Legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 584� del 26 MARZO 1999

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





584º SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO



VENERDÍ 26 MARZO 1999



(Pomeridiana)

Presidenza del presidente MANCINO










RESOCONTO SOMMARIO




Presidenza del presidente MANCINO


La seduta inizia alle ore 19,12.

Il Senato approva il processo verbale della seduta pomeridiana di ieri.

Comunicazioni all'Assemblea

PRESIDENTE . Dà comunicazione dei senatori che risultano in congedo o assenti per incarico avuto dal Senato (v. Resoconto stenografico) .

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE . Avverte che dalle ore 19,15 decorre il termine regolamentare di preavviso per eventuali votazioni mediante procedimento elettronico.

Discussione di mozioni sulla crisi del Kosovo

PRESIDENTE . Dà la parola al presidente del Consiglio dei ministri D'Alema.

D'ALEMA , presidente del Consiglio dei ministri . La crisi del Kosovo, fonte di generale angoscia e preoccupazione, é stata seguita dal Governo - nel rispetto dei limiti costituzionali e tenendone costantemente informato il Parlamento - con un'azione tesa a conseguire gli obiettivi della difesa dei diritti umani e civili delle popolazioni albanesi del Kosovo e della riapertura del negoziato di pace. La linea di condotta dell'Esecutivo é finalizzata ad assicurare una guida al paese in una fase tanto complessa, a garantire il rispetto delle alleanze e a rassicurare i cittadini. Il dibattito appena conclusosi alla Camera dei deputati ha evidenziato la generale condivisione di una serie di valori comuni, quali la ripulsa nei confronti della pulizia etnica, la consapevolezza della necessità di agire, l'avversione verso un regime oppressivo e l'aspirazione a una soluzione concordata e pacifica della crisi.
Nella fase precedente l'inevitabile intervento armato l'Italia ha svolto, d'intesa con i partners europei, un'azione diplomatica intensa e continuata per affermare il principio dell'autonomia del Kosovo e la presenza di un'indispensabile forza di interposizione sul territorio. Le tre risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, nel 1998, indicano chiaramente la condivisione di un percorso al termine del quale va collocato l'intervento della NATO, avvenuto senza mandato specifico delle Nazioni Unite a causa della sostanziale paralisi del Consiglio di sicurezza. Al fallimento del negoziato di Rambouillet, dovuto alla totale indisponibilità del presidente Milosevic, si é aggiunta l'aperta violazione degli accordi sottoscritti in precedenza dal Governo serbo, che ha avviato una repressione talmente brutale da provocare una catastrofe umanitaria.
Le recenti esperienze dei conflitti sviluppatisi nell'area dei Balcani stanno a dimostrare come sarebbe stato sbagliato seguire la strada dell'attesa indefinita di una soluzione diplomatica. Tuttavia l'azione militare, volta a spingere il Governo di Belgrado ad accettare il negoziato, non é sostitutiva dell'azione diplomatica, che non deve mai interrompersi e che deve riconoscere alla Russia un ruolo costruttivo ed imprescindibile per la ricerca della pace in tutta l'area. In tal senso, occorrerà sfruttare l'interruzione delle operazioni militari al termine della cosiddetta "fase 1" per un'immediata ripresa dell'iniziativa politica del Gruppo di contatto. Il contributo dell'Italia sarà volto proprio a riaprire il tavolo delle trattative e del confronto, senza venire meno ai doveri di lealtà verso gli alleati internazionali, ma anche senza rinunciare al proprio punto di vista e a una discussione alla pari con gli alleati.
Occorre naturalmente che il Governo di Belgrado interrompa ogni attività militare nel Kosovo e torni a considerare la necessità di firmare gli accordi di Rambouillet. Nello stesso tempo bisognerà varare un piano umanitario su larga scala che garantisca rifugio e sicurezza ai profughi nei paesi confinanti. É necessario peró prepararsi a fronteggiare un'emergenza profughi cui il Ministero dell'interno ha fornito una prima risposta elaborando un piano urgente di accoglienza e rafforzando il controllo della costa adriatica; in tale ottica il Consiglio dei ministri ha oggi dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale. É importante infine riconoscere il senso del dovere e l'alta professionalità dei militari italiani nelle azioni di difesa integrata del territorio nazionale, cosí come é doveroso confermare all'opinione pubblica interna, comprensibilmente preoccupata, che non vi é alcun pericolo per la sicurezza nazionale, per i centri abitati e per i cittadini.
La vicenda del Kosovo rappresenta un nuovo monito all'Europa, che dovrà dotarsi al piú presto di una politica estera comune, di un unico modello di difesa, di un piano complessivo di ricostruzione e di sviluppo per la pacificazione dei Balcani. L'Italia ha una grande e crescente responsabilità in Europa, come dimostrano gli esiti del recente vertice di Berlino, e soprattutto é consapevole dell'impossibilità di porsi al di fuori delle tradizionali alleanze se intende svolgere un ruolo da protagonista nella ricerca della pace anzichè limitarsi a trovare un facile modo per rassicurare le coscienze. (Vivi e prolungati applausi dai Gruppi DS, Verdi, RI-LI-PE, PPI, UDR, Misto-SDI, Misto-DU e Misto).

PRESIDENTE . Dichiara aperta la discussione.

GASPERINI (LNPI) . Illustrando la mozione 1-00376 e l'ordine del giorno n. 3, esprime la disapprovazione del suo Gruppo per il comportamento del Governo in occasione di quella che puó considerarsi una vera e propria aggressione militare ad uno Stato sovrano membro dell'ONU, stigmatizzando in particolare il venir meno di una prassi costituzionale che aveva spinto altri Presidenti del Consiglio, prima di assumere iniziative di tale portata, a chiedere il voto del Parlamento. La posizione del Governo italiano, testè illustrata dal presidente D'Alema, ha provocato costernazione tra gli alleati e ha rinverdito la fama di inaffidabilità del paese. Non si comprende poi cosa accadrà se Milosevic deciderà di non piegarsi alla forza delle armi, nè vi é consapevolezza delle conseguenze dell'umiliazione cui é stata sottoposta la Russia. Il Gruppo LNPI chiede quindi al Governo di negare ogni contributo diretto e indiretto alle operazioni militari ed esprime solidarietà alle popolazioni civili coinvolte, senza distinzioni di etnie, che dovranno essere accolte in campi profughi da predisporre in Albania, Montenegro e Macedonia prima che si riversino sulle coste italiane. (Applausi dal Gruppo LNPI).

GAWRONSKI (FI) . La mozione 1-00377 impegna il Governo D'Alema a sostenere con fermezza l'intervento della NATO, senza farsi condizionare da una parte della maggioranza e quindi da questioni di politica interna. L'Italia deve assumere una posizione chiara e coerente, anche per far fronte al pericolo di disgregazione dell'Alleanza atlantica qualora le resistenze di Milosevic dovessero protrarsi. Poichè la politica estera costituisce la massima espressione dell'attività di un Governo, nonchè della coerenza e della credibilità di un paese, se la maggioranza non mostrasse compattezza, il Presidente del Consiglio dovrebbe trarre di fronte al Capo dello Stato le dovute conseguenze. (Applausi dai Gruppi FI e AN. Congratulazioni).

MELUZZI (RI-LI-PE) . Illustrando la mozione 1-00379, manifesta apprezzamento per le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e soddi sfazione per il mantenimento dell'impegno dell'Italia nei confronti della NATO, pur auspicando la ripresa di un'azione diplomatica per agevolare le trattative di pace. Annuncia infine il voto favorevole alla mozione della maggioranza. (Applausi dal Gruppo RI-LI-PE).

PRESIDENTE . Dichiara aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio.

MILIO (Misto) . L'ordine del giorno n. 2 impegna il Governo a contrastare nettamente il dittatore Milosevic, la cui sistematica violenza contro gli albanesi del Kosovo annulla le speranze di pace nei Balcani. Quanti oggi manifestano sentimenti antioccidentali e antiamericani dovevano appoggiare le iniziative di Pannella assunte fin dagli anni '80 o la denuncia delle fosse comuni in Bosnia da parte di Emma Bonino, richiedendo accanto ai radicali il deferimento di Milosevic davanti al Tribunale dell'Aja. Poichè l'incerta posizione del Governo sembra confermare l'inaffidabilità del paese in politica estera, chiede al Senato di impegnare il Governo a non fare marcia indietro sull'intervento militare.

RUSSO SPENA (Misto-RC) . L'ordine del giorno n. 1, oltre alle tradizionali ragioni del pacifismo di Rifondazione comunista, chiede al Governo di dissociarsi dall'intervento armato per ragioni di fondo. Viene infatti sovvertito ogni principio di legalità dell'ordinamento internazionale, la NATO si sostituisce all'ONU quale struttura regolatrice del nuovo governo mondiale e si agevola il disegno degli Stati Uniti di mantenere in una posizione subalterna l'Europa, che vede riconosciuto il suo ruolo di potenza economica ma di grande debolezza politica.

MARINI (Misto-SDI) . Di fronte al dramma della popolazione albanese del Kosovo non si poteva agire diversamente, continuando a sperare in una soluzione negoziale, soprattutto dopo il rifiuto di Milosevic di accettare la presenza di una forza di interposizione multinazionale nel Kosovo. Bene ha fatto pertanto l'Europa ad intervenire accanto agli Stati Uniti, anche se é necessario riprendere al piú presto le trattative, auspicate dallo stesso Presidente del Consiglio. (Applausi dai Gruppi Misto-SDI e DS).

MAZZUCA POGGIOLINI (Misto-DU) . Il mancato intervento della NATO avrebbe suscitato critiche contro l'imbelle neutralità dell'Italia e dell'Europa di fronte allo sterminio dell'etnia kosovara. Nessun'altra posizione poteva essere compatibile con la dignità nazionale e con la salvaguardia dei principi umanitari, che dovranno essere difesi ancora piú vigorosamente dall'Europa. Annuncia il voto favorevole alla mozione 1-00378, anche se avrebbe preferito una formulazione meno esitante, frutto invece delle mediazioni all'interno della maggioranza. (Applausi dai Gruppi Misto-DU e DS).

MARINO (Misto-Com.) . L'ordine del giorno n. 4 impegna il Governo a garantire la pace attraverso l'immediata cessazione dei bombar damenti, nonchè a rilanciare il ruolo dell'ONU e dell'Europa nel tentativo di ristabilire la pace nel Kosovo. L'intervento armato della NATO non é legittimo e la partecipazione dell'Italia contrasta con l'articolo 11 della Costituzione, che non ammette la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali, presentando anche rischi per la popolazione civile italiana. (Applausi del senatore Bertoni).

TAROLLI (CCD) . Il sostegno all'iniziativa della NATO costituisce un atto di solidarietà nei confronti della popolazione perseguitata da Milosevic ed un'assunzione di responsabilità verso gli alleati; tuttavia, occorre rilanciare le trattative di pace, anche per evitare che decine di migliaia di profughi si riversino sulle coste italiane. Di fronte alla tragedia del Kosovo va ribadita la legittimità del principio dell'ingerenza umanitaria già attuato in Ruanda, Somalia e Bosnia, e occorre sollecitare l'Unione Europea a dotarsi di una politica estera comune, anche se il Governo D'Alema non ha il conforto di una maggioranza coesa per assumere questa iniziativa. (Applausi dai Gruppi CCD, FI e AN).

DI BENEDETTO (UDR) . Il Governo italiano non aveva alternative di fronte al rifiuto ostinato di Milosevic di proseguire il dialogo, nella consapevolezza che la pace si difende anche intervenendo dove sono violati i diritti dell'uomo. Peró é anche necessario riprendere l'azione diplomatica per riportare la pace nel Kosovo e nei Balcani, cercando di convincere gli alleati dell'opportunità di sospendere i bombardamenti dopo la prima fase. A tal fine occorre evitare che le polemiche interne condizionino l'azione internazionale dell'Italia. Pertanto il suo Gruppo voterà a favore della mozione della maggioranza. (Applausi dai Gruppi UDR, DS e RI-LI-PE).

COSSIGA (Misto) . Fedele alla propria storia personale, caratterizzata anche da atteggiamenti di grande coerenza, dichiara con violenza politica e sdegno di votare contro la mozione della maggioranza. La sua posizione non é un voto contro il presidente D'Alema, cui rinnova i sentimenti di stima, nè contro il Governo, ma contro la maggioranza che lo sostiene, che non riesce a onorare le alleanze, in nome di un falso pacifismo e di una pretesa prudenza. Pertanto, annuncia il voto favorevole alla mozione 1-00379, che approva le dichiarazioni del Presidente del Consiglio. (Applausi dai Gruppi FI, AN e Misto. Congratulazioni).

JACCHIA (RI-LI-PE) . Illustrando l'ordine del giorno n. 5, condivide il giudizio sulla mancanza di alternative rispetto all'intervento armato accanto agli altri paesi della NATO, anche in considerazione del fatto che non si poteva sperare in una decisione unanime del Consiglio di sicurezza dell'ONU.

BOCO (Verdi) . I bombardamenti mettono a repentaglio le speranze di pace per il futuro e, come é già accaduto in altre zone del mondo, producono un aumento dei profughi tra la popolazione civile. I Verdi tuttavia hanno sottoscritto la mozione della maggioranza, nella speranza che l'assunzione di responsabilità dell'Italia possa contribuire ad incidere sulla comunità internazionale e a favorire la ricerca del dialogo e della pace. (Applausi dai Gruppi Verdi, PPI e DS).

SERVELLO (AN) . La coalizione politica di Centro-Sinistra é franata rovinosamente di fronte a tutte le piú rilevanti decisioni di politica estera, anche se alla fine le poltrone hanno avuto la meglio sui princípi. Anche in questa occasione, dopo avere deciso di adempiere ai doveri imposti dall'adesione alla NATO, il Presidente del Consiglio, per l'accentuarsi della pressione di alcuni settori della Sinistra, ha chiesto agli alleati la sospensione dell'azione militare, assumendo una posizione che mina la credibilità e l'immagine dell'Italia. Peraltro, anche la mancata partecipazione di aerei italiani (che pure dipendono dal comando NATO) agli attacchi di questi giorni dipende con ogni probabilità da una ben poco dignitosa richiesta del Governo italiano motivata da ragioni politiche interne. Anche Alleanza Nazionale é favorevole ad una soluzione diplomatica che tenga conto della situazione esplosiva dei Balcani e delle reciproche responsabilità dei contendenti e che sia diversa dagli accordi di Rambouillet, frutto piú dell'imposizione che della mediazione; ma fino a quando la NATO non avrà deciso di interrompere l'azione militare, l'Italia deve compiere per intero il suo dovere. Non si puó stare nell'Alleanza con una riserva ostile: occorre invece che l'Italia e l'Europa assumano nuove responsabilità a livello mondiale. (Applausi dai Gruppi AN e FI. Molte congratulazioni).

ROBOL (PPI) . Il "secolo breve" rischia di chiudersi come era iniziato, cioé con una guerra in Europa. Questa tragedia annunciata, che viene da lontano, rischia di compromettere il cammino verso l'unione politica e sociale del continente. L'azione di ingerenza a fini umanitari e l'uso della forza devono accompagnarsi ad una valutazione puntuale dei possibili spiragli di pace: per tale motivo deve al piú presto riprendere il dialogo, occorre sviluppare nuovamente la mediazione politica del gruppo di contatto, devono essere coinvolte in questo sforzo la Russia e l'Unione Europea, perchè la pace puó ancora vincere se i responsabili politici torneranno a parlarsi. La mozione della maggioranza chiede al Governo di perseguire questi obiettivi, in un'azione comune con gli alleati. (Applausi dai Gruppi PPI, DS, UDR e del senatore Manis. Congratulazioni).

LORETO (DS) . Di fronte alla tragedia del popolo albanese e al fallimento degli accordi di Rambouillet per colpa di Milosevic, l'azione del Governo italiano si é dispiegata mediante iniziative politiche e diplomatiche e successivamente con la condivisione dell'azione militare decisa dalla NATO. É vero che questa azione non é stata deliberata dall'ONU, ma occorre tener conto che il Consiglio di sicurezza é paralizzato dal meccanismo dei veti e quindi non avrebbe potuto assumere una decisione idonea a evitare il prolungarsi di una crisi che rende instabile l'intera aerea balcanica e ad arrestare la barbarie della pulizia etnica e fermare l'esodo delle popolazioni colpite. Ora é necessario lavo rare per favorire la ripresa della trattativa: l'Italia a tale proposito puó essere determinante, avendo assunto negli ultimi tempi il ruolo inedito di garante della stabilità nei Balcani. Anche la scelta di non interrompere le relazioni diplomatiche con Roma dimostra che Belgrado considera l'Italia un interlocutore privilegiato per la ripresa del negoziato. (Applausi dai Gruppi DS, PPI e RI-LI-PE. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE . Dichiara chiusa la discussione.
Dà comunicazione delle mozioni e degli ordini del giorno presentati (v. Allegato A) , sui quali invita il Presidente del Consiglio a pronunciarsi.

D'ALEMA , presidente del Consiglio dei Ministri . Il Governo terrà conto di tutti i suggerimenti emersi dal dibattito per sviluppare una iniziativa che porti alla soluzione diplomatica della crisi. In Parlamento e nel paese si confrontano diverse opinioni politiche, ma sono diffusi sentimenti di angoscia di fronte all'uso della violenza e di solidarietà verso le popolazioni albanesi del Kosovo. L'uso della forza per fini umanitari deve essere deciso con grandissima prudenza, e deve avere obiettivi precisi e limiti temporali ristretti. (Applausi dai Gruppi DS, RI-LI-PE, Verdi, UDR e PPI) . In questo caso l'uso della forza non ha lo scopo di distruggere la Serbia o di rovesciare Milosevic, ma di far cessare la repressione delle popolazioni albanesi, di ridurre il potenziale bellico dell'esercito che la sta conducendo e di costringere il Governo serbo a tornare al tavolo delle trattative, dove si erano già raggiunti accordi che garantivano ampiamente l'integrità della Federazione iugoslava. L'Italia aveva chiesto che la forza d'interposizione venisse schierata anche in Albania per mantenere la pace nella regione, con la corresponsabilità di tutti i Paesi interessati.
L'Italia in questo momento sta facendo per intero il proprio dovere con missioni che, pur non implicando l'uso delle armi, comportano gli stessi rischi corsi dagli alleati ed é certamente molto piú esposta. (Applausi dai Gruppi DS, PPI, Verdi, RI-LI-PE, UDR, Misto, Misto-SDI, Misto-DU) . Del resto, l'Italia é il quarto paese per numero di militari impegnati in missioni internazionali di pace. (Applausi dai Gruppi DS, PPI, Verdi, RI-LI-PE, UDR, Misto, Misto-SDI, Misto-DU) . L'impegno per un ritorno alle trattative non é affatto contraddittorio: l'Italia, pur rispettando tutti gli obblighi imposti dall'Alleanza, é uno Stato sovrano che non rinuncia a far valere la propria posizione, anche per poter contare nell'azione tesa a contribuire alla pace. Non é scandaloso che l'Italia, dall'interno dell'Alleanza, ponga un accento particolare sulla necessità di tornare al tavolo negoziale (Commenti dal Gruppo AN) poichè ció corrisponde alla propensione ed alle aspettative della grande maggioranza degli italiani. (Vivi applausi dai Gruppi DS, PPI, Verdi, RI-LI-PE, UDR, Misto-Com., Misto, Misto-SDI, Misto-DU) .
Esprime quindi parere favorevole sulle mozioni 1-00378 e 1-00379 e parere contrario sulle mozioni 1-00376 e 1-00377. Non accoglie l'ordine del giorno n. 1; si rimette all'Aula sul dispositivo dell'ordine del giorno n. 2 e sull'ordine del giorno n. 4; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno n. 3.

PRESIDENTE . Passa alle votazioni.

MILIO (Misto) . L'azione militare si é resa necessaria, una volta falliti tutti gli sforzi diplomatici, per fermare la pulizia etnica voluta dalla dirigenza serba. La mozione della maggioranza peró non é coerente con l'apprezzabile intervento del Presidente del Consiglio e non é utile a contribuire alla risoluzione del problema.

PINGGERA (Misto) . Manifestando apprezzamento per l'esposizione del Presidente D'Alema, dichiara voto favorevole sulla mozione 1-00378. L'azione della NATO é stata imposta dall'inasprirsi dei crimini serbi ed ora, pur auspicando che la guerra termini al piú presto, l'Italia deve mostrarsi coerente ed affidabile all'interno dell'Alleanza. (Applausi del senatore Robol).

RUSSO SPENA (Misto-RCP) . La mozione della maggioranza é un bizantinismo ipocrita. L'unico atto possibile nel rispetto della Costituzione é dissociarsi dall'azione militare per favorire la ripresa di quella diplomatica. Dietro la tragedia di questa guerra c'é la volontà della NATO di forzare la situazione per diventare l'unico strumento dell'ordine mondiale, l'unica struttura imperiale al servizio degli Stati Uniti, evidenziando il ruolo di gigante economico e di nano politico dell'Unione Europea. La guerra, vero e proprio spartiacque morale e politico, non si fermerà e distruggerà la possibilità di convivenza nei Balcani e la speranza di un mondo multilaterale retto da nuovi statuti di cittadinanza e di sovranità popolare.

MARINI (Misto-SDI) . La linea del Governo non puó che essere apprezzata. L'Italia non deve apparire l'anello debole della NATO o, peggio, un alleato inaffidabile. Per questo la doverosa azione a favore di una soluzione diplomatica non dovrà comportare smagliature rispetto ai doveri all'interno della NATO. É necessario inoltre predisporre tutte le strutture di accoglienza per l'esodo di profughi dalle zone teatro del conflitto. (Applausi dai Gruppi Misto-SDI, RI-LI-PE e del senatore Veltri).

OCCHIPINTI (Misto-DU) . I Democratici voteranno a favore della mozione presentata dai Gruppi di maggioranza che valutano equilibrata, chiara e determinata negli obiettivi. Il testardo atteggiamento di Milosevic e le persecuzioni ai danni delle popolazioni del Kosovo sono all'origine di un'azione militare che rappresenta un rimedio estremo ma necessario. É infatti opera di pace anche quella tesa a disarmare la mano dei violenti, ma ció deve avvenire limitando al minimo l'intervento e riprendendo al piú presto il dialogo tra le parti. In tal senso, il Governo dovrà impegnarsi in una forte iniziativa politico-diplomatica per la pacificazione dei Balcani. (Applausi dai Gruppi Misto-DU e DS).

MARINO (Misto-Com.) . I Comunisti italiani esprimono profondo cordoglio alle vittime innocenti e ferma condanna per l'attacco della NATO che é illegittimo, perchè sferrato contro uno Stato sovrano non aggressore, e pericoloso, perchè suscettibile di portare ad un ampliamento del conflitto. Il Governo italiano é corresponsabile di un intervento privo di basi giuridiche e, oltre che rispettare il vincolo all'utilizzo dei soldati italiani esclusivamente per la difesa integrata del territorio nazionale, deve ora impegnarsi per riaprire la strada del negoziato con l'obiettivo della piena autonomia del Kosovo. La mozione 1-00378 é frutto di un faticoso lavoro ed ha il pregio di riportare al centro dell'attenzione la politica e la diplomazia. I Comunisti italiani la voteranno quindi favorevolmente, pronti a riconsiderare il loro sostegno al Governo qualora questo non dovesse attenersi agli impegni in essa contenuti. (Applausi dal Gruppo Misto-Com. e applausi ironici del senatore Asciutti. Congratulazioni).

D'ONOFRIO (CCD) . Il dibattito in corso mette in evidenza la coerenza assoluta con la quale una maggioranza ambigua ed equivoca fin dalla sua nascita si impegna a sostenere la politica estera altrettanto equivoca ed ambigua del Governo. Ció non esime l'opposizione dal valutare la novità assoluta che il conflitto in corso, inimmaginabile prima della fine della guerra fredda, introduce nel panorama internazionale, dove la NATO rappresenta il nuovo potere in un mondo globalizzato, con conseguenze destabilizzanti nei rapporti interni tra i paesi dell'Europa e nelle relazioni tra questa e la Russia. Esprime quindi voto favorevole alla mozione 1-00377. (Applausi dai Gruppi CCD e FI. Congratulazioni).

NAPOLI Roberto (UDR) . Il Gruppo UDR, che anzitutto rivolge un pensiero e un indirizzo di sostegno ai cittadini della costa adriatica che piú di altri vivono l'angoscia del momento, aderisce con convinzione alla mozione presentata dai Gruppi di maggioranza, nella consapevolezza dell'ineludibilità di un intervento teso ad interrompere la pulizia etnica ed i massacri in atto nel Kosovo. Il rifiuto della via diplomatica da parte di Milosevic ha obbligato la NATO a dimostrarsi strumento per la produzione di sicurezza a disposizione della comunità internazionale. Tuttavia l'intervento dovrà essere il piú limitato possibile e il Governo italiano dovrà rendersi protagonista di una nuova fase di ripresa del negoziato che esalti il ruolo della Russia quale paese membro del Gruppo di contatto. (Applausi dai Gruppi UDR, PPI e DS. Congratulazioni).

MISSERVILLE (UDR) . Il conflitto in atto nasce per iniziativa di un organismo che per definizione dovrebbe avere carattere difensivo, il che desta perplessità perchè un'eventuale trasformazione della NATO in organizzazione regionale per il mantenimento della pace e per la prevenzione dei conflitti non puó che avvenire in modo esplicito. Si porrebbe altrimenti il problema di stabilire se e dove intervenire in presenza di situazioni di oppressione e di pulizia etnica, sulla base di un giudizio morale che inevitabilmente sarebbe di parte e quindi in contrasto con le ragioni del diritto internazionale. É in virtú di queste considerazioni che, in dissenso dal suo Gruppo, si asterrà sulla votazione della mozione presentata dalla maggioranza. (Applausi dal Gruppo FI).

FUMAGALLI CARULLI (RI-LI-PE) . Il suo Gruppo voterà a favore della mozione 1-00378 che rappresenta la logica conseguenza dell'impegno sin dall'inizio profuso dal Governo, in particolare dal Ministro degli affari esteri Dini, per la ricerca del dialogo e di un compromesso che garantisse la pace. Purtroppo tutto ció non é servito, e il Governo italiano bene ha fatto ad attenersi ad uno scrupoloso rispetto degli impegni derivanti dalla sua adesione al Patto Atlantico; ció non significa che l'Italia non possa svolgere una sua specifica azione nella direzione indicata dal Presidente D'Alema. Dichiara altresí il voto favorevole anche alla mozione 1-00379. (Applausi dai Gruppi RI-LI-PE e DS. Congratulazioni).

MANCONI (Verdi) . Seppur consapevoli della necessità di fronteggiare un regime dispotico e sanguinario e di interrompere i massacri e le azioni di pulizia etnica in corso, i Verdi hanno manifestato sin dal primo momento un profondo dissenso nei confronti di un intervento militare privo della legittimazione da parte dell'ONU, incapace di assicurare tutela alle popolazioni civili, suscettibile di fornire copertura ad una recrudescenza delle persecuzioni contro i kosovari e tale da rafforzare le spinte nazionalistiche e lo stesso Governo serbo. I Verdi sono favorevoli all'applicazione del principio dell'ingerenza umanitaria, attraverso l'unica soluzione credibile ed efficace, quella di imporre la presenza di una forza di interposizione composta da militari di tutti i paesi del Gruppo di contatto, compresa la Russia. É apprezzabile l'esortazione del Presidente D'Alema, esternata in occasione del vertice di Berlino, ad un ritorno alla politica e al negoziato; chi lo ha criticato per questo ha una visione servile e gregaria del vincolo di alleanza, quando invece é opportuno proseguire su una strada di autonomia di giudizio e di iniziativa. I Verdi, lungi dal ritenere che una vicenda cosí tragica e delicata possa essere strumento di polemica politica interna, ritengono anzi che oggi piú che mai ci sia bisogno di un Governo autorevole: anche per questo voteranno a favore della mozione 1-00378. (Applausi dai Gruppi Verdi e DS. Congratulazioni).

GASPERINI (LNPI) . L'intervento della NATO é certamente avvenuto in mancanza di una legittimazione da parte dell'ONU e in violazione delle stesse norme del Patto Atlantico e della Costituzione italiana. La clausola dell'ingerenza umanitaria, invocata a giustificazione di tale intervento, é soggetta a interpretazioni arbitrarie e comunque é di difficile definizione. L'Italia avrebbe dovuto piuttosto individuare nell'evoluzione della crisi una volontà di predominio da parte degli Stati Uniti, dissociandosi di conseguenza dall'azione della NATO. Per tali ragioni voterà a favore della mozione 1-00376.

ELIA (PPI) . L'intervento armato della NATO in Serbia trova la sua giustificazione etica prima che giuridica nell'obiettivo di arginare la violazione dei diritti della popolazione albanese in Kosovo. Peraltro, l'evoluzione dei compiti della NATO, già evidenziati dall'intervento in Bosnia, non é incompatibile con il ruolo internazionale della Russia e dà forma al diritto pubblico europeo, anche se sarebbe opportuno tradurlo in norme scritte. Sebbene alla coscienza cattolica ripugni il ricorso alle armi, in considerazione dell'obiettivo del ristabilimento della pace, il Gruppo PPI voterà a favore della mozione che valuta positivamente le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e sostiene la linea del Governo. (Applausi dai Gruppi PPI, DS e RI-LI-PE. Congratulazioni).

LA LOGGIA (FI) . L'allontanamento dall'Aula del Presidente del Consiglio é segno di mancanza di rispetto nei confronti del Senato (Commenti del sottosegretario Ayala) , nonchè dell'imbarazzo nei confronti delle mozioni: non si comprende il motivo per cui il Governo ha espresso parere contrario alla mozione 1-00377, se non per la parte finale che invita il Presidente del Consiglio, qualora riscontra il mancato sostegno della sua maggioranza, a recarsi dal Capo dello Stato per le dovute conseguenze. Il Parlamento avrebbe dovuto discutere preventivamente dell'atteggiamento dell'Italia a livello internazionale, per delineare gli obiettivi con riferimento non solo al Kosovo ed anche per dare maggiore forza al Governo, nonchè per evitare soluzioni di compromesso per le Forze armate, cui va rivolto un saluto. (Applausi dai Gruppi FI, AN, CCD e Verdi) . É difficile pensare di convocare immediatamente il Gruppo di contatto di fronte al rifiuto della Russia, immaginare un'azione militare breve quando l'ambasciatore iugoslavo ha già dichiarato la resistenza a oltranza, proclamare l'aiuto italiano nei confronti dei profughi di fronte all'arresto e all'espulsione di 10 kosovari a Gorizia. (Commenti del gruppo DS) . Il Gruppo FI, pur ribadendo la fedeltà alla NATO, auspica la riapertura delle trattative e invoca un dibattito del Parlamento sul ruolo dell'Italia e sulle prospettive dell'Alleanza atlantica. (Applausi dai Gruppi FI, AN e CCD. Congratulazioni).

