Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00366

Atto n. 1-00366

Pubblicato il 16 dicembre 2014, nella seduta n. 366
Esame concluso nella seduta n. 444 dell'Assemblea (06/05/2015)

CIOFFI , GIROTTO , VACCIANO , SCIBONA , CIAMPOLILLO , SERRA , PAGLINI , MORRA , LEZZI , MONTEVECCHI , MANGILI , BERTOROTTA , BUCCARELLA , BULGARELLI , SANTANGELO , CASTALDI , FUCKSIA , CATALFO , PUGLIA , MORONESE , DONNO , MARTON , AIROLA , MARTELLI , MOLINARI , CRIMI , TAVERNA

Il Senato,

premesso che:

nel corso degli ultimi decenni, l'uso della rete internet ha conosciuto una straordinaria espansione a livello internazionale. In tale contesto, la presenza di connessioni veloci e superveloci rappresenta un volano per la crescita economica e per la coesione sociale e territoriale degli Stati e, in particolare, per migliorare la competitività e l'innovazione delle imprese;

secondo la Commissione europea, un aumento del 10 per cento della penetrazione della banda larga veloce e ultra veloce può contribuire non solo alla formazione di una società digitale, ma anche alla crescita economica, in quanto consente un aumento del PIL dell'1 - 1,5 per cento. La Banca Mondiale stima che una variazione di 10 punti percentuali della penetrazione della banda larga possa generare un aumento di 1,2 punti percentuali di crescita del PIL pro capite dei Paesi sviluppati;

il potenziale dell'economia digitale e del mercato unico digitale può essere realizzato solo con la disponibilità di adeguate tecnologie e infrastrutture che consentano l'accesso alla banda larga veloce (velocità superiore a 30 Mbps) e ultra-veloce (velocità superiore a 100 Mbps), tra cui le reti di nuova generazione;

l'infrastruttura di nuova generazione acquisisce valore nella misura in cui abilita la circolazione di contenuti, transazioni, forme di comunicazione e contribuisce a creare lo sviluppo di quell'ecosistema digitale che è alla base del recupero di produttività per creare nuova occupazione qualificata. L'economia digitale non distrugge posti di lavoro: ne crea di nuovi. Il rapporto "McKinsey", datato maggio 2011, presentato al G8 su internet tenutosi a Parigi, ha stimato che per 2 posti di lavoro resi obsoleti dal digitale, internet ne crea 5 nuovi;

a riguardo, la Commissione europea, nell'ambito dell'Agenda digitale, ha fissato una serie di target estremamente ambiziosi per la realizzazione di nuove infrastrutture di telecomunicazione che consentano a tutti i cittadini una connessione a 30 Mbps entro il 2020 e almeno al 50 per cento della popolazione la disponibilità di 100 Mbps;

a tal fine, nel 2014, la Commissione europea ha analizzato i progressi dei 28 Paesi UE in relazione agli obiettivi digitali contenuti nell'Agenda digitale europea, rilevando come le connessioni con velocità superiori a 100 Mbps siano rare in tutta Europa. In particolare, in base al Digital Agenda Scoreaboard (2014), emerge che: a) le tecnologie a banda larga veloci in grado di fornire internet ad almeno 30 Mbps sono disponibili per il 62 per cento della popolazione europea (più del doppio rispetto al 2010), soprattutto nella aree urbane, mentre nelle zone rurali solo il 16 per cento delle famiglie risulta coperto; b) gli abbonamenti a internet con velocità maggiore di 30Mbps sono sempre più diffusi, mentre quelli che consentono una velocità superiore a 100Mbps sono ancora rari nell'intera UE;

se si considerano più fattori (tra cui anche il prezzo), tra i 5 grandi Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Italia e Regno Unito) è il Regno Unito che raggiunge un punteggio migliore, tenuto conto che mostra percentuali più alte di copertura in banda larga e ultralarga. L'Italia rimane ultima in tutte le graduatorie a 5, tranne per la diffusione della banda su mobile. Risulta particolarmente desolante soprattutto l'attuale situazione sulla banda ultralarga, che vede il Paese posizionarsi all'ultimo posto in Europa;

