Il Presidente: Discorsi

Convegno "Sicurezza nelle città per un Paese più vivibile"

16 Febbraio 2010

Autorità, Signore e Signori,saluto il Senatore Enzo Bianco e i componenti dell'Associazione Parlamentari amici dei Comuni, da lui presieduta e tutti i presenti.
Il tema del convegno "Sicurezza nelle città per un Paese più vivibile. L'Italia che vorremmo per i nostri figli" è molto rilevante e di grande attualità.
Le città sono chiamate infatti ad assumere un ruolo sempre più importante all'interno del Sistema Paese ed evolvono con il mutare dei tempi.
Esse non sono più delle entità geografiche chiaramente individuabili e delimitate, con una precisa corrispondenza istituzionale.
L'urbanizzazione e l'industrializzazione crescente hanno fatto sì che i Comuni si estendano ben oltre i propri teorici confini amministrativi, e la mobilità di persone e merci ha consentito una ampia redistribuzione sul territorio.

Ancora, il fenomeno della globalizzazione ha posto le città al centro dell'attenzione per il ruolo fondamentale che ricoprono all'interno dell'economia globale. Basti pensare che occupano attualmente il 2% della superficie terrestre ma concentrano sul loro territorio la metà della popolazione mondiale e utilizzano il 75% delle risorse disponibili.
Possono produrre ricchezza, offrire opportunità di lavoro, incentivare il PIL e dare forza alle economie nazionali. Ma parallelamente, le città sono luoghi in cui si presentano difficoltà e problemi.
La concentrazione di popolazione nelle aree urbane è sempre crescente e in Italia è maggiore rispetto ad altre aree.
Con queste premesse, appare chiaro che tutti i Governi nazionali e sovranazionali siano particolarmente interessati alle aree urbane.
I nuovi orientamenti comunitari per la politica di coesione 2007/2013, ad esempio, riconoscono un ruolo molto importante alla dimensione territoriale delle politiche in generale e a quelle delle città in particolare poiché esse sono considerate motori per lo sviluppo dei territori ma anche fonte di problemi soprattutto attinenti alla criminalità.

La questione della sicurezza nelle città si coniuga da tempo con i livelli di vivibilità delle stesse.
Si tratta di un parallelismo non solo italiano ma ormai diffuso in tutti i centri urbani, dei paesi avanzati e non.
La sicurezza è connessa con questioni che riguardano la tenuta del tessuto protettivo, lo sviluppo del tessuto urbano, la riqualificazione dei centri storici, il degrado delle periferie.
Conosciamo bene l'importanza di queste tematiche per tutti noi, per le nostre famiglie, per i nostri giovani.
Ma la richiesta di sicurezza non riguarda solo il problema della criminalità in senso stretto, si lega a tanti altri elementi.
Il degrado, la mancanza o la trascuratezza di aree verdi, la scarsa pulizia, l'insufficiente illuminazione notturna, l'inefficiente manutenzione delle strade sono tutti elementi che concorrono a determinare il livello di percezione della sicurezza di un determinato luogo da parte di coloro che vi abitano.

Occorre, allora, agire in modo da realizzare un costante miglioramento sia nella progettazione dell'urbanistica che per la gestione, la cura, la vigilanza delle nostre aree urbane.
E in questo contesto non va dimenticato il prezioso contributo delle Forze dell'ordine che assicurano una ampia tutela del territorio.
La lotta alla criminalità è stata inserita tra le priorità del Governo, fra le politiche da perseguire con maggior vigore e i risultati, ottenuti anche con l'introduzione del "pacchetto sicurezza" sono indubbiamente soddisfacenti.
Lo attestano i dati statistici: nel 2008 è stata registrata una sensibile diminuzione dell'8,1% dei reati accertati con una riduzione della soglia di circa tre milioni del 2007 a meno di 2,7 milioni.
Parallelo a questo dato, e ad esso connesso, è l'intenso operato di Forze dell'Ordine e magistratura, poiché sono aumentati del 5% le denunce di fatti reato e del 10% il numero delle persone arrestate.
E' una diminuzione diffusa su tutto il territorio e relativa ad ogni categoria di reato.
Le grandi aree metropolitane, purtroppo, sono maggiormente esposte a fatti di criminalità: Milano, Roma, Napoli, Torino contribuiscono, da sole, a un terzo dei reati denunciati in Italia.

Occorre allora continuare ad insistere con tenacia e vigore nelle politiche di prevenzione, ancor prima che di sanzione. Il binomio " Prevenzione/ repressione" è importante solo se dà luogo a reali dinamiche di sviluppo.
La lotta alla criminalità non può infatti avvalersi soltanto dell'apparato repressivo, ma ha bisogno di politiche sociali complesse che si dipanino su tutto il territorio urbano.
Basterebbe fare una riflessione sulla diversa pressione che il crimine esercita su aree metropolitane così differenti fra loro come Napoli e Milano.
Il controllo del territorio non può appartenere soltanto allo Stato ma deve vedere impegnati anche i poteri locali. La repressione si coniuga con la prevenzione, e i poteri delle autonomie locali sono tali da attribuire loro un ruolo importante sia in una direzione che nell'altra.
La necessità di politiche integrate per la sicurezza è avvertita da tempo e in passato abbiamo assistito a interessanti esperienze che hanno fatto registrare risultati positivi.

