Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00532

Atto n. 1-00532

Pubblicato il 24 gennaio 2012, nella seduta n. 662
Esame concluso nella seduta n. 664 dell'Assemblea (25/01/2012)

BRICOLO , GARAVAGLIA Massimo , BOLDI , CALDEROLI , ADERENTI , BODEGA , CAGNIN , CASTELLI , DAVICO , DIVINA , FRANCO Paolo , LEONI , MARAVENTANO , MAURO , MAZZATORTA , MONTANI , MONTI Cesarino , MURA , PITTONI , RIZZI , STIFFONI , TORRI , VACCARI , VALLARDI , VALLI

Il Senato,

premesso che:

l'andamento dello spread tedesco ha risposto negativamente anche nelle settimane successive all'approvazione della pesante manovra del Governo Monti;

allo stato attuale, la delusione della gran parte dei cittadini è amplificata, e si fa riferimento non solo agli italiani sostenitori della precedente maggioranza uscita vincitrice dalle elezioni, che, è opportuno ribadire, si sentono espropriati della loro rappresentanza politica, in particolare l'elettorato padano - che il gruppo Lega Nord Padania (LNP) rappresenta oggi, suo malgrado, dai banchi dell'opposizione -, ma anche a tutti i cittadini-contribuenti, che subiscono gli effetti dirompenti dei sacrifici imposti dalla manovra Monti, senza vedere la cessazione dello stillicidio a cui da mesi è sottoposta l'Italia;

oltre al tendenziale dello spread tedesco, che permane elevato, forti preoccupazioni derivano dal recente declassamento di importanti Paesi europei, come la Francia, la stessa Italia e l'Austria, operato dall'Agenzia di rating Standard & Poor's (S&P);

il downgrade dell'Italia da A a BBB inficia la presunta fievole credibilità acquisita dal Governo Monti, aggravando l'economia italiana in quanto il declassamento si è subito esteso, a cascata, su società controllate, banche, assicurazioni ed enti locali;

infatti, hanno subito il downgrade la Cassa depositi e prestiti, Poste italiane, Generali, Cattolica, Unipol ed ENI;

è legittimo sospettare che, in parte, ciò sia il frutto di una anomala speculazione internazionale finanziaria aggressiva, alla luce di quanto riportato dall'articolo de "Il Sole 24 Ore" del 18 gennaio, ossia che le agenzie di rating a cominciare da S&P, sono nuovamente oggetto di controlli ed indagini da parte del Dipartimento della giustizia di New York, a causa dei generosi voti assegnati da S&P ai titoli legati ai mutui poi rivelatisi tossici e che scossero il sistema bancario mondiale. L'accelerazione delle indagini sulle agenzie di rating conferma che la loro credibilità resta in discussione. Nonostante ciò, S&P con le recenti decisioni di declassamento adottate nei confronti di importanti Paesi europei, ha aggravato il clima di preoccupazione e instabilità, che imperversa in Europa, e che rende ancora più pressanti le richieste della Germania nei confronti dell'Italia;

si considerino, inoltre, le peggiorate prospettive di crescita del prodotto interno lordo (Pil) in Europa, come risulta dalle ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI), secondo il quale in Europa è atteso un calo del Pil pari allo 0,5 per cento nel 2012, con una revisione al ribasso di 1,6 punti percentuali. La crescita tornerà invece nel 2013, ma sarà di appena lo 0,8 per cento. Per quel che riguarda l'Italia la situazione sarà però peggiore, ossia nel 2012 la contrazione del Pil supererà addirittura il 2 per cento attestandosi al 2,2 per cento, con un taglio di ben 2 punti e mezzo rispetto alle stime di settembre 2011. E nel 2013, il Pil subirà un'ulteriore contrazione dello 0,3 per cento;

considerato che:

sono imminenti gli importanti incontri a Bruxelles dell'Eurogruppo e dell'Ecofin su tematiche importanti, fra cui la messa punto del cosiddetto fiscal compact, che si prevede sarà definito a fine gennaio, firmato a marzo, per entrare in vigore a luglio 2012;

