Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00242
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Atto n. 1-00242
Pubblicato il 2 aprile 2014, nella seduta n. 222
CIOFFI , LUCIDI , AIROLA , BOTTICI , CASTALDI , PUGLIA , SCIBONA , TAVERNA
Il Senato,
premesso che:
ormai da circa 40 anni la Spagna ha abbandonato la sua ex colonia del Sahara occidentale. A distanza di così tanto tempo non si è ancora arrivati a definire lo stato giuridico del territorio dell'ex colonia;
già nel 1966, con la risoluzione 2229 dell'Assemblea generale dell'ONU, si richiese alla Spagna di organizzare un referendum nel Sahara occidentale per permettere alla popolazione autoctona di esercitare il diritto all'autodeterminazione;
nel 1979 e nel 1980 altre due risoluzioni dell'ONU hanno riaffermato il diritto del popolo Saharawi all'autodeterminazione e all'indipendenza;
nel 1990 il Consiglio di sicurezza dell'ONU, con la risoluzione 690, ha approvato e sostenuto il progetto presentato dal segretario generale, istituendo la Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO);
essa ha ricevuto il mandato, da realizzarsi quasi totalmente con soli osservatori, di monitorare il cessate il fuoco, verificare la riduzione delle truppe marocchine nel territorio, monitorare il rispetto delle zone assegnate per le truppe marocchine e del Fronte polisario, guidare i contatti fra le parti per assicurare il rilascio di tutti i prigionieri politici detenuti del Sahara occidentale, sovrintendere allo scambio dei prigionieri di guerra (attraverso il Comitato internazionale della Croce rossa), organizzare il programma di rimpatrio (attraverso l'ACNUR), identificare e registrare i votanti, organizzare ed assicurare un referendum libero ed equo e proclamare i risultati;
un referendum peraltro era già stato previsto per il 26 gennaio 1992. Nello stesso anno 1992 ha avuto inizio la missione MINURSO;
considerato che:
la violazione dei più basilari diritti umani nel Sahara occidentale è stata ed è così palese ed evidente che, nel tempo, diverse risoluzioni, sia del Parlamento italiano che di quello europeo, hanno impegnato i Governi degli Stati ad adoperarsi per porvi fine;
tramite incentivi economici, fiscalità di vantaggio, nonché sovvenzioni alimentari e sui carburanti, il regno del Marocco ha garantito condizioni particolarmente favorevoli ai propri cittadini che si sono trasferiti nella zona contesa, al fine non dichiarato di incidere a proprio favore sull'universo referendario di autodeterminazione;
il censimento del 1974, quando il territorio era ancora una colonia spagnola, stabiliva il numero dei residenti in circa 74.000 unità, mentre il censimento ONU del 2000 aveva individuato circa 84.000 residenti, aventi diritto di voto;
le grandi risorse minerarie del territorio del Sahara occidentale, sia quelle attualmente sfruttate (fosfati), sia quelle stimate ma non sfruttate per il fermo dato dall'ONU, sono tra le cause principali del protrarsi della situazione di stallo per lo svolgimento del referendum,
impegna il Governo:
1) a porre in essere ogni opportuna azione al fine di far riconoscere, soprattutto al Regno del Marocco, che il numero degli aventi diritto al voto per il referendum di autodeterminazione deve essere quello di uno dei due censimenti ufficiali;
2) ad adoperarsi per lo svolgimento del referendum di autodeterminazione in tempi brevissimi;
3) ad attivarsi nelle opportune sedi internazionali, affinché il mandato della missione MINURSO venga aggiornato sulla base dei più recenti analoghi modelli approvati dal Consiglio di sicurezza, che includono anche specifici compiti in materia di rispetto dei diritti umani;
4) ad adottare, raccordandosi con i partner europei e con le istituzioni comunitarie, ogni iniziativa utile sul piano diplomatico, volta a favorire l'effettivo riconoscimento della libertà di accesso e di circolazione in Sahara occidentale di osservatori internazionali indipendenti, della stampa e delle organizzazioni umanitarie;
5) a stanziare fondi destinati agli aiuti umanitari per la popolazione saharawi rifugiata nei campi di rifugiati Tindouf (Algeria);
6) a riconoscere alla rappresentanza in Italia del Fronte polisario lo status diplomatico, come è stato fatto in passato per altri movimenti di liberazione riconosciuti dall'ONU come interlocutori ufficiali in processi di pace.