MANTICA (AN) . Le parole del Presidente del Consiglio contrastano sostanzialmente con il contenuto della mozione della maggioranza, che tenta di sfuggire alle responsabilità derivanti dall'appartenenza alla NATO. Peraltro, sarebbe necessario discutere sull'evoluzione di tale alleanza, che non puó essere intesa come gendarme del mondo e assecondare il delirio di onnipotenza degli Stati Uniti. La formula adottata dalla mozione della maggioranza, con l'impegno delle Forze armate italiane nella sola funzione difensiva, suona quasi offensiva per la dignità dei soldati italiani. (Applausi dal Gruppo AN) . Inoltre, non si puó pensare di riprendere le trattative per la pace se nel contempo non si evita di umiliare il popolo serbo; analoghi interventi di ingerenza umanitaria si potrebbero ipotizzare per altre minoranze oppresse o anche per tutelare la popolazione italiana in Croazia. (Applausi dai Gruppi FI, AN e CCD) . Tuttavia, é difficile per l'Italia giocare il ruolo del grande mediatore, quando il Governo é sostenuto da una maggioranza composta da forze cosí eterogenee. Il Gruppo AN pertanto voterà contro la mozione della maggioranza. (Applausi dai Gruppi FI, AN e CCD. Congratulazioni).

SALVI (DS) . Il suo Gruppo apprezza la chiara e precisa assunzione di responsabilità del Governo in sede internazionale, secondo l'indirizzo del Parlamento italiano, ed auspica la ripresa dell'azione politico-diplomatica per giungere ad una pace duratura. Sebbene la scelta fosse difficile, per ragioni politiche ed etiche, e pur non disprezzando la posizione pacifista del mondo cattolico o di parte della sinistra, l'Italia non poteva ignorare la pulizia etnica perpetrata ai danni degli albanesi in Kosovo; tuttavia, si continua ad auspicare la ripresa delle trattative per la pace, con un ruolo attivo dell'Italia. E in questo processo il Governo D'Alema avrà il convinto sostegno dei Democratici di sinistra. (Applausi dai Gruppi DS, Verdi, RI-LI-PE, PPI, UDR, Misto-LD, Misto-SDI, Misto-DU e Misto. Congratulazioni).

Il Senato approva le mozioni 1-00378 e 1-00379 e respinge le mozioni 1-00376 e 1-00377. (Commenti del senatore Gasperini).

RUSSO SPENA (Misto-RC) . Insiste per la votazione dell'ordine del giorno n. 1.

Il Senato respinge quindi gli ordini del giorno nn. 1, 2 e 4.

PRESIDENTE . Avverte che l'ordine del giorno n. 3, essendo stato accolto come raccomandazione, non viene posto in votazione e che l'ordine del giorno n. 5 é stato ritirato.
Comunica inoltre di aver invitato le Commissioni esteri e difesa del Senato a tenersi in contatto costante col Governo, congiuntamente con le omologhe Commissioni della Camera, anche nel periodo di sospensione dei lavori parlamentari, in relazione all'evolversi della situazione di crisi nell'area dei Balcani.

MANCONI , segretario . Dà annunzio delle mozioni e delle interpellanze pervenute alla Presidenza. (v. Allegato B) .

PRESIDENTE . Comunica l'ordine del giorno della seduta del 30 marzo 1999. (v. Resoconto stenografico).

La seduta termina alle ore 23,47 .


N.B. Sigle dei Gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale: AN; Centro Cristiano Democratico: CCD; Unione Democratica per la Repubblica: UDR; Forza Italia: FI; Lega Nord-Per la Padania indipendente: LNPI; Partito Popolare Italiano: PPI; Democratici di Sinistra-l'Ulivo: DS; Verdi-l'Ulivo: Verdi; Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici,Indipendenti-Popolari per l'Europa: RI-LI-PE; Misto: Misto; Misto-Comunista: Misto-Com.; Misto-Rifondazione Comunista Progressisti: Misto-RCP; Misto-Liga Veneta Repubblica: Misto-LVR; Misto-Socialisti Democratici Italiani-SDI: Misto-SDI; Misto-I democratici-L'Ulivo: Misto-DU; Misto-Lega delle Regioni: Misto-LR; Misto-Il Centro-Unione Popolare Democratica: Misto-UPD.





RESOCONTO STENOGRAFICO



Presidenza del presidente MANCINO


PRESIDENTE . La seduta é aperta (ore 19,12) .
Si dia lettura del processo verbale.

BRIENZA , segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE . Non essendovi osservazioni, il processo verbale é approvato.

Congedi e missioni

PRESIDENTE . Sono in congedo i senatori: Agnelli, Bo, Bobbio, Cecchi Gori, Coviello, Daniele Galdi, De Martino Francesco, Di Pietro, Fanfani, Fiorillo, Fusillo, Lauria Michele, Leone, Loiero, Martelli, Meloni, Passigli, Petruccioli, Serena, Smuraglia, Taviani, Toia, Valiani.

Sono assenti per incarico avuto dal Senato i senatori: Lauricella e Turini, per attività dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa; Migone e Terracini, per attività dell'Assemblea dell'Atlantico del Nord; Cirami, De Luca Athos, Marchetti, Milio, Salvato, Salvi e Scopelliti, per attività del Comitato informale per l'abolizione della pena di morte; Falomi, per partecipare alla Conferenza europea in materia di nuove tecnologie dell'informazione; Bernasconi e Maggiore, per attività della Commissione parlamentare per l'infanzia.

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE . Le comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE . Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento.

Discussione di mozioni sulla crisi del Kosovo

Approvazione delle mozioni nn. 378 e 379 Reiezione delle mozioni nn. 376 e 377 e degli ordini del giorno nn. 1, 2 e 4

PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca la discussione di mozioni sulla crisi del Kosovo.
Ha facoltà di parlare il presidente del Consiglio dei ministri, onorevole D'Alema.

D'ALEMA , presidente del Consiglio dei ministri . Signor Presidente, signori senatori, l'intervento militare della NATO in Serbia e la drammatica situazione nel Kosovo sono motivo di angoscia e di preoccupazione per tutti noi. Il Governo ha seguíto in ogni istante l'evolversi della crisi, ne ha informato il Parlamento e ha mantenuto la propria azione entro i confini del mandato previsto dalla Costituzione.
Ci troviamo ad un passaggio particolarmente difficile; le implicazioni e i pericoli sono sotto i nostri occhi. D'altra parte, teatro di questo drammatico conflitto é una regione d'Europa alla quale ci unisce un legame profondo e nella quale, in anni recenti e ancora oggi, l'Italia ha svolto e svolge un ruolo importante.
Siamo, dunque, in una condizione che impone a tutti, maggioranza e opposizione, un senso di responsabilità e un equilibrio necessari ad affrontare, pur nella differenza delle posizioni, un quadro politico e un'emergenza militare di estrema gravità. Considero questa una premessa fondamentale.
Cosí come alla Camera dei deputati, voglio sottolineare anche qui che mi interessa esporre una linea di condotta che ritengo giusta, legittima e doverosa sul piano politico e morale. Il destino del Governo si vedrà dopo; l'Esecutivo in questo momento ha una responsabilità e un compito: assicurare la guida del paese, garantire il rispetto delle alleanze e degli obblighi che derivano da queste ultime e rassicurare i cittadini.
La linea alla quale ci siamo legati, quella che abbiamo adottato insieme agli alleati della NATO, vuole in primo luogo difendere i diritti umani e civili delle popolazioni albanesi del Kosovo e, nello stesso tempo, vuole riaprire il dialogo e la trattativa tra le parti in conflitto.
Vi sono molti che hanno scorto nell'azione militare della NATO il pericolo che essa possa determinare un effetto opposto e dunque un ina sprimento della guerra, e che anzi hanno visto nell'azione della NATO la guerra. É un giudizio che non condivido, ma capisco questa preoccupazione ed anche ad essa credo che il Governo debba dare una risposta.
Ritengo che, in un momento come questo, preoccupazioni e consapevolezze attraversino gli schieramenti e, cosí come si é manifestato nel pur vivo dibattito svoltosi alla Camera dei deputati, vi sono valori comuni e giudizi che al di là delle diverse valutazioni sull'inevitabilità o meno dell'azione militare accomunano le forze politiche, perchè sono comuni alla stragrande maggioranza dei cittadini italiani.
Comune é la ripulsa nei confronti della violenza etnica esercitata dal Governo di Belgrado contro le popolazioni albanesi del Kosovo; comune é la consapevolezza che di fronte a questa violenza bisognava agire; comune é la ripulsa di un regime che ha caratteri oppressivi, che si rivolge contro la libertà dell'informazione, che minaccia; comune é la volontà di giungere ad un esito pacifico, ad un negoziato, ad una soluzione concordata di questa drammatica crisi.
Ció non toglie che nel Parlamento e nel paese ci si interroghi su un punto cruciale: esistevano alternative all'intervento armato? Nel momento in cui il mediatore Richard Holbrooke ha lasciato Belgrado, era possibile scegliere una via diversa? La mia convinzione é che non vi fossero alternative percorribili. Prima della decisione di attaccare obiettivi e postazioni militari serbi era stata sviluppata un'azione diplomatica intensa e continuata, che ha puntato a tutelare le popolazioni albanesi del Kosovo, nel pieno rispetto dell'unità e dell'integrità territoriale della Repubblica serba.
Io ricordo a tutti noi che la crisi fu sul punto di precipitare nel settembre-ottobre del 1998, al punto che risale a quella data la decisione della NATO di conferire l' act order , l'ordine di attivazione delle forze militari della NATO, decisione alla quale il Governo italiano aderí con una deliberazione del 12 ottobre 1998. Eppure, in quel momento, nel momento in cui sembravano precipitare le cose verso uno scontro armato, si tentó ancora la via dell'iniziativa politica e del negoziato. É stata l'Europa protagonista di questo negoziato: la Conferenza di Rambouillet, condotta insieme agli Stati Uniti e alla Russia, per proporre una soluzione diplomatica nella garanzia dell'integrità territoriale della Repubblica jugoslava, sulla base del principio dell'autonomia del Kosovo e sulla base della richiesta, a mio giudizio indispensabile, che una forza militare di interposizione garantisse la pace in una regione nella quale oramai aspramente si combatteva e molti erano già vittime della guerra.
É giusto ricordare che, in nessun momento, l'Europa ha mostrato indulgenza o sostegno nei confronti delle attività terroristiche e di guerriglia dell'UCK, ma é anche vero che tali attività non potevano giustificare e non giustificano una reazione che ha portato ad una repressione su vasta scala, all'uccisione ormai di almeno 2.000 civili, ai bombardamenti di villaggi, all'attacco a comunità.
La crisi, dunque, ha un'origine e radici chiare. Fin dal marzo del 1998 il Consiglio di sicurezza dell'ONU, con la risoluzione n. 1160, aveva sollecitato le autorità di Belgrado ad avviare un negoziato in vista di una soluzione politica per il problema del Kosovo. Nel settembre dello stesso anno, la risoluzione n. 1199, oltre che a rinnovare l'appello per l'immediato cessate il fuoco, sottolineava come la situazione in quella regione rappresentasse una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, citando esplicitamente l'articolo 7 della Carta delle Nazioni Unite che, come é noto, fa riferimento al possibile ricorso alla forza militare. Un mese dopo, una terza risoluzione, la n. 1203, autorizzava la NATO a svolgere ricognizione aeree e all'uso della forza, quanto meno per proteggere o evacuare gli osservatori internazionali della missione dell'OSCE. Lo spirito di quelle risoluzioni, dunque, muoveva chiaramente nella direzione di porre freno al conflitto e di bloccare la persecuzione sistematica della popolazione albanese del Kosovo.
É legittimo sostenere - alla Camera su questo ci sono state diverse opinioni - che, sul piano strettamente giuridico, l'intervento della NATO avviene senza un mandato specifico delle Nazioni Unite. Al contempo, é impossibile negare che ció dipende da una sostanziale paralisi del Consiglio di sicurezza, bloccato nelle sue deliberazioni dai reciproci veti dei suoi membri. Le stesse parole con cui il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, riferendosi all'iniziativa militare della NATO, ha riconosciuto la legittimità all'uso della forza in determinate circostanze sono una conferma di questa condizione oggettiva di difficoltà. D'altro canto, il Consiglio di sicurezza, proprio oggi pomeriggio, ha respinto, a larghissima maggioranza, la proposta di una risoluzione russa per la cessazione dei bombardamenti.
Nell'autunno scorso, da parte sua, la NATO aveva già minacciato l'uso della forza militare di fronte all'inizio della vasta offensiva condotta dall'esercito di Belgrado contro le popolazioni albanesi del Kosovo. Lo sviluppo successivo degli avvenimenti ha reso purtroppo la situazione ancora piú drammatica. Sono note le vicende che hanno portato al fallimento del negoziato di Rambouillet al manifestarsi della totale indisponibilità del presidente Milosevic a sottoscrivere un accordo che avrebbe consentito di pacificare il Kosovo; un accordo rispetto al quale, almeno nella sua parte politica e nei principi generali, era parso esservi in una prima fase una disponibilità da parte del Governo di Belgrado. Al rifiuto di firmare l'accordo si é aggiunta l'aperta violazione degli accordi sottoscritti in precedenza; si é avviata una nuova offensiva verso una popolazione già stremata, provocando la fuga disperata di decine di migliaia di civili, privi di qualsiasi protezione ed esposti ad una repressione brutale.
L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite ha reso note le dimensioni di questa tragedia: 250.000 persone senza casa; di queste 65.000 soltanto nell'ultimo mese e ben 25.000 dopo l'interruzione della trattativa di Parigi. Ad oggi, piú di un quinto dell'intera popolazione del Kosovo, 440.000 persone, risulta in fuga o rifugiata altrove. Sono le cifre di una catastrofe umanitaria, senza alcun dubbio, e manifestano la volontà, da parte del Governo di Belgrado, di risolvere il problema della minoranza albanese nel Kosovo semplicemente cacciando, almeno una parte di questa comunità, dalle sue case e dalla sua terra.
Subire in silenzio l'aperta violazione, da parte del regime serbo, degli accordi firmati, unitamente alla repressione, all'uccisione di civili inermi avrebbe voluto dire abdicare alla possibilità di proteggere queste popolazioni con conseguenze e costi incalcolabili. Si tratta naturalmente di un interrogativo legittimo; interrogativo che ha anche uno spessore morale che a me non sfugge. Che cosa fare di fronte ad una tragedia di questa portata? Agire; opporre la forza alla forza con tutti i rischi che ció comporta o assistere e continuare a sperare che l'iniziativa politica e diplomatica possa risolvere il problema. É un interrogativo che in questi anni si é riproposto, in altri momenti, in modo drammatico: l'Europa é stata accusata, forse non ingiustamente, di impotenza, di fronte alle tragedie che si consumavano nei Balcani, a poca distanza da qui, sull'altra sponda dell'Adriatico.
A chi avverte con angoscia oggi il peso del conflitto, a chi dice che bisogna opporsi alla guerra si deve purtroppo ricordare che la guerra, in quella regione, é cominciata molto tempo fa. É una guerra che non si é sviluppata soltanto del Kosovo; é una guerra che ha conosciuto la pulizia etnica, lo stupro etnico, il massacro delle popolazioni civili, centinaia di migliaia di morti, anche in altre regioni dei Balcani. Di fronte a quella guerra, per molto tempo, siamo rimasti a guardare e quando alla fine siamo stati costretti ad intervenire dalla forza delle cose, dalla pressione dell'opinione pubblica, fu l'azione militare ad aprire la strada all'accordo di Dayton che ha dato una soluzione, per quanto precaria e problematica, ad un conflitto che aveva insanguinato, in modo orribile, il cuore dell'Europa.
Credo che siano queste ragioni ed anche questa esperienza ad avere spinto la NATO, l'Europa e l'America a decidere che, di fronte alla tragedia del Kosovo, bisognava agire; bisognava innanzitutto agire per bloccare una drammatica crisi umanitaria; bisognava agire per vincere la protervia di chi si oppone al negoziato e alla pace. L'azione militare va mantenuta rigorosamente entro questi parametri. L'azione della NATO, la nostra politica non sono volti contro la popolazione jugoslava o serba, non sono volti contro la Repubblica federale jugoslava o la Serbia, non sono volti a rovesciare il Governo di Slobodan Milosevic, che pure certamente non credo piaccia all'opinione pubblica democratica del nostro paese e dell'Europa.
La nostra azione é volta a bloccare l'offensiva, a limitare il potenziale militare distruttivo di un esercito che si rivolge contro la popolazione albanese del Kosovo; é volta a spingere il Governo di Belgrado ad accettare il negoziato e la pace.
Naturalmente, la forza puó fermare la forza ma non puó costruire la pace e l'azione militare non é sostitutiva, nè in quanto metodo, nè in condizioni di assoluta eccezionalità, dell'azione diplomatica.
Senza un accordo politico tra le parti e garantito dalla presenza internazionale sul terreno, difficilmente potrà esservi una pacificazione di quella regione.
Anche per questo, il tavolo negoziale deve rimanere aperto, anche in un momento cosí drammatico. E questo atteggiamento é la garanzia migliore perchè l'iniziativa militare di oggi rappresenti un passaggio grave ma necessario di un processo politico, un processo che dovrà ripartire dai princípi affermati a Rambouillet: l'autonomia del Kosovo nel quadro della integrità della Federazione jugoslava, il pieno ristabilimento dei diritti umani e civili, l'eliminazione di ogni minaccia alla pace e alla stabilità della regione.
A questa strategia riferiremo ogni successivo sviluppo dell'iniziativa della NATO, a partire dalla sua concentrazione su obiettivi di rilevanza militare, anche al fine di limitare al massimo il rischio, da noi avvertito con la massima angoscia, di un coinvolgimento della popolazione civile.
Siamo perfettamente consapevoli della necessità di commisurare mezzi e fini e intendiamo valutare, sotto questo profilo, l'efficacia dei risultati dell'azione militare in corso. Ció significa che, evitando qualsiasi automatismo, intendiamo mantenere il controllo politico delle varie fasi di tale azione.
Anche in rapporto a questa finalità, abbiamo sviluppato nel Consiglio europeo un impegno comune per garantire una gestione equilibrata delle conseguenze internazionali della crisi in atto. In particolare, siamo convinti che la Russia debba rappresentare un fattore imprescindibile per le prospettive di pace, sicurezza e stabilità dell'Europa, di oggi e del futuro. Sarebbe dunque molto preoccupante una crisi duratura nei rapporti fra quel paese, l'Europa e la NATO.
Al contrario, é essenziale che proprio la Russia riesca a svolgere nei Balcani, e soprattutto nei confronti di Belgrado, un ruolo costruttivo, cosí da facilitare la ripresa piú rapida delle trattative.

SERVELLO . É un po' tardi. Potevate farlo prima!

D'ALEMA , presidente del Consiglio dei ministri . Non é tardi, perchè noi abbiamo agito in questo senso.
Io voglio ricordare che, prima delle decisioni di carattere militare il ministro degli esteri del nostro paese, il presidente Dini, si é recato a Mosca e abbiamo agito perchè dal Governo russo fosse esercitata una pressione su Belgrado; l'ho fatto io stesso, prima ancora, incontrando il primo ministro Primakov.
Bisogna dire, purtroppo, che neppure l'opinione di Mosca é riuscita a smuovere l'intransigenza del presidente Milosevic.
La presa di posizione del presidente Eltsin, pure animata da un duro spirito critico verso l'iniziativa della NATO, ci appare tesa a non interrompere gli sforzi verso una composizione politica e rappresenta quindi un segnale positivo, cosí come é incoraggiante che il Ministro degli esteri russo abbia inteso farsi promotore di una possibile riunione del Gruppo di contatto. Sono espressioni della volontà della Russia, anche in queste giornate drammatiche, di non volere interrompere un rapporto diretto con l'Europa e con l'Occidente.
Dunque, un'assunzione di responsabilità che apprezziamo e che, per parte nostra, incoraggeremo, nella convinzione che ció possa contribuire ad una riapertura del dialogo, ad un allentamento della tensione.
Il nostro obiettivo é che si possa sfruttare la prima interruzione delle operazioni militari, prevista all'indomani del completamento della cosiddetta "fase 1", per proporre una ripresa dell'iniziativa politica del gruppo di contatto al piú alto livello possibile, finalizzata a rilanciare le possibilità di attuazione del piano di pace.
In questo senso ho affermato nella giornata di ieri che vedo avvicinarsi il momento in cui sarà necessario tornare all'iniziativa politica. É un concetto che ribadisco anche in questa sede. Esso non ha nulla a che vedere con l'idea di uno strappo alle nostre responsabilità o con il venire meno di un atteggiamento di solidarietà verso i nostri alleati.
Noi ci siamo assunti tutte le responsabilità che dovevamo assumere, pur essendo un paese esposto in modo particolare alle conseguenze di questa crisi. Lo abbiamo fatto con la massima lealtà, perchè ritenevamo tale scelta giusta sul piano di principio e anche perchè sappiamo che al di fuori delle alleanze internazionali, di cui l'Italia fa parte, il nostro paese conterebbe di meno e sarebbe meno sicuro. Ma proprio la responsabilità assunta ci dà il diritto di sollecitare i nostri alleati ad un confronto in grado di condurre le azioni militari in corso verso una ripresa del dialogo. Ció corrisponde alle necessità del nostro paese, alle attese di una larga maggioranza dell'opinione pubblica.
Da parte nostra intendiamo promuovere tali sforzi con chiarezza e senza alcuna furbizia. Riteniamo giusto agire cosí, perchè siamo convinti che una leale adesione all'Alleanza atlantica di cui facciamo parte non implica la rinuncia al nostro punto di vista, ad una nostra iniziativa su questioni delicate, nè ad una discussione alla pari con i nostri alleati.
Non concepiamo, dunque, un tempo delle armi separato dal tempo della politica. Consideriamo invece decisivo che da subito venga realizzato ogni sforzo per riaprire, nelle condizioni mutate, il tavolo della trattativa. É questo del resto l'impegno a cui ci siamo dedicati nel corso di queste ore.
Sono evidenti le difficoltà del momento, ma non é intenzione del Governo rinviare il tentativo di una ripresa del confronto, a partire dalla possibilità di convocare in tempi rapidi una nuova riunione del gruppo di contatto.
C'é un contributo che l'Italia puó dare a questo obiettivo fondamentale, che deriva dalla nostra collocazione al centro del Mediterraneo, dal ruolo politico e dal rispetto verso il nostro paese, dalla conoscenza profonda delle forze, delle culture, delle diverse identità che si misurano in questo conflitto. Anche per questo credo che il Governo italiano abbia fatto bene a non interrompere le relazioni diplomatiche con Belgrado e a mantenere in quella città il nostro ambasciatore, pur in un momento cosí drammatico.
Per avviare questo processo naturalmente occorre che il Governo di Belgrado interrompa ogni attività militare nei confronti delle popolazioni del Kosovo e torni a considerare la necessità della firma degli accordi di Rambouillet sotto la garanzia del vertice del gruppo di contatto. Allo stesso tempo invitiamo i rappresentanti albanesi del Kosovo a non discostarsi dalla scelta già maturata di sottoscrivere gli accordi precedentemente raggiunti.
Lo spazio della politica, dunque, non é chiuso; anzi, bisogna compiere ogni sforzo per allargare lo stretto sentiero del confronto e della diplomazia. Questo é l'imperativo che ispirerà l'iniziativa del Governo.
Nello stesso tempo, continueremo a lavorare, come abbiamo fatto in sede NATO e nel corso del Consiglio europeo a Berlino, affinchè sia varato nell'area un piano umanitario su larga scala, in grado di garantire rifugio e sicurezza ai profughi nei paesi confinanti, in primo luogo la Macedonia e l'Albania. É questa la prima condizione per consentire a quelle popolazioni, nel caso di nuovi auspicabili accordi, un rientro rapido nelle loro case. Ció ovviamente non esclude la possibilità che un'ondata di profughi si diriga verso le coste del nostro paese. A ció bisogna essere preparati e a tale scopo il Ministero dell'interno ha predisposto un piano urgente di accoglienza ed un rafforzamento del controllo della costa adriatica al fine di prevenire ogni possibile incidente; al fine di evitare cioé che queste povere persone, spinte dalla disperazione ad attraversare il mare per dirigersi verso l'Italia con mezzi di fortuna, siano esposte a rischi per la loro vita.
La riunione del Consiglio dei ministri di stamattina ha dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per fronteggiare un'eventuale eccezionale afflusso di nuovi profughi.
Voglio infine confermare dinanzi al Parlamento che il contributo specifico delle Forze armate italiane (a cui credo debba andare il nostro ringraziamento per il senso del dovere e lo spirito di alta professionalità con cui stanno contribuendo a questa fase delicata della vita del paese e dell'attività dell'Alleanza atlantica) é limitato alle attività di difesa integrata del territorio nazionale, come peraltro previsto dalla deliberazione assunta dal Governo italiano a fine settembre dell'anno scorso e successivamente confermata in merito all'adesione italiana al cosiddetto Act order , a suo tempo deliberato dalla NATO.
Signor Presidente, signori senatori, ho ricordato all'inizio il senso di preoccupazione e di angoscia che provano milioni di nostri concittadini in queste ore. La temporanea chiusura per esclusivi scopi operativi degli aeroporti civili di Brindisi, Bari e Trieste, cosí come il coinvolgimento nelle azioni in corso di basi militari situate sul nostro territorio determinano inevitabilmente un comprensibile stato di tensione. Siamo consapevoli dell'impatto anche emotivo di questi eventi sull'opinione pubblica ed in particolare sulle popolazioni della costa adriatica, piú vicina ad un conflitto che si consuma a poche centinaia di chilometri da loro. A quelle popolazioni desidero rivolgermi nuovamente, in questa sede, confermando che non vi é pericolo alcuno per la sicurezza nazionale, per i centri abitati, per i cittadini del nostro paese.
A questa sensibilità si aggiunge la preoccupazione che quanto sta avvenendo possa condurre ad un progressivo aggravamento della crisi e che l'uso delle armi possa in definitiva prendere il posto stabilmente della politica e del negoziato.
Sul punto specifico, credo di avere risposto nel merito. Pure non intendo rimuovere il dubbio morale che la stessa autorevole voce del Papa ha levato in proposito. Gli eventi di questi giorni impongono in primo luogo ai Governi, ma anche a ciascuno di noi, un'assunzione di responsabilità. L'uso della forza per disarmare un aggressore é legittimo quando non esistano nell'immediato altre vie di difesa e di reazione. Il punto é certamente nel fissare le regole e modalità rigorose nell'applicazione di quel principio. Nessuno, qui e fuori da qui, puó ritenere di declinarlo a seconda delle convenienze. Ed un principio é tale se vale sempre, ma é tale se la politica trova la forza per farlo rispettare.
La vicenda del Kosovo, da questo punto di vista, é un altro monito all'Europa, che siamo impegnati a costruire: indica la necessità urgente di attrezzare le istituzioni ed il Governo dell'Unione sul terreno di una politica estera comune; sollecita la necessità di una strategia di prevenzione e di iniziativa verso aree regionali piú esposte ai pericoli di crisi; ripropone il tema di un modello comune di sicurezza e di difesa. Ci restituisce, insomma, la questione di fondo: se l'Europa sia in grado di giocare il ruolo di attore internazionale, capace di svolgere il proprio ruolo autonomo dentro i nuovi equilibri mondiali del secolo che si sta concludendo.
Abbiamo fatto molti passi in questa direzione, ma altri rimangono da compiere. In particolare, é decisivo che verso i Balcani l'Unione europea concepisca come soluzione stabile alle crisi che si sono succedute nel corso di questi anni un piano complessivo di ricostruzione e sviluppo a lungo termine, favorendo in tal modo l'evoluzione democratica di quell'area, il suo progressivo inserimento in Europa.
E questo discorso é volto anche a Belgrado, cui non offriamo soltanto un trattato di pace e la garanzia dell'integrità territoriale, ma anche un'iniziativa per rimuovere le sanzioni e per poter tornare ad essere pienamente una nazione protagonista del futuro dell'Europa. I Balcani, anche per le implicazioni simboliche che quest'area ha, sono per l'Europa una sfida decisiva, una sfida sul cammino della costruzione di una grande Europa politica solida, forte, responsabile, unita. Non basta la moneta, servono istituzioni, classi dirigenti consapevoli, strategie e programmi.
Su questa strada l'Europa si é mossa; l'Italia ha una grande responsabilità e, vorrei dire, una grande e crescente responsabilità. Usciamo da un lungo e complesso vertice europeo nel quale, oltre a discutere della crisi del Kosovo, abbiamo designato il nuovo Presidente della Commissione europea ed abbiamo raggiunto un accordo sul bilancio della Comunità, che varrà per i prossimi sette anni.
Si tratta di risultati molto importanti e lasciatemi dire che l'Italia per la prima volta dopo molto tempo esce da un incontro di questo tipo come uno dei paesi protagonisti, non solo per la nomina di Romano Prodi a presidente designato dalla Commissione europea, ma anche per il ruolo che abbiamo svolto nella ricerca di un accordo e, se mi consentite, anche per aver tutelato - come risulterà quando lunedí la Commissione elaborerà i dati - gli interessi del nostro paese e avere ottenuto un sia pure parziale riequilibro finanziario, che era giusto, che abbiamo chiesto e che abbiamo ottenuto.
Chiudo questa parentesi: non é questa la sede nè il giorno per parlare di soldi. Tuttavia, anche questo episodio dimostra che il nostro paese puó, nella Unione europea e nella NATO, far valere il suo punto di vista nelle alleanze di cui facciamo parte. Fuori da queste alleanze, fuori da una piena assunzione di responsabilità, anche dolorosa, quando necessaria, l'Italia conterebbe inevitabilmente di meno. E la scelta, per chi come noi ama la pace, é se vogliamo essere fra i protagonisti della vicenda politica internazionale a lavorare per la pace o se pensiamo che ci si possa mettere l'anima in pace e trarsi in disparte.
Non credo che questa possa essere la scelta di un grande paese come l'Italia: conosciamo i nostri limiti ma sappiamo anche che, nel momento stesso in cui ci assumiamo le nostre responsabilità, conquistiamo il diritto e la forza per far valere la nostra parola e la nostra iniziativa di pace. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Partito Popolare Italiano, Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa, Unione Democratica per la Repubblica (UDR), Verdi-L'Ulivo, Misto e dalle componenti I Democratici-L'Ulivo e Socialisti Democratici Italiani del Gruppo Misto).