è doveroso aprire una parentesi sul percorso realizzato dal precedente Governo Berlusconi in ottemperanza agli impegni assunti in sede europea, in particolare quelli concordati con il "Semestre europeo": a) il documento di economia e finanza (DEF) 2011, approvato nella primavera scorsa, è assolutamente in linea con le indicazioni della commissione europea, per la stabilità finanziaria dei Paesi dell'euro e per il percorso di crescita dell'economia, attraverso le riforme strutturali. In seguito alle peggiorate previsioni di crescita del Pil nell'area euro, il Governo Berlusconi è intervenuto con le manovre estive di luglio ed agosto 2011, per anticipare il pareggio di bilancio nell'anno 2013. La fase immediatamente successiva contemplava i provvedimenti per le riforme strutturali per incentivare la crescita dell'economia, come previsto nella lettera di intenti presentata a Bruxelles il 26 ottobre 2011, accolta positivamente dai partner europei. Non si sottovaluti che il percorso di risanamento del debito pubblico italiano è stato appesantito dalla recessione dell'intera area euro, dagli impegni finanziari assunti anche dall'Italia per il fondo salva-Stati: il sostegno al Portogallo è costato 14 miliardi di euro, che si aggiungono a quelli erogati per la Grecia; b) il Governo precedente, a causa degli eventi ben noti, non ha avuto l'opportunità di provvedere alla realizzazione del programma anticrisi, sollecitato da Germania e Francia, anzi si evidenzia che, con l'insediamento del Governo Monti, è stata congelata la riforma federalista dello Stato, riforma che aveva una importanza fondamentale nel programma dell'alleanza che ha vinto le elezioni, e che rappresenta, inoltre, il migliore strumento per una nuova organizzazione dello Stato, finalizzata al migliore impiego delle risorse pubbliche, attraverso la responsabilizzazione degli amministratori locali, una maggiore trasparenza nella gestione delle risorse, l'adozione di costi standard per contrastare gli sprechi storici; c) si riconosca che la cautela e un'attenta valutazione degli strumenti da adottare per fronteggiare l'acuirsi della recessione sono state dettate dall'intento di evitare il ricorso all'aumento della pressione fiscale, ovvero il venir meno delle tutele delle varie categorie del settore economico, per evitare effetti recessivi ancor più gravi; sono da respingere, dunque, le accuse di immobilità del Governo Berlusconi nell'affrontare la crisi economica. Oggi è possibile constatare, a posteriori, quanto le misure intraprese dal Governo Monti erodano il potere d'acquisto dei contribuenti italiani e minaccino ripercussioni gravi su intere categorie, già provate dalla persistente recessione;

ora gli organi comunitari accelerano per raggiungere un rapido accordo sul fiscal compact, ossia l'accordo sulle regole di bilancio degli Stati dell'area euro, che contempla, oltre al principio del pareggio di bilancio, anche il drastico rientro del debito pubblico, soprattutto dei Paesi con un debito superiore al 60 per cento del Pil, nella misura di un ventesimo della distanza dal valore di riferimento ogni anno per venti anni. Il fiscal compact conterrà pesanti sanzioni per chi non ottempera agli impegni assunti;

è evidente la preoccupazione rispetto a tale impegno di rientro del debito pubblico italiano, che si è formato sotto la vigenza di una classe politica che ha alimentato per anni la crescita economica e sostenuto la domanda di beni e servizi aumentando la spesa pubblica, secondo una politica non condivisibile, che è stata disconosciuta ed abbandonata, come testimoniano i provvedimenti di rigore dei conti pubblici, adottati nella vigente legislatura dal ministro pro tempore Tremonti;

