| Senato della Repubblica | XIX LEGISLATURA |
Servizio del bilancio
A.S. 1184: "Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese"
Riferimenti:
L’articolo riduce da dodici a sei mesi il termine entro il quale le pubbliche amministrazioni possono procedere all’annullamento di ufficio dei provvedimenti amministrativi di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici. A tal fine, la disposizione modifica l’articolo 21-nonies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che disciplina in via generale, nell’ambito dei procedimenti di autotutela della pubblica amministrazione, l’annullamento d’ufficio, con il quale l’amministrazione rimuove il provvedimento di primo grado. L’annullamento può essere disposto dallo stesso organo che ha emanato il provvedimento o da altro organo previsto dalla legge.
La RT riferisce che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica
Al riguardo, si conviene con la RT sul carattere ordinamentale della misura, che non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Pertanto, non ci sono osservazioni.
L’articolo 2, comma 1, modifica le norme concernenti l’interscambio di pallet(1) .
Tali norme obbligano i soggetti che ricevono “pallet interscambiabili” a qualunque titolo – fatta salva la compravendita o la cessione a titolo gratuito – a restituire un uguale numero di pallet, aventi le medesime caratteristiche di quelli ricevuti, al proprietario o al committente o ad altro soggetto da questi indicato. Le novelle incidono sulle modalità di calcolo del valore di mercato dei pallet interscambiabili, affidato, secondo la disciplina novellata, alle organizzazioni nazionali, europee o internazionali di riferimento, che costituiscono i cosiddetti “Sistemi-pallet”.
Sono inoltre introdotte modifiche alla disciplina sul buono pallet (voucher nel testo vigente) emesso quando sia impossibile procedere immediatamente all’interscambio, nonché alla procedura da seguire per lo scambio.
Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.
La RT chiarisce che la novità della disposizione in esame consiste nella metodologia di calcolo del valore del pallet, che non viene più demandata ad un decreto ministeriale, ma è rimessa alla libera contrattazione delle parti secondo il regime convenzionale riconosciuto dalle Organizzazioni che nell’ambito di ciascun Sistema-pallet adottano una metodologia di calcolo del valore medio di mercato del pallet di appartenenza (EPAL, EUR-UIC, altri), e ne danno attuazione effettuandone il calcolo e pubblicandone il valore sul proprio sito web ufficiale, oltre ad effettuare ai sensi del comma 10 una attività di monitoraggio e controllo del corretto funzionamento del sistema di interscambio di pallet e di conseguente informazione delle autorità competenti circa possibili violazioni.
La norma ha carattere definitorio (art. 17-bis – Istituzione del sistema di interscambio di pallet – Finalità, ambito di applicazione e definizioni) e regolatorio (art. 17-ter – Disciplina del sistema di interscambio di pallet) e quanto alle modalità di funzionamento e di controllo, nonché alla sua attuazione, è integralmente rimessa alle attività dei c.d. “Sistemi-pallet”, che sono organizzazioni nazionali, europee o internazionali di riferimento per i pallet interscambiabili, di cui definiscono le caratteristiche tecniche di produzione e riparazione, per i cui requisiti si richiama quanto dettagliatamente indicato al comma 1 della disposizione in esame.
La disposizione, dunque, non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, essendo la misura e la sua attuazione interamente rimessa a compiti posti in capo a ciascun Sistema-pallet. Il Ministero delle imprese, infatti, quale unica amministrazione richiamata dalla disposizione è unicamente destinatario delle linee guida che sono predisposte dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative coinvolte nel sistema di interscambio di cui dal comma 13.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, nulla da osservare.
1) Si tratta di piattaforme rigide utilizzate per la movimentazione di materiali mediante carrelli transpallet o carrelli elevatori a forche e altre attrezzature di movimentazione, anche costruite o equipaggiate con strutture superiori.
Il comma 1 apporta le seguenti modificazioni alla legge n. 6 del 1989:
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
La norma introduce il comma 1-bis all’articolo 20 del codice della strada al fine di introdurre la possibilità per le strutture alberghiere di ottenere la concessione, in via temporanea, di porzioni di sedimi stradali pubblici ad uso parcheggio e per il carico e lo scarico di bagagli, pur nel rispetto delle limitazioni generali previste dalla normativa sull’occupazione della sede stradale.
La RT afferma che la disposizione introduce la possibilità, per le strutture alberghiere, di ottenere in concessione, in via temporanea, porzioni di sedimi stradali pubblici ad uso parcheggio e per il carico e lo scarico di bagagli, sottoponendola alle limitazioni generali previste dalla normativa sull’occupazione della sede stradale e non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, atteso che la norma è suscettibile di produrre maggiori entrate per la finanza pubblica che prudenzialmente non sono quantificate, non si hanno osservazioni da formulare.
La norma apporta modifiche all’articolo 172-bis del Codice della navigazione. In particolare, la lettera a) introduce il nuovo comma 1, ai sensi del quale, i lavoratori marittimi arruolati secondo il patto di cui all’articolo 327, comma 2, del medesimo codice della navigazione (quello per cui il contratto di lavoro non afferisce a una nave determinata, ma a una qualsiasi della flotta dell’armatore) possono essere adibiti al servizio nell’ambito dei porti e delle rade o a servizi pubblici di linea o privati di carattere locale e nazionale in presenza dei seguenti requisiti e con le seguenti modalità:
La lettera b) introduce una modifica al comma 2 al fine di precisare che l’armatore ha l’obbligo di comunicare giornalmente all’autorità marittima che ha rilasciato l’autorizzazione la composizione effettiva dell’equipaggio di ciascuna nave o galleggiante e le successive variazioni.
La lettera c) apporta una modifica al comma 4 al fine di sostituire la modalità attraverso la quale l’armatore adempie all’obbligo di comunicazione giornaliera di cui al comma 2 del medesimo articolo e l’utilizzo del telefax viene sostituito con quello della comunicazione in formato digitale.
La lettera d) introduce al comma 5 l’obbligo per l’armatore di comunicare settimanalmente all’autorità marittima che ha rilasciato l’autorizzazione l’orario di lavoro effettivamente compiuto dai marittimi di cui al comma 1.
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, stante in contenuto ordinamentale della disposizione, non si hanno osservazioni da formulare.
Il comma 1, lettera a) modifica l’articolo 328 del Codice della navigazione, al fine di uniformare la convenzione di arruolamento dei lavoratori marittimi stipulata in Italia a quella stipulata all’estero. Le modiche al comma 1 dell’articolo 328 prevedono che il contratto di arruolamento del comandante della nave deve essere stipulato per atto pubblico ricevuto dall'autorità marittima del porto dove si trova la nave o, se la nave è all'estero, dall'autorità consolare o dall'autorità marittima del porto di iscrizione della nave o del domicilio del comandante o dell'armatore. I contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio diversi dal comandante e del personale addetto ai servizi complementari di bordo devono, a pena di nullità, essere stipulati per iscritto dal comandante della nave ovvero dall'armatore o da un suo procuratore, alla presenza di due testimoni, i quali vi appongono la propria sottoscrizione.
Inoltre, il novellato comma 2 dell’articolo 328 inserisce la possibilità che il contratto possa essere annotato non solo dall’autorità marittima, come precedentemente previsto, ma anche da quella consolare. Una mancata annotazione comporta la nullità dello stesso. Nei contratti di arruolamento del comandante, inoltre, si specifica che, quando la nave è all’estero e il contratto è stipulato per atto pubblico ricevuto dall’autorità marittima del porto di iscrizione della nave o del domicilio del comandante o dell’armatore, l’annotazione è effettuata dall’autorità marittima o consolare nel primo porto di approdo in cui ha sede tale autorità. Le citate disposizioni non si applicano nei casi previsti dall’articolo 330, quindi per le navi di stazza lorda non superiore alle cinque tonnellate. Per queste imbarcazioni, infatti, il contratto può essere fatto verbalmente.
Il comma 1, lettera b), abroga l’articolo 329 del codice della navigazione contenente la disciplina per la stipulazione del contratto in località estera che non è sede di autorità consolare.
Infine, il comma 2 abroga parte del comma 1 dell’articolo 103-bis del decreto-legge n. 18 del 2020, relativo ad un regime transitorio, valido fino al 31 dicembre 2024, per la stipula dei contratti di arruolamento dei membri dell’equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo.
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, atteso il carattere ordinamentale della disposizione, non si hanno osservazioni da formulare.
