Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00491
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Atto n. 1-00491
Pubblicato il 1 dicembre 2015, nella seduta n. 545
BONFRISCO , BRUNI , D'AMBROSIO LETTIERI , DI MAGGIO , LIUZZI , MILO , PAGNONCELLI , PERRONE , TARQUINIO , ZIZZA
Il Senato,
premesso che:
l'emergenza climatica è una drammatica realtà, le cui conseguenze non sono più relegabili ad un lontano futuro, ma rischiano di essere già visibili fra poco più di mezzo secolo. L'umanità si sta avventurando verso un surriscaldamento del pianeta di oltre 4 gradi centigradi, cosa che avrà conseguenze irreversibili per il pianeta ed il genere umano;
in assenza di misure efficaci, tra le possibili previsioni per i prossimi decenni sembra inevitabile che tempeste e inondazioni si abbatteranno con sempre maggior intensità sulle zone costiere del mondo, provocando lo spostamento di milioni di persone;
il riscaldamento del pianeta modificherà le zone forestali e le zone umide causando danni, a volte irreversibili, all'intero ecosistema;
il riscaldamento globale provocherà l'innalzamento del livello dei mari mettendo a rischio le popolazioni costiere e conseguenti infiltrazioni di acqua salata a livello costiero diminuiranno la qualità e disponibilità di acqua dolce e potabile;
le condizioni climatiche, modificate dal caldo e dall'umido, potranno far insorgere nuove forme patologiche ed accelerare la propagazione o la recrudescenza di malattie infettive;
a causa delle pratiche agricole non sostenibili e della progressiva avanzata dei deserti, numerose aree del nostro pianeta diverranno improduttive ed inospitali;
gli scienziati dell'IPCC, il panel intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici dell'ONU, avvertono che è ancora possibile porre rimedio all'escalation che si è innescata, ma per evitare la crisi climatica si deve agire entro alcuni anni riducendo le emissioni di gas serra almeno del 95 per cento entro 2050, poiché questo contribuirà a contenere il riscaldamento del pianeta almeno sotto la soglia critica dei 2 gradi centigradi;
la National oceanic and atmospheric administration (NOAA) degli Stati Uniti, in un rapporto sulla base degli input di 413 scienziati provenienti da 58 Paesi, ha concluso che il 2014 è stato l'anno più caldo mai registrato. Il direttore dei centri nazionali di informazione ambientale NOAA ha avvertito che il cambiamento climatico non solo si registra con la temperatura dell'aria, ma anche con quella sul fondo dell'oceano e dell'atmosfera più esterna. Come risultato di questa situazione ci sono stati 91 cicloni tropicali nel 2014, ben al di sopra della media di 82 tempeste che si sono verificate nel periodo 1981-2010;
i Governi attualmente in carica hanno l'enorme ed improcrastinabile responsabilità di attuare senza indugio tutte le politiche necessarie a contenere questa situazione;
premesso, inoltre, che:
più di 190 leader dei Paesi del mondo si sono riuniti il 29 novembre 2015 a Parigi nella XXI conferenza delle parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), che si protrarrà fino all'11 dicembre, per discutere del cambiamento climatico. Si tratta del meeting più importante degli ultimi anni in cui si deciderà come rallentare l'aumento della temperatura a livello globale nei prossimi decenni. Questa conferenza è di cruciale importanza poiché deve condurre ad un accordo ambizioso e vincolante per la sfida del cambiamento climatico, che si dovrà applicare a tutti i Paesi, in modo da contenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi centigradi;
alla vigilia della conferenza, i cittadini di tutto il mondo si sono mobilitati per chiedere ai propri rappresentanti che quell'accordo sia davvero ambizioso e che possa assicurare un futuro giusto e sostenibile per tutto il pianeta. Il 29 novembre, cittadini da San Paolo a Nuova Delhi, passando per Roma, Kampala, Melbourne, Ottawa e Tokyo sono scesi a migliaia in piazza in oltre 2.000 eventi in più di 150 Paesi, a dimostrazione di quanto i cambiamenti climatici siano un problema cogente e sentito dall'opinione pubblica mondiale;