PRESIDENTE . Ha facoltà di parlare il senatore Gasperini per illustrare la mozione n. 376 e l'ordine del giorno n. 3.
La Conferenza dei Capigruppo, per ovvie ragioni, ha provveduto a determinare una programmazione dei tempi, pertanto avverto il senatore Gasperini che il tempo a sua disposizione é di otto minuti.

GASPERINI . Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il Gruppo Lega Nord-Per la Padania indipendente disapprova il comportamento tenuto dal Governo nel corso della drammatica crisi balcanica che é culminata nella recente decisione dell'Alleanza atlantica di procedere, per la prima volta nella sua storia, ad una aggressione militare contro un paese membro delle Nazioni unite.
Per effetto di tale decisione, annunciata al mondo intero dal Segretario generale della NATO, da piú di due giorni l'Italia si trova coinvolta in una guerra aperta contro la Federazione iugoslava. (Brusío in Aula. Molti senatori si apprestano ad uscire dall'Aula) . Signor Presidente, mi consente di recuperare il tempo in cui i colleghi escono dall'Aula?

PRESIDENTE . Sí, senatore Gasperini, attendiamo un momento.
Senatore D'Urso, devo consentire al collega Gasperini di parlare.
Senatore Gasperini, la prego di continuare.

GASPERINI . Grazie, signor Presidente.
Non si vede infatti come altro definire la campagna di raid aerei e missilistici che si sta sviluppando, a partire da basi in massima parte situate in Italia, contro i sistemi di comando e di controllo, i radar e le unità militari di un altro Stato sovrano.
In circostanze simili, nel 1991 un Governo presieduto da un suo predecessore ritenne di subordinare l'inizio della partecipazione italiana alle operazioni per la liberazione del Kuwait alla preventiva acquisizione del consenso del Parlamento. Fu un dibattito difficile, che impedí peró ai "tornado" italiani di prendere parte alle sortite della prima ora, ma che permise ai militari della Repubblica di giovarsi della legittimazione di un voto parlamentare e del sostegno del paese. (Brusío in Aula. Richiami del Presidente) . Anche nel 1997, alla vigilia dell'invio della forza multinazionale di protezione in Albania, di cui pure l'Italia esprimeva il comando, si preferí rischiare il voto del Parlamento.
Signor Presidente, cosa le ha impedito di restare nel solco della prassi costituzionale affermatasi negli ultimi anni? Il timore forse di dover confessare al Parlamento e al paese i limiti della sovranità nazionale italiana? O la preoccupazione di dover negoziare con gli inquieti partner che la sostengono a Palazzo Chigi una posizione e una strategia per questa grave crisi scoppiata nei Balcani?
Certo, si possono invocare gli obblighi che derivano all'Italia dall'appartenenza all'Alleanza atlantica; ma a quali obblighi veramente ci impone di far fronte la NATO? Nessun articolo del Trattato di Washington (Brusío in Aula. Richiami del Presidente) prevede degli automatismi per l'ipotesi di impiego dell'Alleanza in chiave offensiva e persino in funzione delle esigenze difensive il Patto, all'articolo 5, lascia importanti margini alle autonome valutazioni nazionali.
C'erano, quindi, sia lo spazio che il tempo per parlarne e sarebbe stato meglio approfittarne piuttosto che rabberciare a tempo scaduto una tardiva richiesta di ritorno al tavolo dei negoziati che (le parole sono del "Times" di oggi): "ha provocato costernazione al vertice europeo di Berlino" e - aggiungiamo noi - ha rinverdito una fama di inaffidabilità di cui l'Italia non aveva certo bisogno.
Si poteva discutere e anche deliberare una posizione peculiare italiana sulla falsa riga di quanto hanno fatto altri paesi membri dell'Alleanza atlantica, come la Grecia, che ha evidentemente una coscienza diversa... (Diffuso brusío in Aula).

PRESIDENTE . Senatori, sta parlando un vostro collega.

GASPERINI . ...di come vanno difesi e tutelati i propri interessi e valori nazionali. Tanto piú che non é affatto vero che l'Italia sia una fortezza invulnerabile a qualunque genere di offesa che possa venire da oltre Adriatico.
Le argomentazioni non sarebbero comunque mancate. Si sarebbe forse anche discusso di ció che questa guerra puó significare per il futuro della sicurezza europea. Adesso siamo fuori tempo massimo; questa aggressione atlantica alla Jugoslavia sta umiliando la Russia, la sta mettendo di fronte alla dimostrazione della propria impotenza, le sta prospettando la realtà incombente e minacciosa di una NATO sul punto di trasformarsi in un vero e proprio gendarme del mondo, capace di sempre piú spregiudicate iniziative militari unilaterali. Sta generando sentimenti e rancori che si sedimenteranno nella coscienza dei dirigenti e del popolo russo, compromettendo il successo del processo di disarmo in atto dalla metà degli anni '80.
Nel 1990 ci era stato promesso che l'Occidente non avrebbe ripetuto l'errore di Versailles; lo ha fatto, invece, in questa settimana e nessuno sa come si potrà porvi rimedio. Certo, si vogliono salvare gli albane si kosovari, ma siamo sicuri che i bombardamenti basteranno? É un'illusione che ogni tanto si riaffaccia; é comodo, in fondo, pensare che a risolvere le controversie internazionali basti un certo numero di velivoli e di piloti, ma la realtà della guerra é spesso piú complicata. Cosa accadrà, infatti, se Milosevic deciderà di resistere ad oltranza? Fino a quando si continuerà a bombardare? Indefinitamente, signor Presidente, senza limiti? Raderemo al suolo quello Stato? Eppure, ad un certo punto si chiederà ai soldati dell'Alleanza di entrare in territorio jugoslavo, rischiando di impelagare i nostri giovani in una sorta di Vietnam europeo. L'impressione é che la NATO sia caduta in una vera e propria trappola.
É per questo, signor Presidente, che la Lega Nord chiede al Governo di rimeditare la propria posizione, negando alle forze dell'Alleanza il contributo diretto e indiretto dell'Italia alla prosecuzione delle operazioni ed esprimendo la propria solidarietà alle popolazioni coinvolte di etnia serba e kosovara: le vere vittime di questo tragico esercizio di potenza, che tanto somiglia a quello che negli stessi Balcani provocó all'inizio del secolo lo scoppio della prima guerra mondiale.
Ma questo Governo ha contribuito altresí a distruggere i princípi del diritto internazionale, il cui fondamentale paradigma é il rispetto delle sovranità nazionali.
Signor Presidente, allegato a questo mio scritto e alla nostra mozione vi é un ordine del giorno su cui prego di riflettere. Si tratta di un ordine del giorno accessorio alla nostra mozione che noi sottoponiamo al Governo affinchè predisponga adeguati campi di accoglienza in Albania, in Macedonia e nel Montenegro, senza aspettare che un'ondata di profughi disperati, dopo aver sfidato l'Adriatico in chissà quali condizioni, giunga sulle nostre coste.
Ed é su queste linee direttive di pensiero e su questa filosofia che noi rassegniamo a quest'Aula la mozione che ho l'onore di presentare. La ringrazio, signor Presidente. (Applausi dal Gruppo Lega Nord-Per la Padania indipendente).

PRESIDENTE . Ha facoltà di parlare il senatore Gawronski per illustrare la mozione n. 377.

GAWRONSKI . Signor Presidente, poco piú di 24 ore fa da questo stesso scranno riconoscevo che il Governo dell'onorevole D'Alema aveva assunto in queste drammatiche circostanze una posizione chiara, decisa, netta ed insperata a favore dell'Alleanza atlantica e quindi a favore dell'intervento armato. Aggiungevo solo che, come nel caso Ocalan, aveva preso questa posizione giusta nel momento sbagliato, cioé troppo tardi.
Ora, mi rendo conto che il mio riconoscimento é arrivato troppo presto, perchè poche ore dopo a Berlino prendeva avvio quell'infelice episodio che ancora una volta ha messo in forse la credibilità e l'affidabilità del Governo italiano, troppo condizionato dai problemi interni e dalla paura di una crisi di Governo per poter esprimere una politica estera coerente e convincente.
Si sta avvicinando il momento in cui restituire la parola alla politica: questo lei ha detto, onorevole D'Alema. Forse nelle sue intenzioni doveva essere un auspicio, forse piú probabilmente - perchè lei calibra molto bene le sue parole - qualcosa a metà tra un auspicio e la constatazione di un fatto per far contenti sia la NATO che i Comunisti che fanno parte della sua maggioranza.
Lei ci ha detto poco fa che questo non é stato uno strappo alle nostre responsabilità, ma cosí é stato interpretato dagli altri, ed é quello che conta. Siamo di nuovo apparsi di fronte ai nostri alleati inopportuni e intempestivi, come coloro che sanno fare le cose solo a metà, e lei ha dovuto subire i rimbrotti di questi nostri alleati, che hanno detto: l'onorevole D'Alema non é ben informato, lo aggiorneremo.
Lei invece era bene informato, onorevole D'Alema, ma doveva far contenta quella parte della sua maggioranza contraria alla NATO. Tuttavia é difficile riuscire ad apparire allo stesso tempo dentro e fuori la guerra.
Di nuovo oggi in quest'Aula, ma soprattutto nella replica che ha svolto alla Camera dei deputati, lei ha fatto un discorso nobile, condivisibile, direi coraggioso, un discorso sotto il quale mi sarei sentito di apporre la mia firma. Peró, poi la maggioranza ci presenta una mozione in cui chiede di sospendere i bombardamenti: ma in cambio di che cosa? Fino ad oggi cosa abbiamo fatto? Abbiamo solo scherzato? Poco fa lei sembrava esprimere soddisfazione, perchè il Consiglio di sicurezza dell'ONU aveva respinto una proposta russa di sospensione dei bombardamenti. E poi nella sua mozione chiede proprio questa sospensione. Come si fa ad essere a favore dell'iniziativa militare, perchè, come lei ha cosí bene spiegato, é un male necessario, e poi chiederne la sospensione senza ottenere nulla in cambio?
Allora qual é il vero D'Alema? Quello che vuole piacere alla NATO, o quello che ha bisogno del sostegno dei Comunisti per far sopravvivere il suo Governo? Qual é la posizione dell'Italia? Quella del Presidente del Consiglio quale risulta dalla sue dichiarazioni in Parlamento, quella del Presidente del Consiglio quale sarà vincolato dalla mozione della maggioranza, quella della Sinistra di questa maggioranza che di fatto si dissocia dal Governo, o quella, infine, del Presidente della Repubblica, il quale, anzichè rassicurare gli italiani e rappresentarne l'unità, si concede a esternazioni che sembrano di dissociazioni dalle decisioni della NATO e dunque dell'Italia?
Lo abbiamo sempre detto: questa é un'operazione rischiosa, di cui non si conoscono gli sbocchi. Lo scenario ottimistico prevede che dopo alcuni giorni di bombardamenti Milosevic dovrebbe cedere piuttosto che rischiare di perdere del tutto il Kosovo e subire danni incalcolabili alle sue infrastrutture militari. Ma se non dovesse cedere non c'é dubbio che l'unità, la compattezza della NATO comincerebbe a soffrirne, a scricchiolare. Ma ieri lei, onorevole D'Alema, e oggi di nuovo con la sua mozione, ha dato il primo segnale in questa direzione.
Noi ci rendiamo conto che anche la sua posizione é difficile. Lei sente, come noi sentiamo, che la maggioranza del nostro paese é contro la guerra. Noi speriamo, come lei spera, che arrivi al piú presto il tempo della trattativa e del negoziato, ma non dobbiamo lasciarci tentare da soluzioni ambigue, soluzioni a metà, che non potrebbero durare. Dobbiamo esigere che l'esercito serbo si ritiri dal Kosovo per permettere a quelle popolazioni martoriate un certo grado di autonomia. Sarebbe un grave errore dichiarare vittoria ed interrompere i bombardamenti, come lei chiede, sperando nel meglio senza ottenere nulla. Ed é per questo che la nostra mozione insiste perchè il Governo sostenga l'iniziativa della NATO, anche se proviamo tutta l'angoscia, la sofferenza che emana da questa decisione.
Ma, allo stesso tempo, ed é il secondo punto della nostra mozione, pur comprendendo le sue difficoltà, non possiamo non ribadire che la politica estera é la massima, la piú visibile espressione dell'attività di un Governo. E se lei non é in grado di raccogliere attorno alla sua politica estera la maggioranza che normalmente la sostiene, credo che lei debba trarne le conseguenze, evitando a noi e ai nostri alleati lo spettacolo di un Governo incapace di esprimere una politica estera coerente e comprensibile. (Applausi dai Gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE . Ha facoltà di parlare il senatore Meluzzi per illustrare la mozione n. 379.
Senatore, secondo i tempi distribuiti all'interno del suo Gruppo, lei avrebbe un minuto.

MELUZZI . Benissimo, Presidente. Con questa mozione, signor Presidente, colleghi, apprezziamo con soddisfazione le sue dichiarazioni in quest'Aula, come peraltro alla Camera dei deputati, in particolare in ordine al mantenimento degli impegni assunti dall'Italia in seno alla NATO, approvando inoltre la volontà di assicurare l'azione politico-diplomatica tesa al superamento della crisi nel Kosovo.
Cogliamo un'evidente precisazione di toni, di accenti e di prospettive rispetto alla mozione della maggioranza parlamentare che la sostiene. Ne prendiamo atto, certi che vada nella direzione di un paese serio e normale, termine a lei caro, contro il vizio che critici pervicaci della nostra storia nazionale ci attribuiscono, quello dell'"Italietta" adusa ad uscire dai momenti bellici e di crisi sempre con alleati e riferimenti diversi da quelli con cui vi era entrata. Non sarebbe all'altezza del ruolo di questo paese, grande forse suo malgrado, e di questo Governo e delle sue responsabilità nazionali ed europee.
Annuncio perció, anche grazie a lei, il nostro voto favorevole alla mozione della maggioranza. (Applausi dal Gruppo Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa).

PRESIDENTE . Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
É iscritto a parlare il senatore Milio, che nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno n. 2.
Le ricordo che ha tre minuti a disposizione.

MILIO . Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli senatori, il problema, credo, non é essere a favore o contro l'intervento militare, a favore o contro le bombe, ma di essere a favore o contro un dittatore sanguinario e feroce come Slobodan Milosevic, il macellaio nazi-comunista di Belgrado che, in questi anni, ha dapprima cancellato le speranze di libertà e di democrazia del popolo serbo, e quindi ha bagnato di sangue l'intero territorio dell'ex-Jugoslavia, dalla Slovenia alla Croazia, dalla Bosnia al Kosovo, scegliendo scientificamente la "politica" dell'aggressione sistematica, del massacro delle popolazioni civili, dello stupro etnico e delle fosse comuni. Questo é ció di cui stiamo parlando ed occorre averlo chiaro.
Dov'erano e cosa facevano - mi chiedo - i professionisti del pacifismo a tutti i costi? Tanto i costi é sempre qualcun altro a pagarli. Dov'erano e cosa facevano quelli che oggi tornano a sgranare il loro triste rosario antioccidentale ed antiamericano; dove erano e cosa facevano quelli che oggi denunciano la brutalità e la violenza dell'intervento armato? Dov'erano quando, già negli anni 80, Pannella ed i radicali provavano a scongiurare l'esplosione della polveriera balcanica; quando nel 1991 Pannella e Olivier Dupuis, segretario del Partito radicale, trascorrevano ore e giorni drammatici - loro, non violenti, in divisa - nelle trincee croate di Osijek, sotto il fuoco dell'artiglieria serba; quando, in Bosnia, la Commissaria europea Emma Bonino denunciava la "sparizione" di decine di migliaia di uomini, di donne, di bambini che non erano "spariti", ma erano finiti nelle fosse comuni di Milosevic; quando, negli ultimi mesi, il Partito radicale ha raccolto centinaia di migliaia di firme di cittadini di tutto il mondo per trascinare il boia di Belgrado dinanzi al tribunale dell'Aya, e chiamarlo a rispondere di genocidio e di crimini contro l'umanità? Sappiamo dov'erano, sappiamo cosa facevano. Andavano a sdraiarsi sui divani di Milosevic, assicurandogli credibilità e "sponde" internazionali. Credevano alle sue promesse, di cui sono piene le fosse comuni dell'ex-Jugoslavia.
Si pensi, solo per fare un esempio, ai "mitici" accordi di Dayton. Punto qualificante di quegli accordi doveva essere il rientro dei profughi nelle loro terre: bene, sono passati anni da quegli accordi e solo il 15-20 per cento dei profughi ha potuto raggiungere le proprie case o quel che ne resta. Ancora, ponevano sistematicamente sullo stesso piano aggressori e aggrediti, come ha incredibilmente continuato a fare fino a qualche mese fa (ne sono testimonianza le interviste rilasciate a metà dicembre, prima a "Newsweek" e poi a "La Stampa") lo stesso presidente del Consiglio D'Alema che oggi sembra aver fortunatamente mutato opinione in proposito. Peggio, facevano affari con lui. Nemmeno due anni fa, nel giugno del 97, in pieno Governo Prodi, la STET - l'attuale Telecom - acquisiva il 29 per cento della Telekom serba, consegnando al regime assassino di Milosevic circa 900 miliardi di lire.
Se questa é la situazione, oggi noi non possiamo che essere ancora una volta in questo secolo riconoscenti e grati al mondo anglosassone, ed in particolare agli Stati Uniti d'America che si sono assunti la responsabilità e i costi di un'operazione volta a mettere un criminale in condizioni di non nuocere oltre. I segnali che il Governo ha lanciato in queste ore fanno temere una conferma della storica inaffidabilità del nostro paese in politica estera e l'incapacità di questo Governo e di questa maggioranza di tenere la stessa posizione per piú di due giorni consecutivi.
Per questo chiedo al Senato di impegnare il Governo a non fare alcuna marcia indietro sull'intervento militare della NATO, a fare un deciso passo in avanti per sostenere la richiesta di incriminazione del dittatore serbo Slobodan Milosevic.

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Russo Spena, il quale nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno n. 1. Ne ha facoltà.
Le rammento che ha a disposizione quattro minuti.

RUSSO SPENA . Signor Presidente, al di là dell'emotività di questi giorni vorrei svolgere un breve e razionale ragionamento. Al di là, infatti, delle tradizionali ragioni del nostro pacifismo, cioé che la pace non si prepara con la guerra, che le cause umanitarie non si sostengono con le bombe, noi di Rifondazione comunista siamo contrari a questa guerra per ragioni di fondo. Questa é una guerra diversa, nel cuore dell'Europa, ben piú grave di quella del Golfo. Viene sovvertito ogni principio di legalità dell'ordinamento internazionale e, se condotta ipocritamente con motivazioni umanitarie, in realtà ha finalità ciniche e sarà pagata amaramente dall'Italia e dall'Europa.
Innanzitutto - ed é un punto da discutere a fondo - questa guerra mina ogni principio di legalità dell'ordinamento internazionale. É dal tempo della guerra hitleriana che non accadeva che vi fosse un intervento armato non per difendere un paese alleato da una aggressione ma per dirimere un conflitto interno ad un altro paese.
In secondo luogo, ritengo che un punto da rilevare sia che, al di là delle chiacchiere che tutti fanno sulla necessità di forti istituzioni del governo mondiale, questa guerra é la prima ufficiale della NATO; credo sia il banco di prova per sostituire le stesse Nazioni Unite con la NATO quale struttura regolatrice del nuovo governo mondiale.
Le finalità umanitarie per salvare le vite albanesi, per salvare una popolazione da un genocidio, sono state il motore di molti sforzi che, peró, non sono stati affiancati dai paesi e dai Governi che oggi parlano di spedizioni umanitarie e di guerra per ragioni umanitarie. Ricordo come é stata lasciata isolata l'opera di leader moderati kosovari come Rugova, penso alla mancanza di rapporti di cooperazione; ricordo come lo stesso armamento dell'UCK da parte degli Stati Uniti in qualche modo ha reso la situazione esplosiva.
Oggi questi stessi bombardamenti espongono queste popolazioni, cui io mi sento particolarmente vicino - e non da ora perchè sono molti anni che lavoriamo con esse - alla rappresaglia di Milosevic, al quale, appunto, non va affatto la nostra simpatia ed il nostro gradimento.
A me pare, quindi, che le vere finalità della guerra siano altre, e per la brevità di questo intervento non posso interamente articolarle. Da un lato, c'é il fine di affermare in modo assoluto e definitivo un potere di controllo diretto su una zona nevralgica del mondo, i Balcani e l'Est europeo; dall'altro lato, c'é l'intenzione degli Stati Uniti di fiaccare in maniera definitiva il ruolo dell'Europa, vista come potenziale concorrente e, quindi, da mantenere in un ruolo subalterno. É stato giustamente scritto oggi da un fine commentatore che il ruolo che viene assegnato, anche attraverso questa guerra, all'Europa da parte degli Stati Uniti é quello di un gigante economico ma di un nano politico, come é avvenuto con il Giappone in Asia.
Questa guerra avrà purtroppo conseguenze immediate e di lungo periodo; lo dico anche con grande emozione. Immediate, perchè alimenterà un conflitto locale che si estenderà, e se non sarà circoscritto darà maggiore forza a tutti i nazionalismi; globale, perchè temo abbiamo posto una pietra tombale sulla possibilità di una riforma immediata della Nazioni Unite come nuovo governo del mondo, tanto piú necessario in una fase di globalizzazione pericolosa come questa.
Mi sembra che il Governo di Centro-Sinistra italiano si stia assumendo una responsabilità grave di fronte agli stessi nuovi equilibri mondiali che in questa fase transitoria si vanno a delineare.

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Marini, per due miniti e mezzo. Ne ha facoltà.

MARINI . Signor Presidente, il Presidente del Consiglio ha reso bene il dramma di un'area a noi vicina. Questo tentativo di annientamento di una etnia, quale quella albanese del Kosovo, succede ad un altro tentativo compiuto nei confronti dei musulmani della Bosnia e non poteva essere tollerato. Nè ci sembra - ed in questo conveniamo con l'intervento del Presidente del Consiglio - che ci fossero altre alternative.
Immaginare una soluzione negoziale ci sembra una pura finzione al punto in cui era giunta la situazione; come é una finzione ripetere - come fanno alcuni colleghi - che i serbi avrebbero potuto accettare una forza d'interposizione costituita da qualche paese amico, oltre che dai paesi della NATO.
Si sa che questa ipotesi era stata prospettata a Rambouillet e che non fu accettata. Purtroppo, al punto in cui siamo giunti, non rimaneva che, o chiudere gli occhi dinanzi al dramma del Kosovo, oppure intervenire; e bene ha fatto l'Europa ad intervenire.
Per questo motivo noi ci ritroviamo pienamente nelle posizioni espresse dal Presidente del Consiglio. Avremmo gradito o riteniamo sarebbe stato piú utile votare un ordine del giorno finale che approvasse le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, perchè la linea illustrata ci sembra la migliore per il nostro paese. Ma di questo parleremo in sede di dichiarazione di voto, avendo qualche minuto di piú. (Applausi dalla componente Socialisti Democratici Italiani del Gruppo Misto e dal Gruppo Democratici di Sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE . É iscritta a parlare la senatrice Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.

MAZZUCA POGGIOLINI . Signor Presidente del Consiglio, nell'apprezzare la sua chiara e puntuale relazione vorrei ricordare che in quest'Aula coloro che oggi esprimono obiezioni di fronte all'intervento militare sono gli stessi che hanno spesso lanciato accuse contro l'imbelle neutralità dell'Europa, dell'Italia, di fronte ai massacri, agli stupri, alla pulizia etnica che si consumano a poche centinaia di chilometri da noi.
Certo, sarebbe stato meglio se l'ONU avesse dato il suo benestare prima dell'intervento militare, ma noi tutti sappiamo che alcuni paesi del Consiglio di sicurezza avrebbero sempre posto il veto contro l'intervento nei confronti della Serbia.
Oggi il voto positivo implica non certo l'adesione ad una guerra per risolvere controversie internazionali, ma implica il sostegno ad un'azione militare volta a difendere qualcosa di sacro, sacro almeno quanto il suolo nazionale, e cioé la vita di donne, di bambini, di inermi cittadini violentemente aggrediti e trucidati al di là dell'Adriatico. Trovo quindi non dignitoso e politicamente scorretto tentare di offuscare la credibilità dell'Italia, ricostruita in questi ultimi anni con tanta fatica, da parte di chi pone in discussione, seppur piú o meno larvatamente, la nostra appartenenza alla NATO. Il buon senso, prima che il ragionamento politico, ci porta a concludere che nessun'altra posizione diversa da quella assunta dal Governo poteva essere compatibile con la dignità nazionale e con la salvaguardia di quei princípi umanitari che sono cosí radicati in noi e nelle popolazioni che rappresentiamo.
Certo, anch'io mi dolgo della scarsa influenza avuta dall'Europa in questa vicenda; un'Europa ancora in costruzione, ancora limitata quanto a capacità di influenza politica; un'Europa che ci auguriamo possa essere piú efficace nel porre fine alle barbarie. Anche per tale motivo mi conforta che la presidenza della Commissione europea sia stata affidata a Romano Prodi.
Voteró la mozione di maggioranza, ma non senza avere ancora una volta sottolineato le nefandezze compiute dal regime di Milosevic e non senza affermare che non é vero che gli "Hitler" siano stati per sempre estirpati dalla faccia della terra: é questo il vero possibile "Hitler". La voteró dunque, anche se risulta evidente il lavoro di mediazione svolto per stilarla e quindi una sua qualche debolezza politica che personalmente avrei desiderato fosse evitata.
L'Italia, alle soglie del 2000, non puó, non deve piú riproporre antiche e storiche ambiguità, pur nella libertà di ognuno di esprimere sacrosante preoccupazioni e civile rifiuto di fronte alle bombe che esplodono.
Di fronte ai fallimenti diplomatici noi oggi dobbiamo essere senza esitazioni con gli alleati contro i nuovi oppressori, a tutela di diritti umani, affinchè si giunga alla ripresa e alla conclusione di trattative con chi fino a oggi vi si é pervicacemente sottratto. (Applausi dal Gruppo Democratici di Sinistra-L'Ulivo e dalla componente I Democratici-L'Ulivo del Gruppo Misto).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Marino, il quale nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno n. 4. Ne ha facoltà.

MARINO . Signor Presidente, a nome del partito dei Comunisti italiani sono già intervenuto nel dibattito svolto nelle sedute precedenti.
Di fronte all'aggravarsi della situazione i senatori del partito dei Comunisti italiani hanno presentato un proprio ordine del giorno che mette in luce il dramma, la tragedia venutasi a determinare in seguito agli attacchi aerei di questi ultimi giorni da parte delle forze NATO contro la Jugoslavia. Ancora una volta, colgo l'occasione per esprimere il cordoglio piú sincero per le vittime di questo intervento armato della NATO, che noi riteniamo assurdo, inutile, dannoso ed illegittimo.
Il nostro ordine del giorno vuole ribadire la necessità di rilanciare il ruolo dell'ONU e dell'Europa. É indispensabile che l'Europa giochi il suo ruolo per fermare questi massacri. La NATO, per sua natura e per il ruolo che le é conferito, non ha legittimazione per operazioni di questo genere. Bombardamenti e lanci di missili sulla Jugoslavia costituiscono azione di guerra che la nostra Costituzione non ammette come mezzo per risolvere le controversie internazionali. Ed occorre considerare tutti i rischi che questa situazione determina: l'innesto di una spirale di violenze e l'allargamento del conflitto. L'ulteriore estensione del conflitto armato potrebbe determinare rischi seri anche per le popolazioni civili del nostro paese.
Per questi motivi abbiamo presentato un ordine del giorno con il quale si impegna il Governo ad intraprendere tutte le iniziative, in tutte le direzioni, rivolte a ripristinare le condizioni che consentano di garantire la pace attraverso una risoluzione politica e diplomatica della questione, a chiedere l'immediata cessazione dei bombardamenti e a non consentire l'impiego di mezzi e di forze militari italiane in azioni di guerra. Questo, infatti, significherebbe di per sè un atto di guerra e lo stesso Presidente del Consiglio ha citato la decisione del Consiglio dei Ministri del settembre 1998, con la quale si é deciso l'uso delle forze militari italiane al solo scopo e per la sola funzione difensiva. Andare oltre questo significherebbe un atto di guerra in contrasto con l'articolo 11 della nostra Costituzione e ció richiederebbe un voto esplicito del Parlamento italiano, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. (Applausi del senatore Bertoni. Commenti del senatore Salvi).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Tarolli. Ne ha facoltà.

