, di proprietà di soggetti diversi, possono esercitare in comune i servizi sanitari di cui all’articolo 1 decreto legislativo n. 153 del 2009, anche utilizzando i medesimi locali separati di cui al comma 2, previa stipula del contratto di rete. L’autorizzazione all’utilizzo dei locali di cui al comma 2 da parte delle farmacie che hanno stipulato il contratto di rete è rilasciata al rappresentante di rete (comma 6)
Il comma 7 stabilisce che dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La RT precisa che l’articolo incide sulla disciplina concernente l’erogazione dei servizi da parte delle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, al fine di ampliare la gamma dei servizi assicurati dalla rete delle farmacie territoriali e migliorare l’accessibilità alle cure dei pazienti e dei loro caregiver, da erogarsi in ogni caso ad invarianza di oneri come previsto in generale dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 153 del 2009. L’introduzione di questo panel di nuovi servizi attivabili dalle farmacie dà, dunque, al cittadino maggiore opportunità di scelta nel profittarne, evidentemente, con oneri a suo diretto carico. Parallelamente si registra anche la possibilità per le regioni di poter inserire tali servizi nei loro programmi di abbattimento delle liste d’attesa (che trova suo finanziamento specifico anche nell’ultima legge di bilancio) e/o prevenzione vaccinale.
La possibilità di eseguire in farmacia vaccinazioni ovvero test diagnostici per l’antibiotico resistenza non implicano un incremento di prestazioni (vaccini o test, appunto) ma semplicemente offrono al cittadino la possibilità di eseguirli in farmacia in termini di prossimità e di facilità di accesso a prestazioni sanitarie fondamentali con oneri a proprio carico. In aggiunta, si sottolinea che alcuni fra questi servizi, come alcune vaccinazioni qui estese e la dispensazione per conto dei dispositivi medici, sono già presenti e regolati in alcune Regioni.
In particolare, per quanto attiene alle previsioni di cui al comma 1, lettere c) e d), non si rinvengono oneri a carico della finanza pubblica, in quanto, come specificato al comma 2, le relative prestazioni sono a carico degli utenti.
Con riferimento alle esigenze formative, di abilitazione e formazione poste a carico dell’Istituto Superiore di Sanità, si rappresenta che l’Istituto già oggi garantisce, con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, l’erogazione di corsi di formazione per le attività vaccinali nei confronti di tutti i farmacisti, non ravvisandosi pertanto alcun aggravio di attività rispetto a quanto praticato finora.
Per quanto attiene all’utilizzo di locali esterni da parte delle farmacie per l’esecuzione dei servizi di cui al decreto legislativo n. 153 del 2009, la proposta normativa non prevede oneri a carico della finanza pubblica, atteso che le attività logistiche, di allestimento, di manutenzione e di conduzione delle strutture ricadono esclusivamente in capo al titolare della farmacia.
In relazione alla attività di autorizzazione e verifica dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali da parte delle amministrazioni sanitarie territorialmente competenti, di cui al comma 3, la RT rappresenta che tali accertamenti sono già ordinariamente eseguiti da quelle stesse autorità sanitarie nell’ambito delle verifiche condotte presso le farmacie territoriali. Sul punto rammenta che analoghe previsioni erano già contenute nella previgente normativa e nel Protocollo d’Intesa tra il Governo, le regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e le Associazioni di categoria del 22 luglio 2022, con cui sono state disciplinate, appunto, le operazioni di verifica di idoneità delle aree, locali e strutture – anche esterne alle farmacie – per la somministrazione di vaccini e test, da parte delle Amministrazioni competenti, senza che sia mai stata evidenziata la ricorrenza di ulteriori profili di spesa rispetto a quelli che ordinariamente competono a quelle stesse Amministrazioni.
Pertanto, per come disposto dal comma 7 dell’articolo in parola, le disposizioni in oggetto non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto la norma prevede espressamente, al comma 3, che tutte le prestazioni erogate dalle farmacie ai sensi dell’articolo 25, comma 1, siano a totale carico degli assistiti.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, in relazione alle attività formative svolte dall’Istituto superiore di sanità, si rileva che l’ampliamento dei vaccini che possono essere somministrati dal personale delle farmacie potrebbe richiedere una modifica delle attività formative già svolte oggi dall’Istituto, per cui andrebbe approfondita l’equivalenza in termini di impegno da parte dell’Istituto nell’erogazione dei corsi di formazione.
Per il resto, non vi sono rilievi da formulare, alla luce di quanto disposto dal comma 2 e dei chiarimenti forniti dalla RT in relazione all’attività di autorizzazione e verifica dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali da parte delle amministrazioni sanitarie territorialmente competenti.
Il comma 1 apporta le seguenti modificazioni alla legge n. 107 del 2010:
La RT rammenta che la legge n. 107 del 2010 considera attualmente come sordocieche le sole persone cui vengano “distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente, in materia di sordità e di cecità civile”. Per effetto di questa definizione, il riconoscimento della condizione di sordocecità è attualmente escluso nei confronti delle persone cieche che hanno sviluppato compromissioni dell’udito in seguito al compimento del dodicesimo anno di età. Tale quadro fa sì che – come sottolineato dalla R. Ill. – un numero particolarmente elevato di persone sordocieche sia di fatto privo di riconoscimento, soprattutto se si considera che, secondo l’ISTAT, buona parte delle persone con problemi di vista e udito riscontra tali minorazioni in età avanzata.
Le modifiche apportate ampliano la portata della definizione vigente, al fine di garantire il riconoscimento della condizione di sordocecità a tutti coloro che manifestano durature compromissioni totali o parziali combinate della vista e dell’udito, congenite o acquisite, a prescindere dall’età di insorgenza. Si garantisce, quindi, il riconoscimento della condizione di sordocieco:
L’estensione della definizione è priva di effetti sul piano finanziario in quanto non incide sul riconoscimento delle indennità e delle prestazioni previste dalla normativa vigente in materia di cecità civile, di sordità civile e di invalidità civile.
Infatti, le persone già cieche che sviluppano una duratura compromissione dell’udito, acquisita successivamente al superamento dell’età evolutiva, continueranno a percepire, laddove ne esistano i presupposti, solo le prestazioni di invalidità civile. Infatti, non presentando i requisiti per il riconoscimento della condizione di sordità non possono richiedere né la pensione di sordità né l’indennità di comunicazione, che saranno invece erogate come previsto dalla normativa vigente solo in caso di presenza dei requisiti previsti dall’articolo 1 della legge n. 381 del 1970 (che considera sordo il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio) e dall’articolo 4 della legge n. 508 del 1988 (indennità di comunicazione non reversibile ai sordomuti come definiti dalla disposizione appena citata).
La spettanza di tali prestazioni e indennità, infatti, rimane subordinata al possesso dei requisiti previsti dalle rispettive normative di riferimento, i quali prescindono dal riconoscimento della condizione di sordocecità, come chiarito anche dalla modifica apportata dalla proposta normativa all’articolo 2, comma 2, della citata legge n. 107 del 2010.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, atteso che la disposizione in esame, volta a ridefinire il concetto di sordo-cecità, estendendone la portata, si limita a prevedere l’erogazione in forma unificata delle indennità già previste a l.v. ai soggetti ciechi e sordi (con sordità non congenita o acquisita durante l’età evolutiva) – come espressamente stabilito dal numero 2) della lettera b) -, non vi sono osservazioni da formulare.