L’articolo 7 apporta ulteriori modifiche al Codice dalla navigazione, al fine di semplificare la procedura di accettazione al comando della nave da parte del comandante. In particolare, il comma 1 prevede la possibilità di effettuare la dichiarazione di accettazione anche in modalità digitale. Il comma 2 reca invece una modifica al D.P.R. n. 328 del 1952, eliminando, conseguentemente, le modalità telegrafiche previste attualmente dal citato Codice
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, atteso il carattere ordinamentale della disposizione, non si hanno osservazioni da formulare.
Il comma 1, al fine di riordinare e semplificare la disciplina del servizio sanitario reso a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana, demanda ad apposito regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, l’individuazione dei requisiti dei medici e degli infermieri che possono prestare assistenza sanitaria a bordo, dei modi di selezione, delle condizioni di imbarco, dei compiti e dei percorsi di formazione.
Il comma 2 stabilisce che con il regolamento di cui all'articolo 34, comma 1, del decreto legislativo n. 271 del 1999, sono individuate le tipologie di nave che devono dotarsi di cabine per quarantena o isolamento, di locali di medicazione e di un ospedale di bordo, e sono definite le caratteristiche strutturali e tecniche dei locali all'uopo adibiti.
Il comma 3 abroga, dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1, il capo IV (recante disposizioni in materia di medici di bordo) del regolamento sulla sanità marittima di cui al regio decreto n. 636 del 1895.
La RT afferma che la norma presenta natura ordinamentale e, pertanto, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Rappresenta, infatti, che i medici e gli infermieri di bordo non sono convenzionati con il SSN. I medici e gli infermieri di bordo vengono, invece, contrattualizzati privatamente dagli armatori. Inoltre, i corsi di formazione previsti dalla disposizione sono organizzati da strutture di formazione abilitate/autorizzate dal Ministero della salute, che fa da garante sulla presenza dei requisiti e sulle materie di insegnamento proprio affinché ci sia uniformità nell'erogazione dei corsi sul territorio nazionale. Tali corsi di formazione sono a carico delle strutture formative abilitate e i medici vi partecipano pagando una quota di iscrizione che copre le spese di erogazione dei corsi e le eventuali commissioni esaminatrici non sono, quindi, a carico della finanza pubblica.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, preso atto dei chiarimenti forniti dalla RT e della natura ordinamentale delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, si rileva che l’abrogando articolo 37-bis del capo IV del regolamento sulla sanità marittima di cui al regio decreto n. 636 del 1895, stabilisce al sesto comma che “le spese che possono occorrere per la convocazione della commissione (prevista in caso di nuovi accertamenti sull’idoneità del medico a svolgere attività a bordo) sono a carico del sanitario interessato, che versa in deposito preventivo alla competente sezione di tesoreria provinciale la somma che il Ministero dell'interno indica per il tramite del prefetto”. Ne consegue che l’abrogazione di tale disposizione (si consideri che l’ultima revisione delle autorizzazioni all’imbarco come medico di bordo – nel cui regime rientra la disposizione in questione – è stata disposta con decreto direttoriale 3 marzo 2023, per cui la norma non sembra disapplicata e, pertanto, obsoleta), ove non riproposta nel nuovo regolamento, appare suscettibile di determinare minori entrate, anche se va altresì osservato che tali somme sembrano integralmente destinate al funzionamento della commissione, nel qual caso l’abrogazione sarebbe comunque finanziariamente neutra. Tale ricostruzione andrebbe confermata, escludendo che parte dei suddetti proventi resti attualmente acquisita all’entrata.
Il comma 1, integrando l'articolo 44, comma 5, del decreto-legge n. 73 del 2022, dispone che le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possano avvalersi anche delle rispettive articolazioni territoriali ai fini della già prevista presentazione dell’istanza per l’esclusione dell’asseverazione della richiesta di assunzione, laddove le medesime organizzazioni abbiano sottoscritto con il Ministero del lavoro un apposito protocollo di intesa, in relazione alle assunzioni di lavoratori stranieri a seguito dei cd decreti “flussi”.
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
L’articolo prevede l’aggiornamento della disciplina del credito di imposta concesso in favore delle fondazioni bancarie in caso di determinate operazioni di fusione al fine di sostituire, per l’effettiva assegnazione del beneficio, il criterio dell’ordine cronologico di presentazione delle delibere d’impegno attualmente previsto con l’ordine temporale di stipula dell’atto pubblico di fusione. La norma propone inoltre delle semplificazioni con riferimento alle modalità di comunicazione da parte dell’Agenzia delle entrate a ciascuna fondazione dell’ammontare del credito d’imposta riconosciuto annualmente, nonché delle modalità di compensazione del credito d’imposta medesimo. A tal fine, si novella la disciplina di cui all’art. 1, commi da 396 a 400, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, relativa a misure di incentivazione fiscale volte a favorire la fusione tra fondazioni, al fine di sopperire alle esigenze di sostegno delle comunità delle fondazioni che versano in uno stato di gravi difficoltà nell’espletamento della propria missione istituzionale. In particolare, è stato previsto un credito d' imposta in favore delle fondazioni bancarie incorporanti pari al 75 per cento delle erogazioni in denaro previste nei relativi progetti di fusione per incorporazione e successivamente effettuate a beneficio dei territori di operatività delle fondazioni incorporate, le quali versino in gravi difficoltà ai sensi del comma 397.
In particolare, alla lettera a), ai punti 1) -7) ai fini dell’effettiva assegnazione del credito d’imposta in favore delle Fondazioni incorporanti, è sostituito il vigente criterio dell’ordine cronologico di presentazione delle delibere d’impegno previsto dal comma 398 con l’ordine temporale di stipula dell’atto pubblico di fusione (comma 1, lettera a), numeri 1) e 2)). La norma propone, inoltre, delle semplificazioni con riferimento alle modalità di comunicazione da parte dell’Agenzia delle entrate a ciascuna fondazione, e per conoscenza all’ACRI, dell’ammontare del credito d’imposta riconosciuto annualmente per ciascuno degli anni indicati nelle rispettive delibere d’impegno (comma 1, lettera a), numeri 3) e 4)). Si precisa inoltre che la concessione del credito d’imposta avviene successivamente all’assunzione delle delibere di impegno da parte delle fondazioni incorporanti (comma 1, lettera a), numero 5)).
Alla lettera b), punti 1) e 2) del comma 399, sono inserite modifiche volte a semplificare le modalità di compensazione del credito d’imposta riconosciuto alle fondazioni incorporanti che hanno effettuato le erogazioni riducendo gli adempimenti dichiarativi precedentemente previsti.
La RT si limita ad evidenziare che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, si conviene con la RT in merito al tenore essenzialmente procedurale e ordinamentale delle disposizioni modificative in esame, che non sono suscettibili di modificare gli effetti d’impatto da ritenersi già scontati nei tendenziali di spesa ai sensi della legislazione vigente(2) .
2) La rel.ill. riferisce che la misura agevolativa, riconosciuta fino a esaurimento delle risorse annue disponibili, pari a 6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, rappresenta un importante incentivo, utile a corroborare, e contribuire a determinare, la volontà di quelle fondazioni che, essendo potenzialmente in grado di incorporare consorelle in difficoltà, intendano, con spirito solidaristico, farsi carico pro futuro dei bisogni sociali delle comunità e dei territori di riferimento che, in caso contrario, potrebbero restare privi di sostegno. Le norme sono per l’appunto volta a superare, in una prospettiva di semplificazione, alcune criticità derivanti dall’applicazione della disciplina in commento, il cui mancato superamento potrebbe pregiudicare il buon esito delle predette operazioni.
La norma, nel modificare l’articolo 3, comma 1, della legge 30 marzo 2001, n. 130, introduce misure di semplificazione in materia di rilascio delle autorizzazioni all’inumazione, alla tumulazione, alla cremazione e all’affido o dispersione delle ceneri.
In particolare, si stabilisce che l'autorizzazione alla cremazione spetta all'ufficiale dello stato civile del comune di decesso, che la rilascia acquisito un certificato in carta libera del medico necroscopo dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato ovvero, in caso di morte improvvisa o sospetta segnalata all'autorità giudiziaria, il nulla osta della stessa autorità giudiziaria, recante specifica indicazione che il cadavere può essere cremato. Il rilascio dell'autorizzazione alla cremazione avviene anche in modalità digitale, e l’acquisizione del certificato del medico necroscopo avviene in modalità digitale, in alternativa all’acquisizione del predetto certificato in forma cartacea.
