Giornata internazionale della donna

Discorso pronunciato in Aula, nella seduta di mercoledì 8 marzo 2023

Cari senatori e care senatrici, oggi, 8 marzo, si celebra la Giornata internazionale della donna. È un giorno significativo perché - come ha ricordato questa mattina il nostro Presidente, il Capo dello Stato - dalla condizione della donna dipendono la qualità della vita e il futuro stesso di ogni società.

Ho pensato - e spero sia stata cosa gradita - di far consegnare a ciascuna senatrice una rosa bianca, segno della nostra amicizia e della consapevolezza che questa giornata va non festeggiata, ma celebrata, ricordata e considerata un momento essenziale e importante della nostra convivenza politica, umana e sociale.

Sono sempre stato convinto che non siano tanto le quote rosa a determinare la crescita della condizione femminile quanto la volontà politica, la considerazione della società, dell'importanza della parità vera, reale ed effettiva della condizione femminile rispetto a quella maschile.

Quando parliamo di diritti al femminile, non possiamo non ricordare anche le tante donne che purtroppo anche in Italia e nel mondo sono ancora oggi vittime della violenza fisica e morale. Ho già avuto occasione di dire che su questo aspetto non è corretto immaginare che sia una questione di donne; anzi, ritengo che sia soprattutto una questione di uomini. Tocca a noi uomini cercare di rimuovere la terribile vicenda della violenza verso le donne, che continua a insanguinare anche l'Italia.

Ogni abuso, ogni discriminazione, ogni forma di violenza che un uomo perpetra alle donne vanno combattuti e ovviamente condannati. Su questo non ci devono essere tentennamenti di sorta, non ci devono essere scusanti, non ci sono se, non ci sono ma. E non penso solo alle donne italiane: penso alle donne di altre parti del mondo. Possiamo innanzitutto citare, in questo momento, l'Iran, ma non solo. Pensiamo alle donne di alcune Nazioni africane, asiatiche e anche alle donne italiane e non che vivono nel nostro Paese.

Credo sinceramente che occorra un ulteriore impegno delle istituzioni. Quello che è stato fatto è molto, ma non è tutto, non è sufficiente. In molte aree del pianeta alle donne non sono riconosciuti i diritti fondamentali; ci sono ancora discriminazioni, divieti, imposizioni assurde: no allo studio, no al lavoro, no alla carriera, no alla partecipazione al voto, addirittura in Paesi che non ci si aspetta possano porre limitazioni di questo genere. È per questo che, pensando a quelle donne, ho voluto invitare l'orchestra d'archi del Conservatorio di musica «G. Tartini» di Trieste a essere presente per un brevissimo concerto con noi. Perché? Perché la musica per noi è normale, colleghi. Nessuno penserebbe di vietare la musica. Eppure, in Afghanistan un'orchestra femminile, composta da ragazze giovanissime, l'orchestra Zohra, che prende il nome dalla dea della musica persiana, che aveva invertito la tendenza, aveva convinto gli afgani che la musica fosse un motivo di condivisione, di amore, di crescita, con l'arrivo dei talebani è stata perseguitata.

Nel teatro dove provavano sono stati distrutti i loro strumenti; la loro direttrice, la più grande di tutte (ventiquattro anni), è dovuta scappare in America per non essere uccisa; miracolosamente è riuscita a scappare. Credo che l'orchestra si sia riformata o si stia riformando per suonare.

Ebbene, credo che a loro possiamo dedicare questo breve concerto, per riaffermare che le libertà, compresa la musica, non possono essere limitate da nessuno, men che meno alle donne.

Credo che lo sappiamo tutti. Tutti siamo stati bambini e abbiamo visto per primo l'amore negli occhi delle nostre mamme. Le donne - lo abbiamo imparato fin da ragazzi - sono portatrici di pace, sacrificio, di condivisione. Sono coloro che più di noi uomini riescono a mettere insieme tante cose, l'una diversa dall'altra, per far crescere non solo la propria famiglia, ma credo il livello di civiltà di tutta l'umanità.

Grazie, donne! Grazie veramente di cuore! (Applausi).