il clima di fiducia e speranza che il mondo rivolge alla conferenza affinché si trovi un accordo unanime non può essere minato dagli eventi di Parigi in cui un gruppo di manifestanti, avendo nella contrapposizione con la legalità la sola ragione di sopravvivenza, ha tentato di trasformare la manifestazione pacifica che si stava tuttavia svolgendo, nonostante il divieto per motivi di sicurezza dovuto allo stato di emergenza in vigore, in un attacco inaccettabile alle forze dell'ordine e alla memoria delle vittime degli attentati del 13 novembre;
considerato che:
uno degli argomenti chiave delle negoziazioni sarà la cosiddetta climate finance, con cui si intendono tutti gli investimenti e le operazioni finanziarie disegnate per contribuire alla stabilizzazione e alla riduzione delle emissioni di gas serra, a ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici e a migliorare l'adattamento e la resilienza a loro. I primi sono definiti progetti di mitigation e i secondi di adaptation. Per ora sono i primi a ricevere i maggiori finanziamenti, soprattutto quelli che riguardano progetti legati alle energie rinnovabili nell'ambito del raggiungimento dell'"100 billion goal" (un accordo tra tutti i partecipanti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, proposto alla fine della conferenza di Copenhagen nel 2009 e formalizzato l'anno successivo a Cancun). Secondo questo accordo, i Paesi sviluppati si impiegano ad investire 100 miliardi di dollari all'anno a partire dal 2020 in azioni destinate a contrastare i cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo;
sempre nel rapporto sulla climate finance del 2013-2014 e "the USD 100 billion goal", è stato stimato che il 77 per cento delle azioni di climate finance riguardano progetti di mitigazione, per esempio l'installazione di tecnologie solari nelle comunità, il 16 per cento a progetti per migliorare l'adattamento e la resilienza, ed il restante è indirizzato a iniziative che perseguono entrambi gli obiettivi;
un altro punto fondamentale della Cop 21 riguarderà il coinvolgimento delle altre aree del pianeta nella lotta ai cambiamenti climatici. A tal proposito, per affrontare la sfida ambientale e rafforzare al contempo la sua economia, l'Unione europea deve riuscire a convincere con tutti gli strumenti di cui dispone (diplomatici, economici, politici) i suoi principali competitor (USA, Cina, India in primis) a sottoscrivere un accordo vincolante che implichi la misurazione, il monitoraggio, il controllo e la riduzione delle emissioni di GHG (greenhouse gas) a livello globale;
altro aspetto che dovrà essere trattato è quello riguardante i contributi nazionali (iNDC), che rappresentano lo sforzo che ogni Paese prevede di compiere. Il finanziamento della lotta al cambiamento climatico sarà anche una componente fondamentale, di cui una tappa è stata raggiunta con la prima capitalizzazione del Fondo verde con una somma di 9,3 miliardi dollari, di cui quasi un miliardo proveniente dalla Francia. Infine, le iniziative sviluppate all'interno dei singoli Stati, da parte delle comunità locali, delle organizzazioni della società civile e delle imprese potranno ampliare la mobilitazione, aggiungendosi di fatto ai contributi degli Stati;
tra le molte iniziative sviluppate in Italia per la prevenzione e lo studio dei cambiamenti climatici, particolare rilevanza occupa il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) sorto nel 2005, che ha contribuito alla definizione della strategia nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici e rappresenta l'Italia nell'IPCC. Il Centro, che rappresenta un unicum nel panorama della ricerca italiana, fornisce previsioni stagionali del clima (servizio EU Copernicus) e mappe di rischio a supporto dell'agricoltura, per ottimizzare l'uso del territorio e la gestione delle risorse naturali attraverso la