Inoltre, gli avvisi, le autorizzazioni e tutti i documenti necessari per la cremazione e l’affido o la dispersione delle ceneri vengono formati e inoltrati tempestivamente da parte del comune in cui è avvenuto il decesso agli aventi titolo ovvero all’impresa funebre incaricata, anche per via telematica.
Infine, sono rese con qualsiasi mezzo idoneo, anche in formato digitale, garantendo in ogni caso l'identità del dichiarante, e sono acquisite, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, anche per via telematica, le dichiarazioni dei familiari del defunto in tema di autorizzazione alla cremazione.
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le attività ivi previste continueranno ad essere svolte dagli enti locali nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, nel presupposto che la digitalizzazione di tutte le fasi dei processi relative al rilascio delle autorizzazioni all'inumazione, alla tumulazione, alla cremazione e all'affido o dispersione delle ceneri possa essere svolto dagli enti e dagli uffici coinvolti nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, così come assicurato dalla RT, non si hanno osservazioni da formulare.
La norma riduce da due anni ad un anno dalla scomparsa il termine per la proposizione della domanda giudiziale di dichiarazione di assenza, e da dieci a cinque anni il termine per la dichiarazione di morte presunta da parte del Tribunale.
La RT afferma che l’articolo è inteso a modificare gli articoli 49 e 58 del codice civile, portando da due ad un anno dalla scomparsa il termine per la proposizione della domanda giudiziale di dichiarazione di assenza, e da dieci a cinque anni il termine per la dichiarazione di morte presunta da parte del tribunale.
Per la RT tale modifica non determina oneri aggiuntivi per l’erario ed è di grandissima importanza per le numerosissime famiglie che si trovano a vivere la tragedia della scomparsa di un congiunto.
Al riguardo, attesa la riduzione dei termini per la proposizione della domanda giudiziale di dichiarazione di assenza e per la dichiarazione di morte presunta da parte del tribunale, andrebbe assicurato che il presumibile incremento delle domande possa essere evaso dai tribunali nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.
L’articolo novella le disposizioni vigenti in materia di deposito presso il tribunale di perizie stragiudiziali (con particolare riguardo alle traduzioni “giurate”), stabilendo che queste possano essere formate, sottoscritte e trasmesse in via telematica e che in tal caso debbano contenere anche il giuramento.
La RT assicura che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, si conviene con la RT in merito al tenore essenzialmente ordinamentale delle disposizioni in esame. Peraltro, come confermato anche dalla relazione illustrativa, le modificazioni in esame, riducendo i tempi e i costi delle attività delle cancellerie dei tribunali dedicate alle asseverazioni dei traduttori, potrebbero far conseguire un miglioramento dell’efficienza per le Pubbliche Amministrazioni e gli uffici giudiziari.
La norma modifica l’articolo 20, comma 8, del D.P.R. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di costruire.
In particolare, la lettera a) sopprime la parte del citato comma 8, primo periodo, che impedisce la formazione del silenzio-assenso in caso di sussistenza di vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali e assoggetta la domanda, in presenza di tali vincoli, alla conferenza dei servizi. La lettera b) integra invece il medesimo comma 8, primo periodo, assoggettando la domanda di permesso di costruire per cui sussistano vincoli di assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali alle disposizioni sulla conferenza dei servizi previste agli articoli 14 e seguenti della legge 241/1990, facendo tuttavia salva la formazione del silenzio-assenso sulla domanda stessa nel caso in cui per il medesimo intervento siano stati già acquisiti e siano in corso di validità i relativi provvedimenti formali di autorizzazione, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, previsti dalla normativa vigente e rilasciati dall’autorità preposta alla cura dei predetti interessi sugli elaborati progettuali oggetto della domanda di permesso di costruire.
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, stante il carattere ordinamentale della disposizione, non si hanno osservazioni da formulare.
L’articolo 15 modifica il regime di restituzioni relativo ai beni oggetto di donazioni, sostituendo l’attuale sistema che prevede la possibilità di esperire un’azione di riduzione del bene immobile donato (che a determinate condizioni può concludersi con la restituzione del bene immobile alla massa ereditaria), con un nuovo sistema basato sull’indennizzo economico dell’erede o del legatario leso.
A tal fine il comma 1 riforma numerosi articoli del codice civile dedicati all’azione di riduzione della donazione ed in particolare a quella riguardante i beni immobili.
Il comma 2 stabilisce che gli articoli 561, 562, 563, 2652 e 2690 del codice civile, come modificati dal comma 1 del presente articolo, si applicano alle successioni aperte dopo la data di entrata in vigore della presente legge. Alle successioni aperte in data anteriore, i medesimi articoli continuano ad applicarsi nel testo previgente e può essere proposta azione di restituzione degli immobili.
La RT evidenzia, riguardo alla disciplina della circolazione degli immobili di provenienza donativa, che dagli ultimi dati statistici a disposizione, pubblicati dal Consiglio nazionale del notariato, le donazioni immobiliari (oltre alle donazioni mobiliari) nel 2021, in Italia, sono state più di 221.000, mentre nel 2022 sono state quasi 213.000.
Si tratta di immobili per i quali la successiva rivendita o il ricorso a finanziamenti garantiti da ipoteca sono gravemente ostacolati dall’attuale disciplina dell’azione di riduzione prima e di restituzione, poi, da parte del legittimario nei confronti non solo del donatario, ma anche dell’avente causa del donatario e dei terzi acquirenti che abbiano acquistato i beni.
La disposizione in esame si inserisce nel solco delle riforme del 2005 in materia, allorché il legislatore ha, in primo luogo, introdotto implicitamente nel nostro sistema il principio della disponibilità dell’azione di restituzione dei legittimari e, in secondo luogo, ha testualmente confermato che la tutela reale del legittimario leso non è assoluta.
Tuttavia, il legislatore, in quella circostanza, non ha enunciato espressamente i termini di esperimento delle predette azioni di riduzione e di ripetizione, lasciando ampi margini relativi alla vocazione retroattiva delle medesime, non fornendo né paletti temporali riguardo alle suddette azioni ai fini della definitiva acquisizione di diritti da parte degli aventi causa dei donatari o dei terzi di buona fede, né fornendo precisazioni sulla disponibilità dell’azione di restituzione, non regolamentando la pubblicità e gli effetti della medesima riguardo all’eventuale atto di rinuncia. La proposta normativa in oggetto, che si esplica nella novella apportata al combinato disposto degli articoli 561, 562, 563 del codice civile, si collega alla esigenza di conservare gli effetti della trascrizione degli atti di beni immobili o beni mobili registrati – che sono stati oggetto di donazione – al fine di consentire il consolidarsi dei negozi da tempo conclusi e la circolazione dei medesimi beni. Pertanto, i terzi acquirenti dei predetti beni vengono tutelati attraverso le modifiche apportate con la riforma degli articoli menzionati, in quanto non vedranno più pregiudicati i loro diritti acquisiti dal donatario, essendo esonerati dalla restituzione dei beni in esame ai legittimari la cui quota sia stata eventualmente lesa. Questi ultimi potranno vantare solo un diritto di credito verso il donatario che dovrà loro compensare, attraverso l’equivalente valore in denaro, la parte di quota che è stata compromessa: unica eccezione riguarda la circostanza in cui il donatario sia insolvente, in tal caso i terzi che abbiano acquistato i beni a titolo gratuito saranno chiamati risarcire per equivalente in denaro gli eredi pretermessi.
La RT illustra poi il regime transitorio di cui al comma 2.
La disposizione non comporta oneri per i bilanci pubblici. Al contrario, potrebbe rendersi foriera di maggiori entrate in conseguenza dell’incremento del numero di trasferimenti e di atti di costituzione di ipoteca, oltre che dell'incremento di ricchezza complessiva derivante dalla ripresa del mercato interessato, che per ragioni prudenziali non si stimano.
Al riguardo, nulla da osservare.
L’articolo 16, comma 1, stabilisce che non può essere autorizzata l'attivazione di più di una classe terminale collaterale per ciascun indirizzo di studi già funzionante in una scuola paritaria. L'attivazione della classe collaterale di cui al primo periodo è subordinata alla notifica del provvedimento di autorizzazione dell'ufficio scolastico regionale, previa motivata richiesta del soggetto gestore, da presentarsi entro il 31 luglio precedente all'anno scolastico di riferimento.
Il comma 2 abroga una previsione che faceva salve le disposizioni del testo unico in materia di
istruzione facenti riferimento agli istituti tecnici e professionali, escludendole da un’abrogazione disposta in precedenza. Per effetto di tale previsione, si determina ora l’abrogazione totale anche di tali disposizioni.
