Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00490

Atto n. 1-00490

Pubblicato il 1 dicembre 2015, nella seduta n. 545
Esame concluso nella seduta n. 546 dell'Assemblea (02/12/2015)

D'ALI' , PICCOLI , MALAN , DE SIANO , ALICATA , AMIDEI , RIZZOTTI , SIBILIA

Il Senato,

premesso che:

nel 1992 si svolse a Rio il "summit della terra", cui presero parte le delegazioni di 154 Nazioni, che si concluse con la stesura della Convezione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC);

l'obiettivo della Convenzione era quello di ridurre le emissioni di gas serra nell'atmosfera, sulla base della teoria del riscaldamento globale. Entrata in vigore, senza alcun vincolo per i singoli Paesi, il 21 marzo 1994, la Convezione quadro prevedeva una serie di adeguamenti o protocolli che, nel tempo, avrebbero introdotto limiti obbligatori alle emissioni di anidride carbonica. Obiettivo della Convenzione, altresì, era il raggiungimento, entro il 2000, della stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera rispetto ai livelli del 1990. In tale occasione i Paesi più industrializzati si attribuirono gran parte delle responsabilità dei cambiamenti climatici. Dal 1994 le delegazioni decisero di verificare lo stato di avanzamento dei lavori annualmente nella conferenza delle parti (Cop);

dal 1995 ad oggi si sono svolte 20 Cop, in varie parti del pianeta (Berlino, Ginevra, Kyoto, L'Aja, Bonn, Marrakesh, Milano, Montreal, Nairobi, Bali, Poznan, Copenhagen, Cancun, Durban, Doha, Varsavia, Lima) durante le quali non sono mai stati raggiunti risultati totalmente soddisfacenti in termini di equità e precauzione delle emissioni inquinanti;

nel 2000, 189 capi di Stato e di Governo hanno siglato la cosiddetta dichiarazione del millennio ("Millennium development goals"), attraverso la quale si sono impegnati a raggiungere entro il 2015 9 obiettivi tra i quali quello di garantire la sostenibilità ambientale, integrando i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi dei Paesi, che ancora non è stato raggiunto;

a partire da domenica 29 novembre 2015, più di 190 leader mondiali si riuniranno a Parigi, partecipando alla XXI conferenza delle parti (Cop 21) della UNFCCC, per discutere del cambiamento climatico in corso da decenni e per decidere in quale maniera intervenire, a livello globale, tramite l'approvazione di piani specifici da parte di ogni singolo Paese;

allo stato attuale però, solo 37 su 196 Stati membri dell'ONU hanno presentato i citati piani, delineando le azioni che intendono mettere in atto oltre l'anno 2020. Tale risultato è insoddisfacente sebbene Christina Figueres, responsabile per il clima alle Nazioni Unite, abbia assicurato comunque che i Governi sono, in realtà, a buon punto e che senza ombra di dubbio l'accordo potrà essere siglato a Parigi;

Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica (BRICS), Paesi che rappresentano le maggiori economie emergenti e tra i più inquinanti, così come gli Stati Uniti d'America, nei vari incontri internazionali, non si sono mai mostrati favorevoli ad una riduzione dell'emissione di gas nocivi provenienti per lo più dalle loro aree industrializzate o in corso di industrializzazione;

alla luce di tali considerazioni, gli obiettivi che si pone costantemente l'Unione europea, se pure fossero in linea con un modello scientifico affidabile, sarebbero ininfluenti poiché i Paesi aderenti ai trattati rappresentano una minima percentuale;

il costo per le industrie della costante limitazione dell'immissione dell'anidride carbonica nell'atmosfera è altissimo, la resa è bassa, e le risorse impegnate per tali necessità vengono sottratte ad opere di mitigazione degli effetti climatici quali, ad esempio, il mantenimento dell'ambiente e la purezza delle acque;

considerato che:

la Commissione europea indica costantemente nei suoi documenti come obiettivo "strategico" dell'azione dell'Unione per il presente secolo il limite di 2 gradi centigradi all'aumento della temperatura media dell'atmosfera terrestre al suolo, rispetto ai livelli dell'era preindustriale. La Commissione europea altresì condivide pienamente la "Relazione Stern sull'economia del cambiamento climatico" dell'economista Nicholas Stern, elaborata nel 2006, ricca di previsioni di catastrofici sconvolgimenti climatici con gravissime conseguenze economiche, che avverrebbero nei prossimi decenni ove le emissioni in atmosfera di anidride carbonica prodotte dall'uomo non venissero drasticamente ridotte nell'immediato futuro;