realizzazione di modelli e studi del sistema climatico e delle sue interazioni con la società e l'ambiente. Un'ulteriore esperienza particolarmente qualificante, per il nostro sistema Paese, è il campus universitario di Savona, figlio di un progetto dell'università di Genova e degli enti locali savonesi, che ospita oggi 1.500 studenti, 16 aziende e 22 dipartimenti e centri di ricerca. Questo campus è sorto nella struttura riqualificata di un'ex caserma militare e qui è nata la prima microrete energetica intelligente del nostro Paese. Nel campus sono stati installati impianti per la generazione di energia rinnovabile: 250kW elettrici e 300kW termici. Ma la vera avanguardia, nel settore della gestione e del risparmio energetico, consiste nel fatto che questi impianti sono connessi tra loro e gestiti da un "cervello" che si chiama "Smart Microgrid" e permette non solo di autoprodurre l'energia necessaria, ma soprattutto, grazie ad una piattaforma DEMS (decentralized energy management system), di monitorare (e prevedere) l'andamento dei consumi, orientare la produzione e rendere più efficiente carico e scarico dei sistemi di accumulo;
considerato, inoltre, che:
secondo l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche, l'allarme è particolarmente grave per il nostro Paese. Analizzando attentamente i dati delle temperature, l'Italia si starebbe scaldando più velocemente della media globale e di altre terre emerse del pianeta. Il nuovo record raggiunto nel 2014 è stato di un aumento di 1,45 gradi centigradi rispetto al trentennio 1971-2000;
anche a livello globale nel 2014 è stato toccato il record delle temperature, con un aumento di 0,46 gradi centigradi rispetto al trentennio 1971-2000;
la tendenza del riscaldamento globale, che si può calcolare valutando non solo i dati di un anno, ma l'andamento degli ultimi decenni, è per l'Italia una volta e mezzo quella della media delle terre emerse e il doppio di quella di tutto il pianeta;
questi dati sono l'ennesima conferma che i cambiamenti climatici non sono più un'ipotesi sul futuro, né sono una questione che riguarda solo il polo nord, ma riguardano l'Italia di oggi, con i frequenti nubifragi, distruzioni, morti, danni all'agricoltura. Nel 2014 si sono verificate numerose alluvioni, tra cui quella di Genova, Modena, Senigallia, Chiavari; e la produzione agricola è stata duramente colpita, con i produttori di olio d'oliva, miele e castagne in grave difficoltà;
preso atto che:
per sviluppare un'industria competitiva è necessario dare alla politiche di settore una prospettiva di medio-lungo periodo superando l'approccio congiunturale che ha caratterizzato fino ad oggi il quadro regolatorio del nostro Paese. L'assenza di una visione strategica è stata spesso causa di comportamenti speculativi che hanno alimentato rendite e logiche di breve periodo e non hanno costituto le basi per un solido sviluppo industriale;
il "green act", che il Governo ha annunciato e per il quale si sta aspettando l'emanazione di una direttiva europea sull'economia circolare, dovrebbe in primo luogo muoversi all'interno degli obiettivi europei al 2030 di lotta ai cambiamenti climatici, definendo un'agenda italiana per lo sviluppo della green economy;
oltre ai danni irreparabili alla flora e alla fauna, ai danni alle produzioni agricole, così importanti per l'economia del nostro Paese, si deve tenere ben presente che i cambiamenti climatici influiscono in maniera incisiva sui flussi migratori. Secondo il rapporto "Migrazioni e cambiamento climatico" a cura di CeSPI, FOCSIV e WWF Italia dal 2008 al 2014, oltre 157 milioni di persone sono state costrette a spostarsi per eventi meteorologici estremi. Tra le cause che costringono famiglie e comunità ad abbandonare le proprie abitazioni ci sono soprattutto tempeste e alluvioni. Tra il 2008 e il 2014, secondo l'Internal displacement monitoring centre (IDMC), queste hanno rappresentato l'85 per cento delle cause, seguite dai terremoti. Sempre l'IDMC ha calcolato che oggi le persone hanno il 60 per cento per cento in più di probabilità di dover abbandonare la propria casa di quanto non ne avessero nel 1975;