Il comma 3 introduce una specifica disciplina per lo svolgimento degli esami di idoneità che possono essere sostenuti dall'alunno o dallo studente nello stesso anno scolastico, presso una scuola del sistema nazionale di istruzione, per non più di due anni di corso successivi a quello per il quale ha conseguito l'ammissione per effetto di scrutinio finale. Se l'esame di idoneità si riferisce a due anni di corso, la commissione di esame è presieduta da un presidente esterno all'istituzione scolastica, nominato dall'ufficio scolastico regionale. Si demanda a un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la definizione delle tempistiche e delle modalità di svolgimento degli esami di idoneità, nonché le misure di vigilanza per garantirne il corretto svolgimento.
Il comma 4, lettera a), abroga la disposizione che aveva chiamato l’allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a predisporre un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie. La lettera b) rinvia a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge in esame l’applicazione alle scuole paritarie delle disposizioni, rispettivamente, sulla redazione della pagella elettronica degli alunni, sulla messa a disposizione della stessa le famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale nonché sull’adozione dei
registri on line e l’invio delle comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico. Tale lettera prevede altresì che le scuole paritarie del primo e del secondo ciclo di istruzione adottano il protocollo informatico, a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore della legge in esame.
La RT evidenzia che le disposizioni di cui al comma 1 sono volte a meglio definire i requisiti richiesti per il corretto riconoscimento dello status di parità a singole classi che le scuole non statali richiedano di attivare
NUMERO DELLE SCUOLE PARITARIE, RIFERITO ALL’ANNO SCOLASTICO 2023/2024: 11.669(3) |
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FONDI |
I fondi complessivamente destinati nell’anno 2024 alle scuole paritarie sono € 703.730.089 di cui:
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Evidenzia che tale disposizione legislativa ha natura meramente ordinamentale e pertanto non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Rileva che la disposizione di cui al comma 2 ha l’effetto di ripristinare, mediante l’abrogazione dell’articolo 13, comma 8-ter, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, l’abrogazione totale di alcune norme del decreto legislativo n. 297 del 1994, già disposta dall’articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 226 del 2005.
Rileva che tale disposizione legislativa ha natura meramente ordinamentale, e, pertanto, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Sulle disposizioni di cui al comma 3, riferisce che esse sono volte a consentire il corretto svolgimento degli esami di idoneità presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione. La norma, infatti, si limita a demandare a un decreto del Ministro dell’istruzione e del merito la definizione delle modalità di svolgimento di questi esami e tale decreto potrà stabilire che il presidente esterno sia nominato dall’USR fra i dirigenti scolastici del secondo ciclo di istruzione.
Assicura che all’attuazione della disposizione si provvederà mediante le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza pertanto, comportare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Evidenzia che le disposizioni di cui al comma 4 sono volte a rendere effettiva e generalizzata l’adozione di strumenti di dematerializzazione delle procedure amministrative delle scuole e degli adempimenti concernenti i rapporti tra le scuole e le famiglie (lettera a)), precisando espressamente che l’utilizzo della pagella elettronica, del registro on line e del protocollo informatico sia obbligatorio (anche) per le scuole paritarie, che vi provvedono con oneri a proprio carico (lettera b).
Pertanto, assicura che le disposizioni di cui al presente comma non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, si conviene in linea di massima con la RT in merito al tenore essenzialmente ordinamentale delle disposizioni modificative, integrative ed abrogative riportate ai commi 1-4, lettera a).
Sulla lettera b) del comma 4, laddove invece si introducono due nuove disposizioni – i commi 31-bis e 31-ter dell’articolo 7 del decreto-legge n. 95/2012 – volte a chiarire che gli strumenti della pagella elettronica e del registro on line, da un lato, e del protocollo informatico, dall’altro, debbano essere adottati anche dalle scuole paritarie, sancendo l’obbligatorietà dell’uso degli strumenti elettronici anche per tali scuole, a decorrere dall’anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore del testo in esame, andrebbero fornite conferme sul grado di adeguatezza delle risorse già previste in bilancio dalla legislazione vigente per il sostegno di tali istituti(4) .
3) Dati in possesso della Direzione generale per i sistemi informativi e la statistica del Ministero dell’istruzione e del merito.
4) Cap.1477 dello stato di previsione del MIM iscritto nel bilancio 2024-2026 che presenta uno stanziamento a legislazione vigente di 723 milioni di euro nel 2024, 703,7milioni di euro nel 2025 e 716,2 milioni di euro nel 2026.
L’articolo stabilisce che le iscrizioni alle istituzioni scolastiche ed educative statali del primo e del secondo ciclo siano effettuate con modalità telematica, mediante la piattaforma «Famiglie e studenti». E’ stabilito che ai fini dell'iscrizione degli alunni al primo anno di corso delle istituzioni scolastiche statali secondarie di primo grado, le medesime istituzioni siano tenute ad acquisire l'attestazione di ammissione al successivo grado di istruzione obbligatoria dalla piattaforma «Famiglie e studenti». In tal senso, ai fini dell'iscrizione degli studenti al primo anno di corso delle istituzioni scolastiche statali secondarie di secondo grado, è previsto che le medesime istituzioni sono tenute ad acquisire l'attestazione di superamento dell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, comprensivo del voto finale, dalla piattaforma digitale «Famiglie e studenti». È stabilito che la predetta attestazione è valida ai fini dell'ammissione all'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d'istruzione (comma 1). Si interviene poi sulla disciplina relativa alle attività formative dei dirigenti scolastici da effettuare a seguito di conferma in ruolo stabilendo che i decreti ministeriali la cui adozione è stata all’uopo prevista non debbano più disciplinare i contenuti dei moduli formativi relativi ai due anni successivi alla conferma in ruolo (comma 2).
Si modifica quindi lo strumento normativo e la procedura per l’adozione del Piano delle arti (comma 3).
Si abrogano le disposizioni (articoli da 16 a 19) contenute nel capo II Organi collegiali a livello distrettuale del titolo I, parte I, del testo unico in materia di istruzione (comma 4).
Al comma 5 si chiariscono le caratteristiche distintive dei servizi educativi per l'infanzia. Le lettere b), c) e d) disciplinano i diversi profili di coinvolgimento di Stato, Regioni, Province autonome ed Enti locali nel monitoraggio del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione. Si disciplina una nuova procedura d’adozione dei Piani di azione nazionali pluriennali per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione successivi alla scadenza del Piano attualmente vigente (lettera e). Si elimina la previsione per cui l'incarico può essere rinnovato allo stesso componente della Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione per non più di una volta (lettera f). Si specifica che il Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione finanzia quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l'infanzia pubblici e privati accreditati e delle scuole dell'infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione, anche al fine di ridurre la partecipazione economica delle famiglie (lettera g). Si introduce un’ulteriore norma transitoria relativamente all’individuazione dei titoli validi per l'accesso ai posti di educatore dei servizi educativi per l'infanzia (lettera h).
La RT rileva che l’articolo prevede numerose misure di semplificazione procedurale a supporto degli studenti, delle loro famiglie e della comunità scolastica.
In particolare, sul comma 1, evidenzia che consente di avvalersi della nuova piattaforma già realizzata dal Ministero e delle relative funzionalità, e, pertanto, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La piattaforma di cui all’articolo 21, comma 4-ter, del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, n. 112, consente, infatti, di adempiere a quanto previsto dalla norma ricorrendo alle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. A conferma, si precisa che già attualmente sono in corso i processi di analisi utili a sviluppare una sezione documentale all’interno della nuova piattaforma unica “Famiglie e studenti” che ha l’obiettivo di semplificare le comunicazioni tra scuola e famiglia finalizzate principalmente alle iscrizioni. Tale integrazione è già prevista per le Iscrizioni online appena concluse per l’a.s. 2024/2025.
Sul comma 2, afferma che prevede la soppressione del riferimento ai contenuti dei moduli formativi destinati ai dirigenti scolastici, ha natura ordinamentale, non prevede nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Quanto al comma 3, rileva che la norma si limita a semplificare e razionalizzare la procedura di adozione del Piano delle arti di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60. La norma, pertanto, ha natura ordinamentale e non comporta oneri a carico della finanza pubblica.
In merito al comma 4, ribadisce che prevede la soppressione degli organi collegiali a livello distrettuale.
La disposizione ha natura ordinamentale e non comporta, pertanto, oneri a carico della finanza pubblica.