La polizia amministrativa locale svolge un ruolo di rilievo soprattutto nella prevenzione delle illegalità diffuse sul territorio.
I rapporti tra Comuni, Province, Regioni e Autorità di Pubblica Sicurezza vanno interconnessi con maggiore forza e una più intensa collaborazione fra Forze dell'ordine nazionali e locali è auspicabile e percorribile.
L'Italia delle autonomie è chiamata anche in questo campo a svolgere la sua funzione di protagonista nel rafforzamento delle politiche della legalità che costituiscono un elemento fondamentale del livello di competitività del nostro Paese.
Lo stesso fenomeno dell'immigrazione clandestina condiziona non poco la tenuta della sicurezza nelle nostre città.
I fatti di via Padova accaduti a Milano, con la violenta guerriglia che ne è seguita, hanno fatto registrare negli abitanti della zona una percezione di insicurezza e di paura.

Non si tratta di gruppi etnici composti solo da immigrati irregolari; la maggior parte degli stranieri che risiedono in quel quartiere svolgono un'attività lavorativa e vivono con le loro famiglie in assoluta tranquillità, alcuni già sono di seconda generazione.
Ciò che è esploso, in questo caso, è la rivalità tra gruppi etnici provenienti da Paesi diversi; forse scontiamo un fenomeno immigratorio che si è determinato nel giro di pochi anni, a differenza di altri Paesi dove gli insediamenti di stranieri e il loro innesto nel tessuto sociale è avvenuto con minore accelerazione e con progressiva gradualità.
Se per impedire disordini così gravi è giusto parlare di maggiore controllo del territorio, questo va esercitato evitando ogni esasperazione e con una corretta politica di vera integrazione.
La legge sull'immigrazione clandestina, che certamente ha contribuito a dettare regole più restrittive per l'ingresso e la permanenza degli stranieri nel nostro Paese, e che ha limitato drasticamente gli sbarchi di clandestini, va coniugata con altri termini che non possono essere soltanto quelli dell'allontanamento e della repressione.

E' assolutamente indispensabile garantire la sicurezza dei cittadini ed anche il pieno e totale rispetto della legalità: perché ci sia integrazione vera, occorre prima di tutto fare in modo che le nostre città siano abitate da coloro che effettivamente ne hanno diritto.
Dunque no alla violenza, si all'integrazione anche perché se non si rispetta la legalità, si creano situazioni di alto rischio sociale.
Dobbiamo impedire che fatti così gravi, come quelli accaduti in via Padova, si ripetano.
In questo senso la collaborazione di magistratura e Forze dell'ordine è assolutamente indispensabile.
Ma occorre anche che da parte di tutti noi ci sia apertura al dialogo e al confronto costruttivo.
Integrazione vuole dire non emarginare l'immigrato; significa non creare le condizioni perché in ogni città si formino tanti piccoli agglomerati urbani dove si parlino soltanto lingue diverse da quella italiana.
Significa aiutare lo straniero a comprendere e a conoscere le nostre tradizioni, la nostra cultura e a rispettarle.

Sono strade complicate da percorrere ma necessarie.
Immigrazione non può diventare sinonimo di sradicamento: né per gli italiani di origine, che devono sentirsi rispettati per la loro identità e la loro storia; né però per i cittadini stranieri che nella legalità accettano una cultura diversa dalla loro, cercano la strada di una integrazione possibile e meritano rispetto.
Non c'è integrazione senza questo reciproco riconoscimento: la cittadinanza può diventare una identità arricchita dall'incontro con l'altro, una identità che non tradisce valori, storie, esperienze, ma le sa esaltare dentro una cornice comune. Questa cornice comune è "Patria", che prima di essere sentimento è valore e fondamento di una civile convivenza.
Le generazioni passate hanno conosciuto il tempo della emigrazione forzata: persecuzioni, fame, povertà. Le generazioni presenti devono sentire forte la spinta perché nelle nostre scuole, nei nostri quartieri, nelle nostre città i giovani vivano l'eguaglianza come valore e garanzia per il proprio stesso avvenire. Le future generazioni devono cogliere la sfida dell'integrazione come fattore di crescita e sviluppo.

L'idea di quartieri ghetto, di città fantasma, di cittadelle dormitorio, di aree separate dove la stessa parola "casa" diventa sinonimo di "rifugio" o "nascondiglio" è l'anticamera dell'insicurezza e dell'illegalità.
Non si tratta di essere né permissivi, né duri. Va invece riscoperta la giusta misura della giustizia, che chiede legalità e sicurezza e allo stesso tempo ottiene solidarietà, concordia e integrazione.
Spetta a noi adulti il compito di una educazione fondata sulla giustizia. Un bambino non usa parole ostili o razziste nei confronti di un bambino di provenienza o etnia diverse dalle proprie. Non lo vede neppure come un diverso. Non tradiamo l'innocenza dei nostri figli insinuando paure o risentimenti. Permettiamo ai nostri figli di essere un domani genitori consapevoli del valore della persona come baluardo contro ogni forma di violenza e discriminazione.
Soltanto così potremo assicurare un Paese più vivibile e contribuiremo a creare quel clima di serenità che vogliamo per i nostri figli.




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