è facile prevedere che questo porterà intere popolazioni a subire enormi difficoltà nel soddisfacimento dei bisogni elementari, specie se alla scarsità delle risorse e alla gravità dei fenomeni meteorologici estremi si assoceranno conflitti per il controllo delle risorse, aumento della violenza e disgregazione sociale;
gli effetti del cambiamento climatico interagiscono inoltre con altre variabili, di tipo socio-economico, ma anche con politiche di uso del suolo e di gestione della risorsa idrica: cementificazione e pratiche agricole che riducono la capacità del terreno di assorbire l'acqua e accaparramento delle terre (land grabbing) sono tra quelle pratiche destinate ad amplificare gli effetti dei cambiamenti climatici, ponendo le premesse per migrazioni forzate;
secondo la Commissione europea (2013), il costo minimo di un mancato adattamento ai cambiamenti climatici a livello europeo andrebbe dai 100 miliardi di euro all'anno, nel 2020, ai 250 miliardi di euro, nel 2050;
la "non azione" di fronte al cambiamento climatico ha un costo molto alto dal punto di vista ambientale (danni agli ecosistemi), economico (danni alle infrastrutture ed ai processi produttivi) e sociale (aumento del tasso di emigrazione e mortalità dovuto agli effetti dei cambiamenti climatici). Ed è poi crescente nel tempo, poiché in assenza di segnali di chiare scelte politiche, i flussi finanziari vengono indirizzati verso investimenti meno innovativi e di conseguenza verso opportunità meno remunerative. Inoltre, tanto più tardivi saranno gli interventi di adattamento, tanto maggiori saranno i danni causati dai cambiamenti climatici e tanto più onerosi gli interventi finanziari necessari per porvi rimedio;
preso atto, inoltre, che la strategia presentata dall'Unione europea nel 2013 afferma che, investendo un euro oggi per la protezione delle inondazioni, se ne risparmieranno 6 nel futuro. L'attuazione delle politiche di mitigazione ed adattamento ai mutamenti del clima costituisce un'opportunità per sviluppare nuovi posti di lavoro, in particolare quelli noti come green job, così come l'attuazione di tutte le misure previste nell'ambito degli accordi sui cambiamenti climatici finalizzati ad attenuare la potenziale delocalizzazione produttiva dovuta a fattori di dumping ambientale. A tal proposito, il sistema di emission trading, da concepire come un meccanismo di mercato che consenta di valutare correttamente le esternalità ambientali e di distribuirne l'onere, deve rimanere il principale strumento per il raggiungimento dell'obiettivo di decarbonizzazione dell'economia europea. Tuttavia, in attesa di un accordo internazionale che ristabilisca un level playing field su scala globale, è necessario che l'Unione europea continui a prevedere misure efficaci per ridurre i costi diretti e indiretti dell'emission trading per i settori energivori e contrastare il conseguente rischio di delocalizzazione (carbon leakage) delle imprese europee, dovuto all'aumento dei prezzi dell'elettricità, causata dagli alti prezzi del carbonio che queste utilizzano,
impegna il Governo:
1) ad assicurare ogni azione affinché gli impegni e gli obiettivi che saranno stabiliti dal vertice di Parigi Cop 21 siano vincolanti per tutti i Paesi;
2) ad armonizzare, mediante la creazione di un quadro regolatorio in materia ambientale coerente, certo e stabile nel tempo, la legislazione nazionale con quella europea, per rispondere con efficacia alle intese e agli obiettivi che saranno raggiunti nel vertice di Parigi Cop 21;