la riduzione forzata del debito pubblico di un ventesimo all'anno per l'Italia si traduce in una manovra annuale pari al 3 per cento del Pil, ossia pari a circa 50 miliardi di euro ogni anno, un impatto devastante se si considerano già gli effetti negativi dell'aumento dei prezzi al consumo e della aumentata tassazione, conseguenti alla manovra Monti di dicembre 2011; una consistente riduzione della spesa pubblica potrebbe non essere sufficiente al raggiungimento dell'obiettivo, in quanto non accompagnata dalla certezza di crescita del Pil, a causa della recessione. Pertanto si ritiene di dover contemperare l'esigenza di riduzione del debito, ovviamente condivisa, all'esigenza di dare impulso e sostegno alla crescita, evitando, nel contempo, un disagio sociale intollerabile sia sul fronte dei tagli di posti lavoro, sia sul fronte di eccesivi tagli della spesa assistenziale e sociale. Anche alcune misure, che il Governo si appresta ad adottare, anticipate da notizie di stampa e dichiarazioni, finalizzate a favorire la crescita, quali le liberalizzazioni in alcuni settori economici, devono essere ben ponderate in tale contesto recessivo. Infatti, considerato che la rimozione degli ostacoli nei diversi settori del sistema economico è un processo auspicabile, ma che produrrà effetti a medio-lungo termine, è opportuno evitare di creare l'illusione di una immediata forte crescita dell'occupazione. Anzi, è necessario non perdere di vista l'obiettivo prioritario di garantire il mantenimento degli operatori del sistema economico già presenti, in particolare nel settore del commercio e dell'artigianato;

inoltre, è auspicabile proseguire il percorso, già avviato con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2010, con cui il Governo preecedente ha dato attuazione in Italia alla comunicazione della Commissione europea del giugno 2008 (COM (2008) 394 definitivo), recante "Una corsia preferenziale per la piccola impresa", finalizzata alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa, il cosiddetto Small business Act per l'Europa. In Italia, essendo preponderante la presenza di piccole e medie imprese (PMI), è indispensabile attivare le misure indicate dall'Unione europea (UE) per assicurare alle PMI una crescita sostenibile, l'apertura di nuovi mercati, la valorizzazione delle loro potenzialità, inoltre per garantire loro un maggiore accesso agli appalti pubblici;

invece, si apprezza l'azione del Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti, che, in continuità rispetto alle richieste del precedente Governo, in occasione dell'adozione del six pack, ha insistito per l'inserimento integrale dell'articolo 2 del regolamento (CE) 1467/97 nella bozza del fiscal compact, per consentire che, nel caso in cui la Commissione dovesse aprire una procedura nei confronti di un Paese, che riduce il proprio debito più lentamente rispetto al vincolo concordato, la medesima tenga conto di tutti i fattori rilevanti. È il caso dell'Italia, che, come noto, pur avendo un debito che si aggira intorno al 120 per cento del Pil, vanta il sistema bancario più solido, un indebitamento del settore privato molto ridotto rispetto ai partner europei e un sistema pensionistico solido e sostenibile nel lungo periodo;

la rigidità eccessiva dei vincoli di riduzione del debito pubblico indurrà all'accelerazione della dismissione del patrimonio dello Stato, ed è proprio questo aspetto che desta preoccupazione. Infatti, si teme che le speculazioni finanziarie, a cui è stata ed è sottoposta l'Italia, siano finalizzate a declassare il valore degli asset immobiliari e mobiliari, in concomitanza con l'urgenza di vendita del patrimonio per abbattere il debito;

pur riconoscendo, come confermato dal Presidente del Consiglio dei ministri Monti alla Camera dei deputati, in occasione dell'informativa sugli sviluppi recenti e sulle prospettive della politica europea (seduta n. 569 del 12 gennaio 2012), che l'obbligo di rientro del debito pubblico gradualmente in venti anni non è una novità, ma è un obiettivo già adottato nel six pack, è pur vero che la recessione nell'area euro è peggiorata rispetto al 2010, e si sono accentuati gli attacchi speculativi già richiamati;

alla luce degli episodi di declassamento, è evidente la debolezza della governance europea, che non è riuscita al suo interno ad adottare strumenti finalizzati ad evitare i differenziali di spread fra i Paesi europei, con aggravio di spesa per interessi dei Paesi in difficoltà, a proteggere la moneta unica, a limitare la rigidità e l'egemonia tedesca, ma soprattutto a fronteggiare e preservare l'area euro dai recenti attacchi speculativi delle cosiddette tre sorelle;

lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, durante il recente incontro a Roma con il Presidente del Consiglio dei ministri europeo, Herman Van Rompuy, in merito alla decisione di declassamento assunta dall'agenzia S&P nei confronti dei Paesi europei ha evidenziato l'insufficienza della governance dell'Eurozona;