Sul comma 5, segnala che si apportano modifiche al D.Lgs. n. 65 del 2017 di “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e) della legge 13 luglio 2015, n. 107”.
Assicura che la disposizione ha carattere ordinamentale e non determina, pertanto, nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Nello specifico, la misura è indispensabile per assicurare una maggiore efficienza e semplificazione del sistema, anche alla luce della misura di investimento 1.1 della Missione 4-C1 del PNRR, interamente dedicata al sistema degli asili nido e delle scuole dell’infanzia per la fascia 0-6 anni di età. In particolare, la linea di investimento PNRR intende aumentare l’offerta educativa nella fascia 0-6 su tutto il territorio nazionale, attraverso la costruzione di nuovi asili nido e nuove scuole dell’infanzia o la messa in sicurezza di quelli esistenti, in modo da migliorare la qualità del servizio, facilitare le famiglie e quindi il lavoro femminile, incrementare il tasso di natalità.
Conferma che la proposta non genera nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. L’articolo 12 del D.Lgs. n. 65/2017 ha, infatti, istituito, presso il Ministero dell’istruzione e del merito, il fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e di istruzione, dell’ammontare di 239 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019, ulteriormente incrementato dall’art. 1, comma 741, della legge n. 145 del 2018, che finanzia: a) gli interventi di nuove costruzioni, ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, riqualificazione funzionale ed estetica, messa in sicurezza meccanica e in caso d'incendio, risparmio energetico e fruibilità di stabili, di proprietà delle Amministrazioni pubbliche; b) quota parte delle spese di gestione dei servizi educativi per l'infanzia e delle scuole dell'infanzia, in considerazione dei loro costi e della loro qualificazione; c) la formazione continua in servizio del personale educativo e docente, in coerenza con quanto previsto dal Piano nazionale di formazione di cui alla legge n. 107 del 2015, e la promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali.
Evidenzia che l’ammontare del Fondo ha subito i seguenti definanziamenti a seguito della legge di bilancio per il 2023:
- 5 milioni di euro per il 2023;
- 13, 4 milioni di euro per il 2024;
- 20,2 milioni di euro per il 2025.
Rileva che l’intervento normativo non influisce sull’ammontare del Fondo, ma solo sulla tipologia degli eventuali beneficiari finali, che vengono individuati dai Comuni destinatari delle risorse in relazione alle programmazioni adottate dalla rispettiva Regione. Infatti, la proposta normativa si limita a definire con più chiarezza il ruolo di Stato, Regioni ed Enti locali nella governance del sistema integrato, soprattutto nella fase del monitoraggio in merito all’impiego delle risorse erogate dallo Stato ai Comuni e a semplificare e razionalizzare il sistema previsto dal D.Lgs. n. 65/2017 intervenendo: sulle caratteristiche distintive del servizio educativo per l’infanzia (lettera a); sulla definizione dei ruoli di Stato, Regioni ed Enti locali nell’ambito del monitoraggio in merito alle risorse del Fondo nazionale zerosei (lettere b), c), d)); sulla semplificazione e velocizzazione dell’adozione del Piano pluriennale (lettera e); sui meccanismi di composizione della Commissione per il Sistema integrato di educazione e di istruzione al prossimo rinnovo (lettera f)); indirizzare le risorse statali del Fondo nazionale per il sistema integrato ai servizi educativi per l’infanzia accreditati, che danno maggiori garanzie di qualità dell’offerta educativa rispetto ai servizi semplicemente autorizzati, e rafforzare la finalità di ridurre i costi di frequenza di servizi educativi e scuole dell’infanzia a carico dei genitori (lettera g)); sulla validità dei titoli d’accesso alla professione di educatore dei servizi educativi per l’infanzia (lettera h).
Con riferimento al sistema integrato 0-6, specifica che lo stesso è costituito dai servizi educativi per l’infanzia (nidi e micronidi, sezioni primavera e servizi integrativi) e dalle scuole dell’infanzia statali e paritarie.
Infine, evidenzia che i servizi educativi per l’infanzia attivi al 31.12.2021 sono 13.518, di cui 4.606 a titolarità pubblica e 8.912 a titolarità privata, per un totale di 350.307 posti autorizzati, in grado di accogliere il 28% dei bambini nella fascia d’età 0-3 come media nazionale, con grandi differenze tra le Regioni (si va dall’11,7% della Campania al 47,3% dell’Umbria) (fonte: Offerta di nidi e servizi integrativi per la prima infanzia – anno educativo 2021/2022, ISTAT, 23 novembre 2023, tav. 1.9). Le scuole dell’infanzia statali nell’a.s. 2023/2024 sono 13.135 e accolgono 809.861 bambini tra i 3 e i 6 anni; le scuole dell’infanzia paritarie nell’a.s. 2022/2023 sono 8.303 e accolgono 449.819 (fonte: Focus “Principali dati della scuola – Avvio Anno Scolastico 2023/2024”, Ministero dell’istruzione e del merito, settembre 2023).
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, per i profili di quantificazione dei commi 1-4, alla luce delle conferme riportate dalla RT in merito alla neutralità delle disposizioni ivi previste non ci sono osservazioni.
Sul comma 5, che prevede azioni di monitoraggio statale sulla base di dati verificati, convalidati e trasmessi dalle regioni e dati trasmessi dagli enti locali che rendicontano l’utilizzo delle risorse, andrebbe confermato che tali attività possano essere svolte avvalendosi delle sole risorse umane, finanziarie e strumentali già previste dalla legislazione vigente.
L’articolo, composto di un unico comma, modifica la disciplina vigente per il conferimento del titolo di professore emerito e di professore onorario nelle università, prevedendo, tra l’altro, che tali titoli non siano più conferiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, bensì con decreto del rettore dell’università cui l’interessato apparteneva all’atto della cessazione dal servizio.
La RT evidenzia che l’articolo è finalizzato a semplificare la procedura di conferimento del titolo di professore emerito e di professore onorario, prevedendo che il titolo non sia più conferito con decreto del Ministro ma con decreto del rettore dell’università.
La norma ha carattere ordinamentale e, pertanto, non produce effetti sulla finanza pubblica.
Al riguardo, si conviene con la RT in merito al tenore essenzialmente ordinamentale delle norme. Pertanto, non ci sono osservazioni.
L’articolo, composto di un unico comma, modifica la procedura di approvazione degli statuti e dei regolamenti delle università, prevedendo che essa sia in capo al Ministero (e non più al Ministro) dell’università e della ricerca, esplicitando quali siano i regolamenti da sottoporre alla citata approvazione, precisando che questi ultimi siano pubblicati sui siti istituzionali degli atenei, e modificando il quorum necessario per l’approvazione delle norme sulle quali il Ministero abbia richiesto il riesame per motivi di legittimità. Ciò avviene novellando i commi 9, 10 e 11 dell’articolo 6 della legge n. 168 del 1989, in materia di autonomia delle università.
La RT conferma che l’articolo è finalizzato a ridurre il numero degli atti da approvare con decreto ministeriale, attribuendo la competenza in ordine all’approvazione degli statuti e dei regolamenti, in ossequio al dettato normativo di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001, alla direzione generale competente che, mediante nota direttoriale, provvede a formulare osservazioni di legittimità e di merito, nel sostanziale rispetto della autonomia universitaria che non viene minimante intaccata dalle proposte di modifica.
Relativamente ai profili di quantificazione finanziaria, si specifica che la norma ha natura meramente ordinamentale.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, non ci sono osservazioni.
L’articolo interviene sulla procedura di riconoscimento dei consorzi universitari, prevedendo che ad essi sia riconosciuta personalità giuridica di diritto pubblico con decreto del Ministro dell’università e della ricerca e che il loro statuto sia approvato dal Ministero, e non come avviene oggi dal Ministro, sia in sede di prima adozione che per le successive modifiche.
La RT evidenzia che la proposta di modifica normativa, avente natura e carattere meramente ordinamentale, non comporta nuovi oneri a carico della finanza pubblica ed è finalizzata a semplificare e chiarire la procedura di riconoscimento della personalità giuridica dei consorzi universitari nonché di approvazione e modifica dei loro statuti.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, andrebbero forniti chiarimenti sui riflessi connessi al riconoscimento della personalità di diritto pubblico ai consorzi universitari, innanzitutto in termini di limiti e vincoli di spesa previsti dalla normativa vigente per le Amministrazioni pubbliche ed organismi assimilati, nonché in relazione allo status giuridico dei dipendenti al fine di escludere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo stabilisce che i rappresentanti del Ministero dell’università e della ricerca nei collegi di revisione delle università, delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, dei consorzi universitari e interuniversitari e delle fondazioni universitarie, siano scelti tra gli iscritti in un elenco tenuto dal Ministero e che siano in possesso di requisiti professionali adeguati per l’espletamento dell’incarico, stabiliti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca.