anche nel dossier "Banda larga e Ngn", realizzato dall'Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione, si afferma che «occorrono ingenti investimenti per completare la dotazione infrastrutturale e per la realizzazione, praticamente ex novo in molte zone dell'Europa, delle reti di nuova generazione (Next Generation Network - NGN) che consentano l'accesso a internet veloce e super veloce (tra i 30 e 100 Mbps) e la diffusione dei servizi digitali di nuova generazione. La Commissione europea stima che tali investimenti richiedano tra i 60 mld di euro (copertura di tutte le utenze con connessioni di 30 Mbps) e 270 mld di euro (50 per cento delle famiglie europee con accesso a servizi alla velocità di 100 Mbps). Per l'Italia, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) stima un fabbisogno di investimenti compreso in un range di 9-24 mld di euro a seconda delle tecnologie adottate»;

in generale, la disponibilità di connessioni in fibra ottica in Europa risulta inferiore a quella registrata negli Stati Uniti e nel Sud-Est Asiatico: pochi cittadini europei dispongono di collegamenti a internet superveloci, che in Paesi come Giappone e Sud Corea sono, invece, considerati la norma. In un siffatto contesto internazionale l'Italia appare drammaticamente arretrata;

considerato che:

secondo quanto riportato nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva effettuata dall'autorità Garante della concorrenza e del mercato e dall'autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, pubblicato l'8 novembre 2014, «i dati relativi alla banda ultra-larga su rete fissa collocano il nostro Paese, insieme a Cipro e alla Grecia, tra gli Stati Membri dell'UE dove la percentuale di individui che ha sottoscritto un abbonamento (velocità media di trasmissione dei dati in download ? 30 Mbps) è inferiore all'1 per cento. La media europea si attesta, invece, al 21,2 per cento. Si tratta di un gap che non accenna a ridursi, ma che si è addirittura amplificato nell'arco del triennio 2011-2014 nei confronti sia della media degli stati membri sia degli altri principali Paesi UE»;

nel documento si afferma, inoltre, che: «il ritardo mostrato dai dati relativi all'Italia rispetto ai livelli di penetrazione della domanda di banda ultra-larga di rete fissa sconta l'assenza di infrastrutture di rete via cavo, che invece nel resto d'Europa forniscono una quota rilevante degli accessi: a gennaio 2014, il 52 per cento delle linee attive a banda ultra-larga in Europa utilizzava il collegamento via cavo»;

in tale contesto spicca la contrapposizione tra lo sviluppo del mobile e lo stallo del fisso e si assiste ad una forte contrazione delle linee fisse e ad una crescita esponenziale di quelle mobili. In Italia, dove pure la fibra ottica aveva cominciato ad essere posata con largo anticipo negli anni Novanta, rispetto ai dati relativi alla banda ultra-larga su rete fissa, si assiste ad un livello bassissimo di copertura del servizio, appena superiore al 20 per cento delle unità abitative residenziali, a fronte di una media europea pari a 62 per cento. Eppure, lo sviluppo del mobile non riduce l'importanza della realizzazione di una rete in fibra. Anche la rete mobile, infatti, ha bisogno di collegamenti di rilegamento in fibra (backhauling) fra stazioni radio - base e centrali;

l'elevata domanda di connessione a banda ultra-larga deriva dalla pervasività, nell'attuale contesto sociale, degli strumenti atti alla vita quotidiana che utilizzano la rete, nonché dall'aumento esponenziale dei servizi che sono fruibili esclusivamente on line, anche a seguito della progressiva digitalizzazione della pubblica amministrazione centrale e locale, della diffusione della video comunicazione, dell'incremento della potenza di calcolo dei PC (big data);

il quadro nazionale si presenta però estremamente disomogeneo per quel che concerne la presenza di investimenti nella rete fissa. In Italia, ad oggi, le strategie di investimento degli operatori risultano alquanto indefinite, quantomeno se si considera un orizzonte temporale di medio periodo (al 2020). L'indagine conoscitiva avviata da AGCM e AGCOM ha confermato come, complessivamente considerati, i piani di investimento degli operatori siano tuttora circoscritti al prossimo biennio, mentre restano soggetti ad un'elevata indeterminatezza in relazione all'estensione dei progetti ed alla tempistica prevista per la loro realizzazione;

le informazioni pubblicamente disponibili in merito agli investimenti nelle reti NGA (reti di accesso di nuova generazione) sono caratterizzati da un'estrema genericità circa l'estensione degli investimenti, le risorse ad essi dedicate e le modalità di realizzazione degli stessi. Tali investimenti risultano inoltre essere, oltre che di breve periodo, concentrati esclusivamente nelle aree urbane del Paese in cui il ritorno dell'investimento è garantito;

nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva di AGCM e AGCOM, gli operatori hanno illustrato i propri piani di sviluppo della rete. Telecom Italia ha presentato il proprio "Piano di Sviluppo Ultrabroadband", che prevede la copertura FTTC (rete di accesso in fibra ottica) entro il 2016 di oltre il 50 per cento delle unità immobiliari in 177 città e distretti industriali. L'obiettivo di Fastweb per i piani di investimento nelle reti in fibra ottica per gli anni 2013-2014 è quello di dotare altre 6 città, oltre alla città di Milano, di infrastrutture di tipo FTTH per un totale di 2 milioni di unità immobiliari, mentre per 22 città è prevista la copertura del territorio con reti di tipo FTTC, per una spesa attesa pari a circa 400 milioni di euro. Risulta che Fastweb, in un'ottica di più lungo periodo, espanderà la rete in fibra ottica fino a raggiungere 100 comuni. Anche Vodafone ha presentato un piano di investimento nella rete fissa, che prevede la copertura di 150 città entro il 2016, con un'architettura FTTC;

nell'ambito della medesima indagine si evidenzia come «alla luce degli ambiziosi obiettivi imposti dall'Agenda digitale europea, che comportano necessariamente il contributo di investimenti sia privati sia pubblici, dovrebbe assumere maggior rilievo lo svolgimento di un'attività strategica di coordinamento, di monitoraggio e di controllo pubblico ("oversight") del processo complessivo di sviluppo delle reti in fibra che semplifichi notevolmente le relazioni tra i diversi decisori coinvolti e svolga una vera pianificazione degli interventi sulle infrastrutture, che consideri in modo sinergico le risorse pubbliche e private utilizzate per lo sviluppo delle nuove reti. Fino ad oggi infatti in Italia, la governance istituzionale dell'agenda digitale ha riguardato principalmente l'importante progetto di digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei rapporti di quest'ultima con cittadini ed imprese, piuttosto che gli investimenti nelle reti in fibra ottica»;

l'intervento pubblico è stato sinora caratterizzato da politiche di sostegno indiretto agli investimenti infrastrutturali, soprattutto attraverso la riduzione dei costi amministrativi e l'incentivazione della domanda. Occorre però rilevare come l'intervento pubblico nella realizzazione vera e propria di reti a banda ultralarga appare oggi più che in passato fondamentale per l'intera collettività, oltre a rappresentare un importante elemento di sviluppo sociale, tenuto conto che l'investimento privato in tale settore può risultare insufficiente rispetto a quello socialmente desiderabile. Ciò è ancora più importante nel contesto italiano nel quale, come evidenziato nell'indagine conoscitiva, «risulta assente una reale concorrenza dinamica infrastrutturale e gli operatori effettuano scelte di investimento seguendo sostanzialmente una logica di profitto incrementale in un orizzonte temporale relativamente ridotto»;

rilevato che:

nella comunicazione della Commissione europea 2013/C 25/01 sugli "Orientamenti dell'Unione europea per l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga", si afferma che la maggior parte delle strategie adottate nei diversi Paesi membri prevede «il ricorso a risorse pubbliche per estendere la copertura di banda larga ad aree in cui gli operatori commerciali non sono incentivati a investire e per accelerare la diffusione delle reti NGA, che permettono un accesso ad altissima velocità»;

ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, gli Stati membri possono considerare la messa a disposizione di una rete a banda larga come un servizio di interesse economico generale (SIEG). Ciò è possibile solo nelle zone in cui gli investitori privati non siano in grado di fornire nel futuro prossimo un'adeguata copertura alla popolazione, a condizione che: a) l'infrastruttura offra una connessione universale a tutti gli utenti di una determinata regione; b) l'infrastruttura sia passiva, neutra e liberamente accessibile; c) il progetto riguardi solo lo sviluppo della rete e la fornitura di servizi all'ingrosso, senza includere i servizi di comunicazione al dettaglio; d) tutti gli operatori interessati possano concorrere per la realizzazione della rete sovvenzionata; e) il fornitore della rete non possa rifiutare l'accesso all'ingrosso all'infrastruttura in base a criteri discrezionali e/o discriminatori;

nella medesima comunicazione, la Commissione ribadisce che: «È importante tener presente che, nel lungo periodo, le reti NGA sono destinate a sostituire le attuali reti a banda larga di base e non solo a migliorarle. Considerato che le reti NGA richiedono una diversa architettura di rete, tale da offrire servizi in banda larga di qualità notevolmente più elevata rispetto a quelli attuali, (...) difficilmente realizzabili con le attuali reti a banda larga, è probabile supporre l'emergere in futuro di marcate differenze tra aree coperte dalle reti NGA e aree non coperte». Tale circostanza rende, dunque, ancora più urgente la necessità da parte dello Stato di investire nell'immediato nella realizzazione di una copertura sempre più ampia, tenuto conto che sono molte le aree del Paese che non risultano coperte dai piani di investimento privati;

