Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01809

Atto n. 3-01809

Pubblicato il 2 aprile 2025, nella seduta n. 290
Svolto question time il 3 aprile 2025 nella seduta n. 291 dell'Assemblea

MARTELLA, BOCCIA, MISIANI, MANCA - Al Ministro delle imprese e del made in Italy. -

Premesso che:

dal suo insediamento, il presidente Trump ha ingaggiato una vera e propria guerra commerciale contro diversi Paesi, a partire da Messico, Canada e Cina, che sta già dimostrando tutta la pericolosità sul piano delle prospettive di crescita economica mondiale e producendo le prime nefaste conseguenze sui mercati finanziari e sulla stessa economia degli Stati Uniti;

l’introduzione da parte dell’amministrazione Trump di ulteriori dazi alle importazioni statunitensi dall’Europa, a partire dal 2 aprile 2025, rappresenta un rischio concreto, nel breve e nel medio periodo, per la crescita economica delle maggiori economie europee;

nel primo mandato il Presidente USA aveva imposto dazi differenziati per categorie di beni e aliquote (dal 10 al 25 per cento), mentre nei giorni scorsi sono stati annunciati dazi su prodotti dell'Unione europea in misura fissa, pari al 25 per cento, e per interi comparti;

gli USA sono il terzo partner commerciale dell’Italia, con un mercato di sbocco che assorbe circa il 10 per cento delle nostre esportazioni totali, dopo la Germania (12 per cento) e la Francia (10 per cento). Nel 2024, le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti hanno raggiunto il valore di circa 73 miliardi di euro, confermando il trend di continua ascesa dal 2013;

al pari di Francia e Germania, l’Italia ha registrato nel 2024 un avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti. Il surplus del nostro Paese risulta particolarmente elevato (34,7 miliardi di euro), e, congiuntamente a quello della Germania (pari a oltre 85 miliardi di euro), fornisce un forte contributo all’avanzo complessivo dell’insieme dei Paesi UE (circa 183 miliardi di euro);

a livello settoriale, nel 2024 l’avanzo commerciale dell’Italia verso gli Stati Uniti è risultato ampio nel settore manifatturiero (45 miliardi di euro in più), principalmente determinato da quattro grandi comparti: meccanica (10,8 miliardi), alimentare-bevande-tabacco (oltre 7 miliardi di euro), tessile-abbigliamento-pelli (oltre 5 miliardi di euro) e dai mezzi di trasporto (6,1 miliardi, di cui 3,5 nel solo comparto degli autoveicoli). Disavanzi si sono registrati invece negli scambi di materie prime agricole, di quelle estrattive e nel trattamento dei rifiuti (per un totale di circa 6 miliardi);

a livello territoriale, la provenienza delle merci italiane verso gli USA ha origine prevalentemente nelle regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Piemonte, che da sole producono più di due terzi delle esportazioni complessive;

l'applicazione di dazi su beni e servizi italiani da parte degli USA rappresenta un concreto pericolo per le prospettive di crescita del Paese, nonché per la tenuta di interi settori che già subiscono gli effetti dell'aumento dell'inflazione e dei costi dell'energia;

secondo l'ISTAT, l'eventuale aumento delle tariffe doganali oltre a penalizzare settori strategici, quali meccanica e macchinari industriali, agroalimentare, tessile e moda, mezzi di trasporto, più in generale ridurrebbe la competitività delle imprese italiane, rendendo più vulnerabili “oltre 23mila imprese” che generano il 3,5 per cento del valore aggiunto e il 16,5 per cento dell’export totale che rappresenta circa 87 miliardi di euro;

una prima stima dei potenziali effetti sulla riduzione delle esportazioni italiane destinate al mercato statunitense derivanti dall’introduzione dei dazi oltre il 20 per cento prevede una perdita di PIL per un ammontare di oltre 4 miliardi di euro, di cui oltre 3,3 al Centro-Nord e oltre 0,7 al Sud e i posti di lavoro a rischio supererebbero i 55.000, di cui 47.000 nelle regioni centro-settentrionali e circa 8.000 nel Mezzogiorno. Ciò aggrava la già difficile situazione del nostro comparto industriale in caduta da oltre 23 mesi e sul fronte della crescita economica;

il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha dichiarato, da ultimo in un incontro pubblico lo scorso 29 marzo, che “il negoziato con gli Stati Uniti va fatto a livello di Unione” e che “non può essere che ogni paese agisca individualmente”, aggiungendo che “la guerra dei dazi per l'industria italiana è un enorme problema” per cui “è necessario costruire un'alleanza vera con i paesi produttivi europei e che questa voce sia comune”. La vice presidente per l’export e l’attrazione degli investimenti di Confindustria Barbara Cimmino nell’intervista rilasciata il 2 aprile a “la Repubblica” ha ribadito come “l’Europa debba arrivare al tavolo per prima cosa con una voce unica, fughe in avanti dei singoli Paesi sarebbero pericolose, con Trump l’amicizia conta poco. Bisogna da un lato mostrarsi forti e dall’altro predisporsi a trattare, anche in modo creativo. Siamo un mercato di 450 milioni di consumatori, abbiamo delle leve da giocare”;

l’Unione europea sta cercando di dare una risposta alla politica dei dazi di Trump in maniera unitaria, anche a norma di Trattati, e il più possibile immediata, attraverso una serie di contromisure per proteggere aziende, lavoratori e consumatori europei. La risposta univoca europea non può e non deve lasciare spazio a tentativi di contrattare per via bilaterale le proprie posizioni con l’amministrazione americana, come sembrano suggerire alcuni membri del Governo, che allontanerebbe l’Italia dalla politica commerciale europea, nell’illusione di avere sconti su alcuni prodotti ma che sarebbero del tutto inadeguati a fronteggiare le conseguenze e l’impatto sulla nostra economia di una guerra commerciale con l’Europa, che andrebbero ben al di là del settore agroalimentare;

l’Unione europea non può limitarsi alle pur necessarie misure difensive, che andrebbero peraltro orientate anche verso i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle cosiddette aziende big tech, laddove è più forte la specializzazione dell’economia americana e la sua pervasività nel nostro continente: per reggere la sfida serve un risposta più forte, che rilanci la competitività dell’economia europea e la sua domanda interna, con una politica di ampio impulso agli investimenti e ai consumi, anche attraverso una crescita dei salari dei lavoratori e del potere d’acquisto delle famiglie,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Ministro in indirizzo abbia adottato o intenda adottare per sostenere la competitività e la redditività del nostro settore manifatturiero a fronte dello scenario descritto;

quali e quante risorse intenda stanziare per affrontare le difficoltà economiche che rischiano di travolgere nei prossimi mesi le imprese dei settori più colpiti dalla crisi dei dazi;

quali iniziative intenda adottare al fine di favorire l’export nei mercati internazionali e di ridurre l’impatto del calo delle esportazioni negli USA;

se non ritenga opportuno, nell’interesse del nostro sistema manifatturiero, che il Governo si attivi e si renda pienamente partecipe a sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di rendere bilaterale la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle big tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della global minimum tax.