Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00741
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Atto n. 1-00741
Pubblicato il 14 marzo 2017, nella seduta n. 783
BARANI , MAZZONI , AMORUSO , AURICCHIO , COMPAGNONE , D'ANNA , FALANGA , GAMBARO , IURLARO , LANGELLA , LONGO Eva , MILO , PAGNONCELLI , PICCINELLI , SCAVONE , VERDINI
Il Senato,
premesso che:
nel mondo ci sono 36,7 milioni di persone affette dal virus dell'HIV, ma solo metà di loro risulta essere sottoposta ad una terapia antiretrovirale;
per quanto attiene al solo 2016, sono stati diagnosticati oltre 2 milioni di nuovi casi, stando ai numeri diffusi da Unaids, il programma lanciato dalle Nazioni Unite per contrastare la diffusione dell'epidemia;
il 2015 è stato un anno record per la diffusione del virus nel continente europeo, con 153.407 casi rispetto ai 142.000 dell'anno precedente e, in riferimento alla sola Italia, le nuove diagnosi di infezione HIV nel medesimo anno sono state più di 3.000; in particolare, nel 2015, il nostro Paese si conferma al tredicesimo posto in Europa per le nuove diagnosi di HIV, per un ammontare pari a 3.444 casi, in lieve calo rispetto agli anni precedenti (erano 4.183 nel 2012, 3.845 nel 2013 e 3.850 nel 2014);
c'è stato un importante cambiamento nelle percentuali relative alle modalità di trasmissione. A differenza del passato, infatti, l'AIDS è attualmente una malattia prevalentemente a trasmissione sessuale (MST). Prima, invece, sia in Italia che in Europa, l'HIV si trasmetteva prevalentemente mediante lo scambio di siringhe infette tra chi faceva uso di sostanze stupefacenti iniettabili. Attualmente, la modalità principale di trasmissione è quella sessuale, in particolare quella eterosessuale. Le notifiche di infezione di HIV associate a trasmissione sessuale sono passate dall'8,0 per cento del 1985 all'85,5 per cento del 2015;
le modalità di infezione da HIV sono, in parte, le medesime che determinano il contagio da epatite C, patologia che vede nell'Italia il Paese europeo per diffusione del virus, specialmente nell'area meridionale della penisola, che risulta essere la zona maggiormente colpita;
è un dato ormai sempre maggiormente confermato quello che riguarda la scoperta tardiva del proprio stato di sieropositività. Ancora troppe persone in Italia, infatti, scoprono di aver contratto l'HIV quando compaiono i primi sintomi dell'AIDS. Questo fenomeno è indice di una bassa percezione del rischio, soprattutto fra chi si infetta per via sessuale, oltre che tra gli stranieri. Si stima infatti che un quarto delle persone HIV positive, in Italia, ignori il proprio stato di sieropositività. È importante invece riconoscere precocemente l'avvenuta infezione da HIV, da un lato per intraprendere la terapia farmacologica antiretrovirale atta a rallentare la progressione del virus e, dall'altro, per assumere comportamenti consapevoli verso il prossimo;
vi è un forte aumento degli stranieri sieropositivi o affetti da AIDS. La popolazione immigrata straniera in Italia è andata fortemente crescendo negli ultimi anni e spesso proviene da Paesi ad alta endemia. Circa un 29 per cento delle nuove diagnosi di infezione da HIV riguarda persone di cittadinanza straniera;
considerato che:
l'ignoranza e la sottovalutazione del rischio sono i fattori principali che determinano il dilagare del virus dell'HIV, anche per l'errata convinzione che in Occidente sia un flagello ormai debellato e relegato ai Paesi più poveri. Sono, infatti, deceduti oltre 40.000 italiani per AIDS. Sebbene l'epidemia si sia depotenziata a metà anni '90, il ventennio trascorso senza più paura ha però fatto dimenticare che l'HIV continua a diffondersi, il che ha comportato un ridimensionamento, sia sotto il profilo quantitativo, che sotto quello qualitativo, delle campagne di comunicazione e di prevenzione che rivestono, invece, un tassello fondamentale specialmente nei confronti della fascia di popolazione più giovane;