è assolutamente legittimo dire che la banda ultra-larga, e le infrastrutture di telecomunicazioni tutte, possono rappresentare l'oggetto di un livello essenziale delle prestazioni per tutti i cittadini (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione), tenuto conto che una serie di diritti civili e sociali, compreso il diritto alla conoscenza richiedono ormai una sufficiente velocità di accesso;

nel 2012, la Commissione europea, nel valutare la compatibilità dell'aiuto di Stato relativo al Piano digitale banda ultra-larga, rilevava che: "Le autorità italiane sono comunque consapevoli che i servizi a banda larga di base non sono certo sufficienti per offrire i servizi innovativi richiesti da imprese e cittadini, quali ad esempio la TV in alta definizione, le possibilità di telelavoro, la TV 3D, l'e-health e l'e-government e l'uso di applicazioni simultaneamente". È illusorio, dunque, pensare che per allineare il Paese alle best practice internazionali sia sufficiente portare la fibra ottica nei soli distretti industriali. Alla luce dei dati relativi alla crescita del traffico negli ultimi anni, appare decisamente necessario sviluppare una rete di nuova generazione capillare sul territorio, in quanto non c'è dubbio che la necessità dei 100 Mbps ed oltre arriverà presto;

un processo di costruzione delle reti di nuova generazione in grado di dare una risposta adeguata ai target previsti dall'Agenda Digitale dovrebbe passare attraverso un tipo di infrastruttura che prevede investimenti caratterizzati da ritorni in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo e che incontrano difficoltà nel reperire le risorse necessarie in mercati finanziari che sono ancora dominati da ottiche di breve termine;

vi sono Paesi, come il Giappone e la Corea del Sud, che hanno deciso di fare un investimento pubblico, finanziato con risorse di bilancio. Altri Paesi, come il Regno Unito, hanno fatto una scelta diversa e al finanziamento dell'infrastruttura NGN provvede l'incumbent, il proprietario della rete in rame, garantendo così una graduale migrazione dal rame alla fibra. Vi sono infine Paesi che hanno da tempo sviluppato infrastrutture di rete in fibra e non per la televisione via cavo, che possono essere, con ridotti costi, utilizzate anche per le telecomunicazioni. L'Italia (insieme alla Grecia) non è tra questi ultimi, anche per la scelta legislativa che introdusse, a suo tempo, il divieto di posare reti cavo multicanale;

come sostenuto il 13 marzo 2012 anche dalla Cassa Depositi e Prestiti in audizione presso la IX Commissione permanente (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati, il nostro Paese potrebbe anche essere in grado di percorrere la via del ricorso all'incumbent, se il proprietario della principale rete di telecomunicazione del Paese, Telecom Italia, fosse nella condizione di finanziare un piano di investimenti adeguato. Va considerato, inoltre, che oggi gli operatori Tlc tendono a fare investimenti cospicui nel segmento delle reti mobili dove la competizione è estremamente significativa. In particolare, Telecom Italia ha un intenso piano di investimenti nella rete LTE, infrastruttura determinante per la banda ultralarga mobile di ultima generazione, oltre ad avere programmi all'estero. L'insieme di queste circostanze determina la scarsa disponibilità di risorse per investimenti sulla rete fissa italiana;

già nell'ormai lontano 2009, l'allora consulente del Governo in carica per la banda larga, ingegner Francesco Caio, affermava relativamente alle reti NGN che Telecom Italia, non possiede "la capacità di fare da sola la rete passiva" che, in quanto "monopolio naturale", non può essere replicata. L'ingegner Caio affermava, inoltre, che: "non ci possono essere due reti fisse di accesso, per cui quando si percorre un aggiornamento della rete di accesso si deve mettere in discussione il tema della concorrenza, che va lasciata ai servizi";