TAROLLI . Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il Centro Cristiano Democratico ha sottoscritto la mozione a sostegno dell'iniziativa intrapresa dalla NATO con il triplice scopo di favorire il ripristino dell'autonomia della regione albanese del Kosovo, porre un argine alla catastrofe umanitaria in atto ed infine ripristinare il rispetto dei diritti umani.
Abbiamo sottoscritto tale mozione in primo luogo per motivi umanitari, dicevo, per bloccare l'azione di pulizia etnica, per arrestare la fuga dei kosovari dalle loro abitazioni, per arrestare l'ondata dei profughi (che il vice presidente Mattarella ieri, in quest'Aula, quantificava in 300.000 persone e che oggi il Presidente del Consiglio aumentava ad ol tre 400.000 unità), per impedire quindi i massacri, tanto piú che ormai si contano piú di 2.000 morti.
In una terra plurietnica e plurilingue non vanno fatti vincere i diritti e le prerogative dei piú forti, ma la sua storia ed il diritto, non tanto le aspirazioni egemoniche nè, tanto meno, le sopraffazioni di chi non vuole sentire ragione, di chi si attesta su rivendicazioni nazionaliste o di intransigente primazia, quanto invece la paziente ricerca delle ragioni della convivenza e della tolleranza, cosí da permettere che culture e tradizioni diverse trovino ragioni e condizioni per poter convivere pacificamente.
La nostra condivisione della proposta di attribuire al Kosovo lo status di regione autonoma nasce da questa convinzione, che in queste regioni, con le quali l'Italia ha avuto rapporti di vicinanza e di collaborazione - giustamente il Presidente del Consiglio lo rammentava poc'anzi - non ci sono alternative alla convivenza ed alla tolleranza.
Sosteniamo quindi l'iniziativa della NATO perchè mira al rispetto dei diritti umani, al rispetto della dignità delle persone e delle famiglie, siano esse di razza, di lingua e di religioni diverse, perchè si ponga fine alla tragedia di un popolo martoriato e si riparta dalla proposta emersa a Rambouillet che era incardinata fondamentalmente su due punti, vale a dire il riconoscimento dell'autonomia del Kosovo nel quadro dell'integrità territoriale della Repubblica iugoslava, senza previsione di referendum sull'indipendenza come richiesto dai kosovari, e l'impegno di prevedere meccanismi di difesa della minoranza del Kosovo.
Non nascondiamo peró che sosterremo l'iniziativa NATO anche per evitare che, tra qualche settimana, decine di migliaia di kosovari si rovescino sulle nostre coste e spiagge, provocando le difficoltà e le proteste che l'esperienza albanese ci ha già fornito.
Votando in questo senso quindi siamo convinti di adempiere ad un atto di solidarietà vera e di responsabilità chiara e leale anche verso i nostri alleati. Questi devono sapere che l'Italia é un partner leale e affidabile, che non intendiamo venir meno ai nostri impegni ed ai doveri derivanti dall'essere membri dell'Alleanza atlantica. Non saranno quindi certo le sirene del massimalismo internazionalista o quelle del pacifismo antiamericano, presenti e condizionanti la sua maggioranza, onorevole Presidente del Consiglio (come abbiamo potuto ascoltare anche nell'intervento del senatore Marino), a farci sottrarre alle nostre responsabilità e al ribadire la nostra fedeltà all'Alleanza. É certo che questo non ci esime, peraltro, dal sollecitare il Governo e gli alleati a fare in modo che, dal monito delle armi, si riescano ad individuare le ragioni e le proposte che facciano vincere il dialogo e il negoziato.
Non diciamo sí a cuor leggero all'azione di guerra, non diciamo sí perchè ci allineiamo dalla parte del piú forte, nè tanto meno perchè vogliamo che si affermi l'egemonia dell'Occidente: diciamo sí perchè lo riteniamo uno strumento necessario, anche se doloroso e carico di controindicazioni.
La questione che stiamo esaminando ci porta necessariamente a riflettere sul ruolo e sulle funzioni dell'ONU da una parte e della NATO dall'altra. Siamo chiamati a riflettere sul ruolo dell'ONU perchè lo si vede svuotato progressivamente delle sue prerogative, essendo nato per mantenere la pace tra gli Stati e non all'interno degli Stati ed é stato sostituito invece da una sorta di direttorio anglo-americano. Siamo chiamati a riflettere sul ruolo della NATO perchè con l'iniziativa dell'intervento armato in Jugoslavia viene travolto il suo carattere di alleanza militare di natura esclusivamente difensiva.
É chiaro che il problema c'é, che occorre ridefinire le funzione ed i ruoli di questi due importantissimi organismi, il cui apporto é vitale e imprescindibile, che occorre tener conto delle mutate condizioni politiche e della situazione geostrategica completamente diversa rispetto a quella esistente al momento della loro nascita. Basti pensare, ad esempio, per la NATO, al suo allargamento ad Est verso i paesi del centro Europa, che pone problemi e strategie diversi rispetto a quelli inizialmente previsti.
Non voglio attestarmi su discussioni accademiche, che oggi non sono all'ordine del giorno. Davanti a noi c'é la tragedia di un popolo mortificato e martoriato rispetto al quale il principio innovativo della cosiddetta ingerenza umanitaria é da noi ampiamente condiviso e giustificato.
Questo principio é già stato attuato in Ruanda, in Somalia e nella stessa Bosnia, anche se in questo caso con la copertura delle Nazioni Unite. É un principio che trova fondamento nella necessità di salvaguardare i diritti umani: il rispetto e la tutela dei diritti umani avevano trovato accettazione convinta già nella Conferenza di Helsinki agli inizi degli anni 70, anche se all'interno del principio del rispetto delle minoranze. Non si prevedevano allora nè interventi armati, nè che le frontiere fossero toccate. Di certo si convenne già da allora che i diritti umani erano un bene ed un principio da tutelare. Su questo terreno siamo pesantemente in ritardo, nè il suo Governo ha dato prova, signor Presidente del Consiglio, di dare un colpo di accelerazione su questo obiettivo.
Signor Presidente del Consiglio, noi abbiamo un dubbio non infondato, anzi io personalmente rimango dell'avviso, che se lei, se i suoi Ministri piú autorevoli, se il segretario del suo partito aveste fatto tanti viaggi nei paesi dell'Unione per sostenere le ragioni di una politica comune europea nei confronti della questione kosovara, per dare uno sbocco europeo alla diplomazia per risolvere le questioni di questa zona dell'Europa, se aveste effettuato tanti viaggi all'estero quanti ne avete fatti per liberarvi di Prodi promuovendo la sua candidatura a Presidente della Commissione europea, oggi forse non saremmo in queste condizioni.
Il ruolo dell'Europa é stato defilato. Lei nella sua introduzione ha parlato di Europa genericamente intesa. Certo é che a Rambouillet c'erano i Ministri per i singoli Stati, non c'era l'Unione europea nella sua autorevole presenza concertata. Noi dobbiamo quindi chiedere all'Unione europea di mettere nella sua agenda il compito di dotarsi in tempi stretti di una politica estera unica, almeno per quanto riguarda le questioni che investono il vecchio continente, se non vogliamo che altri allarghino i solchi delle ragioni che possono dividerci, anzichè quelle che possono unirci.
Signor Presidente, abbiamo peró ragione di ritenere che il suo Governo non abbia una maggioranza coesa e convinta a sostenere l'azione promossa dalla NATO, e la definizione del senatore Marino di missione "inutile e dannosa" lo sta a dimostrare. É evidente che la cultura del comunismo massimalista, pacifista ed internazionalista del partito di Cossutta fa a pugni con le posizioni apertamente filoamericane del senatore Cossiga e dei suoi uomini. Il suo Governo, nato con queste contraddizioni, oggi ne paga lo scotto e l'altalenante comportamento di questi ultimi due giorni ne é la riprova.
Noi voteremo quindi a sostegno dell'iniziativa intrapresa dalla NATO, per senso di responsabilità e per lealtà, verso il nostro paese prima che verso i nostri alleati, perchè riteniamo giusto dare attuazione al principio dell'ingerenza umanitaria al fine di arrestare l'esodo e la pulizia etnica.
Lei questo non lo potrà dire, signor Presidente; lei dovrà arrampicarsi sui vetri, come ha fatto, per tenere assieme i vari partiti che la sostengono e questo non darà nè respiro nè autorevolezza alla sua azione e neppure a quella della sua maggioranza. (Applausi dai Gruppi Centro Cristiano Democratico, Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Di Benedetto. Ne ha facoltà.

DI BENEDETTO . Signor Presidente del Consiglio, desidero darle atto, anche a nome del Gruppo dell'UDR, della precisione della sua esposizione, nonchè della chiarezza della posizione assunta dal Governo in questi giorni cosí difficili e colmi di impegni internazionali.
Voglio in questa sede esprimere il mio dolore e il mio cordoglio per tutte le vittime di questa tragica vicenda. Dobbiamo ricordare che vi sono stati morti e feriti, sia tra la popolazione civile del Kosovo, duramente colpita negli ultimi mesi, sia tra il popolo serbo, colpito nel conflitto di questi ultimi giorni. Io credo che la triste sorte toccata a costoro sia dipesa dalla improvvida politica di Milosevic.
Di fronte ad una situazione di violenza, di ostinata sordità a qualunque richiamo, cosa avremmo dovuto fare? Come avrebbero dovuto comportarsi il nostro Governo, la Comunità europea, i diversi organismi internazionali? Sono convinto che la risposta di queste ore sia stata l'unica possibile, e sia ben chiaro che essa non puó essere considerata come brutale azione di guerra; essa é un'azione tragica, dolorosa, ma necessaria, giunta dopo che ogni altra via era stata preclusa dall'ostinazione del Governo serbo. L'intervento militare é stato quindi un passaggio obbligato per far cessare i massacri sin qui impunemente compiuti e al tempo stesso per condurre Milosevic a rivedere le proprie posizioni e a ricreare le condizioni per riprendere il dialogo che pareva avviato positivamente a Rambouillet e che poi é miseramente fallito per responsabilità dello stesso Milosevic.
D'altro canto, il passo grave che é stato adottato non poteva essere piú rinviato, poichè secondo una concezione consolidata la pace non si difende piú solo se aggrediti, ma anche intervenendo laddove siano effettuate gravissime violazioni dei criteri di umanità e legalità che, come ci insegna la storia, sono sempre state propedeutiche all'interruzione della pace.
L'intervento militare é stato criticato da molti, ma vorrei chiedere a tutti coloro che si oppongono a questa iniziativa se restare inerti da parte dei paesi europei e della NATO avrebbe trovato oggi giustificazione e se a posteriori le future generazioni avrebbero compreso perchè, mentre davanti ai nostri occhi si compivano massacri, i Governi democratici sceglievano di non vedere.
Ora peró dobbiamo porci il problema di come proseguire, affinchè si ponga fine allo stato di guerra e al tempo stesso si riporti la pace vera nel Kosovo e nell'intera regione balcanica.
Ritengo importante il concetto di riaffermare da ora il valore della politica, del dialogo e della diplomazia. Ció non deve essere inteso come superficiale atto di buona volontà, nè tanto meno una marcia indietro nei confronti degli impegni assunti. Si tratta invece di una posizione complessa e difficile, ma che l'Italia ha il diritto e il dovere di perseguire, proprio perchè sino ad oggi ha dato ampia prova di lealtà e responsabilità internazionale, pur essendo tra i paesi a piú diretto contatto con i luoghi di guerra e quindi vivendo in modo particolarmente intenso la drammatica situazione di queste ore.
Forti di ció e in virtú del fatto di essere tra quei paesi che comunque hanno ancora aperti i canali diplomatici con il Governo serbo, noi dobbiamo poter indicare il ritorno al dialogo, cercando di convincere i nostri alleati dell'opportunità, dopo questa prima fase dell'operazione, di sospendere i bombardamenti e di avviare da subito i negoziati con i serbi.
Altrettanto importanti sono i riferimenti che lei, signor Presidente del Consiglio, ha con chiarezza fatto: sia l'esigenza di intraprendere ogni necessaria azione di aiuto nei confronti dei profughi, sia la necessità di riportare tra le parti protagoniste del dialogo per la pacificazione una componente importante come la Russia.
Non sfugge a nessuno la serietà del tema che abbiamo dovuto affrontare e vivere in queste ore. Naturalmente esso stesso ha suscitato legittime posizioni contrastanti; ció che peró sicuramente dobbiamo scongiurare a partire dal voto al quale siamo chiamati é evitare che polemiche di parte, tutte interne alla politica quotidiana dell'Italia, possano trovare erroneamente sfogo oggi in quest'Aula. Noi abbiamo il dovere di rispettare quelle posizioni che in coscienza ciascuno ritiene legittime e giuste, ma soprattutto, da esponenti politici, da cittadini europei e da rappresentati dell'Italia, abbiamo il compito di pronunciarci a sostegno del difficile ma - lo ripeto per l'ultima volta - doveroso cammino intrapreso dall'Italia in questi giorni.
Signor Presidente del Consiglio, il Gruppo dell'Unione Democratica per la Repubblica ha apprezzato tutti gli sforzi che il suo Governo ha posto in campo in questi momenti cosí difficili, ed é per questo che lei potrà contare sulla nostra convinta, leale ma vigile adesione al suo operato.
Per queste ragioni chiedo al Senato di esprimere un voto positivo alla mozione 1-00378 che, come primo firmatario, reca la firma del senatore Salvi e che anche il nostro Capogruppo ha sottoscritto. Grazie, signor Presidente. (Applausi dai Gruppi Unione Democratica per la Repubblica (UDR), Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa e Democratici di Sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Cossiga. Ne ha facoltà.

COSSIGA . Signor Presidente del Senato, onorevole Presidente del Consiglio dei ministri, signori senatori, prendo la parola, e a voi conoscendomi parrà strano, con una certa trepidazione, forse angoscia, ma anche con serenità e fermezza. Con trepidazione ed angoscia sia perchè sono consapevole che ogni parola, anche la piú modesta come la mia, che verrà pronunziata in questo dibattito, avrà un significato, specie quando riportata all'estero, nella storia di questo nostro sfortunato paese e inciderà nella sua ormai chiaramente precaria immagine internazionale; sia anche perchè ció che diró potrà sembrare ingiusto o essere anche, in modo particolare da lei, amico D'Alema, frainteso.
Io certo ho una piccola e modesta storia politica e personale, alla quale peró intendo essere fedele, alla quale sempre ho cercato di essere fedele e ancor piú sento di doverlo essere al tramonto della mia vita politica, e non solo politica. Una storia intessuta, certo, di errori ma mai di viltà, di sbagli, ma anche - permettetemi - di fede in valori spesso dolorosissimamente testimoniati. E credo di poterlo fare perchè molti anni fa io mi assunsi la responsabilità, per la lungimiranza di Giovanni Spadolini, di Bettino Craxi, di Zaccagnini e per la posizione tollerante e democratica del capo dell'opposizione, Enrico Berlinguer, di schierare l'Italia a fianco alla Germania nel riarmo nucleare che fermó l'aggressione e la minaccia dell'imperialismo sovietico. Parlo peró con serenità perchè parlo solo a nome di me stesso. Io qui non rappresento nessuno se non la storia di quelle migliaia di cittadini che in passato mi hanno votato; non sono a capo di nessun partito e del mio dire non rispondo a nessun altro che a voi, onorevoli colleghi e alla mia coscienza.
Prendo la parola per dichiarare che voteró con violenza politica e con sdegno e timore morale contro la mozione di maggioranza. Lei sa, amico Massimo D'Alema, quanto io la stimi per la sua intelligenza e per la sua coscienza morale. Lei sa come nella formazione del Governo da lei presieduto io abbia visto la conclusione di una vicenda civile, umana e politica triste del nostro paese, la sua divisione dovuta alla divisione del mondo in due blocchi, e l'assolvimento di un impegno da me preso con un grande leader del mio partito, la Democrazia Cristiana, e del paese ed un contributo ad un dignitoso ingresso dell'Italia nell'Europa politica.
Nella formazione di questo Governo io non ho certo impegnato dei voti, il cui apparente possesso si é visto poi quanto fosse precario, ma ho impegnato il mio nome e la mia piccola storia personale. E l'ho fatto anche - mi creda - per la fiducia che ho nelle sue doti politiche e morali; forse per altro io non mi sarei speso.
Il mio voto violento contro la mozione della maggioranza non é, quindi, un voto contro di lei, e per il momento non é neanche un voto contro il suo Governo. É il voto contro una maggioranza su cui vedo aleggiare, non insipienza politica, nè antica, spicciola furberia italica, ma la maledizione che sembra ancora gravare sul nostro paese, la maledizione di quell'8 settembre dove la viltà di un sovrano, l'ignavia di governanti, il tradimento di generali contagió di viltà gran parte del popolo e fece scambiare desiderio legittimo di pace con vigliaccheria e prudenza con viltà. Quell'8 settembre nel quale perdemmo onore e dignità, senso dello Stato e senso della nazione, credendo che coraggio, fierezza e dignità potessero mercanteggiarsi con furberia. (Commenti del senatore Bertoni). E a riscattare quelle giornate penose e vergognose non sono serviti purtroppo, a quanto vedo, nè i fucilati di Cefalonia, nè gli assassinati dei campi di concentramento, nè l'eroismo dei partigiani e dei militari della Resistenza e della guerra di liberazione, nè, sull'opposta sponda, il generoso, anche se errato, sacrifizio di coloro che per malinteso senso dell'onore fecero una scelta che si riveló funesta, di quelli che, con umano e delicato senso di comprensione, Luciano Violante ha con grande coraggio culturale e politico chiamato "i ragazzi della Repubblica sociale".
Siamo alle solite: stringiamo le alleanze sperando di non dover essere chiamati ad onorarle, proclamiamo fedeltà ritenendo che esse siano compatibili con atteggiamenti contraddittori ad essi, proclamiamo virtú sottintendendo che esse si possono cambiare rapidamente in vizi. Comprendo, ammiro e apprezzo i colleghi di Rifondazione Comunista: fuori l'Italia dalla NATO e fuori la NATO dall'Italia. Per non avere il coraggio di questa dignitosa posizione rischiamo di apparire infedeli e di svilire il nostro ruolo di alleati a quello di affittacamere, e mi auguro non ad ore. Diamo le basi perchè ragazzi americani, francesi, tedeschi, belgi, olandesi vadano ad impedire che continui il genocidio dei kosovari, esponendo la loro vita. Noi invitiamo i nostri giovani a rimanere nelle basi, a preparare i pasti o a spazzare le camere. E lo chiamiamo pacifismo e prudenza.

GERMANÁ . Bravo!

COSSIGA . Voto con violenza morale perchè su tutto questo aleggia un falso pacifismo - succube di un prepotente tirannello serbo insensibile al massacro di bambini, di vecchi e di donne del Kosovo - di gente che per la prima volta impugna il rosario non perchè creda nella pace di Dio, ma perchè ha paura di imbracciare il fucile per difendere il fratello.

PALOMBO . Bravo!

COSSIGA . Una vergogna. Ma io continuo ad aver fiducia in lei, onorevole Presidente del Consiglio dei Ministri, e per questo voteró la mozione che approva le sue dichiarazioni. Dio non voglia che noi tutti, tra qualche giorno o qualche ora, siamo chiamati al di fuori di ogni ipocrisia ad assolvere a gravosi compiti militari che ci sono stati assegnati. Non so quanti di quelli che oggi la votano saranno con lei. Io invece ci saró. Buona fortuna, onorevole Presidente del Consiglio (Applausi dai Gruppi Misto, Forza Italia e Alleanza Nazionale e del senatore Meluzzi).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Jacchia . Ne ha facoltà.

JACCHIA . Signor Presidente, io invece voteró la mozione della maggioranza, e non vi sorprenda, colleghi! Io faccio parte dei "cossighiani" del Gruppo Rinnovamento Italiano-Popolari per l'Europa mentre il Presidente Cossiga fa parte del Gruppo Misto... quindi é del tutto naturale che vi siano differenze di opinione.
Il comportamento del Presidente del Consiglio nel difficile problema che ha affrontato é degno di elogio. Rilevo un punto chiave: il Presidente D'Alema ha detto: "Non vi erano alternative una settimana fa quando Holbrooke ha dovuto interrompere i negoziati". Chi allora ha deciso? Il Consiglio della NATO. Vi immaginate, colleghi, cosa sarebbe successo se l'Italia, con un Governo che non é certo di destra, anzi é fortemente connotato a sinistra, avesse dato parere contrario? Sarebbe stato l'unico dei sedici paesi ad essere contro una decisione unanime della NATO; un punto fondamentale: non sta a noi fermare i bombardamenti, non ci é concesso, come chiedono Bertinotti ed alcuni suoi seguaci. La decisione del Consiglio della Nato é stata comunicata ai comandanti in campo, al SACEUR. (Il senatore Cossiga si avvicina al Presidente del Consiglio dei ministri, D'Alema, per stringergli la mano) . Mi fa piacere vedere che il mio Presidente, membro del Gruppo Misto, felicita adesso il Presidente del Consiglio.
La decisione del Consiglio della NATO é stata comunicata al generale Clark. Noi non possiamo intervenire. Costui deve obbedire agli ordini e andare avanti fino al momento in cui il Consiglio della Nato li cambia. O Clark dice: ho fatto quello che mi ha detto il Consiglio; oppure dice: non ho finito e l'azione deve continuare. Noi non possiamo fare che una cosa, colleghi, e forse anche il Presidente del Consiglio lo potrà confermare: chiedere la convocazione del Consiglio della NATO e che il Consiglio fermi i bombardamenti. Bene, dovremmo avere una decisione unanime del Consiglio. Non ce lo sognamo nemmeno.
Concludo, rilevando che é veramente una mala suerte che il Presidente del Consiglio, dopo avere ottenuto una grande vittoria con la nomina di Prodi e le modifiche del bilancio a favore dell'Italia, sia adesso preso alla gola da questa nuova fatica. Gli faccio i migliori auguri.

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Boco. Ne ha facoltà.

BOCO . Signor Presidente, ringrazio il Presidente del Consiglio per le sue dichiarazioni.
In questi momenti il dolore ed il dubbio sono forti, le certezze sono poche e fragili. La certezza é che per troppi anni abbiamo fatto finta di non vedere, abbiamo voluto non sentire le urla disperate che venivano dal Kosovo. Il dolore é ricordarle mentre il rombo degli aerei si alza, la certezza é ricordare a noi stessi ció che avremmo potuto fare per evitarle, il dubbio é: quale sarà il futuro per quelle popolazioni, per quell'area geografica, per l'Europa?
Sotto le bombe forse rimarranno colpite le postazioni militari serbe, ma forse - dico forse - rimarranno colpite anche le speranze di pace per i Balcani.
Signor Presidente del Consiglio, noi Verdi crediamo convintamente in un mondo dove l'ingerenza umanitaria si affermi sempre di piú, dove il tiranno e l'ingiustizia siano isolati e combattuti, dove le donne e gli uomini di ogni paese abbiano una speranza su cui appoggiarsi. Per ottenere questo, peró, si deve essere credibili, si devono costruire ponti di pace e non bombardarli.
Signor Presidente, in questi dibattiti di questi giorni é stata pronunciata molte volte la parola Ruanda. Chi le parla ha visto con i propri occhi cosa vuol dire il non portare l'ingerenza umanitaria.
Signor Presidente del Consiglio, le voglio ricordare, avendo avuto la sfortuna nella vita di essere lí, quel campo profughi di Mugungha dove 570.000 esseri umani per due anni hanno dormito sotto le tende dell'ACNUR delle Nazioni Unite, dove convinti obici hanno sparato e massacrato quelle popolazioni. L'unica cosa che abbiamo fatto in quei momenti é stato dire "servirebbe un aiuto". Nessuno si é presentato, signor Presidente del Consiglio. Bastava quello che costa mezz'ora d'intervento in Serbia per salvare 570.000 profughi.
Un ultimo dato su questo aspetto, signor Presidente del Consiglio. In questo momento ci sono, sí, 300.000 profughi kosovari che vagano nel Kosovo; di quelle 570.000 persone ci siamo anche dimenticati di cercarne 200.000 che non abbiamo piú trovato.
Vede, é per questo che le ricordo che l'ingerenza umanitaria ha bisogno, per essere convinta, di valutare l'efficacia di se stessa, ed é per questo che noi Verdi a questi bombardamenti, per questi bombardamenti, siamo contrari. Siamo contrari perchè dopo 72 ore di bombardamenti e dalla partenza del primo attacco, le affermazioni che si sentono sono le seguenti: "Nessuno puó essere certo del risultato positivo". Contrari perchè 72 ore dopo il primo attacco forse - dico forse - Milosevic é piú forte. Contrari perchè dopo 72 ore i profughi kosovari sono molti di piú e terribilmente piú a rischio. Ma soprattutto, signor Presidente, contrari perchè dopo 72 ore l'odio impera in quelle valli molto piú di prima.
Nessuno puó sfuggire, a questo punto, al dire cosa fare; cosa fare allora?
In quest'Aula, poco fa, lei ha detto che ogni paese puó essere protagonista per la pace. Signor Presidente del Consiglio, quello che lei ha detto ieri da Berlino é una frase importante, una frase che ha fatto molto piacere a noi e credo a tutte quelle persone che combattono per questa pace, che credono nel nostro ruolo e nel nostro paese per questo.
Nella mozione che abbiamo contribuito a presentare e che abbiamo firmato c'é questa speranza, la speranza di vedere un paese importante (un paese che ha assunto delle responsabilità, anche una responsabilità come quella dei bombardamenti, che noi non condividiamo) esercitare oggi tutta la forza possibile sulla Comunità internazionale per dire no al nazionalismo, nè serbo e nemmeno quello albanese; per dire che é venuto il tempo della pace e del dialogo; ma dobbiamo fermare questi bombardamenti.
Io, signor Presidente, so quanto é difficile operare e voglio concludere con un'altra cosa che ho sentito molto citare in questi giorni. Anche nel dibattito di oggi alla Camera é stato menzionato piú volte Alexander Langer; per noi é qualcosa di difficile anche solo da ricordare, é un pezzo di vita e di storia. I ponti si costruiscono e non si bombardano. I primi scritti di Alexander erano pubblicati in una rivista universitaria che si chiamava "Die Briicke", il ponte. Se l'Italia porterà avanti con responsabilità l'azione di dire che é venuto il tempo del dialogo, e chiediamo la fine e l'interruzione di una follia (perché noi diamo questa valutazione ad un'azione che non porta da nessuna parte), se lei, signor Presidente del Consiglio, come ha detto ieri e come nella mozione stiamo indicando, se l'Italia si assumerà questo ruolo, costruirà un ponte e non lo bombarderà e su questo troverà noi Verdi convinti, come siamo convinti di aiutare il nostro Governo con questa mozione, lungo la strada del dialogo e della pace. Le auguro per questo un buon lavoro e lo auguro a tutti noi. (Applausi dai Gruppi Verdi-l'Ulivo, Democratici di Sinistra-L'Ulivo e Partito Popolare Italiano. Congratulazioni)

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Servello. Ne ha facoltà.

SERVELLO . Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, si vive una tragedia nei Balcani, a Roma si individua un gioco politico. Difatti, gli sviluppi di questo conflitto intanto si prestano ad una duplice analisi: quella che riguarda la guerra in atto e gli scenari che si riferiscono al comportamento del suo Governo, onorevole D'Alema.
Ancora una volta la coalizione di Centro-Sinistra, quando deve affrontare un tema di politica estera - e questa volta si tratta del piú drammatico e di quello che piú di ogni altro ci coinvolge direttamente -, frana rovinosamente: é avvenuto con Prodi, sta avvenendo con D'Alema. Il fatto, poi, che alla fine le poltrone abbiano la meglio sui princípi non modifica i termini del problema. Soprattutto non rafforza una nostra credibilità internazionale, certo in queste ore non delle migliori.
Il Governo é sottoposto all'esplicito ricatto dei comunisti dell'onorevole Cossutta che chiedono la fine dell'offensiva della NATO, l'apertura di negoziati con Belgrado e che escludono che le nostre forze armate possano direttamente essere coinvolte nel conflitto. L'onorevole D'Alema - come già Prodi, che ebbe peró l'astuzia e la fortuna di rifugiarsi nel "Palazzo di vetro" - si trova nella trappola costituita dagli obblighi che il paese ha nei confronti dell'Alleanza atlantica e la necessità di mantenere in vita l'Esecutivo fatto segno al ricatto dell'ala massimalista. Nella prima fase dell'operazione il Governo ha mostrato di adempiere agli obblighi derivanti dall'alleanza, riservandosi peró di frenare l'intervento delle nostre forze aeree, un'aliquota delle quali é già a disposizione del comando alleato, come gesto di buona volontà nei confronti dei comunisti italiani.
L'evoluzione drammatica del conflitto e l'accentuarsi della pressione sulla sua sinistra hanno indotto il presidente D'Alema a compiere un'infelice sortita che la sua esposizione alla Camera dei deputati non ha certo cancellato. A Berlino ha delineato una situazione da retroscena diplomatico, consigliando la sospensione dei bombardamenti e l'avvio di trattative. Questa, anche se in toni un po' sfumati, é la sostanza della dichiarazione del Presidente del Consiglio che, rimaneggiata al fine di conciliare le inconciliabilità della maggioranza, ritroviamo nella mozione presentata dalle forze politiche, non unanimi, che sostengono l'Esecutivo.
Che una svolta di pace, piú che augurabile, sia necessaria é fuori discussione. Non siamo nemmeno ansiosi di vedere i nostri piloti partire in missione per bombardare la Jugoslavia. Ma c'é un modo nelle cose ed anche in politica che va rispettato, pena la perdita di credito, immagine e ruolo.
Non si puó fare una sortita come quella del Presidente del Consiglio a Berlino, esponendosi alla gelida reazione dei nostri alleati, molto piú di una smentita! Non si puó assumere una posizione dettata dalla necessità tattica degli equilibrismi parlamentari e non tanto da una visione d'insieme e responsabile dell'evoluzione di questa drammatica crisi. Se davvero esistessero le condizioni tali da consentire di porre fine ai bombardamenti, saremmo ben felici di coglierle, perchè non siamo fautori di una strategia politico-militare rivolta a distruggere la Jugoslavia. Ma inventarsi queste condizioni, enfatizzando tatticamente qualche sussurro diplomatico, soltanto a fini di politica interna, non é solo un errore, ma una manifestazione di scarsa serietà politica.
E se dal quadro strettamente politico passiamo a quello piú squisitamente militare, le cose non migliorano. Il Presidente del Consiglio, con argomentazioni per la verità un pó bizantine, tende a sostenere che la nostra aviazione non é coinvolta in chiave offensiva e svolge solo un ruolo di pattugliamento del nostro spazio aereo. Piú realisticamente, devo dire, il ministro della difesa Scognamiglio sottolinea che l'impiego dei nostri aerei dipende in realtà dal comando alleato al quale sono stati assegnati e nei confronti del quale, possiamo ipotizzare, sono stati rivolti - saró malizioso - inviti ad un impiego offensivo da ultima ratio , e ció collegato al momento cosí delicato del quadro politico interno italiano.
Questo comportamento, onorevoli colleghi, non é dignitoso e rischia di riproporre un clichè del nostro paese non dei piú edificanti. Poc'anzi, il senatore Cossiga evocava alcune date infelici per il nostro paese. C'é da augurarsi, e da adoperarsi, che questa guerra, per molti versi assurda, finisca prima possibile. Ma sino a quando é in atto, l'Italia deve compiere il suo dovere di alleato e le sue forze armate devono svolgere il ruolo che viene loro assegnato nell'ambito della strategia messa in atto dal comando di Bruxelles.
Entrando nel merito delle ragioni di questa guerra e soprattutto degli scenari del dopo, proprio partendo da questo impegno di coerenza e responsabilità, possiamo avanzare dubbi, perplessità ed interrogativi sul significato e sugli obiettivi di questo conflitto.
Cerchiamo intanto di sfuggire, onorevoli colleghi, a semplificazioni che non giovano non solo alla ratio politica, ma anche alla comprensione dei fatti. Non siamo di fronte ad una lotta tra le forze del bene e quelle del male. Siamo alle prese con una crisi complessa, nella quale certamente ci sono chiare responsabilità e nefandezze, ma che va valutata fuori dalle enfasi di comodo. Milosevic ha fatto di tutto per creare questa situazione ed ha condannato il suo popolo, con il quale noi storicamente abbiamo avuto rapporti piú che amichevoli anche nei momenti piú drammatici della storia comune, a sofferenze e pene inaudite. Possiamo con ragione gratificare il Presidente jugoslavo di tutti gli insulti possibili, ma questo non cambia i termini del problema. Il suo regime autoritario, in ragione di una scontata reazione nazionalista, é in questo momento ancora saldo, cooptando anche larghi settori dell'opposizione. Stiamo quindi attenti a non compiere l'errore commesso nei confronti di Saddam Hussein che, nonostante il moltiplicarsi delle tempeste, é ancora al suo posto.
Il Presidente jugoslavo, che nella sua condotta politica ha attinto ad una tradizione di spietatezza e talvolta di barbarie, é finito nella trappola che egli stesso ha allestito. Già prima che la guerra bosniaca cessasse, era fin troppo chiaro che il secondo fronte si sarebbe aperto dentro casa, nel Kosovo. Non ha fatto nulla per evitare il peggio. Attuando una spietata repressione, ha spiazzato l'ala moderata del nazionalismo albanese, favorendo nuovi spazi e consensi all'insorgere sulla scena di una guerriglia, quella dell'UCK, che ha radicalizzato il conflitto.
É Milosevic il responsabile della incontrollabilità di questa crisi, che egli ha preteso di poter risolvere ricorrendo ai metodi di pulizia etnica di cui i serbi si sono certamente resi responsabili in queste guerre post -titine, ma non da soli. L'espulsione ed i massacri dei serbi della Krasnja, ad opera dei croati, sta a ricordarci che la frontiera delle buone ragioni non é cosí lineare ed il giudizio sui comportamenti non tanto scontato.
Ma se Milosevic é arrivato al punto da porre il suo paese nel vicolo cieco della disgregazione ed il mondo ad affrontare la piú grave crisi dalla fine del confronto Est-Ovest, ció lo si deve anche all'incapacità dei paesi occidentali di agire con tempestività e con chiarezza di obiettivi. C'é stata una latitanza dell'Europa, gravissima, che la stessa condotta delle operazioni militari enfatizza, ed una strategia degli Stati Uniti che spesso ha obbedito a logiche planetarie, piuttosto che alle esigenze storiche e geopolitiche della regione teatro della crisi.
Il diritto degli albanesi a decidere del loro destino (l'Italia, riguardando la sua storia, ha qualche responsabilità supplementare, siamo d'accordo) é irrinunciabile. Ma in quale quadro, in quale contesto e con quali prospettive? La preoccupazione della Serbia - nucleo essenziale della terza costruzione jugolsava - di salvaguardare la sua esistenza nazionale mantenendo una frontiera che racchiude il Kosovo, abitato ora a maggioranza da albanesi, é comprensibile. Si tratta allora di trovare, nell'ambito delle attuali realtà e non nell'immaginario politico, una soluzione che ragionevolmente possa essere varata. Quella elaborata a Parigi, onorevole Presidente del Consiglio, bisogna riconoscerlo, aveva piú i caratteri dell'imposizione che non della mediazione, ed é quindi da riesaminare alla luce, comunque, di quel dopo che ancora non conosciamo e che non promette, purtroppo, nulla di buono.
Onorevoli colleghi, se guardiamo, poi, al vasto scenario internazionale, esso non é dei piú rassicuranti. La reazione della Russia, la sostanziale impotenza dell'Europa, che non viene compensata dalla reattività dei suoi strumenti militari integrati nell'alleanza, l'esautoramento dell'ONU, tradizionalmente incapace di gestire crisi di questa portata, senza mezzi e risorse adeguate, sono tutti elementi che delineano una nuova realtà internazionale per questa fine di secolo. Il dopo guerra fredda impone nuovi equilibri planetari che comprensibilmente, partendo dallo scacchiere europeo, la NATO, a cinquant'anni dalla sua fondazione, é portata a garantire. Pensare di uscire da questa alleanza o di starci con una riserva ostile é fuori dalla realtà e politicamente stupido. Quello che bisogna fare é, invece, promuovere una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell'Europa - non ci stancheremo mai di dirlo - per far sí che crisi come quella in atto nei Balcani non diventino una tragedia, come purtroppo é avvenuto.
Onorevoli colleghi, in questa attesa, in linea con la mozione di Alleanza Nazionale e del Polo, di opposizione al suo Governo, onorevole D'Alema, non ci resta che formulare l'augurio che finisca il martirio del popolo albanese del Kosovo e di quello serbo tenuto in ostaggio da una storia cinicamente utilizzata dai suoi dirigenti. (Applausi dai Gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Robol. Ne ha facoltà.

