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Il Presidente: Discorsi

Politiche energetiche e cambiamenti climatici

Discorso pronunciato ad apertura del convegno organizzato dall'associazione Greenaccord.

Signore e signori,
ho accolto con piacere l'invito a rivolgere un saluto all'inizio di questa impegnativa giornata di riflessione e studio su una questione tanto centrale per la vita di tutti noi e dell'intera umanità.

Sono oramai almeno due decenni che la comunità scientifica internazionale denuncia gli effetti dell'attività umana sul clima e su tutti meccanismi naturali che regolano la vita sul nostro pianeta. L'inquinamento dell'aria e delle acque, il disboscamento selvaggio, la pressione e lo sfruttamento dell'ambiente sono oggi arrivati ad un punto critico con conseguenze che rischiano di assumere dimensioni addirittura drammatiche nei prossimi decenni.

Non è più possibile fare finta di niente. Anche in virtù di un elementare ma fondamentale principio di precauzione non possiamo continuare a girare la testa dall'altra parte, nascondendoci dietro l'incertezza dei dati. In questo senso consola constatare che al recente Forum economico mondiale di Davos i leaders del pianeta si siano finalmente decisi a mettere il cambiamento climatico in testa all'elenco delle emergenze da affrontare.

Una politica energetica e ambientale di respiro mondiale è quindi una necessità improrogabile. Una necessità tanto più forte nel momento in cui si affacciano alla ribalta le nuove economie asiatiche. Miracoli economici che se da un lato stanno liberando dall'indigenza e dal bisogno centinaia di milioni di persone, dall'altro costituiscono un serio pericolo per la salute della terra. Cina e India stanno conoscendo uno sviluppo economico e industriale travolgente e incontrollato che già sta provocando degli scompensi ambientali gravissimi. Occorre quindi una politica ambientale a livello mondiale condivisa.

Il futuro del nostro pianeta è quindi innanzitutto una grande questione di responsabilità collettiva. Ma anche una grande sfida lanciata alla coscienza dei singoli. Noi cittadini non dobbiamo delegare la difesa dell'eco-sistema esclusivamente ai governi. Inquinare meno dipende anche da noi: i 26 miliardi di tonnellate di anidride carbonica che l'umanità scarica annualmente nell'ambiente, provengono dalle centrali elettriche per produrre energia che ciascuno di noi acquista ma provengono anche dai tubi di scarico delle nostre automobili e dai camini dei nostri impianti di riscaldamento.

I grandi problemi ambientali che affliggono il pianeta dipendono sostanzialmente dalle scelte di politica energetica degli stati, ma anche da tante piccole scelte individuali: come ci spostiamo, cosa acquistiamo, come riscaldiamo e come illuminiamo la nostra casa. Non si tratta del resto di considerazioni dettate solo da un facile umanitarismo. Sono anche e forse soprattutto motivazioni economiche che ci devono indurre a intervenire al più presto.

L'economia mondiale in presenza di forti alterazioni climatiche rischia di avere entro questo secolo perdite dal 5 al 20 % del prodotto lordo, mentre per modificare i programmi energetici e ridurre del 60% le emissioni più inquinanti evitando in tal modo gli effetti più gravi sull'equilibrio climatico mondiale, basterebbe investire solo 1% del prodotto mondiale. Una cifra insignificante in confronto ai benefici che potremmo trarne.

Salvaguardare il pianeta dunque conviene. Anche da un punto di vista strettamente economico.

Ma a guardare con attenzione il problema si tratta anche di una sfida per la politica. Davanti a noi stanno problemi non risolvibili con la bacchetta magica ma che richiedono tempi lunghi, che richiedono la capacità di andare oltre gli interessi di corto respiro, di superare tutti gli egoismi e tutti i particolarismi, di ragionare su un orizzonte di lungo periodo.

La protezione dell'ambiente è innanzitutto una grande rivoluzione culturale. Per troppo tempo abbiamo guardato al nostro pianeta e alle sue risorse come a una grande riserva illimitata da usare e da sfruttare a nostro piacimento. Abbiamo costruito, inquinato, disboscato senza curarci delle conseguenze, preoccupati solo del nostro interesse immediato.

Fortunatamente in questi ultimi decenni, soprattutto nelle nuove generazioni, si è diffuso un modo diverso e più rispettoso di guardare al nostro eco-sistema. Si è diffusa una cultura più rispettosa della natura e degli animali, non più visti solo come beni di cui disporre, ma come elementi necessari e imprescindibili, di un ambiente salubre ed equilibrato.

Per questo sono fiducioso che i giovani non ripeteranno gli errori del passato. Per affrontare la crisi climatica - lo abbiamo detto - occorre anche una grande capacità da parte del mondo politico di affrontare con coraggio il nuovo. La politica ha la missione di pensare al futuro, di preparare un futuro migliore per tutti, anche a costo di qualche sacrificio nel presente. Abbiamo il dovere di preparare i cittadini al cambiamento, di formare le coscienze al necessario senso di responsabilità.

Se non sapremo cogliere questa sfida ci aspetta un futuro difficile e doloroso, per noi, per i nostri figli e per i nostri nipoti.

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