Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00563

Atto n. 1-00563

Pubblicato il 14 febbraio 2012, nella seduta n. 674
Esame concluso nella seduta n. 695 dell'Assemblea (20/03/2012)

BELISARIO , LI GOTTI , BUGNANO , CARLINO , DE TONI , CAFORIO , MASCITELLI , GIAMBRONE , DI NARDO , LANNUTTI , PARDI , PEDICA

Il Senato,

premesso che:

il prezzo dei carburanti nel Paese si caratterizza per un significativo differenziale rispetto agli Stati confinanti, tale da determinare effetti distorsivi della concorrenza e riflessi negativi sul livello delle vendite di tali prodotti nelle aree a ridosso dei confini, con rilevanti ricadute anche per l'erario in termini di minor gettito delle accise e dell'imposta sul valore aggiunto (IVA). Una nota della Federazione italiana gestori impianti stradali carburanti (Figisc) sui rischi della fiscalità e dei prezzi di svantaggio alle frontiere statali stima che il fenomeno abbia un peso di circa 0,5 miliardi di litri (attorno al 2 per cento dei consumi effettuati sulla rete distributiva nazionale), ed un impatto pesante sul meccanismo degli introiti fiscali: l'evasione dei consumi comporta infatti, stante l'elevato peso delle imposte sul prezzo di questo bene, il rischio di perdite di gettito che ammontano, nelle diverse realtà, a circa 490-500 milioni di euro;

gran parte dei Paesi confinanti (Francia, Svizzera, Austria e Slovenia), infatti, godono di un vantaggio competitivo del prezzo (da un minimo di 0,15 ad un massimo di 0,43 euro al litro), dovuto ad una fiscalità talora considerevolmente attenuata rispetto a quella vigente nel nostro Paese sui prodotti in questione. Tale circostanza ha aggravato il fenomeno del cosiddetto pendolarismo del pieno in quelle aree tradizionalmente interessate da questa attitudine dei cittadini residenti incentivata darlla oggettiva convenienza economica;

le situazioni più problematiche si registrano in Piemonte, Lombarrdia e Friuli-Venezia Giulia. In Lombardia ed in Piemonte il fenomeno del pendolarismo del pieno è presente da tempi più recenti, in funzione del divario che si è determinato nella seconda metà degli anni Novanta con la Svizzera, ed è stato affrontato, dal 2000 ad oggi, ricorrendo a sconti sul prezzo del carburante finanziati dal recupero erariale derivante dal contrasto all'evasione dei consumi. In Friuli-Venezia Giulia, invece, il medesimo fenomeno è presente da decenni, a causa dell'elevato gap tra il prezzo nazionale e quello iugoslavo prima e sloveno poi, ed è stato variamente contrastato con misure di defiscalizzazione di contingenti carburanti (dal 1948 al 2007) o di scontistica sul prezzo (dal 1997 al 2011) o di contribuzione per l'acquisto (dal 2011);

a seguito del notevole aumento dell'imposizione fiscale sui carburanti - intervenuto da ultimo ad opera del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 - e della possibilità di aumentare le addizionali regionali d'accisa, le previgenti misure statali e regionali di contrasto al fenomeno del pendolarismo del pieno sono risultate non più competitive e quindi inefficaci, dove già operanti. Contemporaneamente, nuove manifestazioni di tale fenomeno rischiano di avere luogo laddove esso non è ancora presente, ovvero non presente in maniera strutturale ed apprezzabile, come nel caso della zona occidentale della Liguria, dove il livello di svantaggio rispetto alla Francia sale da 0,119 a 0,179 euro al litro;

considerato che:

il problema in questione deriva da una molteplicità di fattori, tra i quali si segnalano anche livelli italiani di accise e di royalty non commisurati agli standard internazionali e ai parametri europei, nonché da una legislazione che non tiene adeguatamente in conto le specificità del territorio nazionale, con particolare riferimento alle suddette aree di confine e alle aree di estrazione;

in particolare, con specifico riferimento a tale ultimo aspetto, la situazione italiana dimostra, inoltre, che la quota delle royalty spettanti per legge alle Regioni difficilmente riesce ad avere un valore di compensazione rispetto ai danni ambientali ed economici che le attività estrattive comportano. A riguardo, il caso della Val d'Agri, in Basilicata, e della Calabria sono emblematici. In tali Regioni, le risorse generate dalle royalty non hanno prodotto la nascita di nuove imprese, né hanno avuto significative ricadute occupazionali sull'indotto, né tantomeno sono state utilizzate per interventi nel campo della tutela e della conservazione della biodiversità;