una vasta parte di scienziati, studiosi del clima di caratura internazionale, non ritiene che la causa principale del moderato riscaldamento dell'atmosfera terrestre al suolo sinora osservato (compreso fra 0,7 e 0,8 gradi centigradi) sia da attribuire in via esclusiva o prevalente all'anidride carbonica di emissione antropica;

le previsioni climatologiche a medio-lungo termine, attualmente effettuabili negli specializzati centri di ricerca del mondo, sono distanti dall'essere affidabili, non essendo ancora conosciuti in maniera sufficiente gli effetti climatici relativi ad importanti elementi della fisica terrestre, quali nuvole, vulcani, oceani eccetera, gli effetti climatici delle variazioni cosmiche e solari, quali l'inclinazione dell'asse terrestre e il relativo moto di rotazione, e non essendo stati adeguatamente sperimentati gli estremamente complessi modelli di calcolo utilizzati per tali previsioni;

i medesimi scienziati hanno affermato che non sarebbe ancora affatto chiarita la dipendenza della temperatura media dell'atmosfera terrestre al suolo dalla concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera e come inoltre l'effetto serra dell'anidride carbonica sia già in rilevante saturazione alle attuali concentrazioni;

essi hanno aggiunto altresì che se, a seguito dell'incremento della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera, si determinasse un aumento della temperatura terrestre al suolo, i conseguenti danni all'ambiente, all'economia e all'incolumità degli abitanti del pianeta sarebbero molto inferiori a quelli previsti nel citato rapporto Stern e addirittura al contrario maggiori potrebbero essere i benefici;

sarebbe dunque auspicabile, più che avviare un costosissimo e velleitario sforzo di mitigazione del riscaldamento globale in atto, destinare le risorse disponibili all'adattamento a tale riscaldamento e alla promozione di interventi sul territorio finalizzati all'efficienza energetica, all'edilizia eco virtuosa nonché all'eliminazione dell'inquinamento ambientale da emissioni nocive;

inoltre, contrariamente alle previsioni dell'IPCC, il livello dell'acqua negli oceani non è in aumento a ritmo preoccupante, i ghiacciai sulla terraferma nelle calotte polari non sono in fase di scioglimento, il numero e l'intensità dei cicloni ed uragani tropicali non è in crescita, negli ultimi 18 anni la temperatura media al suolo dell'atmosfera terrestre non risulta aumentata e secondo gli oceanografi non vi è alcun rischio che si blocchi la corrente del Golfo;

tenuto conto che:

dei pilastri che caratterizzano l'energy union è fondamentale porre in evidenza la grande questione dell'efficienza energetica (un aumento dell'1 per cento di efficienza rappresenta un calo del 2,6 per cento di importazione di energia) e la necessità di procedere con il potenziamento delle interconnessioni delle infrastrutture elettriche e delle infrastrutture legate al trasporto di combustibili (gas metano innanzitutto);

l'argomento dell'efficienza energetica nel settore dell'edilizia, ovvero della sostenibilità energetica, e in quello dei trasporti assume grande rilievo poiché gran parte dei consumi (60 per cento del totale), e quindi delle emissioni (54 per cento del totale) è legata a questi due settori che evidenziano necessità di efficientamento rilevante;

per ottenere efficienze energetiche dagli edifici sarebbero necessarie azioni di sostegno quali: contributi diretti degli Stati sugli investimenti nell'ambito di quanto ammesso dalla UE in materie di aiuti di Stato, detrazioni fiscali sugli investimenti in efficienza energetica, promozione di precisi modelli economico-finanziari a supporto di iniziative avviate da soggetti quali le energy service company, ricerca di nuovi materiali e di nuove tecnologie volte alla riduzione delle emissioni e al contenimento dei consumi;

in tale ambito, anche l'agenda digitale, intesa quale uso e diffusione capillare di nuove tecnologie e di sistemi e servizi di gestione e risparmio energetico, potrebbe rappresentare una grande opportunità. Bisognerebbe approfondire ulteriormente tale profilo, interrogandosi sul modo in cui la diffusione di adeguate connettività e di servizi associati sia in grado di contribuire all'azione di efficienza e di controllo dei cambiamenti climatici;

l'aumento di capacità di interconnessione è il presupposto della sicurezza degli approvvigionamenti e di un futuro mercato energetico più vantaggioso oltre che della generale affidabilità del sistema europeo;

a tal proposito sarebbe necessario procedere attraverso: precise assunzioni di responsabilità da parte degli Stati membri in ordine ai progressi da realizzare, sostegno degli investimenti con linee di credito certe alla luce delle possibilità economiche e finanziarie dei medesimi, semplificazione e certezza delle procedure autorizzative con particolare attenzione sull'esempio degli Stati membri che permettono l'integrazione delle varie reti nazionali;