la rete passiva è un servizio universale, a cui corrisponde un diritto fondamentale dei cittadini (e delle imprese). Se i privati non hanno volontà e mezzi per intervenire su una infrastruttura in regime di monopolio naturale, allora, anche per far sì che la concorrenza si sviluppi e si sviluppi senza asimmetrie, è fondamentale che il decisore pubblico, per quanto complesso possa essere in termini di finanza pubblica, trovi le risorse per un investimento di rilievo, tenuto conto che è fondamentale guardare al rapporto costi-benefici dell'azione politica;

in un momento di crisi economica come quella attuale, appare ragionevole ipotizzare che lo Stato destini le risorse pubbliche in opere che siano prioritarie per la collettività, anche spostando sulla realizzazione della rete a banda ultra larga le risorse attualmente stanziate per grandi opere infrastrutturali prive di utilità ed antieconomiche;

considerato, inoltre, che:

il Governo istituzionale del processo di realizzazione delle reti a banda ultra-larga appare essere meno incisivo rispetto alle esperienze progettuali di altri Paesi europei, quali la Francia e la Germania;

il Governo ha aperto, dal 20 novembre al 20 dicembre 2014, la consultazione pubblica per commentare le azioni dei nuovi piani nazionali "Piano nazionale banda ultra larga" e "Crescita digitale" (obiettivo tematico 2 dell'Agenda digitale: supporto alla infrastrutturazione per la banda ultra larga e potenziamento dei servizi Ict a cittadini e imprese);

la strategia italiana per la banda ultralarga, con cui il Governo intende invertire la tendenza che ci vede, al momento, accumulare ritardi su ritardi rispetto alle medie europee, è stata pubblicata sul sito dell'Agid e, nello stesso tempo, è stata inviata a Bruxelles per una valutazione. L'obiettivo del piano è quello di garantire entro il 2020 una connettività a banda ultralarga (100Mbps) ad almeno l'85 per cento della popolazione italiana per rispettare il 50 per cento di obiettivo definito dalla Ue. Tale livello di copertura dovrà coinvolgere le sedi Pa, scuole, aree di interesse economico o ad alta concentrazione demografica, ospedali, snodi logistici o industriali. La quota restante, il 15 per cento delle aree più remote, avrà invece una copertura a 30 Mbps;

nel piano si prevede che l'intervento pubblico abbia un ruolo sussidiario attraverso 4 modalità principali (diretto, partnership pubblico-privato, incentivo, ibrido), a seconda, anche, della struttura dell'area geografica di competenza. In particolare, emerge che solo il Cluster A, ossia quello delle maggiori 15 città italiane (15 per cento della popolazione nazionale), presenta il migliore rapporto costi-benefici e solo in tale area è più probabile che vi sia l'interesse degli operatori privati a investire. Il cosiddetto salto di qualità richiesto dalla normativa UE, ossia portare la velocità di collegamento da 30 a 100 Mbp entro il 2020, interesserà quindi solo il 15 per cento della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni di persone);

l'unica città che già oggi gode di una copertura estensiva di servizi a banda ultralarga è Milano, dove l'intervento è stato realizzato dalla società infrastrutturale Metroweb;

Metroweb ha realizzato una rete passiva che affitta agli operatori. Noti sono i rapporti commerciali stabiliti con Fastweb, Telecom Italia e Vodafone nei quali Metroweb si configura come rete neutrale lasciando agli operatori la competizione sui servizi. Con gli stessi operatori Metroweb sta valutando la prospettiva di realizzare accordi al fine di costruire una rete neutrale almeno nelle aree del Paese a maggiore intensità di traffico (aree urbane, distretti industriali);

con specifico riferimento alla governance degli investimenti nelle infrastrutture a banda ultra larga, rileva in primis l'attività di Infratel Italia, società in-house del Ministero dello sviluppo economico, soggetto attuatore del piano nazionale banda larga e progetto strategico banda ultra larga, nonché l'attività di coordinamento e programmazione delle risorse economiche comunitarie, svolta dal Dipartimento delle politiche di coesione del Ministero dello sviluppo economico;

sul fronte privato, le esperienze più interessanti a livello territoriale riguardano l'utilizzo di infrastrutture esistenti, anche non di tlc (Metroweb) e le iniziative di alcune amministrazioni locali. Le cosiddette "municipalizzate" sono un settore importante dal punto di vista degli investimenti infrastrutturali, in quanto nel tempo esse hanno costituito società di scopo per fornire la rete FFTC o FFTH, finendo, tra l'altro, per dare vita a monopoli locali. In altri contesti, le amministrazioni hanno concesso l'utilizzo di infrastrutture (canalizzazioni, pubblica illuminazione, condotte) a operatori privati, configurando monopoli privati, in ragione dell'esclusività d'uso delle suddette infrastrutture, che si riveleranno un ostacolo rilevante, nel medio-lungo periodo, all'utilizzo delle medesime infrastrutture da parte di altri operatori;