prevenzione e trattamento permetterebbero di abbattere anche la spesa dello Stato appesantita dal costo altissimo dei farmaci antiretrovirali, fra i più cari per la sanità pubblica. Ogni diagnosi salva una vita, ma comporta in media 40 anni di terapie;
la prevenzione è fondamentale, anche perché la circostanza che vede la malattia diagnosticata solamente una volta in stato avanzato determina la circolazione di persone infette che possono aver trasmesso l'HIV in modo inconsapevole, accrescendo così il numero totale dei contagiati;
si registra, in Italia, una aumentata sopravvivenza dei sieropositivi e dei malati di AIDS, grazie alla terapia antiretrovirale ad alta efficacia, che ritarda sensibilmente la comparsa di sintomi, allunga anche di molto la sopravvivenza e, soprattutto, migliora la qualità della vita dei pazienti con AIDS conclamato;
è ampiamente riconosciuto come la prevenzione, laddove intelligentemente attuata, funzioni. Infatti, dal 1994 non si registrano nuovi casi, né tra gli emofilici, né tra i trasfusi e sono in netto calo i nuovi casi di HIV pediatrico. Ciò è il frutto, da un lato, del controllo costante della provenienza del sangue: selezione ed educazione dei donatori ad una maggior consapevolezza e controllo di laboratorio di ogni singola sacca; dall'altro, è l'effetto dell'applicazione delle linee guida, che prevedono l'effettuazione del test HIV in gravidanza ed il trattamento antiretrovirale nelle donne gravide risultate positive;
sono profondamente cambiate le percentuali di modalità di trasmissione e, rappresentando quella sessuale la più rilevante, un'opera di informazione e sensibilizzazione concreta e capillare, soprattutto verso le categorie in questo senso più a rischio, come giovani e stranieri, potrebbe dare in breve tempo risultati importanti e, al contempo, contribuire a ridurre il numero dei nuovi contagi;
vi è, infine, ancora un grave problema di discriminazione nei confronti degli affetti da HIV o AIDS. Secondo uno studio dell'università di Bologna, il 32 per cento delle persone con HIV è stato vittima di episodi discriminatori; il 40 per cento non lo rivela ai familiari; il 74 per cento non lo dice a lavoro, ma ad inquietare è che il 5 per cento lo nasconde al proprio partner;
per quanto attiene invece al contrasto all'epatite C, il Governo prevede di arruolare a trattamento 80.000 pazienti all'anno, che si sommerebbero a quelli già in carico ai saturi centri prescrittori, implementando giustamente i criteri di eleggibilità, nell'ambito di un programma di eradicazione della malattia;
considerato altresì che:
la velocità di arruolamento a trattamento degli affetti dal virus HCV sta subendo un rallentamento imputabile, secondo i clinici e le società scientifiche, al sovraccarico di pazienti ed alla farraginosità delle pratiche prescrittive;
al 6 marzo 2017, cioè in poco più di due anni di attività, sono stati avviati 69.469 trattamenti su pazienti infetti da HCV, limitati a soli 7 criteri di eleggibilità, da parte dei centri prescrittori autorizzati dalle Regioni e che, per far fronte all'infezione da HIV per un numero di pazienti decisamente inferiore, furono previsti una serie di interventi atti a mettere in campo uomini e mezzi, a potenziamento della rete infettivologica nazionale, con l'approvazione della legge 5 giugno 1990, n. 135,
impegna il Governo:
1) a prevedere capillari interventi di prevenzione, incluse campagne informative riguardanti le modalità di trasmissione;
2) ad attuare con la massima sollecitudine il nuovo piano nazionale d'intervento contro l'AIDS, in via di approvazione da parte Consiglio superiore di sanità;
3) ad incentivare la diffusione dei test atti a diagnosticare i virus dell'HIV e dell'HCV;
4) a potenziare il sistema assistenziale e prescrittivo finalizzato al buon esito del programma di eradicazione di HCV, almeno in quelle regioni a maggiore prevalenza di malattia, con maggior deficit di strutture e di personale qualificato con provvedimento specifico;
5) ad inserire la lotta all'HIV-AIDS, all'HCV e alle altre malattie sessualmente trasmissibili nei programmi di studio scolastici.