da ciò deriverebbe che, a fronte di un'Europa adeguatamente interconnessa, sarebbe possibile valorizzare le peculiarità produttive dei Paesi membri nell'ambito delle fonti energetiche rinnovabili ed a supporto dell'attuazione dei piani energetici nazionali, con una consequenziale efficienza ed efficacia degli impianti che permettono la riduzione di emissioni nocive;

la questione relativa alle interconnessioni, dunque, è strettamente collegata con i seguenti elementi: affidabilità del sistema di alimentazione superando criticità geo-politiche ed ambientali; garanzie di coesione sociale che le disponibilità certe di energia a basso costo permette di realizzare; affidabilità in termini di gestione delle domande e corrispondenti offerte; permette di affrontare, in parte, l'argomento dell'accumulo di energie con la predisposizione di intere aree dedicate alla produzione di fonti energetiche rinnovabili (nei limiti dell'utilizzo di aree urbanizzate e che non comportino l'alterazione del paesaggio) che possono rappresentare una vera e propria "riserva pronta" di energie, non trascurando lo sviluppo dello stoccaggio fisico dell'energia stessa; consente alla UE di sviluppare risorse disponibili nel proprio territorio nonché supporta l'attivazione di azioni, nell'ambito del market design, molto utili a valorizzare il mix energetico di ciascun Paese;

sarebbe altresì auspicabile, per quanto concerne la produzione di energia, riprendere in considerazione il piano sugli impianti nucleari che, se utilizzati con determinati criteri di sicurezza, sarebbero molto meno inquinanti delle centrali a carbone e a petrolio e dei rigassificatori;

contestualmente bisognerebbe porre freno alla deforestazione, limitare l'inquinamento delle acque fluviali e marine, nonché di fondamentale importanza sarebbe che gli Stati europei investissero nella ricerca di nuove fonti energetiche volte a sostituire gli idrocarburi i quali, se non estratti in maniera corretta, causano un danno notevole al sottosuolo e all'ambiente, creando così, anche, un peggioramento del clima,

impegna il Governo:

1) a sostenere la diffusione di modelli finanziari e industriali italiani che adottino un'economia a basse emissioni;

2) a sostenere una politica rispetto ai cambiamenti climatici basata soprattutto sulla mitigazione e l'adattamento, poiché non vi è alcuna evidenza scientifica che i mezzi finora proposti e impiegati per il contrasto siano efficaci;

3) ad attivarsi, durante i lavori della Cop 21 dell'UNFCCC, perché qualsiasi accordo vincolante, a livello internazionale, riguardi tutti i Paesi, in particolare quelli del cosiddetto BRICS e gli Stati Uniti d'America, e non accetti impegni unilaterali;

4) a contrastare il fenomeno della deforestazione, a tutelare le acque fluviali, lacustri e marine dall'inquinamento e a ricercare nuove fonti energetiche alternative agli idrocarburi che, soprattutto nella fase di prospezione del sottosuolo, arrecano un grande danno al territorio e all'ambiente circostante;

5) a non escludere a priori alcuna forma di produzione di energia, purché sia possibile metterla in atto in sicurezza e comporti vantaggi dal punto di vista della riduzione dell'inquinamento e delle emissioni;

6) a sostenere ed incentivare, con tutti i mezzi a disposizione, forme di sostenibilità energetica nei settori dell'edilizia e dei trasporti, poiché gran parte dei consumi (60 per cento del totale), e quindi delle emissioni (54 per cento del totale) è legata a questi due ambiti, i quali necessitano di efficientamento rilevante;

7) a favorire e sostenere aziende o reti nell'individuazione e nello scambio di nuove tecnologie a supporto della diffusione di fonti energetiche rinnovabili (nei limiti dell'utilizzo di aree urbanizzate e che non comportino l'alterazione del paesaggio), di trasporti e gestione energetica intelligenti;

8) a promuovere, in sede comunitaria, politiche volte all'incremento dell'interconnessione degli impianti europei, affinché vi sia un mercato energetico più vantaggioso per i consumatori e meno inquinante per l'ambiente;

9) a non accettare impegni che vadano oltre l'accordo 20-20-20, già molto penalizzante per l'Italia;

10) a tener conto, nella determinazione delle politiche energetiche, dell'esigenza di ridurre la dipendenza dell'Italia dall'estero e di non aggravare, e possibilmente di migliorare, la situazione dell'Italia, dove l'energia elettrica ha un costo per gli utenti industriali superiore del 30 per cento alla media europea, con un divario molto maggiore rispetto alla vicina e concorrente Francia, e dati ancora peggiori per le utenze private.