emerge con chiarezza dunque la necessità di definire un piano strategico nazionale che non sia incentrato solo su incentivi agli investimenti degli operatori, come delineato nel piano del Governo sulla banda ultra-larga, ma che muova verso la centralizzazione di un'operazione strategica per il futuro del Paese. La soluzione ideale sarebbe infatti lo sviluppo di infrastrutture da parte di un operatore puro, che separi le reti dai servizi, come accade per le arterie stradali, le ferrovie, l'elettricità e il gas;

l'operazione relativa alla rete elettrica nazionale di trasmissione dovrebbe costituire il modello di riferimento per la realizzazione della rete in fibra ottica. Occorrerebbe infatti replicare, per quanto compatibile, il cosiddetto "modello Terna", ossia favorire la nascita di una società terza a partecipazione statale che realizzi una infrastruttura passiva, alla quale trasferire la proprietà delle infrastrutture di rete realizzate direttamente o indirettamente (come nel caso delle opere delle municipalizzate) con risorse pubbliche, nonché prevedere che la medesima società sia partecipata dalle compagnie che hanno investito nella nuova rete, quali, ad esempio, Metroweb;

in tal modo si eviteranno duplicazioni di investimenti rispetto alle infrastrutture esistenti: a) riutilizzando ed integrando il più possibile quanto già disponibile sul territorio; b) impiegando tutte le tecnologie più moderne ed affidabili; c) aumentando nel tempo l'efficacia dell'investimento pubblico; d) permettendo l'utilizzo delle infrastrutture realizzate a tutti gli operatori interessati ed alla pubblica amministrazione, senza discriminazioni e a condizioni di equità;

solo in un simile ambito le imprese potranno aumentare le loro potenzialità di innovare e le organizzazioni pubbliche potranno contare sul coinvolgimento di cittadini con competenze digitali per offrire servizi sempre più avanzati,

impegna il Governo:

1) a riconoscere la realizzazione della rete a banda ultra-larga come un'esigenza prioritaria per la competitività dell'intero sistema economico, che necessita di un'attenta politica di investimenti pubblici;

2) ad assicurare che lo sviluppo delle nuove reti risponda effettivamente alle esigenze di connettività del Paese e consenta il pieno raggiungimento dell'inclusione digitale e sociale, attraverso l'impegno diretto nella costruzione dell'infrastruttura di banda ultra-larga e la realizzazione di un modello di governance che garantisca maggiore efficienza, sicurezza e assenza di ogni discriminazione di utenti o categorie di utenti;

3) nel rispetto dei principi di salvaguardia degli interessi pubblici e di autonomia imprenditoriale dei soggetti attualmente coinvolti nella realizzazione delle infrastrutture, a procedere alla creazione di una società a partecipazione statale maggioritaria, volta a promuovere la realizzazione e la completa unificazione della rete a banda ultra larga nazionale, anche attraverso la partecipazione di soggetti attualmente proprietari delle porzioni di rete passive;

4) a garantire l'effettiva mappatura in tempi certi dello stock di infrastrutture di banda larga e ultralarga presenti nel territorio nazionale, anche al fine di minimizzare l'impatto ambientale e i costi di implementazione, e ad adottare in tempi brevi le regole tecniche per la definizione del contenuto del sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164;

5) a dare seguito alle indicazioni contenute nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva di AGCM e AGCOM volte a definire un piano strategico nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture di banda ultra-larga che, a partire dalla ricognizione delle infrastrutture esistenti, individui in maniera organica le aree di intervento, semplifichi le relazioni tra i diversi decisori coinvolti, concentri le risorse pubbliche in pochi e chiari obiettivi, e svolga una pianificazione degli interventi infrastrutturali da realizzare;

6) a garantire un maggiore coordinamento delle strutture ministeriali coinvolte nell'attuazione delle principali disposizioni in materia di Agenda digitale italiana, tenuto conto che il monitoraggio svolto nel mese di febbraio 2014 dalla Camera dei deputati, attestava come fossero stati adottati solo 17 dei 55 adempimenti previsti dalla normativa relativa all'Agenda digitale (regolamenti, decreti ministeriali, linee guida).