ROBOL . Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, onorevoli senatori, la gravità della situazione e la dimensione della tragedia non dovrebbero consentire una vacua e verbosa retorica ed una enfatizzazione emotiva ma, al contrario, favorire una pensosa e sofferta riflessione ed una pluricomprensiva analisi.
Il "secolo breve" rischia di chiudersi con l'esplosione di una guerra nel vecchio continente. L'iniziativa diplomatica sembra oggi, ribadisco oggi, sconfitta dal potere delle armi. Inizio e fine sembrano ripetersi e congiungersi: questo secolo breve, cosí contraddittorio e cosí complesso, cosí aperto a movimenti, forze, idee di pace e di libertà e, nel contempo, cosí gravido di occasioni e mezzi di morte, di barbarie e di violenza; questo secolo breve cosí ricco di spiritualità, di cultura, di letteratura e di poesia ma anche cosí mal orientato, omologato, assiologicamente indifferente; questo secolo breve della solidarietà e dell'accoglienza ma anche di feroce isolamento, dove la ferinità sembra essere spesso la modalità relazionale principale.
Viene quindi da lontano questa tragedia annunciata. L'Europa piú avvertita, la comunità internazionale piú sensibile, da tempo si é autointerrogata dandosi risposte di impegno, di progetto e di costruzione. Sono nati organismi fondati sulla coscienza di una storia da vivere e da rivivere, di un passato da conoscere, di una testimonianza da tramandare sul senso di un percorso di valori di incommensurabile rilievo.
La storia dell'Europa é quella di una civiltà al plurale, che via via si é realizzata, seppure nei conflitti e nelle regressioni. Il succedersi delle civiltà appalesa la voglia di vivere, la domanda di pace, di libertà, di sviluppo e di solidarietà. Momenti di grande mobilitazione morale delle coscienze sono stati descritti da intellettuali, artisti e filosofi e ulteriormente inverati da profeti e maestri delle varie confessioni religiose.
Sintesi politica e morale, la piú alta e nobile in questo complesso di pensiero, é il Consiglio d'Europa, l'Assemblea di Strasburgo, che proprio nel maggio di quest'anno celebra i cinquant'anni di esistenza. I diritti umani, la pace e il rispetto delle minoranze costituiscono l'oggettivo fondamento della coscienza europea di per sè aperta, mobile e diffusa. Siamo alla vigilia di una realizzazione nobile, che solo ieri sembrava un sogno: un'Europa sempre piú ampia, fino a comprendere tutta se stessa. Giovanni Paolo II direbbe (come in effetti ha fatto): "dall'Atlantico agli Urali".
L'operazione militare di questi giorni, questa operazione di guerra, grave e tragica, rischia di compromettere questo cammino. Ecco perchè é importante riprendere il dialogo e sostenerlo fino in fondo, riattivare il gruppo di contatto di cui l'Italia é parte, ridare il giusto rilievo alla Russia che fino a ieri ha bipolarizzato il mondo e si ritiene - piaccia o meno - la grande madre e sorella di tutti i serbi; cosí come occorre sollecitare il piú intensamente possibile l'Unione europea a sostegno di un negoziato sperabilmente risolutivo.
Il dovere dell'ingerenza umanitaria in nome dei diritti umani, espressione nobilmente cogente di solidarietà verso le donne, i bambini e gli anziani, cioé verso i piú indifesi, deve sposarsi ad una intelligente valutazione degli spiragli di pace che si aprono, al fine di costruire un processo di sospensione dei bombardamenti, prima, e di successiva e progressiva pacificazione nazionale ed interetnica, poi. Ma per fare tutto questo occorre che la mediazione politica, nella sua forma piú alta, torni a battere un colpo, dia, cioé, segno di vita in tutti i sensi.
Ho trovato tutto questo nella sua relazione, signor Presidente del Consiglio, e nella mozione della maggioranza, per cui non capisco perchè su quella mozione, proprio sul passaggio relativo all'impegno dell'Italia circa la fine dei bombardamenti, ci sia una discussione secondo me estremamente oziosa. Basta leggere fino in fondo il testo di quel passaggio per capire che ci muoviamo sempre e solo insieme agli alleati. Quindi mi pare che la filosofia della mozione firmata dalla maggioranza vada nettamente in questo senso.
Termino il mio intervento, signor Presidente (visto che ho preferito fare una sorta di bilancio di natura etico-cultural-politica, piuttosto che parlare espressamente della decisione), con un articolo apparso su un quotidiano, che mi pare riassuma bene lo spirito oggi necessariamente presente, dal titolo: "Un'ora buia per l'umanità ma la pace puó ancora vincere". Il quotidiano in questione, l'"Osservatore romano", quindi un foglio estremamente e doverosamente impegnato in questo senso, riporta: "Quella presente é un'ora buia per l'umanità. Dolore e inquietudine accompagnano il ritorno della guerra in Europa, dopo che non sono stati sufficientemente efficaci gli sforzi di favorire una soluzione pacifica alla grave crisi del Kosovo. Tuttavia la vittoria della pace puó ancora affermarsi. Nell'intimo sentire di ogni retta coscienza, nella preghiera che unisce tutti i popoli del mondo, c'é la speranza che quest'ora sia contenuta e che gli scenari allarmanti di un'ulteriore estensione delle violenze non debbano verificarsi. I momenti piú drammatici sono quelli in cui piú forte puó e deve farsi la preghiera".
Oggi pomeriggio alla Camera piú di un deputato ha fatto riferimento a questa duplice coscienza, civile e politica, e religiosa. Questo é un momento estremamente drammatico da questo punto di vista.
"Se ne é fatto ancora una volta testimone il Papa ieri in Piazza San Pietro" - continua l'"Osservatore Romano" (non a caso in questi cento anni alcuni dei maggiori Pontefici si sono trovati in mezzo a conflitti reali o possibili) - "La preghiera di tutti gli uomini, l'ansia accorata di tutti i popoli chiedono che le ragioni dell'uomo e della pace prevalgano in tutti i protagonisti di questo nuovo dramma che conclude un secolo di orrori in Europa". Ecco perchè prima mi sono permesso di dire che inizio e fine sembrano coincidere, secondo il detto del filosofo.
E ancora: "Le generazioni memori della guerra e quelle piú fortunate alle quali per cinquant'anni ne sono stati risparmiati gli orrori sono unite dalla speranza che venga dissipato quest'incubo, quest'ombra sanguinosa sull'aprirsi del nuovo millennio. Basta che i responsabili abbiano il coraggio di tornare a parlarsi."
Siccome noi siamo responsabili politici, credo che dobbiamo accogliere questo invito e ritengo che nell'ambito di questa strada si muova l'azione del Governo. (Applausi dai Gruppi Partito Popolare Italiano, Unione Democratica per la Repubblica (UDR) e Democratici di Sinistra-L'Ulivo e del senatore Manis. Congratulazioni).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Loreto. Ne ha facoltà.

LORETO . Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, credo sia necessario e utile formulare alcune considerazioni preliminari prima di entrare nel merito della mozione presentata dai senatori Salvi, Elia ed altri, sottoposta all'esame dell'Assemblea del Senato.
Una prima considerazione riguarda i dati forniti dall'Agenzia delle Nazioni Unite sulla catastrofe del Kosovo; sono cifre agghiaccianti che danno la misura della tragedia di un popolo che ha subíto e continua a subire gli effetti e i colpi di un'azione che non si puó non definire di pulizia etnica: oltre 400.000 profughi, circa 2.000 morti, devastazione e distruzione di 440 villaggi, cioé del 75 per cento della regione, spaventosi massacri collettivi, come quello di Doni Prekaz nel 1998 e quello orribile di qualche giorno fa dei venti insegnanti uccisi davanti ai loro alunni.
Si tratta di azioni criminali contro popolazioni civili, accertate anche dai verificatori dell'OSCE, che hanno provocato danni e disperazioni in un popolo che cerca scampo nella fuga in massa, in un esodo che sta assumendo proporzioni sempre piú preoccupanti.
Una seconda considerazione che vorrei fare riguarda la responsabilità del fallimento dell'accordo di Rambouillet che garantiva al Kosovo regole di autonomia e alla Serbia la salvaguardia dell'integrità territoriale della Repubblica federale jugoslava. É impossibile non riconoscere che la responsabilità del fallimento del negoziato debba ricadere su Milosevic, che non ha accettato l'ipotesi della presenza sul territorio della regione di un'efficace forza multinazionale di pace, formata anche da paesi del Gruppo di contatto e quindi anche dalla Russia. É difficile non riconoscere ed apprezzare invece che il Kosovo abbia accettato un accordo che prevedeva il no alla sua indipendenza, il no al referendum per l'autodeterminazione, la previsione del disarmo e dello scioglimento dell'UCK e degli altri gruppi indipendentisti, mentre Belgrado pretendeva che nel Kosovo autonomo restasse la polizia serba, che non si dovesse creare una forza di polizia multietnica a garanzia delle diverse etnie e che nella stessa regione, grande come l'Umbria, dovessero rimanere circa 30.000 uomini dell'esercito serbo.
In questi scenari deve essere inquadrata l'azione del Governo italiano, dispiegatasi prima con gli strumenti della politica e della diplomazia e poi con la condivisione della decisione dell'attacco aereo contro gli insediamenti militari della Serbia, allo scopo di bloccare la barbarie del genocidio in atto e di tutelare e garantire i diritti umani di popolazioni civili indifese.
Di quest'azione da qualche parte si vuole dare una chiave di lettura che sul piano strettamente giuridico ha qualche fondamento, e cioé che non vi é stata una esplicita risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU che autorizzasse l'intervento militare.
Di rimando non voglio ora enfatizzare il valore della risoluzione n. 1203 dell'ottobre 1998 del Consiglio di sicurezza dell'ONU quale sufficiente base legale per un intervento della NATO; cosí come non voglio enfatizzare una sensazione, o meglio, una constatazione abbastanza diffusa: che l'ONU appaia, almeno con le sue attuali regole di funzionamento, in un certo modo superata come garante dell'ordine mondiale dopo il fallimento in Bosnia, prima dell'intervento risolutivo della NATO, e a causa dell'inadeguatezza delle sue regole, che portano alla paralisi nel momento delle decisioni che richiedono l'unanimità. Nè ora voglio insistere su questi aspetti che giustificano l'intervento. Noi oggi vogliamo dire e riaffermare che l'intervento dell'Alleanza era ed é necessario, anche se doloroso, per considerazioni di natura politica e per motivazioni morali.
Una prima ragione politica poggia sulle reiterate violazioni da parte di Milosevic degli accordi sottoscritti in ottobre con il mediatore Hol brooke. Una seconda, ancora piú pesante, poggia sulla constatazione che l'instabilità di un paese si riflette inevitabilmente su quella degli altri, dando vita ad un potenziale e distruttivo effetto domino. Indiscutibili ci sembrano, inoltre, le motivazioni morali dell'intervento, perchè un'azione militare diventa giustificabile se serve ad arrestare la barbarie degli eccidi e della pulizia etnica, e ad evitare il dramma di un esodo di proporzioni agghiaccianti.
Lo stesso Kofi Annan, nel difendere le prerogative dell'ONU, l'altro ieri ha affermato che in talune circostanze l'uso della forza é l'unica soluzione possibile; e la recente decisione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che ha respinto la proposta della Federazione russa, ne é un'ulteriore conferma. Ma ora, mentre l'azione militare é in corso da due giorni, é opportuno che si cominci a lavorare perchè l'uso delle armi, che non piace a nessuno e tanto meno a noi, Democratici di Sinistra, favorisca la ripresa della trattativa.
Lo ha anticipato lei, signor Presidente, ieri parlando a Berlino: le bombe e i missili non sono nè l'unico, nè il piú idoneo strumento per la ricerca della pace e della stabilità nei Balcani. L'Italia ha un compito inedito, che si sta delineando in maniera sempre piú nitida e marcata, di garante della stabilità nei Balcani. É un compito che le viene affidato non solo per l'apporto dato in precedenti interventi, ma anche per la sua costante ed attiva presenza in iniziative di partenariato che mirano a rinsaldare vincoli e a stabilire sempre piú avanzate intese tra Stati diversi. Si pensi all'operazione "Alba" in Albania, alla costituzione della brigata multinazionale italiana, slovena ed ungherese, all'adesione al progetto di costituzione di una forza multinazionale di pace, la brigata Sebric, che avrà sede in Plovdiv, in Bulgaria, formata da Bulgaria, Albania, Macedonia, Grecia, Romania, e che vede anche la partecipazione dell'Italia, unico paese non balcanico.
Si pensi anche al segnale che la Serbia ha voluto lanciare non rompendo le relazioni diplomatiche con l'Italia, dopo averlo fatto con gli altri principali paesi dell'Alleanza. Eppure l'Italia é il paese da cui parte il maggior numero di aerei per l'offensiva militare della NATO. Continuare ad avere relazioni diplomatiche con l'Italia non puó, quindi, essere scelta casuale: é invece la chiara indicazione della scelta di un interlocutore privilegiato per la ripresa del negoziato.
Anche se non dimentichiamo che stiamo compiendo un'azione militare offensiva per realizzare un bene maggiore, e cioé il salvataggio di popolazioni civili indifese e la tutela dei diritti umani di un popolo, oggi noi chiediamo che il Governo si adoperi presso gli alleati NATO per la ripresa del negoziato e la sospensione dei bombardamenti. Oggi noi chiediamo di attenuare l'opzione militare e privilegiare quella diplomatica, non solo perchè il conflitto potrebbe durare a lungo o, peggio, dilatarsi, ma anche per motivi di principio, ai quali non vogliamo rinunciare, per una sorta di codice genetico che ci appartiene e perchè l'opzione della pace é fondamentale nelle democrazie come la nostra. (Applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa e Partito Popolare Italiano. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE . Dichiaro chiusa la discussione.
Do conto all'Assemblea che sono state presentate le seguenti mozioni: 376, del senatore Gasperini ed altri senatori; 377, del senatore La Loggia ed altri senatori; 378, del senatore Salvi ed altri senatori; 379 del senatore Meluzzi ed altri senatori. Vi sono poi gli ordini del giorno n. 1, del senatore Russo Spena; n. 2, del senatore Milio; n. 3, del senatore Gasperini; n. 4, del senatore Marino, mentre l'ordine del giorno n. 5, del senatore Manis e di altri senatori, é stato ritirato.
Su ciascuno di questi documenti il Presidente del Consiglio, che interviene in replica, farà conoscere alla Presidenza qual é l'avviso del Governo.
Ha facoltà di intervenire in replica il presidente del Consiglio dei Ministri, onorevole D'Alema.

D'ALEMA , presidente del Consiglio dei ministri. Vorrei innanzi tutto ringraziare i senatori che hanno partecipato a questo dibattito per il contributo importante che essi hanno dato di proposta, di analisi, ed assicurare che il Governo terrà conto di tutti i suggerimenti che sono venuti, allo scopo di sviluppare, nel modo piú efficace, la nostra iniziativa, innanzi tutto con l'obiettivo di dare una soluzione negoziata, politica, alla grave crisi in atto. Abbiamo vissuto in questa Aula del Senato, cosí come alla Camera dei deputati, un dibattito teso, preoccupato, come é giusto che sia, ed anche attraversato da un sentimento - parlo almeno per me, ma credo di avere avvertito questo stesso sentimento in tanti colleghi - di grande angoscia.
Certo, per noi vivere queste ore in cui l'azione politica normale, la vita pacifica nel paese si confrontano con la realtà di una guerra che ci é vicina e che ci coinvolge, rappresenta una emozione profonda per chi, come noi, respinga la violenza, avverta il valore universale della vita umana, viva con autentica partecipazione il dramma di quelle popolazioni; tutte: quelle albanesi, perseguitate da un esercito feroce - ancora in queste ore, le notizie di stragi efferate colpiscono, feriscono - le popolazioni della Serbia, della Repubblica jugoslava, del Montenegro, della Vojvodina, quelle popolazioni anch'esse coinvolte dalla guerra, sconvolte da bombardamenti che, per quanto mirati verso obiettivi militari, inevitabilmente finiscono per produrre anche vittime civili e comunque per gettare nell'angoscia popolazioni e famiglie.
Tutto questo é vissuto da noi con intensa partecipazione; questo é - se mi consentite - un modo di essere degli italiani, forse piú che di altri popoli, un senso di umanità che io non considero un difetto bensí una delle qualità del nostro paese. Ci sono, come é comprensibile, opinioni politiche diverse, ma é comune alla stragrande maggioranza, direi alla totalità delle forze politiche, dei parlamentari, la solidarietà verso le popolazioni albanesi del Kosovo; la consapevolezza che bisogna fare qualcosa; la denuncia delle responsabilità del Governo della Repubblica federativa jugoslava e del presidente Milosevic, che certo non ha nel nostro paese simpatizzanti in alcuno schieramento politico; ed infine l'idea che questo conflitto dovrà trovare una soluzione politica, e anche in chi, come me, ritiene che l'uso della forza sia inevitabile per non essere nel le condizioni di dover assistere imbelli all'esercizio di una violenza feroce e al trionfo di un regime oppressivo, tuttavia, credo, anche in chi la pensa cosí deve esservi una grandissima prudenza nell'uso del concetto di ingerenza militare per fini umanitari.
L'uso della forza é e deve pur sempre restare un fatto eccezionale, un rimedio estremo che si giustifica di fronte, davvero, al pericolo di una catastrofe, ad una minaccia per la stabilità non solo all'interno di un paese ma, come é oggi, in un'intera regione.
Vorrei anche aggiungere che per noi l'uso della forza deve avere obiettivi precisi, limitati e - questa é la nostra opinione - deve svilupparsi anche lungo un arco temporale ragionevole, ristretto. (Applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa, Verdi-L'Ulivo, Unione Democratica per la Repubblica (UDR), Partito Popolare Italiano e dalle componenti Socialisti Democratici Italiani e i Democratici-L'Ulivo del Gruppo Misto e del senatore Pinggera) . Lo affermo perchè lo abbiamo anche detto ai nostri alleati e lo diciamo, come é giusto che sia.
L'azione militare della NATO non ha come obiettivo la distruzione della Serbia. L'azione militare della NATO non ha neppure come obiettivo il rovesciamento di Milosevic e del suo Governo, per quanto quel Governo e quell'uomo politico possano giustamente non piacerci.
Non é legittimo che l'uso della forza sia volto a mutare gli equilibri politici. Il rovesciamento di Milosevic é un problema che riguarda il popolo della Federazione jugoslava e della Serbia; non riguarda la NATO, non riguarda noi.
L'uso della forza ha come obiettivo quello di indurre l'esercito e le forze di sicurezza della Serbia a desistere rispetto alla repressione delle popolazioni albanesi; ha come obiettivo quello di ridurre il potenziale militare di una forza bellica che viene scatenata contro lo stesso popolo che dovrebbe difendere, giacchè quegli albanesi del Kosovo sono cittadini di quella Repubblica federale jugoslava il cui esercito si volge contro di loro. Credo che questo sia uno dei fatti piú mostruosi nella vita di un paese che si possano conoscere.
L'uso della forza ha l'obiettivo di indurre il Governo serbo al negoziato, a tornare a quel tavolo della pace che era stato costruito con fatica intorno ad obiettivi condivisibili - l'autonomia e non l'indipendenza del Kosovo, non la disgregazione della Repubblica federale jugoslava - nel quadro di garanzie internazionali e di una forza di pace.
Devo dire davvero che la disponibilità negoziale a che questa forza non fosse soltanto della NATO; era evidente e già si era manifestata una disponibilità anche da parte della Russia, nel caso di un accordo con i serbi, a partecipare a quella forza. Dunque, una forza internazionale nella quale non fossero rappresentati solo i paesi della NATO, e vorrei anche aggiungere che l'impegno dell'Italia e la sua richiesta, che era all'attenzione del Consiglio atlantico, erano volti a che questa forza internazionale si dispiegasse non soltanto nel Kosovo ma anche in Albania, d'intesa con il Governo albanese, per presidiare i porti e garantire un'interruzione di un contrabbando di armi e di droga che non solo co stituisce un problema per il nostro paese ma che ha alimentato la guerriglia dell'UCK.
Dispiegare le forze in Kosovo e in Albania avrebbe il significato non una dell'occupazione militare di un altro paese sovrano, ma di un dispiegamento per fini di mantenimento della pace nella regione, con la corresponsabilità di tutti i governi interessati.
Questa é una via ragionevole, non era la volontà di umiliare il Governo di Belgrado. Questa era la posizione italiana ed europea ed anche gli Stati Uniti si erano detti disposti ad accettare questa visione. E sono queste le proposte che Milosevic ha respinto nel suo ultimo colloquio con il negoziatore americano Holbrooke. Se, alla fine, siamo arrivati all'uso della forza é davvero dopo avere compiuto numerosi tentativi perchè il conflitto potesse avere un'altra soluzione.
In queste giornate drammatiche l'Italia fa il suo dovere. Vorrei dire al senatore Cossiga - del quale ricambio la stima - che non mi pare generose verso le nostre Forze armate l'immagine di chi fa il suo dovere e di chi pulisce le stanze. (Applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Partito Popolare Italiano, Unione Democratica per la Repubblica (UDR), e Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa, e dalle componenti Socialisti Democratici italiani e I Democratici-L'Ulivo del Gruppo Misto e dei senatori Carella e Cortiana). Tra lanciare missili e bombe e pulire le stanze ci sono tante altre funzioni non meno rischiose, come garantire la sicurezza in volo degli aerei che sono chiamati a combattere, esercitare un controllo di ricognizione; attività che espongono agli stessi rischi, ma che non implicano l'uso della forza, il lancio delle bombe.
Le nostre Forze armate hanno dimostrato, in questi anni, la capacità di partecipare anche a missioni rischiose per il mantenimento e il ristabilimento della pace, in varie parti del mondo. Lo hanno fatto con professionalità, affrontando pericoli, in qualche caso anche lasciando dei caduti sul campo. Noi siamo nel mondo il quarto paese per numero di militari impegnati in missioni internazionali di pace, dopo gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia. Dunque, siamo un paese che, da questo punto di vista, certamente si é preso e si prende tutte le sue responsabilità (Applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Unione Democratica per la Repubblica (UDR) e Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa).
Vorrei... (Commenti del senatore Palombo)... sono dati riportati dalle tabelle dell'ONU; le ho qui, se le vuole controllare. Sono le tabelle dell'ONU, non é un'elaborazione statistica personale.
Vorrei anche aggiungere una considerazione che credo debba essere tenuta presente: é regola delle missioni internazionali multinazionali che la partecipazione agli atti di guerra, agli atti di forza, da parte di militari di paesi vicini o confinanti ai paesi interessati sia sempre considerata con estrema prudenza; per ragioni ovvie, comprensibili. Noi abbiamo un altissimo grado di esposizione in questo conflitto. In quale altro paese dell'Alleanza Atlantica si chiudono gli aeroporti? Da quale altro paese dell'Alleanza atlantica partono gli aerei? (Commenti del senatore Palombo) . Noi abbiamo un'altissima esposizione in questo conflit to; altro che l'8 settembre. Ci siamo presi tutte le nostre responsabilità di fronte ad una situazione internazionale assai delicata; lo abbiamo fatto in condizioni di sicurezza per i cittadini italiani, ma certamente credo non si debba sottovalutare la responsabilità e l'impegno dell'Italia in questo momento, non sarebbe giusto.
Ora, vorrei anche aggiungere, a chi ha pensato di poter scorgere una contraddizione tra questa assunzione di responsabilità e il nostro pronunciato impegno perchè si torni ad un'iniziativa politica e perchè si riapra lo spiraglio negoziale, che io ritengo che non vi sia alcuna contraddizione tra questi due aspetti. Noi siamo parte di una Alleanza e ci facciamo carico di tutto ció che questo comporta; ma siamo anche uno Stato sovrano, un paese che non rinuncia a dire la sua nel dialogo con gli alleati. Noi sappiamo che l'essere parte di quell'Alleanza é una condizione per l'Italia per contare. L'ho detto anche nella mia introduzione: se l'Italia vuole contribuire alla pace puó farlo all'interno della NATO e dell'Unione europea; se invece l'Italia vuole soltanto tirarsi fuori dal conflitto e mettersi in pace la coscienza, puó farlo separandosi dai suoi alleati, ma non é certo questo che il Governo vuole fare. (Commenti del senatore Reccia) . Noi siamo parte di quell'Alleanza, ci prendiamo le nostre responsabilità, anche perchè vogliamo contare in un'azione volta a ricercare e a far progredire una soluzione politica di questo conflitto.
Ribadisco ció che ho detto ieri, sono convinto, anche per il successo dell'azione militare, che si avvicini il momento in cui si potrà tornare ad un'iniziativa politica e noi lavoriamo perchè si arrivi di nuovo ad un'iniziativa politica e ad un tavolo negoziale.
Ero a Berlino insieme al Primo Ministro britannico, il quale ha voluto esprimere un'opinione non in polemica, come egli stesso ha detto. (Commenti del senatore Servello) . Egli ha affermato che non era in polemica, comunque se lei ora é diventato il portavoce del Primo Ministro britannico, questo mi fa piacere per lei, perchè si tratta di una persona molto simpatica. (Ilarità) .
Trovo sia naturale che fra paesi alleati possa esservi chi, per una propria propensione, per la propria storia, per la propria cultura, per il proprio modo di vedere le cose, mette l'accento sulle ragioni della forza e chi mette l'accento sulle ragioni del dialogo e della pace.

RECCIA . Peró va in guerra, sta facendo la guerra, signor Presidente! Non confonda gli italiani, dica le cose come stanno, faccia chiarezza, perchè noi italiani abbiamo sopportato i sacrifici e ne sopporteremo ancora per la patria!