Nelle more dell’adozione del decreto ministeriale sopra citato, sono designati e nominati i soggetti che svolgono funzioni dirigenziali presso il predetto Ministero nonché i dipendenti del Ministero che, alla data di entrata in vigore della legge, ricoprono incarichi di componente presso i citati collegi di revisione.
Sono fatte salve le designazioni e le nomine del Ministero dell’università e della ricerca effettuate antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge.
La RT assicura che la disposizione, di natura ordinamentale non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La disposizione, infatti, che reca la semplificazione della procedura di designazione e nomina dei rappresentanti MUR nei collegi dei revisori dei conti delle università, delle istituzioni AFAM e delle fondazioni universitarie, persegue l’obiettivo di non ricorrere, ai fini dell’istituzione e della tenuta dell’elenco da parte del MUR, all’utilizzo di risorse umane e strumentali esterne al Ministero né allo stanziamento di risorse finanziarie ulteriori.
Evidenzia che ciò è reso possibile in virtù della designazione di dipendenti dello stesso Ministero, che siano in possesso di determinati requisiti professionali individuati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca. Resta fermo, in ogni caso, il rispetto dei vincoli posti dalla disciplina europea relativamente alla definizione dei requisiti che i revisori dei conti debbono possedere ai fini dell’espletamento delle loro funzioni.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, si conviene con la RT in merito al tenore meramente ordinamentale delle disposizioni. Pertanto, nulla da osservare.
Il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all'articolo 55-quinquies (in tema di assenza dal servizio dei pubblici dipendenti e responsabilità e sanzioni per i medici), comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001:
La RT afferma che la disposizione è di carattere ordinamentale e non comporta maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le attività certificatorie attraverso la telemedicina saranno svolte dal personale medico deputato con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Al riguardo, non vi sono osservazioni da formulare, atteso che non emergono dal dispositivo elementi che possano implicare la necessità di un potenziamento a carico degli enti sanitari pubblici dei sistemi di telemedicina, per i quali – laddove e nella misura in cui già esistenti – si dispone di fatto soltanto l’utilizzo per funzioni di certificazione medica.
Il comma 1, integrando l'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 288 del 2003, precisa che il consiglio di amministrazione dell’istituto “Giannina Gaslini” di Genova è nominato con decreto del Ministro della salute, sulla base della composizione prevista dallo statuto. Con il suddetto decreto è altresì nominato il Presidente del consiglio di amministrazione, su designazione della Fondazione “Gerolamo Gaslini”.
La RT afferma che la misura, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
L’articolo 25, introducendo alcune modifiche al D.Lgs. 3 ottobre 2009, n. 153, è finalizzato ad ampliare la gamma di servizi erogabili dalle farmacie ai sensi del citato provvedimento.
In tal senso il comma 1 dispone una serie di modifiche al comma 2 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 153/2009, consentendo alle farmacie ed ai farmacisti: di dispensare per conto delle strutture sanitarie non solo i farmaci, ma anche i dispositivi medici necessari al trattamento dei pazienti (lett. a); di eseguire le prestazioni analitiche di prima istanza anche se non rientranti nell’ambito dell’autocontrollo (lett. b); di somministrare nei confronti dei soggetti di età non inferiore a dodici anni i vaccini rientranti nel Piano di prevenzione vaccinale da parte di farmacisti opportunamente formati a seguito del superamento di specifico corso abilitante e di successivi aggiornamenti annuali, organizzati dall'Istituto superiore di sanità (non soltanto quindi, come a normativa vigente, quelli antiinfluenzali e anti SARS-COV 2), oltre che di effettuare (come già attualmente previsto) test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo (lett.c); di effettuare test diagnostici per il contrasto all’antibiotico-resistenza ai fini dell’appropriatezza prescrittiva; di effettuare servizi di telemedicina nel rispetto dei criteri indicati nelle linee guida nazionali (lettera d). Viene infine consentito ai cittadini di operare in farmacia la scelta del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta tra quelli convenzionati con il Servizio sanitario regionale (lettera e).
Il comma 2 specifica che sono a carico degli utenti le prestazioni erogate dalle farmacie riguardanti la somministrazione di vaccini, l’effettuazione di test per il contrasto all’antibiotico-resistenza e l’effettuazione di servizi di telemedicina (lettere da e-quater ad e-sexies dell’articolo 1, comma 2, del citato D.Lgs. n. 153/2009).
Ai titolari di farmacia è consentito l’utilizzazione di locali separati da quelli in cui è ubicata la farmacia medesima per l’erogazione dei servizi sanitari di cui all’articolo 1 del citato D.Lgs. n. 153/2009: in ogni caso in tali locali è vietato il ritiro delle prescrizioni mediche e qualsiasi dispensazione o vendita di farmaci o di altri prodotti (comma 3).
L’erogazione in locali separati dei servizi sanitari è soggetta alla previa autorizzazione da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente, nonché all’accertamento dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali. L’amministrazione, in particolare, verifica che i locali ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza prevista in pianta organica e che siano situati a una distanza non inferiore a duecento metri dalle altre farmacie e dai locali ove sono svolti i servizi sanitari di pertinenza di altre farmacie. La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia (comma 4).
Per consentire ai cittadini un’immediata identificazione dei servizi sanitari offerti nei locali di cui al comma 2, i titolari di farmacia appongono presso i locali stessi, oltre alla croce verde identificativa della farmacia, un’insegna riportante la denominazione «Farmacia dei servizi» e forniscono idonea informazione sulla esatta identificazione dei soggetti titolari di farmacia che offrono i servizi medesimi (comma 5).
Viene poi previsto che due o più farmacie, di proprietà di soggetti diversi, possono esercitare in comune i servizi sanitari di cui all’articolo 1 decreto legislativo n. 153 del 2009, anche utilizzando i medesimi locali separati di cui al comma 2, previa stipula del contratto di rete. L’autorizzazione all’utilizzo dei locali di cui al comma 2 da parte delle farmacie che hanno stipulato il contratto di rete è rilasciata al rappresentante di rete (comma 6)
Il comma 7 stabilisce che dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La RT precisa che l’articolo incide sulla disciplina concernente l’erogazione dei servizi da parte delle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, al fine di ampliare la gamma dei servizi assicurati dalla rete delle farmacie territoriali e migliorare l’accessibilità alle cure dei pazienti e dei loro caregiver, da erogarsi in ogni caso ad invarianza di oneri come previsto in generale dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 153 del 2009. L’introduzione di questo panel di nuovi servizi attivabili dalle farmacie dà, dunque, al cittadino maggiore opportunità di scelta nel profittarne, evidentemente, con oneri a suo diretto carico. Parallelamente si registra anche la possibilità per le regioni di poter inserire tali servizi nei loro programmi di abbattimento delle liste d’attesa (che trova suo finanziamento specifico anche nell’ultima legge di bilancio) e/o prevenzione vaccinale.
La possibilità di eseguire in farmacia vaccinazioni ovvero test diagnostici per l’antibiotico resistenza non implicano un incremento di prestazioni (vaccini o test, appunto) ma semplicemente offrono al cittadino la possibilità di eseguirli in farmacia in termini di prossimità e di facilità di accesso a prestazioni sanitarie fondamentali con oneri a proprio carico. In aggiunta, si sottolinea che alcuni fra questi servizi, come alcune vaccinazioni qui estese e la dispensazione per conto dei dispositivi medici, sono già presenti e regolati in alcune Regioni.
In particolare, per quanto attiene alle previsioni di cui al comma 1, lettere c) e d), non si rinvengono oneri a carico della finanza pubblica, in quanto, come specificato al comma 2, le relative prestazioni sono a carico degli utenti.
Con riferimento alle esigenze formative, di abilitazione e formazione poste a carico dell’Istituto Superiore di Sanità, si rappresenta che l’Istituto già oggi garantisce, con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, l’erogazione di corsi di formazione per le attività vaccinali nei confronti di tutti i farmacisti, non ravvisandosi pertanto alcun aggravio di attività rispetto a quanto praticato finora.
Per quanto attiene all’utilizzo di locali esterni da parte delle farmacie per l’esecuzione dei servizi di cui al decreto legislativo n. 153 del 2009, la proposta normativa non prevede oneri a carico della finanza pubblica, atteso che le attività logistiche, di allestimento, di manutenzione e di conduzione delle strutture ricadono esclusivamente in capo al titolare della farmacia.