di fatto la governance europea ha più volte dimostrato di non avere la capacità e la prontezza di difendere l'economia europea dalle conseguenze della crisi finanziaria proveniente dagli Stati Uniti, dimostrando lentezza e una mentalità economica non adeguata al mutato assetto del mercato finanziario ed economico internazionale;

ritenuto che:

nonostante in Italia sia già iniziato dal 2008 un processo costante ed efficace di risanamento della finanza pubblica, sia in termini di riduzione dell'indebitamento, sia in termini di riduzione progressiva del debito pubblico, in coerenza con gli impegni assunti in sede europea e sotto la stretta vigilanza degli organi europei preposti;

il peggioramento di tale percorso è imputabile alla grave crisi internazionale, che ha condotto alla attuale recessione;

l'insussistenza di una solidale e protettiva governance europea ha causato i differenziali di spread tedeschi, con aggravio di interessi a carico del bilancio dell'Italia e le conseguenti, e le pressioni di Germania e Francia, a posteriori non giustificate da azioni del precedente Governo dirette a contrastare il percorso di stabilità finanziaria, hanno provocato la perdita della rappresentanza di sovranità nazionale nel Paese da parte degli elettori italiani, oggi governati da una squadra imposta dalla paura del probabile default italiano;

nonostante tale imposizione "antidemocratica", la situazione italiana permane grave alla luce del recente declassamento e alla luce delle prossime scadenze dei titoli di Stato da rimborsare;

pertanto aumenta la preoccupazione degli elettori di aver accettato sacrifici pesanti inutilmente;

cresce, pertanto, l'esigenza di avere certezza che l'attuale Governo difenda le ragioni del Paese, la sua economia, soprattutto il settore produttivo del Nord, che accusa l'inasprimento di una politica incapace di ridare vigore all'economia, ma preoccupata solo di dare le risposte che i partner europei e gli investitori internazionali si aspettano;

si ricorda che di recente è stato approvato dall'Aula del Senato l'ordine del giorno che impegna il Governo "ad assolvere in ogni sede i propri compiti per difendere la sovranità della nazione e a coinvolgere il Parlamento e il popolo, nelle forme previste dalla Costituzione, nel caso in cui la stessa venga messa in discussione" (ordine del giorno 9/3047/1);

oggi, più che mai, in occasione della definizione del fiscal compact è necessario far valere le ragioni del Paese, che vanta un potenziale economico di rilievo, e che contrappone l'elevato debito pubblico ad un accettabile indebitamento privato, di gran lunga inferiore alla media europea;

c'è preoccupazione anche per il settore bancario italiano, in merito alla questione dei requisiti patrimoniali delle banche degli Stati europei; infatti i Governi degli Stati membri dell'UE hanno concordato la necessità di elevare l'indice di Core Tier 1 dal 7 al 9 per cento e hanno introdotto nuovi criteri per il calcolo dei requisiti patrimoniali che prevedono la valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico, superando le disposizioni precedenti che prevedevano la contabilizzazione dei titoli iscritti nel portafoglio bancario al valore di acquisto;

il rispetto dei nuovi requisiti fissati dalla European Banking Authority comporterebbe per gli istituti di credito italiani una ricapitalizzazione pari a circa 14,7 miliardi di euro, penalizzati dalla notevole quantità di Bot e Btp che detengono in portafoglio, in un momento in cui il debito sovrano è sottoposto a evidenti pressioni speculative e soggetto a grande deprezzamento, con la conseguenza di dover aumentare il capitale aggiuntivo necessario per rispettare i nuovi limiti europei. La prospettiva per le banche italiane potrebbe essere quindi quella di restringere l'erogazione del credito verso le imprese con conseguenze disastrose per l'economia, in un momento in cui le necessità del sistema industriale sono proprio opposte; l'alternativa sarebbe quella di nazionalizzare il sistema bancario o consentire l'ingresso nel capitale delle banche italiane ai grandi gruppi stranieri;

vista l'approvazione in questa Aula, nella seduta del 28 ottobre 2010, della risoluzione n. 3, sulla governance europea,