D'ALEMA , presidente del Consiglio dei ministri. Non é scandaloso che anche in un momento come questo, nel quale ci assumiamo tutti una comune responsabilità, si possa discutere e l'Italia possa, nell'Alleanza e senza rinunciare alle proprie responsabilità, mettere un accento particolare sulla necessità di un impegno per fare in modo che si torni presto all'iniziativa di pace, alla ricerca di una soluzione politica, certo, concordandola con gli alleati. Come giustamente si osserva in un ordine del giorno che é stato presentato, l'Italia non puó decidere la sospensione dei bombardamenti. L'Italia puó discuterne con gli alleati della NATO, in un contesto politico nel quale questa prospettiva appaia possibile, perchè effettivamente si apre una prospettiva politica nuova. Ed é quello che vogliamo fare.
Ma, ripeto, non vedo alcuna contraddizione, per un paese sovrano, tra l'essere parte di un'alleanza, prendersi le proprie responsabilità, anche difficili e, nello stesso tempo, caratterizzarsi in quest'alleanza come un paese che mette l'accento e che incoraggia un'azione volta ad una soluzione pacifica. Credo che questo non corrisponda soltanto ad una propensione che é certamente del Governo e mia, ma mi permetto di dire che questo, a mio giudizio, corrisponde ad una aspettativa che é nel profondo della coscienza degli italiani, della grande maggioranza degli italiani. É qualcosa che appartiene alla nostra cultura, al modo di essere delle grandi forze politiche che animano il nostro paese, qualcosa che fa dell'Italia un paese diverso dagli altri, come é ragionevole che sia, ma - io credo - non peggiore.
Comunque, questa é l'Italia che noi rappresentiamo e governiamo. Un paese in cui c'é un profondo sentimento religioso, un paese nel quale il messaggio del Pontefice di preoccupazione e di angoscia per la guerra ha una eco grande, forse piú che in altri paesi. (Commenti del senatore Asciutti) . Un paese nel quale c'é anche una Sinistra che ha una tradizione in parte pacifista, ambientalista.
Questa é la realtà dell'Italia e il compito del Governo é quello di saper rappresentare questo paese e i suoi sentimenti nel rispetto delle alleanze internazionali, quello di portare la voce di questo paese là dove si decide, al tavolo in cui l'Alleanza, l'Unione europea, prendono le decisioni, assumendosi le responsabilità che sono necessarie per poter partecipare alle decisioni, ma anche senza rinunciare alle nostre idee, ai nostri sentimenti, al nostro modo di vedere le cose.
Ci aspettano giornate difficili, pesanti. Vorrei porre l'accento su quest'ultimo concetto: sento una responsabilità pesante, pur nella piena convinzione che non ci fosse altro da fare, ma l'essermi assunto la responsabilità, come capo del Governo italiano, di comunicare al nostro rappresentante nel Consiglio atlantico che si doveva dire di sí all'avvio delle operazioni militari - capisco che c'é chi puó vivere a cuor leggero una responsabilità di questo tipo - io la vivo come una responsabilità pesante. Credo che tutti dobbiamo vivere queste giornate come giornate difficili, nelle quali non ci siamo tirati indietro e, nello stesso tempo, peró, non abbiamo cessato e non cesseremo neanche per un minuto di lavorare perchè presto possano tacere le armi e possa esservi un tavolo di negoziato e di pace. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Partito Popolare Italiano, Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa, Unione Democratica per la Repubblica (UDR), e Verdi-L'Ulivo e dalle componenti Comunista, I Democratici-L'Ulivo, Socialisti Democrati Italiani del Gruppo misto. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE . Invito il Presidente del Consiglio a pronunziarsi anche sulle mozioni e sugli ordini del giorno presentati.

D'ALEMA , presidente del Consiglio dei ministri . Esprimo parere contrario sulla mozione 376 del senatore Gasperini: non ho nulla di personale contro i presentatori, si tratta di una valutazione politica. Parere contrario anche sulla mozione 377 di cui é primo firmatario il senatore La Loggia. Il parere é invece favorevole sulla mozione 378 del senatore Salvi ed altri, anche in questo caso non c'é nulla di personale, e sulla mozione 379 del senatore Meluzzi e di altri senatori.
Per quanto riguarda gli ordini del giorno, il parere é contrario sull'ordine del giorno n. 1 del senatore Russo Spena. Relativamente all'ordine del giorno n. 2 del senatore Milio, in particolare sul dispositivo, il Governo si rimette all'Aula.
L'ordine del giorno n. 3 ksdel senatore Gasperini contiene inviti che il Governo puó accogliere come raccomandazione: il Governo é già impegnato, per quanto riguarda il Nord dell'Albania, all'allestimento di un centro di accoglienza per i profughi. L'ordine del giorno contiene considerazioni di vario tipo, ma l'invito ad organizzare l'accoglienza dei profughi anche nei paesi piú direttamente confinanti con l'area del conflitto il Governo lo vorrebbe accogliere. Sono disposto pertanto ad accoglierlo come raccomandazione.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno n. 4 del senatore Marino, il Governo si rimette all'Aula.

PRESIDENTE . Ricordo che l'ordine del giorno n. 5 é stato ritirato.
Passiamo alla votazione.
É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Milio. Ne ha facoltà.
Le debbo ricordare i tempi strettissimi che ha a disposizione.

MILIO . Proprio per questo passo oltre agli apprezzamenti personali. Sono almeno dieci anni di stragi, di massacri, di stupri, di deportazioni, di pulizie etniche (Croazia, Bosnia, oggi Kosovo). Sono anni che Milosevic tenta di attuare il suo progetto ultranazionalista in un territorio che é una concentrazione di etnie. Eppure nulla é stato fatto per progettare una sia pur minima soluzione per i Balcani ed é deprimente constatare che l'Europa non ha ancora un piano per quelle zone, lasciando cosí campo libero a Milosevic nel perseguimento del suo piano criminale. Se l'Europa non adotterà una sola politica estera e una sola politica di difesa, rischia di vanificarsi anche la costruzione dell'unità monetaria ed economica.
Nessuno vuole la guerra, tranne Milosevic; tutti vogliamo la pace. Il problema é come la si ottiene, tenuto conto che tutte le armi del dialogo, della democrazia, delle troike e delle dichiarazioni non sono servite.
La mozione della maggioranza, che intende impegnare il Governo ad adoperarsi con gli alleati della NATO per un'iniziativa volta a ri prendere subito i negoziati e a sospendere i bombardamenti, non mi pare nè coerente, con il pur apprezzabile suo intervento, presidente D'Alema, nè utile a contribuire alla risoluzione del problema. É un non apprezzabile compromesso prevedere la ripresa dei negoziati prima della sospensione dei bombardamenti: questo significa lasciare Milosevic dominus della situazione, depotenziare la politica di difesa dei diritti umani e civili, sabotare l'obiettivo dell'azione militare in corso.
É per questi motivi che dichiaro il mio voto contrario.

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Pinggera per dichiarazione di voto per un minuto. Ne ha facoltà.

PINGGERA . Signor Presidente, ammetto che la guerra in corso mi preoccupa fortemente e spero vivamente che essa possa trovare presto termine. Peró il comportamento della maggioranza serba, che con il suo esercito e la sua polizia ha aumentato i crimini contro l'umanità con omicidi di massa, azioni di sterminio e cacciata in massa di una minoranza etnica e religiosa, non ha lasciato margine ad altra decisione della NATO.
Proprio l'inferocimento di tali crimini, non appena gli osservatori internazionali se ne erano andati, ha costretto - nel vero senso della parola - l'Alleanza atlantica ad agire senza indugio. A questo punto all'Italia non rimane altro che fare la propria parte e dimostrare coerenza e affidabilità all'interno dell'Alleanza Nord atlantica. Non si puó far finta di non vedere ció che in Kosovo viene perpetrato e solo tali crimini hanno, in definitiva, imposto la guerra. Certo, se vi é anche solo uno spiraglio che faccia sperare una disponibilità alla trattativa della parte serba, accompagnata peró dalla cessazione del genocidio, allora la strada della trattativa é da intraprendere. Non dobbiamo peró mandare segnali sbagliati che potrebbero dare adito a sospetti circa l'affidabilità del nostro paese nell'ambito NATO.
Con tali premesse, esprimeró il mio voto favorevole alla mozione di maggioranza ad alle esposizioni del Presidente del Consiglio che mi hanno convinto. (Applausi del senatore Robol) .

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore Russo Spena per dichiarazione di voto per quattro minuti. Ne ha facoltà.

* RUSSO SPENA . Signor Presidente, Rifondazione Comunista sta con le parole forti e dolenti di Pietro Ingrao: "Qui viene stracciata la Costituzione che ripudia la guerra" ed io mi ribello e mi indigno perchè la mozione di maggioranza mi pare un ipocrita bizantinismo. Esiste un solo atto concreto che possa fermare i bombardieri: dissociare l'Italia dalla guerra in corso e vietare l'uso delle basi militari collocate sul territorio nazionale. Per tutti gli incerti, per i tanti democratici che provano disagio in questo momento per i bombardamenti, é drammaticamente attuale la frase di don Milani: "L'obbedienza non é piú una virtú, ma la piú subdola delle tentazioni".
Voi, signori del Governo, ipocritamente continuate a sostenere la tesi dell'interventismo democratico; ma quale democrazia? Questa guerra sovverte alle basi ogni principio di legalità dell'ordinamento internazionale. Fu Hitler l'ultima volta ad affermare il diritto dell'intervento armato contro lo Stato sovrano senza nessuna risoluzione delle Nazioni Unite. Quale parola alla politica, presidente D'Alema? Il generale Clark, che dirige i bombardamenti, soppesando verbi ad avverbi ha detto: "Sistematicamente e progressivamente... (Diffuso brusío in Aula. Richiami del Presidente) ...attaccheremo, danneggeremo, degraderemo, devasteremo ed infine distruggeremo i serbi".
Dietro la tragedia della guerra il punto politico é chiaro: la NATO forza la situazione per diventare l'unica struttura regolatrice del nuovo Governo mondiale e il gendarme planetario. Le Nazioni Unite vengono anch'esse massacrate sotto le bombe e sotto le bombe viene anche preventivamente massacrata l'idea di un'Europa che resta un gigante economico ma un nano politico. Il nuovo Governo mondiale deve avere la NATO come unica struttura mondiale; come unica testa imperiale quella degli Stati Uniti. Le esigenze umanitarie, purtroppo, non c'entrano niente, altrimenti le potenze occidentali non avrebbero soffiato sul fuoco per disgregare, per interessi economici e di potenza, lo Stato multinazionale faticosamente costruito da Tito; altrimenti non sarebbe stato consegnato Ocalan al boia turco e l'esercito NATO della Turchia non userebbe, per massacrare 20 milioni di curdi, le stesse armi, gli stessi Comandi che dicono ora di bombardare per salvare i kosovari: due pesi e due misure.
Temo che questa guerra avrà conseguenze disastrose, signori del Governo: immediate perchè non finirà domani, anzi sarà un cancro pervasivo che purtroppo si diffonderà; il conflitto si allargherà e scatenerà ulteriori spinte nazionalistiche. Infatti, sta già abbattendo i pochi fragili ponti che restavano in piedi per ricostruire cooperazione e relazioni tra le persone e fra i popoli. Vi sarà un odio crescente, una solitudine crescente, una disperazione crescente, purtroppo. E anche di lungo periodo saranno le conseguenze, perchè questa guerra sta abbattendo perfino la speranza di un mondo multilaterale, retto da nuovi statuti di cittadinanza e di sovranità popolare, come ha bisogno un mondo globalizzato.
Io credo che, per fermare realmente questa guerra, sia necessario fermare subito i bombardamenti, a partire dal nostro atto di volontà parlamentare; bisogna riprendere subito le trattative, serve una Conferenza internazionale sul destino dell'intera area balcanica, sulla sua progressiva integrazione in un'Europa comune, democratica e multietnica.
Colleghi, la guerra é uno spartiacque morale e politico e nessuno dica in questi giorni, in queste ore, sí alla guerra solo per evitare una crisi di Governo: sarebbe un ennesimo e tragico errore che pagheremmo amaramente.

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Marini. Ne ha facoltà.

MARINI . Signor Presidente, l'altro ieri, il Vice Presidente del Consiglio e, questa sera, il Presidente del Consiglio offrono alla riflessione di questa Assemblea una linea del Governo che non puó che essere approvata ed apprezzata. Peraltro, alcuni punti da lei, signor Presidente del Consiglio, chiaramente illustrati sarà bene ribadirli.
L'Italia non puó apparire come l'anello debole dell'Alleanza o, quel che é peggio, come un socio inaffidabile; non dobbiamo indebolire l'immagine dell'Italia in Europa. Sbaglieremmo se alimentassimo un'ingiusta ed errata idea che vorrebbe far credere che gli italiani non sono alleati certi, solidi, specie oggi che ci hanno affidato la Presidenza della Commissione europea.
Nelle sedi politiche decisionali dell'Alleanza atlantica l'Italia farà senz'altro valere la propria visione e l'esigenza di non rinunciare alla soluzione negoziale; tutto questo, peró, non dovrà comportare comunque alcuna smagliatura all'interno dell'Alleanza. Dobbiamo avere sempre chiara la possibilità di imporre alla Serbia un accordo sul Kosovo; questo sarà possibile - ammesso che lo sia - solo se la NATO non dimostrerà incertezze. Milosevic potrebbe fare affidamento su vere o presunte divisioni in seno all'Alleanza. Risalgono a poche ore fa alcune notizie provenienti dalle agenzie di stampa circa la ripresa degli eccidi nel Kosovo, con episodi mostruosi di abbrutimento umano; si capisce allora perchè vi é stato l'allontanamento dei giornalisti italiani da Pristina.
L'ONU dovrebbe riprendere l'iniziativa; non dobbiamo peró nascondere o far finta di non sapere che tale organizzazione é immobilizzata dal fatto che nel Consiglio di sicurezza basta il veto di un paese perchè sia resa del tutto inutile la possibilità di intervento.
Ecco che allora mi pare che l'Italia debba continuare nel suo sforzo, in quello che é stato con chiarezza espresso nella stessa replica del Presidente del Consiglio. Probabilmente dobbiamo fare uno sforzo maggiore, uno sforzo nazionale, per quanto riguarda l'accoglienza, perchè non si puó pensare di scaricare tutto il peso sulle strutture dello Stato o delle organizzazioni cattoliche, come é avvenuto nel passato. É necessario invece fare uno sforzo che veda coinvolti lo Stato, le regioni, i comuni, le organizzazioni cattoliche e le organizzazioni del volontariato civile. (Applausi dalla componente Socialisti Democratici Italiani del Gruppo Misto e dal Gruppo Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa e del senatore Veltri).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Occhipinti. Ne ha facoltà.

OCCHIPINTI . Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghi, a nome dei Democratici dichiaro il nostro voto favorevole alla mozione presentata dalla maggioranza. Riteniamo che questa mozione sia equilibrata nei toni e nei contenuti, chiara negli intenti, determinata negli obiettivi. E gli obiettivi ultimi sono un'immediata ripresa dei negoziati e la sospensione dei bombardamenti.
In sede di discussione generale sulle comunicazioni del Governo, abbiamo espresso tutta la nostra preoccupazione per il testardo atteggiamento del Governo serbo di rifiutare ogni ragionevole soluzione pacifi ca. Abbiamo espresso, altresí, tutta la nostra preoccupazione per le dolorose conseguenze di un'azione militare che comunque rappresenta una rottura, genera distruzione, ulteriore violenza, inutili sofferenze, morte. Tutto questo ci produce una grande amarezza. Quando parlano le armi tutto si perde, con il dialogo tutto si guadagna.
La crisi ha avuto origini chiare: la persecuzione sistematica delle popolazioni del Kosovo da parte delle milizie serbe, una persecuzione perpetrata con ogni tipo di violenza e di disprezzo dei diritti fondamentali di ogni uomo, la permanente indisponibilità del Governo di Milosevic a sottoscrivere accordi ragionevoli, accordi onesti. L'azione militare é stata giustificata dal Governo con argomenti seri. É stato detto dal Presidente del Consiglio che le tragedie di intere popolazioni hanno spinto ad agire solo come rimedio estremo, come rimedio eccezionale, proprio per non essere incolpati, ancora una volta, di indifferenza, di impotenza, specialmente dopo mesi e mesi di paziente lavoro diplomatico.
Gandhi ci ha insegnato che il metodo della non violenza - scelta che personalmente apprezzo - é scelta eticamente di alto valore, ma é scelta personale e non puó essere applicata a popoli e a governi, perchè non é legittimo caricare tale responsabilità sulle spalle altrui, specialmente quando sono deboli. Piú che indulgere a forme di pacifismo parolaio e inconcludente, occorre essere, con i fatti, operatori di pace. E talvolta disarmare la mano dei violenti, con un'azione rapida e circoscritta, puó essere certamente un'opera di pace. Ma é ancora di piú opera di pace far sí che alla fase uno non seguano la fasi due, tre, quattro: vorremmo saper contare fino ad uno. Opera di pace é riprendere subito il filo del negoziato, con il contributo di qualsiasi Governo o organismo internazionale, per convincere il Governo serbo ad accettare l'accordo di Rambouillet, per trovare comunque una soluzione politica per la pacificazione della regione.
I Democratici lavorano perchè la pace e il rispetto dei diritti fondamentali di ogni uomo abbiano sempre una chance in piú di qualsiasi scorciatoia violenta.
L'Italia oggi, per il ritrovato ruolo di protagonista nella politica internazionale, per le sue condizioni geografiche di frontiera, per quel filo che la lega ancora alla Federazione jugoslava, puó e deve sviluppare una forte iniziativa politico-diplomatica per la pacificazione dell'intera regione balcanica.
Presidente, membri del Governo, esplorate e spalancate ogni pur piccolo spiraglio di apertura. Per questi motivi i Democratici votano favorevolmente la mozione della maggioranza. (Applausi dalla componente Democratici-L'Ulivo del Gruppo Misto e dal Gruppo Democratici di Sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Marino, che ha a disposizione sei minuti. Ne ha facoltà.

* MARINO . Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, i senatori del Partito dei Comunisti italiani non hanno alcun dubbio sugli sforzi compiuti dal Governo per evitare l'intervento armato NATO, al quale si é poi invece aderito in quanto l'Italia fa parte di quella Alleanza. Ma giustamente é stato detto e ricordato che non si decide in una Alleanza senza che vi sia consenso. Ed in questo consenso vi é la corresponsabilità di questo Governo, ammessa dal Presidente del Consiglio, che sa bene - lo ha detto anche nella sua replica - come di fronte alla tragedia si ribelli la coscienza religiosa e laica del nostro paese e sono sempre piú offesi i sentimenti di pace del nostro popolo.
Il Partito dei Comunisti italiani esprime il suo profondo cordoglio per tutte le vittime innocenti di questa follia bellica e la sua ferma condanna per questo intervento militare NATO che ritiene illegittimo, dannoso e pericoloso.
Preannuncio il voto favorevole dei senatori comunisti all'approvazione della mozione con la quale si impegna il Governo ad adoperarsi con gli alleati NATO per una ripresa immediata dei negoziati, per fermare subito i bombardamenti, per mettere fine alla guerra, per ricercare una soluzione pacifica ed equa, per sostenere il ruolo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. (Commenti del senatore Asciutti). Noi non ci siamo mossi per provocare una crisi di Governo ma per porre fine ad un massacro. Ribadiamo che quest'azione militare é illegittima perché é contro la Carta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite; non esiste nessuna specifica risoluzione ONU che autorizzi l'attacco nè un Governo che abbia chiesto un intervento esterno. Si tratta di un attacco ad uno Stato sovrano non aggressore. Quest'azione militare é in violazione dello stesso Trattato, con particolare riferimento agli articoli 3 e 5; mancano tuttora le basi giuridiche per questo intervento militare. Lo stesso vice presidente del Consiglio, onorevole Mattarella, in quest'Aula ha dovuto invocare il diritto consuetudinario in relazione a precedenti interventi di ingerenza umanitaria.

ASCIUTTI . Morale?

MARINO . Voglio ricordare che anche la stessa risoluzione del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 1998 espressamente dice: "Nell'attuale situazione costituzionale il contributo delle Forze armate italiane sarà limitato alle attività di difesa integrata del territorio nazionale. Ogni eventuale ulteriore impiego delle Forze armate dovrà essere autorizzato dal Parlamento".
Questa azione militare é pericolosissima perché il conflitto puó estendersi; c'é il rischio reale che la guerra ulteriormente dilaghi con un allargamento dell'azione militare. Ecco perchè bisogna prendere in seria considerazione il monito della Russia: vi é il rischio di annullare lo sforzo di oltre 50 anni della Comunità europea di evitare la guerra.
La Jugoslavia non puó subire passivamente un bombardamento NATO sul proprio territorio sovrano; non é con i bombardamenti che si risolve il problema Kosovo, ma con un vero negoziato politico che salvaguardi i diritti di tutti. Questa azione militare é dannosa e puó costituire un insperato aiuto alle forze nazionaliste piú estremiste. É un'azione militare rischiosa per la stessa Italia e puó innestare una spirale di violenza. É un tragico errore. La Jugoslavia non puó accettare, cosí come tanti altri paesi, rivendicazioni indipendentiste nè riserve mentali in ordine a questo problema, ma la Jugoslavia deve ridare la piena autonomia al Kosovo; autonomia ingiustamente negata nella follia nazionalista del "dopo muro". Gravi sono le responsabilità della Serbia per la politica condotta nei confronti degli albanesi del Kosovo; gravi sono le azioni della Serbia e assolutamente condannabili. Non si risolve peró il problema con l'intervento armato esterno. L'attacco armato aggrava solamente la situazione.
Noi riesprimiamo la ferma contrarietà alla presenza delle basi NATO sul nostro territorio; oggi peró bisogna decidere diversamente; oggi chiederne l'eliminazione sarebbe una fuga in avanti, una petizione di principio, e sotto le bombe, di fronte al dolore delle genti, quello che occorre é l'immediata cessazione delle azioni militari, la ripresa della trattativa coinvolgendo la NATO e l'ONU. La NATO é cosa diversa dalla comunità internazionale; l'intervento NATO é cosa diversa dalla forza multinazionale, di cui parla la mozione; e la trasformazione del ruolo dell'Alleanza é cosa diversa dal sistema di sicurezza europeo. Noi approveremo la mozione (Commenti del senatore Asciutti) raggiunta attraverso un faticosissimo lavoro, una mozione ancora piú importante perchè il corso degli avvenimenti suscita ancor piú inquietudine e sofferte preoccupazioni.
Bisogna ritornare alla politica e alla diplomazia. Quindi, una volta approvata la mozione, il Governo dovrà attenersi ad essa puntualmente e scrupolosamente. Ove il Governo non dovesse rispettare la volontà del Parlamento o la mozione dovesse essere sostanzialmente disattesa, si procederà ad una riconsiderazione della collocazione del Partito dei Comunisti italiani nel Governo. (Applausi dalla componente Comunista del Gruppo Misto. Congratulazioni. Applausi ironici del senatore Asciutti).

ASCIUTTI . Viva la coerenza!

ALBERTINI . Ma cosa vuoi!

PRESIDENTE . É iscritto a parlare il senatore D'Onofrio per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

D'ONOFRIO . Signor Presidente del Senato, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi, il contributo del CCD a questo dibattito presenta due aspetti; il primo é di carattere politico relativo a questa maggioranza, il secondo é relativo alla vicenda internazionale.
Questa maggioranza di Governo é nata - lo abbiamo detto quando si é formata - come maggioranza ambigua ed equivoca; conteneva al proprio interno tutto ed il contrario di tutto. L'onorevole presidente del Consiglio D'Alema aveva definito il presidente Cossiga inquietante e pericoloso fino a quando costui non si é posto a sostegno del suo Governo. L'onorevole Cossutta aveva detto che non avrebbe mai confuso i suoi voti con quelli dell'UDR, mentre i membri dell'UDR avevano dichiarato che volevano essere piú radicalmente oppositori della maggio ranza. Sono confluite nel Governo posizioni contraddittorie che hanno dato vita ad un Governo equivoco ed ambiguo. Un Governo equivoco ed ambiguo puó solo dar vita ad una politica estera equivoca ed ambigua. Da questo punto di vista, c'é coerenza assoluta tra il modo con il quale si é formato il Governo D'Alema e quello, equivoco ed ambiguo, con cui ha affrontato anche i temi di politica internazionale.
D'altra parte, quale spettacolo piú chiaro di questa ambiguità e di questo equivoco di quello che questo pomeriggio é stato offerto alla Camera dei deputati dall'onorevole Cossutta e qui stasera dai colleghi del Partito dei Comunisti italiani.
I senatori comunisti hanno presentato un ordine del giorno - onestamente riproposto dal senatore Marino poco fa - nel quale affermano che l'atteggiamento del Governo é stato incostituzionale, che la NATO non doveva intervenire in questa vicenda, che l'azione avviene al di fuori di qualunque legittimità costituzionale italiana in tema di diritto internazionale. Quindi, ci si sarebbe atteso che, dopo queste affermazioni, si chiedessero le dimissioni del Governo, o che altrimenti sarebbero stati i Ministri comunisti a dimettersi.
Dal momento che lo stesso Governo é nato in modo ambiguo ed equivoco, ovviamente, i colleghi comunisti non hanno espresso osservazioni coerentemente sostenibili e hanno affermato l'opposto di ció che poi hanno fatto.
Ma questo é un problema del quale gli italiani sono stati avvertiti. L'equivoco e l'ambiguità del Governo non é una novità; riguarda, onestamente, l'insieme della politica interna ed internazionale ed é qualcosa che, con rammarico, l'opposizione - che giustamente il presidente D'Alema ha richiamato al senso di responsabilità e di equilibrio - deve denunciare, pur essendo consapevole che si tratta di un'ambiguità e di un equivoco che, purtroppo, dureranno fino a quando durerà questo Governo, formato da questa maggioranza che non puó produrre altro che ambiguità ed equivoco.
Ma ció non ci esime dal valutare la questione internazionale in termini anche un pó diversi da come é stato fatto nel corso di questa settimana.
É in atto un intervento militare avviato su iniziativa della NATO, quindi degli Stati Uniti, con il sostengo sostanziale della Gran Bretagna e, in questo caso, anche della Francia (a differenza di quanto avvenne, qualche tempo fa, in Iraq); un intervento che rappresenta una novità assoluta nel contesto delle iniziative politiche della NATO. La novità assoluta é conseguenza della fine della guerra fredda, é conseguenza della fine dell'esistenza dell'impero sovietico.
É del tutto evidente che non sarebbe stato pensabile per la NATO operare militarmente sul territorio della Jugoslavia durante il periodo in cui l'Unione Sovietica era a capo di un impero militare. Oggi la NATO puó fare ció che non sarebbe stato possibile fare fino al 1989.
Questa é la novità radicale di quest'epoca di globalizzazione, nella quale il potere di intervento non viene piú deciso. Mi dispiace che gli amici che continuano ad invocare il Governo mondiale dell'ONU mostrino di credere, talvolta, anche agli asini che volano, ma sappiamo che gli asini hanno un momento di fortuna anche in Italia e non soltanto nella fantasia dei bambini.
Da questo punto di vista, la NATO rappresenta, nella sostanza della globalizzazione, il potere internazionale. Di questo si tratta.
Il Polo deve prendere atto di una novità assoluta, in base alla quale non ha piú molto senso rivendicare la normale e generica lealtà nei confronti delle alleanze e non ha neanche molto senso rivendicare una continuità di impegni NATO, perchè la discontinuità della attuale e della nuova NATO rispetto a quella che noi abbiamo conosciuto dal 1949 al 1989 é radicale. La nuova NATO ha come obiettivo l'espansione ad Est. L'ingresso dei paesi dell'Est europeo nella NATO rappresenta - questo Senato lo ha indicato nel dibattito che ha riguardato l'estensione dell'Alleanza atlantica ad Est - un problema di rapporto con la Russia di totale novità. L'intervento nel Kosovo rappresenta una decisione degli Stati Uniti, dell'Inghilterra, della Francia e della Germania di novità assoluta rispetto ad una disciplina gerarchica che in Europa si vuole, per cosí dire, imporre rispetto ad altre discipline che potrebbero trovare il loro punto di composizione nell'Unione europea, nell'Unione europea occidentale nell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea. Di questo si tratta.
Come partiti di opposizione a questo Governo, mentre l'ambiguità e l'equivoco di questa maggioranza é percepito nel paese come fatto di debolezza costitutiva del Governo D'Alema, e quindi la nostra opposizione rappresenta un punto d'approdo possibile di alternativa omogenea di governo, dobbiamo definire in termini radicalmente nuovi il senso della nostra appartenenza internazionale, di soggetto costitutivo dell'Unione europea, e lo stesso significato della nostra appartenenza, ribadita e ripetuta, all'Alleanza atlantica, della quale dobbiamo considerare le novità che anche questa crisi del Kosovo rappresenta.
Termino, signor Presidente, ovviamente annunciando il voto favorevole del Gruppo Centro Cristiano Democratico alla mozione presentata dal senatore La Loggia e da altri senatori, il voto contrario alla mozione presentata dal senatore Salvi e da altri senatori, il voto contrario all'ordine del giorno presentato dal senatore Marino e da altri senatori. Vorremmo peró che, con onestà, gli amici della maggioranza approvassero l'ordine del giorno del senatore Marino, non riusciamo a capire come la maggioranza possa approvare la mozione presentata dal senatore Salvi e da altri senatori e bocciare l'ordine del giorno presentato dal senatore Marino, o non capiamo come il senatore Marino possa votare a favore della mozione presentata dal senatore Salvi e da altri senatori e vedersi respinto il suo ordine del giorno. Queste sono le contraddizioni un pó pirandelliane, un pó kafkiane, un pó - per cosí dire - "strane" alle quali la politica del nostro Governo ci ha abituato da qualche tempo a questa parte.
Vorrei terminare dicendo che noi avremo motivo di riflettere con molta serietà, con molta assennatezza, sul significato della novità dei rapporti internazionali, perchè mentre in Italia veniamo seriamente percepiti come alternativa di governo complessiva economica, sociale e culturale, nei rapporti internazionali dobbiamo stabilire una connessione, che ancora non é molto chiara, tra il bipolarismo europeo al quale noi siamo legati, il non bipolarismo della NATO, che all'interno di questa azione del Kosovo si mette in evidenza, e quindi il rapporto diverso tra europeismo e atlantismo, che per 45 anni ha rappresentato l'asse di fondo della politica interna ed estera italiana e che non puó rappresentare allo stesso tempo l'asse di fondo dell'alternativa di governo e del sostegno all'azione internazionale del Governo medesimo.
Questa distinzione ritengo che vada fatta, che vada operata e ritengo occorre prenderne atto. Questo significa da parte nostra essere responsabili ed equilibrati, confermando il no a questa maggioranza e a questo Governo, ma ponendo seriamente in discussione il modo con il quale i nostri rapporti internazionali, europei ed atlantici devono essere considerati. (Applausi dai Gruppi Centro Cristiano Democratico, Forza Italia e Alleanza Nazionale. Congratulazioni).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Napoli Roberto. Ne ha facoltà.