In relazione alla attività di autorizzazione e verifica dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali da parte delle amministrazioni sanitarie territorialmente competenti, di cui al comma 3, la RT rappresenta che tali accertamenti sono già ordinariamente eseguiti da quelle stesse autorità sanitarie nell’ambito delle verifiche condotte presso le farmacie territoriali. Sul punto rammenta che analoghe previsioni erano già contenute nella previgente normativa e nel Protocollo d’Intesa tra il Governo, le regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e le Associazioni di categoria del 22 luglio 2022, con cui sono state disciplinate, appunto, le operazioni di verifica di idoneità delle aree, locali e strutture – anche esterne alle farmacie – per la somministrazione di vaccini e test, da parte delle Amministrazioni competenti, senza che sia mai stata evidenziata la ricorrenza di ulteriori profili di spesa rispetto a quelli che ordinariamente competono a quelle stesse Amministrazioni.
Pertanto, per come disposto dal comma 7 dell’articolo in parola, le disposizioni in oggetto non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica in quanto la norma prevede espressamente, al comma 3, che tutte le prestazioni erogate dalle farmacie ai sensi dell’articolo 25, comma 1, siano a totale carico degli assistiti.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, in relazione alle attività formative svolte dall’Istituto superiore di sanità, si rileva che l’ampliamento dei vaccini che possono essere somministrati dal personale delle farmacie potrebbe richiedere una modifica delle attività formative già svolte oggi dall’Istituto, per cui andrebbe approfondita l’equivalenza in termini di impegno da parte dell’Istituto nell’erogazione dei corsi di formazione.
Per il resto, non vi sono rilievi da formulare, alla luce di quanto disposto dal comma 2 e dei chiarimenti forniti dalla RT in relazione all’attività di autorizzazione e verifica dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria dei locali da parte delle amministrazioni sanitarie territorialmente competenti.
Il comma 1 apporta le seguenti modificazioni alla legge n. 107 del 2010:
La RT rammenta che la legge n. 107 del 2010 considera attualmente come sordocieche le sole persone cui vengano “distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente, in materia di sordità e di cecità civile”. Per effetto di questa definizione, il riconoscimento della condizione di sordocecità è attualmente escluso nei confronti delle persone cieche che hanno sviluppato compromissioni dell’udito in seguito al compimento del dodicesimo anno di età. Tale quadro fa sì che – come sottolineato dalla R. Ill. – un numero particolarmente elevato di persone sordocieche sia di fatto privo di riconoscimento, soprattutto se si considera che, secondo l’ISTAT, buona parte delle persone con problemi di vista e udito riscontra tali minorazioni in età avanzata.
Le modifiche apportate ampliano la portata della definizione vigente, al fine di garantire il riconoscimento della condizione di sordocecità a tutti coloro che manifestano durature compromissioni totali o parziali combinate della vista e dell’udito, congenite o acquisite, a prescindere dall’età di insorgenza. Si garantisce, quindi, il riconoscimento della condizione di sordocieco:
L’estensione della definizione è priva di effetti sul piano finanziario in quanto non incide sul riconoscimento delle indennità e delle prestazioni previste dalla normativa vigente in materia di cecità civile, di sordità civile e di invalidità civile.
Infatti, le persone già cieche che sviluppano una duratura compromissione dell’udito, acquisita successivamente al superamento dell’età evolutiva, continueranno a percepire, laddove ne esistano i presupposti, solo le prestazioni di invalidità civile. Infatti, non presentando i requisiti per il riconoscimento della condizione di sordità non possono richiedere né la pensione di sordità né l’indennità di comunicazione, che saranno invece erogate come previsto dalla normativa vigente solo in caso di presenza dei requisiti previsti dall’articolo 1 della legge n. 381 del 1970 (che considera sordo il minorato sensoriale dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio) e dall’articolo 4 della legge n. 508 del 1988 (indennità di comunicazione non reversibile ai sordomuti come definiti dalla disposizione appena citata).
La spettanza di tali prestazioni e indennità, infatti, rimane subordinata al possesso dei requisiti previsti dalle rispettive normative di riferimento, i quali prescindono dal riconoscimento della condizione di sordocecità, come chiarito anche dalla modifica apportata dalla proposta normativa all’articolo 2, comma 2, della citata legge n. 107 del 2010.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, atteso che la disposizione in esame, volta a ridefinire il concetto di sordo-cecità, estendendone la portata, si limita a prevedere l’erogazione in forma unificata delle indennità già previste a l.v. ai soggetti ciechi e sordi (con sordità non congenita o acquisita durante l’età evolutiva) – come espressamente stabilito dal numero 2) della lettera b) -, non vi sono osservazioni da formulare.
L’articolo trasferisce al prefetto la competenza ad oggi riconosciuta al Ministro dell’interno in ordine al rilascio della licenza necessaria per la fabbricazione, detenzione e vendita delle armi da guerra. Restano ferme le disposizioni, anche di natura regolamentare, concernenti l'attività delle Commissioni tecniche di cui all'articolo 9 del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2014, n. 146.
La RT evidenzia che l’intervento normativo è insuscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Precisa, infatti, che le funzioni autorizzatorie trasferite per effetto della misura sono già affidate in virtù di delega ai prefetti e che, pertanto, alle stesse provvede l’amministrazione con le risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, andrebbe confermato che in relazione agli atti istruttori e agli accertamenti inerenti al procedimento di autorizzazione al rilascio della licenza necessaria per la fabbricazione, detenzione e vendita delle armi da guerra, il prefetto competente per territorio potrà avvalersi delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili ai sensi della legislazione vigente.
L’articolo introduce delle misure volte a semplificare alcuni procedimenti in materia di armi e prodotti esplodenti, prevedendo il trasferimento al prefetto della competenza al rilascio delle licenze di cui agli articoli 46 e 54 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.), attualmente attribuita al Ministro dell’Interno.
La RT afferma che gli interventi di cui ai commi 1 e 2 introducono modifiche di natura ordinamentale che eliminano alcune fasi procedimentali. Rileva che le funzioni autorizzatorie che vengono trasferite sono già affidate in virtù di delega ai prefetti e che, pertanto, alle stesse provvede l’amministrazione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, andrebbe confermato che per gli atti istruttori e gli accertamenti inerenti al procedimento amministrativo disciplinato dall’articolo in esame il prefetto competente per territorio potrà avvalersi delle risorse umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente.
L’articolo 29 prevede la inapplicabilità del silenzio-assenso nei procedimenti autorizzatori mediante licenza per la fabbricazione, il commercio, la mediazione di oggetti preziosi.
La RT assicura che l’intervento normativo non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
La norma sostituisce il comma 1 dell’articolo 4 della legge n. 60 del 2022 prevedendo che, anche per i rifiuti accidentalmente pescati e per i rifiuti volontariamente raccolti nelle acque marine e interne, l’individuazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste) avvenga in base alle ordinarie procedure previste dal Codice dell’ambiente (art. 184-ter, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006) e non – come stabilisce il testo vigente della legge n. 60/2022 – sulla base di uno specifico decreto del Ministro dell’ambiente.
La RT afferma che dall’attuazione della disposizione proposta non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, atteso il carattere ordinamentale della disposizione, non si hanno osservazioni da formulare.
Il comma 1, alla lettera a), dispone l’abrogazione dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 221 (Semplificazione in materia di determinazione di base imponibile per alcune imprese marittime).
Il comma 1 del richiamato articolo 6, nel modificare l’articolo 155 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), dispone che l’opzione per il regime di speciale determinazione del reddito imponibile delle imprese marittime (cd. tonnage tax) si intende tacitamente rinnovato, a meno che al termine di ciascun decennio di permanenza nel regime non sia revocata secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell'opzione.
Il comma 2 del prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, adegui le vigenti disposizioni ministeriali alle modificazioni introdotte dal comma 1.
La RT rileva che la norma ha carattere ordinamentale e semplificatorio e, pertanto, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, nulla da osservare.
La lettera b) abroga l’articolo 14, comma 5, del decreto legislativo n. 114 del 2022 (che rinvia ad un decreto ministeriale l’individuazione delle misure applicative del regime tributario del prodotto pensionistico individuale paneuropeo (PEPP)).