un recentissimo rapporto realizzato dal Wwf titolato: "Milioni di regali. Italia: Far West delle trivelle", elaborando ciò che emerge da un dossier della Cygam Energy, società che attraverso la Vega Oil opera in Italia con permessi di ricerca nel mare Adriatico e nel canale di Sicilia, e, sulla terraferma, in Abruzzo, Puglia e Basilicata, evidenzia che il nostro Paese garantisce un regime fiscale particolarmente favorevole per i produttori, sia in ragione dell'entità dei canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione e di stoccaggio nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, sia in ragione delle aliquote di prodotto della coltivazione, nonché, da ultimo delle quote estrattive esenti dall'applicazione del regime delle royalty;

per ridurre il prezzo, con particolare riferimento alle Regioni di confine, e praticare sconti si può agire sul livello di fiscalità analogamente a quanto fatto in altri Paesi europei e, segnatamente, aumentare i diritti di estrazione per destinarli a finalità di compensazione, individuando diversamente anche i criteri di ripartizione degli enti beneficiari. Sulla base del dibattito emerso in sede di esame dei disegni di legge in materia assegnati alla 10ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato (Atti Senato 1507, 1920, 1998 e 2267), emerge che non è più rinviabile la modifica di quanto attualmente previsto dal decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, e segnatamente l'opportunità di aumentare l'aliquota di prodotto che il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è tenuto a corrispondere annualmente e i canoni annui per i permessi di prospezione e di ricerca. Allo stesso modo, occorre elevare la percentuale degli introiti derivanti dalla riscossione delle aliquote in favore delle Regioni e dei Comuni interessati ed eliminare le esenzioni per le produzioni di gas in terraferma e in mare;

considerato, inoltre, che:

l'art. 2, comma 2, lettera r), della legge n. 42 del 2009 (cosiddetta legge sul federalismo fiscale) prevede che la legge regionale possa, nel rispetto della normativa comunitaria e nei limiti stabiliti dalla legge statale, valutare la modulazione delle accise sulla benzina, sul gasolio e sul gas di petrolio liquefatto, utilizzati dai cittadini residenti e dalle imprese con sede legale e operativa nelle Regioni interessate dalle concessioni di coltivazione;

il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante "Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario", attuativo della legge delega summenzionata, avrebbe dovuto prevedere una rimodulazione tributaria, in favore delle popolazioni e delle imprese radicate nei territori estrattivi. Già in sede di espressione del parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, il Gruppo Italia dei Valori aveva proposto integrazioni in tal senso, senza ottenere alcun risultato;

peraltro, l'art. 30, comma 3, lettera b), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha abrogato tout court alcune disposizioni del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011 relative alla soppressione della compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina, che avrebbe dovuto essere realizzata nel 2013, e comunque dalla data in cui sono soppressi i trasferimenti statali alle Regioni in materia di trasporto pubblico locale,

impegna il Governo:

1) a prevedere idonee misure, ove necessario anche di carattere normativo, volte ad incrementare e rimodulare gli sconti di prezzo del gasolio e delle benzine per autotrazione applicati nelle aree di cui in premessa, nonché a copertura del minor gettito derivante dall'applicazione delle misure suddette;

2) ad intervenire, in particolare, sulla struttura e destinazione dei diritti di estrazione e, con riferimento a quest'ultimo aspetto, a favorire, per quanto di competenza, l'iter dei disegni di legge in materia di royalty per la coltivazione di idrocarburi già all'esame avanzato in sede referente della 10ª Commissione permanente del Senato della Repubblica (Testo unificato dell'Atto Senato 1507 e congiunti);

3) a valutare l'opportunità di adottare un decreto legislativo correttivo del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, al fine di consentire alle Regioni, con particolare riferimento a quelle di cui in premessa, di ridurre le accise sulla benzina, sul gasolio e sul gas di petrolio liquefatto a favore dei cittadini residenti e delle imprese aventi sede legale e operativa nelle aree interessate dalle attività estrattive, compensando la riduzione con l'aumento dei diritti a carico delle compagnie petrolifere.