NAPOLI Roberto . Signor Presidente, membri del Governo, colleghi, in questi giorni i mezzi di informazione e televisivi hanno ripreso ad usare una parola, "guerra", che da molti anni era scomparsa dal nostro linguaggio corrente. I giovani di questa parola probabilmente non percepivano fino in fondo nè il senso, nè le conseguenze che essa comportava. Guerra é la drammatica interruzione di ogni relazione di vita sociale, la sospensione di ogni attività ritenuta ordinaria, con morti e vittime incolpevoli, con una prospettiva di incertezze e di disagio per il futuro delle persone che vivono in qualsiasi paese la violenza di un conflitto.
É questo lo stato d'animo ed anche la sensazione di paura che in questi giorni sta attraversando i nostri cittadini, specie quelli della costa adriatica e pugliese che maggiormente sentono il pericolo di questo conflitto. Ad essi va il nostro pensiero e sostegno in un momento di grande difficoltà con conseguenze anche sulla loro vita quotidiana.
Ogni evento, per essere accettato, deve essere compreso. Non c'é dubbio che la comprensione dell'intervento armato in Jugoslavia alterna momenti di emotività a momenti di lucida razionalità. Tenteremo, per chi ci ascolta, di far comprendere in modo semplice e fruibile le ragioni di questo conflitto ed anche le ragioni della scelta del nostro Gruppo.
Da alcuni anni é in corso in Jugoslavia una repressione indiscriminata contro la popolazione albanese del Kosovo con vere e proprie forme di pulizia etnica.
Le Nazioni Unite hanno accertato che fino ad ora vi sono state migliaia di profughi, di pacifici cittadini che hanno dovuto abbandonare le loro case e tutto quello che possedevano per trovare rifugio in Italia e negli altri paesi europei. I morti sono stati oltre 2.000, tanti i massacri, il piú grave di tutti nel 1998 a Prakaz.
Sono questi i numeri sui quali dobbiamo riflettere, perchè la guerra non é iniziata il 24 marzo 1999, ma era in atto già da mesi, da anni, e continuavano i massacri dei civili nonostante gli interventi della diplo mazia. É stata infatti seguita per mesi la via diplomatica, ma a Rambouillet Milosevic ha respinto tutte le proposte. Esistevano allora due strade, quella della trattativa infinita, quanto infruttuosa, e quella dell'intervento armato, limitato, doloroso, con l'uso necessario della forza per salvare i piú deboli.
É vero che la NATO ha carattere difensivo, ma intervenire per difendere bambini, donne, uomini dalla violenza continuata per mesi, non é forse questa un'azione di difesa del diritto alla vita? La NATO, secondo il Trattato, deve offrire non soltanto una difesa ai propri paesi membri contro un attacco diretto, ma essere anche uno strumento della comunità internazionale per produrre sicurezza. Da qui l'intervento necessario delle forze militari dell'Alleanza atlantica per fermare un genocidio. Ma questa azione militare deve essere breve, per riprendere subito il tavolo della trattativa e l'Italia, che non ha chiuso la sua ambasciata a Belgrado, puó e deve svolgere un'azione di stimolo e da protagonista nel far riprendere il dialogo con regole certe e nel rispetto dei diritti universali dell'uomo, diritti che in questi mesi il Papa, a cui noi cattolici guardiamo con attenzione, ha piú volte richiamato nei suoi interventi per la pace.
Uguale, importante ruolo deve svolgere l'Italia nel sostenere e stimolare i centri per l'accoglienza di profughi, perchè alla tragedia non si aggiungano altre tragedie e proprio per la comune storia con il popolo della Serbia, del Montenegro e dell'Albania si puó riprendere un reciproco dialogo di assistenza e sostegno.
Noi riteniamo la guerra una sconfitta della politica, ma questo intervento non era piú rinviabile ed il Gruppo dell'UDR si assume con il Governo la responsabilità politica delle scelte operate dalla NATO; non possiamo peró non sottolineare con forza che questo Governo deve riprendere l'azione del gruppo di contatto nel quale partecipa a pieno titolo la Russia. Bisogna sostenere l'azione, di cui si é fatto promotore il Primo ministro sovietico, di un ruolo attivo della Russia nel riprendere l'azione nel gruppo di contatto. É necessario lavorare tutti insieme per rispettare i patti già stabiliti con l'accordo di Rambouillet. Questa é la strada su cui invitiamo il Governo ad impegnarsi senza sosta per raggiungere un difficile obiettivo: il ripristino della legalità e della difesa dei piú deboli, ma anche lavorare perchè si rafforzino le strutture democratiche in un paese che da anni vive conflitti etnici.
Questo intervento deve essere inteso non come una guerra contro la Serbia, ma un'azione militare per favorire il ritorno al tavolo dei negoziati. L'alternativa, infatti, non era tra la pace e la guerra, ma piuttosto di lasciare a Milosevic di fare tutto quello che voleva. Se la Serbia dovesse cessare i suoi interventi di pulizia etnica nel Kosovo, l'Italia dovrebbe esercitare ogni azione sugli alleati della NATO perchè i bombardamenti vengano sospesi e siano ripresi i negoziati.
Sono tanti gli interrogativi che agitano il nostro popolo. E se, nonostante l'intervento armato, Milosevic continuerà nella sua azione di violenza, quale sarà la strada da perseguire? L'unica é quella di coniugare l'uso della forza con la ripresa dei negoziati. Infatti, l'azione militare non puó essere intesa in modo sostitutivo, ma soltanto come deterrente necessario per costruire la pace.
Il nostro paese, che é caratterizzato da contrapposizioni tra partiti ed anche da conflitti tra pacifismo ideologico e concretezza delle azioni umanitarie, vive un momento nel quale sono impegnati i nostri soldati, a cui va un doveroso pensiero di ringraziamento per la serietà e l'impegno con cui stanno espletando il loro mandato. É anche un momento in cui i nostri cittadini e tutti noi siamo preoccupati per un allargamento del conflitto, ed é proprio questo il momento in cui tutte le forze politiche, i leader di maggioranza e di opposizione debbono tra loro dialogare nell'esclusivo interesse del paese.
Non é questo il momento per regolare conti, per favorire crisi, perchè non vi sarebbero vincitori o vinti ma saremmo tutti sconfitti; non é questo il momento per operare distinguo tattici su una posizione delle forze politiche di maggioranza che deve essere chiara ed unitaria.
Signor Presidente del Consiglio, il Gruppo UDR afferma con chiarezza che l'intervento militare deve essere considerato una terapia d'urto nell'interesse esclusivo dei deboli e degli oppressi, che la soluzione politica é quella che deve essere perseguita con la sospensione dei bombardamenti e, soprattutto, attraverso una azione di accoglienza dei profughi, nel rispetto dei principi di umanità a cui il nostro Gruppo si ispira.
Da qui il nostro consenso convinto alla mozione presentata dalla maggioranza, che per noi rappresenta non soltanto una dichiarazione di intenti ma un impegno preciso per profondere ogni energia nel lavorare per la pace e per sospendere l'azione militare nei tempi piú brevi possibili.
Questa rappresenta una grande sfida di valore e prestigio internazionale a cui il nostro paese non puó e non deve sottrarsi, ed il Gruppo UDR non intende far mancare al Governo il sostegno necessario perchè questa azione venga svolta con determinazione e chiarezza in difesa dei deboli e dei valori ai quali ognuno di noi si é sempre ispirato. (Applausi dai Gruppi Unione Democratica per la Repubblica (UDR), Partito Popolare Italiano e Democratici di Sinistra-L'Ulivo. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio Gruppo il senatore Misserville. Ne ha facoltà.

MISSERVILLE . Signor Presidente, onorevoli colleghi del Senato, ogni volta che debbo intervenire in dissenso vengo colto da una sensazione di disagio e soprattutto dall'ansia di spiegare perchè io debba dissentire dalle ragioni esposte con tanta brillante precisione dal mio capogruppo, senatore Roberto Napoli.
Gioca, nella mia dichiarazione di dissenso su questo argomento, una sorta di deformazione professionale della quale soffro inevitabilmente essendo avvocato e tenendo d'occhio in ogni situazione le ragioni del diritto, nel caso di specie le ragioni del diritto internazionale.
É stato rilevata da personalità di grande esperienza politica, culturale ed umana, come il presidente Andreotti, il presidente Cossiga e l'ex ministro degli esteri Martino, una particolarità di tutta questa vicenda. La guerra é gestita, dichiarata, mossa e condotta da un organismo che istituzionalmente, per definizione, per supporto ideale, per filosofia, é tutt'altro che un organismo di attacco: la NATO nasce come alleanza difensiva. (Applausi dal Gruppo Forza Italia) .
Signor Presidente, vorrei riportare parte di un'intervista dell'onorevole Martino in cui si afferma che questo intervento cambia il ruolo della NATO, che finisce di essere un'alleanza difensiva e diventa, di fatto, una sorta di organismo regionale per il mantenimento della pace e la prevenzione dei conflitti. Questo é un cambiamento che andrebbe fatto in modo esplicito e non soltanto, come é accaduto adesso, in modo implicito. In una parola, se la NATO deve continuare ad essere quello che é, cioé un'alleanza difensiva, questo intervento sul piano giuridico non puó essere condiviso, a meno che non si voglia introdurre nel diritto internazionale un principio che é assolutamente estraneo ad ogni regola di diritto, quello per cui colui che muove l'attacco, colui che promuove la guerra é anche l'arbitro delle ragioni umanitarie che stanno a sostegno del conflitto.
Allora mi chiedo, dal momento che c'é un popolo che viene sistematicamente perseguitato e sottoposto a una pulizia etnica, il popolo tibetano: é mai passato per la testa alla NATO di intervenire a sostenere i diritti dei tibetani attaccando o muovendo un'azione di guerra contro la Cina? (Applausi dal Gruppo Forza Italia) .
Io credo, signor Presidente e onorevoli colleghi del Senato, che questa riflessione si imponga perchè introduce una sorta di giudizio morale a fondamento delle guerre. Ricordatevi che le guerre che si muovono sulla scorta di giudizi morali si sa sempre dove iniziano e non si sa mai dove vanno a finire, perchè nulla é piú labile, nulla é piú incerto, nulla é piú sottoposto a mutamento delle regole che si vogliono definire morali e che invece sono assai spesso regole di convenienza.
Vi chiedo scusa, colleghi del Gruppo, per questo mio intervento; chiedo scusa anche a tutti i senatori per aver riportato in questo afflato lirico di buoni sentimenti quella che é la norma di ragione e di diritto. Ma io non mi sento come uomo di diritto, come accorto studioso della storia europea recente e meno recente, di sostenere che questo intervento sia ben fatto.
Il Presidente del Consiglio ha svolto un'ottima relazione. Il comportamento del Governo in questa circostanza é improntato a cautela e sarà sicuramente improntato a riportare le ragioni della pace nel teatro del conflitto. Ma come ha detto il presidente Cossiga, al fondo di tutto questo vi é una ragione di ipocrisia che non puó essere nè ignorata nè dimenticata. Farei offesa alla vostra intelligenza e alla mia coscienza se fingessi di credere ad una cosa alla quale assolutamente non credo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, io mi asterró dal votare la mozione di maggioranza in questa circostanza ed in questa contingenza. (Applausi dal Gruppo Forza Italia) .

PAGANO . Forza Italia ha le idee confuse!

PRESIDENTE . É iscritta a parlare la senatrice Fumagalli Carulli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

FUMAGALLI CARULLI . Signor Presidente del Senato, onorevoli Ministri, colleghe e colleghi, il Gruppo Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa voterà a favore della mozione di maggioranza. Essa é frutto di un confronto tra forze politiche - tra le quali la nostra - che pur nella diversità delle posizioni hanno trovato una convergenza su quattro ineludibili punti: il primo, la necessità di una iniziativa del nostro Governo, tesa a determinare tra gli alleati della NATO le condizioni per una ripresa dei negoziati e una sospensione dei bombardamenti; il secondo, l'urgenza di maturare una posizione globale e un'azione comune sui Balcani da parte dell'Unione europea; il terzo, la predisposizione degli interventi necessari all'accoglienza di profughi e sfollati con la convocazione del tavolo di coordinamento per gli aiuti umanitari; il quarto, l'impegno a sostenere, come del resto previsto nell'accordo di Rambouillet, il ruolo dell'ONU, affinchè possa dispiegarsi sul terreno una forza multinazionale di interposizione con il coinvolgimento del gruppo di contatto.
Sin dall'inizio noi abbiamo seguito con grande apprensione l'evolversi della situazione e con grande angoscia la sua drammatica trasformazione in conflitto militare che ci é vicino e ci coinvolge. Già nei giorni scorsi, durante il question time , abbiamo chiesto al Governo, prima che ci fosse l'intervento militare, di compiere ogni tentativo al fine di evitare la fase militare dei bombardamenti oggi purtroppo ancora in corso. Abbiamo apprezzato che il Governo abbia assecondato e negoziato fino in fondo, non solo attraverso la partecipazione al gruppo di contatto, ma anche nel dialogo diretto con le parti nella consultazione costante con i nostri partner dell'Unione europea, dell'Alleanza atlantica. (Brusío in Aula) .

PRESIDENTE . Chiedo scusa, senatrice Fumagalli Carulli. Per favore, colleghi, un po' di silenzio: siamo alle dichiarazioni di voto finali.

FUMAGALLI CARULLI . Aver mantenuto il nostro ambasciatore a Belgrado ci é parsa certamente una scelta sintomatica della volontà di dialogo. Mentre si usa la forza - lo ha detto anche il presidente D'Alema - non devono essere chiusi i canali del dialogo; questo lo ha sottolineato nei giorni scorsi anche il nostro collega, senatore D'Urso e vogliamo ribadirlo pure noi qui stasera.
C'é parso anche significativo che il ministro degli affari esteri, onorevole Dini, già durante la prima Conferenza abbia operato per un compromesso di pace, cercando di indurre gli americani a smettere di invocare i bombardamenti, e che poi abbia sfruttato anche i rapporti con il Governo albanese per comporre una delegazione unitaria kosovara e arrivare alla firma di un accordo tra le parti. Purtroppo tutto ció non é servito e siamo arrivati all'uso della forza.
Oggi avvertiamo come nell'intera vicenda sia in gioco non solo la pace nei Balcani, ma lo stesso futuro dell'Europa. Gli sviluppi della crisi hanno certamente assunto aspetti drammatici con l'azione militare - ne siamo consapevoli -, ma non potevamo non aderire ad essa. Fino a che il ruolo della NATO non sarà rivisto, non possiamo certo dire che l'intervento non ci riguarda, nè possiamo assumere una posizione isolazionistica: i trattati non sono carta da gettare. Al contrario, dobbiamo essere scrupolosi nella lealtà e nell'osservanza degli impegni assunti: é in gioco la credibilità dell'Italia, come ha piú volte sottolineato anche nei giorni scorsi il ministro della difesa, senatore Scognamiglio.
Opportunamente il senatore Jacchia, intervenuto in sede di discussione generale per il nostro Gruppo, ha ricordato un particolare, e cioé la procedura prescritta dal Patto atlantico circa l'interruzione dell'azione militare. Se dobbiamo osservare fedeltà ai trattati e rispetto al principio di legalità, ció tuttavia non significa che dobbiamo rinunciare ad avere un nostro ruolo specifico all'interno dell'Alleanza, che non puó essere inteso come acritico appiattimento dell'alleato minore, come siamo noi, sull'alleato maggiore, come sono gli Stati Uniti. A noi pare che questa sia stata e debba continuare ad essere la posizione del Governo italiano e ringraziamo il presidente D'Alema per averla ribadita questa sera con estrema chiarezza.
La nostra collocazione geopolitica e la nostra identità storica ci rendono particolarmente attenti e sensibili alla questione balcanica, nella quale si inserisce il problema del Kosovo, che non puó certo essere ridotto ad una questione solo serba. Purtroppo, l'Europa ha insegnato poco; i nazionalismi che hanno preso il posto delle ex oligarchie dell'Est non consentono per ora una conferenza internazionale sui Balcani, pur auspicabile, come essa é, che garantirebbe pace e stabilità. Non é un caso che si parli di grande Croazia, di grande Albania, di grande Serbia e ognuno pensi ai suoi confini e nessuno agli interessi comuni. Infatti, dietro questi nazionalismi non c'é una nazione ma solo un insieme di frantumi; sono nazionalismi che paradossalmente dissolvono le nazioni. L'onorevole D'Alema ha detto che i Balcani rappresentano una sfida decisiva per l'Europa e mai come in questo momento ne siamo consapevoli.
Questi sono i veri mali che aggravano le reazioni a catena che i bombardamenti stanno innescando. Nei giorni scorsi tutti noi, di fronte alle reazioni della Russia, abbiamo temuto che un nuovo grande freddo colasse nel rapporto tra Est ed Ovest; quelli della Serbia con la Russia sono legami storici, risalgono nel tempo e hanno radici profonde, non solo politiche ma anche religiose. Peró, gli spiragli che oggi sembrano aprirsi, confermati anche dalle parole di questa sera del Presidente del Consiglio per quanto riguarda la posizione della Russia, ci devono indurre ad un cauto ottimismo.
Voteremo anche la mozione che ha come primo firmatario il senatore Meluzzi, vice presidente del nostro Gruppo. Essa approva le assicurazione contenute nelle dichiarazioni del presidente D'Alema in ordine al mantenimento degli impegni assunti dall'Italia in seno alla NATO e approva altresí la volontà di assicurare l'azione politico-diplomatica tesa al superamento della crisi nel Kosovo. L'obiettivo italiano non é distruggere la Serbia, é indurla al negoziato, e perció alla pace. Contro l'ostinazione del Governo serbo oggi é necessario colpire l'apparato militare ed indurre ad un negoziato vero.
Ció che noi auspichiamo - e con questo concludo, signor Presidente - nel condannare la politica di Milosevic é che la fase della trattativa possa riprendere al piú presto. L'appello che il Santo Padre ha rivolto per la pacificazione non puó non lasciare indifferenti i laici come i cattolici. La guerra, egli ha detto, é una sconfitta per l'umanità. Vorremmo che questo appello fosse accolto e sostituisse al piú presto quella diplomazia dei missili che oggi sembra prevalere. (Applausi dai Gruppi Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa e Democratici di Sinistra-L'Ulivo. Congratulazioni).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Manconi. Ne ha facoltà.

MANCONI . Signor Presidente del Senato, signori Ministri, senatrici e senatori, partiamo da alcuni punti fermi. Il primo: quello di Slobodan Milosevic é un regime dispotico e sanguinario. Il secondo punto: in quella regione una guerra, una guerra crudelissima, era già in corso e mieteva vittime. E ancora: la pratica dei massacri e delle pulizie etniche andava fermata e va fermata rapidamente. Ma, affermato questo e dichiarata una piena convergenza su tale premessa, i Verdi hanno manifestato un dissenso profondo sulle scelte da compiere e sulle azioni da intraprendere.
Sin dal primo istante ci siamo dichiarati contrari all'intervento militare della NATO e ai bombardamenti. Per tre ragioni: perchè questo intervento é privo della legittimazione che solo una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe conferire (e questo toglie all'intervento militare qualunque forza politica e morale); perchè questo intervento risulta incapace di garantire il fine che dice di voler perseguire, ovvero la protezione delle popolazioni civili dei Balcani meridionali e perchè, all'opposto, rischia di offrire una copertura per una recrudescenza dei massacri e della pulizia etnica; perchè questo intervento potrebbe finire con il rafforzare il regime di Milosevic, oltre ad accentuare le spinte nazionalistiche, col rischio di far precipitare la situazione nell'intera area.
Per questo ci siamo detti e ci diciamo contrari all'intervento militare della NATO e per questo dissentiamo dal Presidente del Consiglio quando quell'intervento rivendica e difende. Ma i Verdi si sono sempre detti favorevoli ad un'azione che assumesse i connotati del dispiegamento di una forza di interposizione. Ci viene risposto: é un'ipotesi che si é rivelata impraticabile. Sí, ma si é rivelata impraticabile nella sua forma primitiva, ovvero limitata alle sole truppe della NATO. Non si é voluto tentare fino in fondo, con tenacia e con pazienza infinite, un'altra strada: quella di una forza di interposizione che comprendesse i paesi del gruppo di contatto, e dunque anche la Russia. Ebbene, questa resta ancora la sola soluzione che ci appare credibile ed efficace. Dico questo perchè i Verdi sono il partito del pacifismo e della non violenza, ma pacifismo e non violenza sono l'esatto contrario del silenzio e dell'inerzia di fronte all'ingiustizia e di fronte al massacro di diritti e di persone, di idee e di vite umane.
Abbiamo detto nei giorni scorsi - e ci é stato rimproverato anche da qualcuno a noi vicino - che i Verdi non sono per il pacifismo imbelle e per la non violenza codarda se questo significa tacere e tollerare l'ingiustizia e se questo comporta salvarsi l'anima e non salvare anche solo una vita umana. Siamo piuttosto per quella forma alta di pacifismo e di non violenza che é l'ingerenza umanitaria, come previsto dal capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite e come piú volte é stato ricordato dal nostro Alex Langer; ma l'illegittima azione militare in corso non ha nulla in comune con l'ingerenza umanitaria. Per questo diciamo: il Governo italiano si adoperi con tutte le sue forze perchè cessino i bombardamenti e riprendano i negoziati prima che sia troppo tardi. Ieri a Berlino il Presidente del Consiglio ha detto parole sagge: sta per arrivare il momento di ridare la parola alla politica e alla diplomazia. Non le ha pronunciate per accontentare i Comunisti ed i Verdi, come affermano quanti hanno una concezione meschina della politica; le ha dette - ne sono persuaso - perchè convinto di esse.
Ebbene, oggi tutti i giornali all'unanimità, con una singolare ed inquietante unanimità, hanno parlato di errore grave del Presidente del Consiglio. Dunque, quegli stessi organi di informazione che ogni giorno richiamano l'Italia a svolgere un ruolo autorevole, quegli stessi giornali coltivano un'interpretazione gregaria e servile della lealtà all'Alleanza e considerano il rapporto con gli alleati solo in termini di ossequio e di subalternità. Noi abbiamo un'idea esattamente opposta. Per questo apprezziamo le parole dette ieri a Berlino dal Presidente del Consiglio ed apprezziamo la sua replica di questa sera. Sollecitiamo il Governo a proseguire sulla difficile strada dell'autonomia di giudizio e di iniziativa.
Signori del Governo, senatrici e senatori, un motto latino dice: quando le armi parlano, tacciano le leggi. Questo motto esprime nella sua crudezza la dinamica intrinseca alla logica delle armi; logica che per sua stessa natura tende a prevaricare sul diritto e di conseguenza sulla politica. Quando quest'ultima pretende di utilizzare lo strumento delle armi per realizzare i propri fini, il rischio é che la logica delle armi divori la logica della politica, ne invalidi gli obiettivi e ne svuoti la sostanza. Di fronte alla tragedia della guerra in atto la logica delle armi ha già distrutto, come un castello di carta, quel paziente lavoro di intermediazione che la comunità internazionale aveva avviato nel Kosovo; ha stracciato la missione degli osservatori faticosamente messa in piedi; ha lasciato gli albanesi soli di fronte alla repressione serba. Man mano che si dispiega la geometrica potenza delle armi, man mano che dilagano i lutti e si inaspriscono gli odi reciproci, gli stessi obiettivi razionali della politica rischiano di franare di fronte ai fatti compiuti commessi dai belligeranti. Bisogna arrestare immediatamente questa spirale perversa, questo circolo vizioso che si autoalimenta.
Per questo noi chiediamo ad alta voce e con forza che la politica riprenda il sopravvento sulle armi e che le armi tacciano.
E anche per questo abbiamo sostenuto sin dal primo momento che non collegavamo il nostro dissenso alla stabilità del Governo e abbiamo dichiarato che la radicale divergenza sull'azione della NATO non avrebbe comportato, per quanto ci riguardava, una crisi della maggioranza.
Di piú. Abbiamo affermato che ritenevamo miserevole ridurre una tragedia di tali proporzioni alle dimensioni di una bega nazionale.
E ancora. Ritenevamo e riteniamo che una crisi di Governo, in un momento tanto delicato e cruciale, consegnerebbe tutte le decisioni nelle mani dell'apparato militare multinazionale.
Al contrario, oggi piú che mai noi abbiamo bisogno di un Governo che agisca con autorevolezza per ridare di nuovo il primato alla politica e ricacciare indietro la guerra.
Per questo sosteniamo la mozione della maggioranza. (Applausi dai Gruppi Verdi-L'Ulivo, Democratici di Sinistra-L'Ulivo e Partito Popolare Italiano. Congratulazioni).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Gasperini. Ne ha facoltà.

GASPERINI . Signor Presidente, ringrazio il Presidente del Consiglio per la garbatezza delle sue parole nei miei riguardi e credo mio dovere ricambiare tale garbatezza con l'adesione alla trasformazione dell'ordine del giorno da me presentato in raccomandazione, anche se so che in Italia la raccomandazione ha assunto quasi la dignità d'istituto giuridico. Viviamo in un mondo di raccomandazioni e spero che la mia sia accolta.
Il Presidente del Consiglio dei ministri propone due tesi. La prima. É possibile intervenire e sconvolgere i princípi di diritto internazionale e la sovranità degli Stati con quella clausola che va sotto il nome di ingerenza umanitaria? É questo il tema del dibattito.
Come ella potrà vedere, signor Presidente, ho dato licenza ai senatori appartenenti al mio Gruppo di allontanarsi dall'Aula perchè ritengo che oggi questa nostra discussione sia alta ed elevata ma di natura prettamente accademica.
Tutto é compiuto. La nostra, quindi, é una discussione di carattere teorico che certo non potrà cambiare l'accadimento futuro.
Vorrei presentare due tesi. La prima é relativa al diritto internazionale ed al rispetto della legge. Lo so, signor Presidente; Socrate diceva che la legge deve essere osservata anche se é ingiusta. Ma vediamo se la legge internazionale é ingiusta e se questo intervento avviene nel rispetto del diritto internazionale.
Allora, per sommi capi, debbo dire che il rispetto del diritto internazionale in questo caso non c'é stato, almeno sotto il profilo della forma. Non c'é una risoluzione del Consiglio di sicurezza che autorizzi l'intervento; non c'é una clausola del Patto atlantico che autorizzi l'in tervento armato, perchè ricordiamo che l'articolo 3 del Trattato - lo dissi prima - non consente l'aggressione ma solo la difesa.
Poi c'é la nostra Costituzione. Parlo io, leghista, del rispetto di una Carta costituzionale che spero sia modificata ma - consentite che questo sia detto da un reprobo che appartiene alla Lega e che pur tuttavia spera che la Costituzione sia cambiata - fin quando questa esiste va rispettata. Nell'articolo 11 della nostra Costituzione, infatti, é addirittura utilizzata un'espressione che é assolutamente indiscutibile: il ripudio della guerra per la risoluzione dei conflitti.
Non é preceduta questa risoluzione da un dibattito parlamentare, ma il dibattito parlamentare segue la risoluzione; non é sentita dall'opinione pubblica e quindi, si dice, malgrado tutto questo, per ragioni umanitarie - ecco la clausola - noi possiamo intervenire. E allora, signori, si piange da destra e da sinistra per i popoli che sono sottoposti a queste indubitabili angherie del presidente Milosevic.
É giusto, é doveroso, é possibile, é legittimo, é morale, é necessario poter infrangere la legge con questa clausola che é evanescente, discutibile, interpretabile e di difficile definizione? Allora noi potremmo dire, signori, che domani, sulla base di questo stesso principio - é una riflessione che umilmente pongo all'Assemblea - si potrà intervenire sulla Russia in caso di un suo conflitto con la Cecenia; questo principio varrà anche in quel momento. Ma chi decide della validità di questo principio? Diceva uno statista, criticabile o non criticabile, che i vincitori non verranno mai processati. Allora io mi pongo questo dilemma: siamo degli ipocriti o diciamo le cose come stanno? Io avrei voluto che ci fosse piú chiarezza.
Mi rendo conto della difficoltà con cui si é presentato oggi il nostro Primo Ministro che apprezzo per la sua garbatezza, per la sua sensibilità e per il modo in cui propone le sue tesi. E dalla sua garbatezza, dalla sua sensibilità mi sento quasi oppresso nel doverlo criticare. Ma l'ho trovato come un avvocato che non crede nelle ragioni del suo assistito e che quindi propone una tesi all'apertura del dibattimento e poi una seconda tesi nella quale la consecutio mi sembra claudicante.
Ma allora domando, signori: non é meglio dire che noi non possiamo sottrarci al Patto Atlantico? Non possiamo intravedere, al di là delle ragioni umanitarie, il diritto se vogliamo, l'aspirazione, l'interesse, l'intendimento degli Stati Uniti di intervenire nei Balcani per proprie ragioni (che potranno essere condivisibili)? Non nascondiamoci dietro il principio umanitario dell'ingerenza: sentiamo la sofferenza di questi popoli, ma diciamo che nel Patto Atlantico vi é uno Stato che ha un'egemonia e un potere d'imperio, una pax romana, che ha interesse ad intervenire in quei paesi e che puó intervenire, che noi nulla possiamo fare di fronte a questo dominio internazionale: sarebbe piú legittimo, piú corretto e direi piú sostenibile.
Allora dobbiamo dire: possiamo noi eseguire gli ordini, possiamo uscire dal Patto Atlantico? Questo é il tema: se voi mi dite di sí lo possiamo fare, se mi dite di no - come penso sia ovvio - non lo possiamo fare; ma non ci si venga a contrabbandare il principio della ragione etica con il principio della ragione politica internazionale. E il dilemma é questo: la guerra alla fin fine - e voi lo dovete decidere - é un mezzo per condurre alla pace? Fin quando potremo sostenere il peso tragico di un intervento armato di fronte ad un popolo fiero ed orgoglioso come é quello che abbiamo attaccato? Dove saranno i limiti e i confini di una pace cosí imposta? Avrei voluto sentire questo nel dibattito, peró sono stato deluso.
La politica, quindi, riprende il suo corso nell'ambivalenza e nell'ambiguità. Le ragioni della politica superano, obnubilano, distruggono le ragioni vere, che sono le ragioni degli uomini.
Con la guerra tutto é perduto, con la pace nulla é perduto! Ed é per questo, signor Presidente, che io non sento di poter condividere le mozioni presentate ex adverso . La nostra mozione é piú limpida e piú lineare: con la guerra non raggiungeremo la pace, con la guerra abbiamo innescato una perversa spirale che difficilmente potremo controllare. Non possiamo dire, come é stato detto alla Camera, "piangiamo su questi poveri morti e sui feriti". Dobbiamo essere silenziosi di fronte a questa tragedia, quando noi siamo concorrenti nell'averla creata. É questa, signori, una vera ipocrisia, é la distruzione del principio di certezza del diritto internazionale. Questa é una sconfitta delle coscienze libere di ogni popolo e di ogni paese.
Signor Presidente, credo di non rubare mai il tempo perchè sono sempre preciso nei miei interventi, e perció concludo come faceva il Beato Angelico quando dipingeva: finita la giornata di lavoro, aveva terminato anche i colori della sua tavolozza. Concludo il mio molesto intervento, signori, finendo i miei colori e augurandomi che questa Assemblea decida per il meglio. Forse il meglio sarebbe dare piú dignità e decoro, piú autorevolezza alla grande nazione europea, che dovrebbe riprendere quel vecchio sogno che é la sua egemonia nel campo internazionale.