La RT afferma che l’abrogazione non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La R. Ill. chiarisce che tale abrogazione si rende necessaria, in un’ottica di semplificazione e riordino della legislazione vigente, in quanto la disciplina fiscale contenuta nella normativa primaria risulta immediatamente operativa e non necessita di interventi normativi di rango secondario.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, nulla da osservare.
La lettera c) abroga l’articolo 1, comma 265, della legge n. 178 del 2020 (ai sensi del quale gli operatori di finanza mutualistica e solidale, costituiti in forma di società cooperativa a mutualità prevalente, e adeguatamente patrimonializzati, possono erogare credito alle microimprese che presentino determinati requisiti dimensionali e un livello di indebitamento non superiore a 200.000 euro. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, apporta al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 176 del 2014 le modifiche necessarie ad adeguarlo a quanto disposto dal presente comma).
La RT afferma che la norma ha carattere ordinamentale e semplificatorio e, pertanto, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La R.Ill rappresenta che l’adozione del regolamento di cui al DM n. 211 del 2023 in materia di microcredito ha modificato l’articolo 16 del regolamento n. 176 del 2014 in materia di operatori di finanza mutualistica e solidale. Sono, pertanto, venute meno le condizioni per l’adozione del decreto di cui all’articolo 1, comma 265, della legge n. 178 del 2020, previsione originariamente volta – in pieno contesto Covid19 – a introdurre per tali operatori un più favorevole regime derogatorio rispetto alla disciplina del microcredito in materia di erogazione del credito, del quale si chiede l’abrogazione. Il più ampio perimetro introdotto per tutto il microcredito dall’articolo 1, comma 914, della legge n. 234 del 2021 (e attuato attraverso il menzionato regolamento n. 211 del 2023) rende oggi superata tale previsione, la cui attuazione sottoporrebbe gli operatori di finanza mutualistica e solidale al paradosso di un regime meno favorevole rispetto a quello ordinario del microcredito oggi vigente.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, nulla da osservare, atteso che alla disposizione ora abrogata non erano ricondotti effetti sulla finanza pubblica.
La disposizione reca una norma di semplificazione della disciplina prevista per assolvere all'obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi, a cui sono tenuti i soggetti che effettuano le operazioni di commercio al minuto attraverso sistemi evoluti di incasso.
A tal fine, si prevede l’abrogazione dell’articolo 2, comma 5-bis, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.
La RT si limita a confermare che la norma non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, non ci sono osservazioni.
La lettera e) abroga l’articolo 7-quater del decreto-legge n. 34 del 2023, che concede alle start-up innovative, costituite a decorrere dal 1° gennaio 2020, operanti nei settori dell'ambiente, dell'energia da fonti rinnovabili e della sanità, nel limite complessivo di 2 milioni di euro per l'anno 2023, un contributo, sotto forma di credito d'imposta, fino a un importo massimo di 200.000 euro, in misura non superiore al 20% delle spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo volte alla creazione di soluzioni innovative per la realizzazione di strumenti e servizi tecnologici avanzati al fine di garantire la sostenibilità ambientale e la riduzione dei consumi energetici.
La RT afferma che la norma non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, nulla da osservare.
La lettera f) abroga l’articolo 99, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020, concernente l’individuazione di dati e delle amministrazioni titolari del trattamento dei dati da fornire al MLPS – Osservatorio del mercato del lavoro.
La RT afferma che la norma non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
La lettera g) abroga l’articolo 13, comma 7, del decreto-legge n. 48 del 2023, che demanda, in fase di prima applicazione, ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di stabilire le modalità di attivazione per l’accesso ai percorsi di inclusione sociale e lavorativa, ulteriori rispetto a quelle già previste per i beneficiari del reddito di cittadinanza, di cui al decreto-legge n. 4 del 2019. Fa decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo l’applicazione delle sanzioni previste dal decreto-legge n. 4 del 2019 in caso di inosservanza delle modalità di attivazione da parte del beneficiario del RdC.
La RT afferma che la norma non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
La norma abroga il comma 560 dell’articolo 1 della legge n. 197 del 2022, che stanziava, per il solo anno 2023, la somma di 1 milione di euro per avviare l’attività di ricognizione e valutazione delle strutture scolastiche in dismissione da destinare allo svolgimento delle attività scolastiche per l'anno scolastico 2023/2024. Il medesimo comma attribuiva ad un decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, previa intesa in sede di Conferenza unificata, il compito di definire i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse in questione.
La RT conferma che la norma non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
La lettera i) dispone l’abrogazione del comma 6 dell’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161 il quale demanda ad un decreto ministeriale (da adottarsi previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione) la definizione delle modalità e dei termini a decorrere dai quali il deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni è eseguito esclusivamente in forma telematica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.
La RT conferma che la disposizione, di carattere ordinamentale, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, per i profili di quantificazione, dal momento che la disposizione abrogata è da intendersi superata dall’art. 111-bis (data e sottoscrizione degli atti) c.p.p. inserito dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e dal comma 3 dell’articolo 87 del medesimo decreto legislativo, non ci sono osservazioni.
La lettera l) abroga l’articolo 32 del decreto legislativo n. 40 del 2021, che prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la definizione dei parametri per la valutazione della qualità dei comprensori sciistici.
La RT afferma che la disposizione, di carattere ordinamentale, non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
La norma sopprime il quarto periodo dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 65 del 2018, in cui si prevede l’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l’organizzazione del comitato tecnico di raccordo istituito nell’ambito dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale.
La RT conferma che la norma abroga alcune disposizioni della legge 15 luglio 2022, n. 106 “Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo” – (art. 3, comma 2; art. 4, comma 5; art. 6, comma 2; art. 9, comma 3).
Assicura che la misura non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, nulla da osservare.
Il comma in esame abroga talune norme della legge 15 luglio 2022, n. 106, recante delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo, che attribuiscono al Ministro della cultura il compito di attuare con proprio decreto talune disposizioni. In particolare:
La RT non si sofferma sulla disposizione.
Il prospetto riepilogativo degli effetti d'impatto attesi sui saldi di finanza pubblica non espone valori.
Al riguardo, non ci sono osservazioni.
L’articolo prevede che dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
La RT si limita a riferire che la norma reca le disposizioni finanziarie della presente legge.
Al riguardo, si rinvia ai precedenti articoli in ordine alla sostenibilità della clausola di invarianza finanziaria.
In generale si ricorda che la mera apposizione di clausole di neutralità non costituisce garanzia dell’assenza di nuovi o maggiori oneri se non alla luce di una RT recante l’illustrazione degli elementi informativi e dei dati finanziari e contabili idonei a comprovarne la sostenibilità, come più volte segnalato dalla Corte dei conti(5) .
Sul piano metodologico, si ricorda che le dotazioni in bilancio dovrebbero scontare esclusivamente i fabbisogni di spesa già previsti ai sensi della normativa vigente(6) , dovendo escludersi margini di adeguamento previsti anticipatamente in vista dell’approvazione di nuove norme.
5) Nella relazione quadrimestrale della Corte dei conti si legge che” la mancata previsione, infatti, di costi aggiuntivi non esclude che possano effettivamente derivare dalle norme, in futuro, maggiori esigenze a legislazione vigente, con copertura a carico dei “tendenziali” e dunque aggravando il saldo, soprattutto a fronte di oneri di carattere obbligatorio. Tutto ciò a meno di non ritenere che le disponibilità di bilancio a legislazione vigente siano quantificate in modo da presentare già margini per la copertura di eventuali incrementi di oneri conseguenti all’implementazione delle nuove normative previste: in tal caso si determinerebbe, però, una scarsa coerenza con il principio della legislazione vigente, che, anche nel nuovo sistema contabile, costituisce il criterio per la costruzione delle previsioni di bilancio al netto della manovra, come attesta la presenza, nella legge di bilancio, della Sezione II, dedicata, appunto, alla legislazione vigente”. Cfr. Corte dei conti, SS.RR. in sede di controllo, Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture e sulle tecniche di quantificazione degli oneri nel quadrimestre, maggio-agosto 2023, Delibera n. 32/2023, pagina 3 e seguenti.
6) In presenza di clausole di neutralità, anche il Dipartimento della RGS evidenzia che la RT "dovrà riportare i dati e gli elementi che giustifichino l'ipotesi di una assenza di effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, fornendo indicazione delle risorse già previste in bilancio utilizzabili per le finalità indicate”. Cfr. Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della R.G.S., I.G.B., Circolare n. 32/2010, Paragrafo 4.3, pagina 4.
L’articolo prevede che le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
La RT evidenzia che la previsione, di carattere ordinamentale, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Al riguardo, non ci sono osservazioni.