impegna il Governo in occasione nei prossimi incontri dell'Eurogruppo e dell'Ecofin:

per quanto concerne il processo di sostegno alla crescita, a valutare l'opportunità di rafforzare la presenza delle PMI, adottando provvedimenti in linea con quelli utilizzati negli Stati Uniti, dove si riserva una percentuale degli appalti pubblici alle PMI, non inferiore al 23 per cento;

in merito al rispetto del Patto di stabilità e crescita, a promuovere la previsione anche di incentivi in positivo, considerando la gamma qualitativa delle azioni che saranno volte alla riduzione del debito, per consentire ai Paesi di ridurre gli squilibri di bilancio in misura più accentuata durante le fasi di ripresa del ciclo economico ed in misura ridotta nella fase recessiva;

con riferimento alla nuova sorveglianza macroeconomica e alla valutazione periodica dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno Stato membro, a prevedere una specifica rilevanza di indicatori come i conti con l'estero, la competitività, l'accumulazione di debito privato e pubblico, valutando altresì la posizione patrimoniale netta del Paese con riguardo sia alle famiglie che verso l'estero, nonché la sostenibilità raggiunta dai singoli Paesi circa l'andamento di importanti settori di spesa, come ad esempio in materia pensionistica;

in particolare, in fase di approvazione del fiscal compact, a concordare una tempistica graduale per la riduzione del debito pubblico, per tener conto della grave recessione, dell'obiettivo primario di sostenere la ripresa della crescita del Pil, senza la quale si annullano le possibilità di pagare il debito contratto, dell'aggravio del debito per interessi, verificatosi negli ultimi mesi, a carico dell'Italia imputabile a manovre prettamente speculative;

nella fissazione delle regole di rientro del debito pubblico, a promuovere l'iniziativa di assumere riduzioni calibrate alle diverse esigenze degli Stati, evitando rigidità, nella determinazione dei parametri, che possano compromettere la sostenibilità economica dei Paesi coinvolti;

ove ciò non fosse possibile, a presentare alle Commissioni parlamentari competenti un programma di fattibilità della riduzione del debito annuale, come imposta dagli accordi del fiscal compact, che evidenzi l'impatto finanziario, economico e sociale sull'economia italiana;

a proseguire con adeguati strumenti al contrasto dell'evasione fiscale, utilizzando il criterio di intervenire prioritariamente nei territori dove il fenomeno registra una maggiore espansione;

nell'ambito della necessaria rapidità con cui si deve procedere alla riduzione della spesa pubblica improduttiva, ad accelerare il processo di individuazione ed immediata applicazione dei costi standardda parte delle amministrazioni territoriali e locali, per conseguire un consistente risparmio di risorse finanziarie;

a rappresentare con determinazione l'Italia, affinché sia parte attiva nel dare maggiore impulso alla governance europea, affinché assuma decisioni per l'area euro, finalizzate ad una concreta protezione dell'economia europea dalla speculazione internazionale, ovvero a concordare una strategia di risanamento finanziario dei Paesi in grave difficoltà, in tempi e modalità che consentano nel contempo di garantire un appoggio concreto di tutti i partner europei, per sostenerne la ripresa economica;

a promuovere iniziative affinché anche l'area euro abbia una propria agenzia di rating, ovvero a promuovere accordi con il Governo statunitense, affinché le autorità monetarie americane effettuino maggiori controlli sull'operato delle agenzie di rating, al fine di contrastarne il potere speculativo;

a chiedere in sede europea la revisione dei metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali delle banche e, in particolare, la revisione della valutazione a prezzi di mercato dei titoli del debito pubblico detenuti dalle banche stesse, con lo scopo di tutelare e rafforzare il sistema creditizio italiano, sicuramente meno esposto a rischi rispetto ad altri sistemi europei, in modo da prevenire la contrazione del credito verso il sistema industriale con conseguenze disastrose per l'economia reale o, peggio, l'ingresso dei capitali pubblici o dei capitali dei grossi gruppi bancari stranieri nel capitale delle banche stesse;

a coinvolgere il Parlamento in ogni occasione in cui debbano essere assunte decisioni ovvero impegni in sede europea che possano compromettere e limitare la sovranità nazionale.