3) a valutare l'opportunità di introdurre gli strumenti necessari volti a promuovere un'efficace politica industriale per la sostenibilità ambientale, con riferimento, soprattutto, ad un sistema di regolazione delle attività economiche che spinga verso l'adozione di comportamenti ambientalmente corretti; l'individuazione di driver di sviluppo che consentano di valorizzare le potenzialità industriali e tecnologiche del Paese; meccanismi finanziari in grado di sostenere investimenti ad alto valore aggiunto; evitare il gold plating in sede di recepimento di direttive europee ovvero l'introduzione di adempimenti ed oneri ulteriori rispetto a quelli definiti dal regolatore comunitario e rimuovere gli oneri non richiesti dall'Europa attualmente presenti nella legislazione statale e regionale;
4) ad incentivare una maggiore responsabilizzazione di settori diversi dall'industria che contribuiscono in misura determinante alle emissioni (trasporti, agricoltura ed edilizia residenziale). Il tutto nella prospettiva della revisione della decisione 406/2009/CEE sull'effort sharing, parte del pacchetto europeo clima ed energia, prevista per il primo semestre del 2016, la quale costituisce un'importante occasione di confronto con i settori coinvolti. In questo contesto, occorrerebbe, da un lato, valorizzare il patrimonio industriale esistente, favorendo, in tutti i settori produttivi, l'adozione di tecnologie che aumentino la compatibilità ambientale dei processi produttivi e, dall'altro, sviluppare nuove attività produttive in settori più strettamente collegati alla green economy;
5) ad evitare l'introduzione nella legislazione nazionale di strumenti normativi non gradualmente proporzionati agli obiettivi di tutela ambientale;
6) a favorire la revisione della disciplina delle accise sui prodotti energetici tanto in sede europea quanto in sede nazionale, garantendo, nel contempo, ai cittadini italiani, la corretta informazione sul gettito fiscale derivante dalle stesse e della loro destinazione d'uso e introducendo una tassazione basata sul contenuto di carbonio (carbon tax) con la necessaria gradualità programmata ed in modo proporzionale all'effettivo sviluppo e utilizzo commerciale di fonti energetiche rinnovabili tecnologicamente stabili (ad esempio i biocarburanti di terza generazione) a emissioni basse o nulle e di sistemi produttivi e industriali da loro alimentati;
7) ad assicurare, nelle more della revisione della disciplina della accise verso una tassazione basata sul contenuto di carbonio, una corrispondente fiscalità di vantaggio volta a favorire la diffusione di sistemi produttivi e di trasporto a basso o nullo impatto ambientale;
8) a migliorare, in termini di efficienza e sicurezza, la rete dei trasporti nazionali, ferroviario e marittimo, promuovendo nel contempo politiche di mobilità energeticamente e ambientalmente sostenibili in ambito sia urbano che extraurbano;
9) ad incentivare, mediante misure fiscali, la riqualificazione delle aree pubbliche urbane da destinare a verde pubblico alberato nella aree degradate, incentivando la partecipazione dei privati attraverso l'affidamento della gestione e della manutenzione delle aree riqualificate, anche mediante lo sviluppo sui siti di progetti privati di natura ludico-ricreativa e culturale;
10) a sostenere economicamente quelle iniziative nazionali, anche di natura privata, volte a sviluppare programmi di ricerca finalizzati allo studio dei cambiamenti climatici, attraverso la realizzazione di modelli del sistema climatico e delle sue interazioni con la società e l'ambiente;
11) a creare, in un quadro di obiettivi di breve termine, le migliori condizioni operative per le imprese, favorendo ed incentivando gli investimenti finalizzati al risparmio energetico, al fine di contrastare il rischio carbon leakage verso altre aree del pianeta;
12) ad attivare, mediante una cabina di regia unica nazionale, meccanismi strutturali stabili volti ad incentivare e premiare le condotte virtuose in materia ambientale, sia nel pubblico che, in particolare, nel settore privato, finalizzati al risparmio energetico, soprattutto sotto il profilo della riqualificazione degli edifici e dell'adeguamento dei sistemi produttivi e industriali, con il fine di contenere le emissioni di anidride carbonica.