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Elia. Ne ha facoltà.

ELIA . Signor Presidente, componenti del Governo, colleghi senatori, é ormai chiaro che la giustificazione dell'intervento armato della NATO sul territorio serbo risiede nella violazione dei diritti umani individuali e collettivi delle popolazioni di stirpe albanese nel Kosovo da parte dell'esercito e delle forze di polizia speciali di Belgrado, realizzata in aperto contrasto con le tre note risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU.
L'oppressione da parte di un Governo di una minoranza del suo popolo viola i principi su cui si reggono la comunità internazionale, la convivenza civile nel mondo occidentale ed in Italia. Non c'é bisogno di richiamare qui tutti i dati che dimostrano come nel 1998 e nel 1999 siano avvenuti rastrellamenti, esecuzioni sommarie, eccidi di massa e distruzioni sistematiche di interi villaggi con armi pesanti, oltre all'amplissima dislocazione di profughi, anche nel nostro paese, tanto che si puó parlare di un genocidio in corso di realizzazione.
Questo stato di cose, che tende a generalizzarsi, non solo contrasta con la Dichiarazione dei diritti dell'ONU, con l'Atto finale di Helsinki e con la Carta di Parigi, ma fa sorgere un obbligo di impedire innanzitutto di natura morale a carico della comunità internazionale e degli Stati che la compongono. In particolare l'Italia, per la sua contiguità, ha interessi e doveri particolari nei confronti della popolazione del Kosovo. Purtroppo, il veto della Russia ha reso impossibile la realizzazione in sede ONU di misure militari già previste in caso di gravi violazioni del cessate il fuoco dalla risoluzione n. 1199.
A ció si aggiunga il mancato adempimento da parte del Governo serbo delle intese raggiunte nell'ottobre del 1998 a tutela delle minoranze kosovare. Il negoziato di Rambouillet doveva porre rimedio alle continue violazioni degli accordi da parte serba, ma purtroppo il presidente Milosevic ha rifiutato una equa conclusione del confronto, che prevedeva la rinunzia degli albanesi al referendum di separazione, contro le garanzie rappresentate da una forza di interposizione che avrebbe potuto essere composta dai paesi del gruppo di contratto, comprendendo forze NATO, forze russe ed eventualmente di altri Stati.
Orbene, é stato il Governo jugoslavo, e non certo quello russo, a rifiutare una garanzia di carattere pur sempre transitorio, garanzia peraltro resa necessaria dai gravissimi comportamenti delle forze armate di Belgrado.
Quando si farà la storia di questa vicenda risulterà chiaro che stavolta, fin dal giugno scorso, l'iniziativa é stata assunta dalle democrazie europee, mentre gli Stati Uniti hanno tenuto un comportamento criticato autorevolmente per le esitazioni e i ritardi che l'hanno caratterizzato. É stata in primo luogo l'Europa a non sopportare le accuse di colpevole indifferenza ed inerzia, già avanzate nel caso della Bosnia. Non vi dice nulla, colleghi, il mutato orientamento della socialdemocrazia tedesca contraria all'impiego di forze germaniche nel territorio bosniaco ed ora decisamente impegnata ad associare i propri aerei militari a quelli degli altri paesi della NATO? Non basta a spiegare questo cambiamento di linea l'avvento al Governo dei socialdemocratici: c'é piuttosto una presa di coscienza piú forte dei doveri e delle responsabilità che gravano sulle democrazie dell'Europa.
Quanto all'evoluzione dei compiti della NATO nell'ultimo decennio vorrei ricordare le affermazioni del segretario generale, Solana, formulate recentemente: "La teoria suggeriva che l'allargamento della NATO e lo stabilirsi di relazioni tra NATO e Russia erano obiettivi incompatibili tra loro, la pratica ha dimostrato il contrario. La teoria diceva che le operazioni NATO fuori area, cioé al di là dei confini dei paesi membri, sarebbero state giuridicamente impossibili e politicamente pericolose, anche a questo proposito l'esperienza pratica in Bosnia ha dimostrato il contrario".
Mi sia consentito di aggiungere che l'intervento in Bosnia non puó essere considerato una irripetibile eccezione ma deve essere identificato come la prima applicazione di un principio che del resto aveva avuto già attuazione extraeuropea con la forza multinazionale nel Kurdistan iracheno: il principio é quello che legittima l'ingerenza umanitaria per la tutela dei diritti umani e per il mantenimento della pace, richiamato nel preambolo e nel primo articolo del Trattato del Nord Atlantico.
Del resto, non tutto il diritto internazionale e tanto meno il diritto pubblico europeo nascente é contenuto nei trattati. Il loro progresso si fonda anche su comportamenti ripetuti, alla base del diritto consuetudinario, e soprattutto di una communis opinio che unisce oggi tutti i paesi impegnati nell'intervento in Serbia, anche se é opportuno che si passi assai presto per esigenze di certezza al diritto scritto.
Malgrado le differenze, che non ignoro, credo che prevalgano le analogie tra la situazione bosniaca e kosovara. Perchè mai l'ingerenza umanitaria dovrebbe valere per i croati della bosnia e non già per gli albanesi del Kosovo? La regola NATO richiede il consenso di tutti coloro che si associano in un intervento armato: consenso che il Governo italiano ha espresso con la nota limitazione dell'impiego difensivo dei nostri aerei già nell'ottobre del 1998, anche se allora, essendosi evitata l'azione militare, la notizia passó nella generale disattenzione.
Insomma, l'Europa e la NATO agiscono come soggetti esponenziali di quella comunità internazionale che non puó essere bloccata nella sua azione umanitaria da veti o da dissensi di minoranza, soprattutto quando con armi pesanti, e cioé con i cannoni, si intendono regolare i problemi di convivenza etnica.
Senza dubbio, per una coscienza cattolica l'intervento armato pone dei problemi seri, anche se l'opera del Governo e il voto del Parlamento sono in direzione della pace. Ma dobbiamo agire con senso di responsabilità non creando non fondate aspettative, infondate attese. Le pacifiche democrazie dell'Occidente sono meno propense di altri Stati ad assumere iniziative militari, ma deve essere chiaro che esse possono desistere solo se vi saranno, dopo tante delusioni, serie possibilità di negoziato, dimostrate dalla cessazione delle attività repressive serbe.
É evidente che alla ripresa di contatti sul terreno politico e diplomatico si accompagnerà la sospensione dei bombardamenti alleati. L'intervento militare intrapreso ha caratteristiche tali, anche di novità, che non possiamo escludere una notevole misura di rischio circa la sua efficacia, ma nella grande politica i pericoli possono essere ridotti, non evitati.
Per questi motivi, il Gruppo popolare valuta molto positivamente le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, sostiene con il suo consenso la linea scelta dal Governo ed é consapevole che il rischio é all'altezza della posta in gioco: evitare che in Europa si radichi la violazione sistematica dei diritti umani. (Applausi dei Gruppi Partito Popolare Italiano, Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa e dalla componente I Democratici-L'Ulivo del Gruppo Misto).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore La Loggia. Ne ha facoltà.

LA LOGGIA . Signor Presidente, colleghe e colleghi, ma non posso rivolgermi anche al Presidente del Consiglio dal momento che si é al lontanato, come penso tutti avranno notato, non credo a causa della stanchezza, per quanto possa essere sicuramente una componente del suo allontanamento da quest'Aula, considerata la sua giovane età. Sarebbe stato un segno di rispetto nei confronti del Parlamento che sia lui che il vice presidente Mattarella si fossero trattenuti. Gli altri membri del Governo potranno comunque riferire quanto io andró sviluppando in queste brevi riflessioni che precedono la mia dichiarazione di voto.

AYALA , sottosegretario di Stato per la grazia e giustizia . Ci sono i resoconti parlamentari!

LA LOGGIA . Si nota un certo imbarazzo nella posizione assunta almeno qui in Senato da parte del presidente D'Alema; imbarazzo che poi trova una prova concreta anche nella sua valutazione delle mozioni. Comprendiamo bene che abbia dichiarato il suo assenso nei confronti della mozione della maggioranza; comprendiamo meno che abbia respinto questo assenso nei confronti della mozione da noi presentata. Ce ne diamo una ragione considerato che nell'ultima parte del dispositivo lo avevamo invitato, nel caso in cui non si fosse ritrovato con la sua maggioranza su un argomento di cosí vitale importanza per il nostro paese e di cosí grande interesse per tutti i cittadini italiani, a comportarsi come normalmente fa un Governo che non ha la maggioranza. Questo evidentemente lo ha indotto a non dare il suo assenso. Peraltro il suo assenso in questo caso sarebbe stato formulato nei confronti della Costituzione, non soltanto di noi senatori di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e del Centro Cristiano Democratico che avevamo sottoscritto quella mozione.
Imbarazzo e responsabilità che emergono anche dalle sue argomentazioni. Difatti, mi permetto di porre alcune domande (le avrei poste a lui direttamente, ma lo chiedo al Ministro della difesa, al ministro Folloni, al ministro Ronchi, al ministro Bassanini, al ministro Zecchino, a quelli che sono presenti), riflessioni, su quanto sta accadendo in questi giorni.
Il fatto che la NATO, dopo la caduta del muro di Berlino, avesse iniziato sostanzialmente una sua trasformazione nei fatti rispetto alle stesse finalità che erano alla base nei trattati a suo tempo stipulati e ratificati dal nostro paese, non credo che nasca oggi, nel momento in cui scoppia la crisi nel Kosovo. Credo si tratti di un argomento che, almeno a livello di Governo, doveva essere conosciuto - ovviamente non solo dell'attuale Esecutivo, ma anche del precedente, del precedente ancora e cosí via - naturalmente senza che vi fosse, almeno negli ultimi anni, una significativa manovra di politica internazionale che potesse classificare l'azione del Governo come responsabile, come pensosa di un problema che stava per scoppiare quando di già - e questa é la seconda domanda - la situazione nella ex Jugoslavia si andava deteriorando giorno per giorno.
Certo, non credo che il problema sia nato in coincidenza con le sfortunate trattative di Rambouillet; da diversi mesi, da diversi anni si avevano tutti i segnali di ció che stava accadendo e dei massacri che si stavano perpetrando nei confronti di milioni e milioni di persone.
L'altra domanda che vorrei fare ha riferimento alla politica internazionale del nostro paese. In che modo il nostro Governo si é reso responsabile di una nuova elaborazione rispetto a nuovi problemi e a nuove situazioni che si andavano man mano manifestando anche all'interno delle stesse alleanze alle quali il nostro paese partecipa? Forse sarà stato troppo impegnato nella manovra di rientro del debito pubblico e di rilancio dell'economia, cosí da consentirci l'ingresso in Europa, con uno spasmodico aumento di tasse e con una pressoché ininfluente riduzione di spese.
Certo la politica internazionale del nostro paese ha segnato negli ultimi tempi una pericolosa e preoccupante pausa rispetto a quella che avrebbe dovuto essere. E qui vorrei fare un'altra domanda: non sarebbe stato meglio venire qui in Parlamento e discutere prima di tutto quello che sarebbe stato necessario esaminare, facendo una diagnosi, individuando delle linee direttrici e possibilmente delle soluzioni? Quanto sarebbe stato piú forte il nostro Governo se avesse avuto un chiaro mandato da parte del Parlamento rispetto sia al mantenimento della sua posizione all'interno dell'Alleanza atlantica sia all'azione di politica internazionale che di lí a breve si sarebbe accinto a svolgere? Quanto sarebbe stato piú forte il nostro paese se, accanto all'iniziativa del Governo, vi fosse stato l'intero Parlamento in rappresentanza dell'intero paese?
Ma questo il Governo non l'ha fatto; diciamo che ha avuto imbarazzo a farlo, proprio perchè all'interno della sua maggioranza vi é una forte divaricazione in tema di politica estera. Vi é una troppo forte divaricazione che non puó essere certo superata da questi stratagemmi di utilizzo o meno di aerei o altro, che certo non mettono al massimo il cosiddetto "entusiasmo delle truppe", alle quali peraltro credo vada il plauso di tutto il paese per quanto stanno sopportando in questo momento. (Applausi dai Gruppi Forza Italia, Centro Cristiano Democratico e Alleanza Nazionale e dei senatori Camo, Occhipinti e Di Pietro) .
Certo, dinanzi ad una posizione coerente - perchè non dirlo? - di Bertinotti e dei suoi di Rifondazione Comunista, abbiamo assistito a queste contorsioni per cercare di trovare un filo per rimanere attaccati - forse - al Governo e alla maggioranza di Cossutta e dei Comunisti Unitari.
Per questo il Governo non é venuto per tempo in Parlamento a discutere di argomenti di cosí rilevante importanza. Signor Presidente del Consiglio, qui si sta discutendo non soltanto dell'intervento in Kosovo - ci mancherebbe altro, é ovvio che anche noi siamo favorevoli alla piena fedeltà alle nostre alleanze e alla NATO e, come si dice, quando si vede un energumeno che picchia un bambino bisogna in qualche modo intervenire perchè smetta di continuare a picchiarlo - ma tutto questo dopo aver valutato e autorevolmente proposto diagnosi, obiettivi, progetti, soluzioni che non mi pare sino a questo momento hanno avuto l'Italia protagonista.
Faccio qualche piccola citazione, molto in breve, anche per far notare le contraddizioni rispetto alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio. Lui é venuto a dirci, ha dichiarato, che sarebbe opportuno convocare immediatamente il gruppo di contatto. Bene, gli USA hanno immediatamente risposto: no al gruppo di contatto. E poi, ancora, D'Alema ci é venuto a dire: il Governo deve poter svolgere un'azione con pieni poteri. Ma dove? Nell'ambito di che cosa questi pieni poteri? Nell'ambito di una politica europea che é ancora realmente carente? Non lo affermo io, lo afferma uno storico, peraltro di origine marxista, quindi, direi, per voi al di sopra di ogni sospetto, Hobsbawn, il quale sostiene che da dieci anni almeno l'Europa avrebbe dovuto dotarsi di una politica europea, avrebbe dovuto e potuto risolvere i problemi che oggi affrontiamo in Kosovo. D'Alema dice ancora: puntiamo ad un'azione militare breve. Bene, viene una dichiarazione autorevole, Clinton (credo sia abbastanza autorevole) che dice: bombe sino al sí di Belgrado al piano di pace. Anche Clark dice la stessa cosa a nome della NATO. Lo dice anche Cohen: raid fino a quando Milosevic non si piegherà. E peró risponde l'ambasciatore jugoslavo: "Belgrado non isserà bandiera bianca".
Io mi auguro che tutte queste notizie siano, come é ovvio, note a tutti i parlamentari presenti, ma soprattutto al Governo. D'Alema dice: "Serve la disponibilità di Belgrado", ma questa disponibilità non c'é. Ci arriva una notizia da Mosca: "Belgrado é pronta a riprendere i negoziati". Lo dice Ivanov, non proprio l'ultimo dei cittadini sovietici. D'Alema: "Imprescindibile il ruolo costruttivo della Russia". Subito dopo la mozione russa al Consiglio di sicurezza viene bocciata. E D'Alema ancora: "L'Italia protagonista dell'azione diplomatica". Nel frattempo dieci kosovari in fuga dai massacri del Kosovo vengono fermati a Gorizia, arrestati e poi respinti. Come azione diplomatica non c'é male, devo dire. "Bosnia chiede riunione su intrusione di Mig serbi": il conflitto si allarga. E ancora: "Rischi di diffusione in Europa", come afferma "L'Osservatore europeo"; Bombardamenti sul Montenegro"; "I serbi continuano ad attaccare". (Commenti dai senatori del Gruppo Democratici di Sinistra-L'Ulivo). "Nessun rischio" - dice D'Alema - "per i cittadini italiani": naturalmente é cosí, non ci sono rischi.

PRESIDENTE . Senatore La Loggia, la prego di affrettare la conclusione.

LA LOGGIA . Mi affretto, Presidente, mi conceda altri due minuti, perchè questo é un po' importante. (Commenti in Aula) .
L'onorevole Spini annuncia che é attaccata la Sfor in Bosnia. E mentre in Francia rafforzano la sicurezza degli edifici pubblici, nascono disordini in Inghilterra contro Blair, in Francia, e ancora a Vienna, e ancora in Grecia, e ancora in tutte le zone. Posso continuare, ma mi fermo qui naturalmente. (Commenti ironici) .
Concludo il mio intervento, signor Presidente, dicendo che con ben altra consapevolezza, con ben altra accortezza, con ben altre valutazioni, si sarebbe dovuti arrivare al passo al quale si é arrivati. Ma soprattutto avendo presente l'obiettivo, che non puó essere soltanto quello di dire: continuiamo a bombardare sino a quando Milosevic non firma il Trattato di Rambouillet. Si sarebbe dovuto continuare, evidentemente, già da anni, da mesi, dalle ultime settimane a trovare soluzioni.
L'intervento della NATO é sicuramente condivisibile, ma l'Italia in che modo é arrivata a questo momento? Con quali prospettive e con quale ruolo rispetto alla politica europea e rispetto alla politica dell'Alleanza atlantica? Su questi argomenti, signor Presidente del Senato, bisognerà che il Parlamento torni a fare le proprie valutazioni con il massimo di chiarezza. E se questo dovesse comportare una frattura all'interno della maggioranza ne prenderemo tutti atto; ne dovrà prendere atto il presidente del Consiglio D'Alema; per la parte nostra mentre ci dichiariamo - non potrebbe essere diversamente - fedeli all'Alleanza atlantica ed alla Nato, auspichiamo, come é ovvio, non solo che l'Italia si doti finalmente di una politica estera e di difesa ma che soprattutto tacciano le bombe e si ritorni ad un tavolo di trattative (Applausi dai Gruppi Forza Italia, Centro Cristiano Democratico e Alleanza Nazionale. Molte congratulazioni) .

PRESIDENTE . E iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Mantica. Ne ha facoltà.

MANTICA . Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, le norme e le procedure ci impongono di esprimere e di fare delle valutazioni sulla mozione firmata dai senatori Salvi, Elia e Pieroni, e ci dispiace profondamente perchè vuol dire fare dichiarazioni, dimenticando quello che il Presidente del Consiglio ha qui detto, non ricordando alcune delle cose importanti ed anche condivisibili che l'onorevole D'Alema ha esposto sia in sede di illustrazione del dibattito sia in sede di replica. Lo dico perchè questa mozione a nostro giudizio é molto diversa nello spirito, nelle parole da ció che il Presidente del Consiglio ci ha voluto dire.
Voglio solo ricordare che con grande senso di responsabilità l'onorevole D'Alema ha qui dichiarato - e se ne é giustamente assunto la responsabilità - che l'Italia fa parte della NATO; noi siamo la NATO; noi abbiamo deciso l'intervento nel Kosovo. Tale assunzione di responsabilità, da cui derivano conseguenze, non si ritrova nella mozione presentata dalla maggioranza; vi é nella mozione della maggioranza un tentativo di sfuggire proprio alle responsabilità, cui faceva riferimento il presidente del Consiglio, D'Alema. Nel dispositivo, si auspica che "l'Unione europea maturi una posizione globale": é un auspicio fatto da troppo tempo, non certo realizzabile oggi; e poi: "a sostenere il ruolo dell'ONU": lo stesso Presidente del Consiglio ha detto come l'ONU si trovi al di fuori delle possibilità di intervento. La mozione é da giudicare per due affermazioni: la prima dice che occorre adoperarsi con gli alleati della NATO per una iniziativa volta a riprendere subito i negoziati e a sospendere i bombardamenti: uno strano scherzo del destino fa sí che queste parole siano anche quelle della mozione russa presentata e respinta oggi dal Consiglio di sicurezza dell'ONU; questo per dimostrare la distanza, in senso letterale e programmatico, di un Governo che si assume con il suo Presidente del Consiglio la responsabilità della decisione della NATO e una mozione della maggioranza che ricalca la mozione russa al Consiglio dell'ONU.
Cosí dobbiamo dire che ha ragione e condividiamo la posizione del presidente Andreotti, il quale ci ha ricordato l'articolo 3 del Trattato NATO, le funzioni di difesa della NATO e come questa sua trasformazione che é in atto di cui abbiamo assunto la responsabilità e di cui condividiamo in questo momento le conseguenze, avrebbe forse e dovrà, secondo noi, trovare all'interno del Parlamento tempo e luogo istituzionale di dibattito. Dobbiamo dire francamente che questa NATO, in cui certamente tutti sono uguali ma qualcuno é piú uguale degli altri e sta la di là dell'Atlantico, cosí come si prospetta non ci piace molto. Soprattutto non ci piace l'idea di fare parte di qualcuno che pretende di essere gendarme del mondo, magari qualche volta succube di un delirio di onnipotenza che sembra avere preso gli Stati Uniti dalla fine della guerra fredda; perchè non pensiamo che ci sia nessuno che possa giudicare l'ingerenza umanitaria o che possa decidere quale ingerenza umanitaria. Pensiamo che nessuno possa giudicare le libere scelte dei popoli. Qualcuno ha ricordato il Tibet, qualcun altro potrebbe ricordare l'Uganda o il Congo; qualcuno potrebbe ricordare perchè non interveniamo in Algeria di fronte ai massacri degli integralisti islamici.
Allora, parliamo di questa nuova NATO, ma oggi noi siamo allineati alle decisioni e alle responsabilità che ci siamo assutni.
E non ci piace nemmeno - lo diciamo con grande franchezza - la mozione presentata dalla maggioranza nel punto in cui parla di forze italiane impegnate in funzione difensiva. Non so se ha ragione il ministro della difesa Scognamiglio quando sostiene che le nostre forze sono a disposizione dei comandi NATO; o se ha ragione il senatore Elia quando afferma che questo accordo é stato firmato nell'ottobre 1998.
A noi non piace il fatto che questa mozione, frutto di compromessi all'interno di una maggioranza profondamente disomogenea, suoni alle orecchie dei soldati italiani impegnati - lo ricordo - sul fronte macedone-serbo, o degli avieri italiani impegnati con i Tornado a pattugliare il cielo d'Italia, come un compromesso di forze politiche.
Credo che i soldati d'Italia non abbiano simboli nè della Quercia, nè dell'Ulivo, nè del Polo, ma portino il simbolo della patria. (Applausi dai Gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Centro Cristiano Democratico). E credo che abbiano il diritto di sapere che tutta la comunità nazionale é al loro fianco.
Alleanza Nazionale é all'opposizione di questo Governo ma con questo Governo é allineata per gli impegni assunti in sede NATO e rivolge in questa sede alle Forze armate italiane il saluto del Parlamento e l'augurio che esse siano all'altezza del loro compito.
Questa guerra viene da noi intesa come un momento particolare dello sviluppo diplomatico e politico del rapporto con il Governo serbo. Forse, citando Von Clausewitz, potremmo dire che la guerra é un modo per continuare la politica con mezzi diversi.
Noi vogliamo e auspichiamo che le trattative riprendano subito, non appena il Governo serbo deciderà di tornare al tavolo delle trattative, non un attimo prima.
Forse occorrerebbe ripensare in questa fase a dove é necessario riportare il Governo serbo perché non vorremmo che a Rambouillet avvennisse una seconda Versailles; non vorremmo cioé che fosse commesso l'errore, compiuto a Versailles, di umiliare un grande popolo come quello serbo.
É inutile raccontare che é stata offerta solo l'autonomia ai kosovari, perché sappiamo tutti che questa condizione dura tre anni dopo di che varrà il principio dell'autodeterminazione. É inutile pensare di far sedere il Governo serbo intorno a un tavolo al quale - tutti noi lo sappiamo - le parti non si sono presentate. É inutile pensare di far sedere il Governo serbo intorno ad un tavolo di trattative, se i governi occidentali e gli Stati Uniti in particolare hanno riarmato e finanziato l'UCK.
Allora, a Rambouillet occorre riportare il Governo serbo, non Slobodan Milosevic che é il capo del Governo serbo; infatti, se vogliamo metterla sul piano dei nomi, vorrei sapere dagli uomini della maggioranza se Tudjman, capo della Croazia, é da considerare un principe della filosofia democratica e se in Croazia esiste la democrazia come noi occidentali la intendiamo e se la persecuzione nei confronti della minoranza italiana in Croazia che tuttora continua rientra nella logica dei paesi occidentali. (Applausi dai Gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Centro Cristiano Democratico) .
Allora dobbiamo tornare a Rambouillet ma non certamente a Versailles. Da Versailles é nata la fine dell'Europa e oggi l'Europa deve riconsiderare, alla luce di quanto é avvenuto, una nuova e diversa assunzione di responsabilità e di partnership nei confronti degli Stati Uniti d'America.
Ma siamo molto preoccupati perché un Governo che ha questo compito, che vuole assumersi questo compito, non puó aver questa maggioranza; non puó avere dei Ministri amici di Cossiga che tirano da una parte e forse condividono ció che il presidente Cossiga ha dichiarato questa sera (non certamente positivo nei confronti della maggioranza), né tanto meno puó contare al suo interno sul movimento dei Verdi che sono comunque pacifisti, al di là di ogni ragionevolezza, qualcosa di molto diverso rispetto al battersi per la pace e per la giustizia. Non cito poi il partito di Cossutta perché, indubbiamente, oggi ha vissuto un dramma lacerante; probabilmente chiede ancora che le basi della NATO siano fuori dall'Italia e che l'Italia sia fuori dalla NATO.
Con questo Governo, con questa maggioranza, é difficile giocare il ruolo che noi auspichiamo possa giocare il Governo italiano, quello del grande mediatore all'interno della logica della NATO verso il Governo serbo. Tant'é, che il presidente D'Alema, con quell'onestà intellettuale che ogni tanto tradisce il cinico Capo del Governo, disse: "Se vado sotto, me ne vado". E, forse, proprio attento al gioco della politica ha fatto quella dichiarazione a Berlino, che non era tanto rivolta a Blair ma ai Capigruppo che si stavano riunendo a Palazzo Chigi per stilare la mozione di maggioranza. In questa situazione noi crediamo che l'Italia abbia bisogno di un Governo omogeneo e compatto per affrontare questo difficile momento e ci auguriamo che il presidente D'Alema tragga le dovute conseguenze da questo dibattito parlamentare.

BERTONI . Sarà piú forte dopo questo dibattito.

MANTICA . L'opposizione, il Polo, quando si tratta della credibilità, quando si tratta della posizione dello Stato italiano, si assume e sa assumersi le sue responsabilità.
Noi voteremo contro la mozione della maggioranza, pur approvando l'intervento della NATO, pur auspicando che l'Italia possa giocare questo ruolo di grande mediatore perchè venga riportata la pace in Serbia. Noi voteremo a favore della mozione del Polo, che ribadisce questi princípi (Applausi dai Gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Centro Cristiano Democratico. Molte congratulazioni).

PRESIDENTE . É iscritto a parlare per dichiarazione di voto il senatore Salvi. Ne ha facoltà.

SALVI . Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, abbiamo apprezzato quanto ci ha detto il Presidente del Consiglio. Abbiamo apprezzato la chiara e precisa assunzione di responsabilità, rispetto ad una decisione che non é stata assunta in sede militare, da anonimi generali, ma in una sede politica e con il consenso preventivo del Governo italiano.
Abbiamo apprezzato al tempo stesso l'onesto e chiaro riconoscimento della complessità di quella decisione. (Commenti del senatore Novi) ... Senza trionfalismi...

PRESIDENTE . Senatore Novi, per favore. (Commenti del senatore Novi). Abbia la cortesia, guardi la Presidenza, anzichè discutere.

NOVI . Presidente, e quando parlano gli altri?

PRESIDENTE . Prego, senatore Salvi.

SALVI . Senza trionfalismi, D'Alema ha richiamato i dubbi soggettivi che si pongono a un uomo di sinistra davanti ad una scelta che implica l'uso della forza militare. Ma soprattutto ha richiamato l'oggettiva problematicità sulla legittimazione giuridica dell'intervento, l'oggettivo dubbio etico che é giusto avere ogni qualvolta si decide il ricorso alle armi.
Abbiamo apprezzato la chiarezza con la quale ha indicato l'autonoma iniziativa che, dentro l'Alleanza e nell'assoluta lealtà nei confronti degli alleati, il Governo italiano sta intraprendendo per assicurare al piú presto la ripresa della via politico-diplomatica per giungere ad una vera e duratura pace nel Kosovo.
Altro che 8 settembre! L'8 settembre c'é stato troppo spesso nel passato, quando i Governi oscillavano fra la tentazione del tirarsi fuori, dello stare a guardare, e l'opposta tentazione di una subalternità, senza autonoma assunzione di responsabilità, rispetto a decisioni prese all'estero.
Certo, é stata una scelta difficile e giorni difficili ancora ci attendono. Ci sono peró nella vita delle nazioni, come nella vita delle persone, quelle che un grande giurista americano ha chiamato "scelte tragiche", quando cioé entrambe le alternative tra le quali scegliere presentano costi gravi. Eppure, bisogna scegliere. Non intervenire sarebbe stata anche questa una scelta, ma quale ne sarebbe stato il costo?
Per anni, a poche decine di chilometri dai confini dell'Europa e dell'Italia, si sono perpetrati massacri, episodi di inaudita violenza, fatti che speravamo e credevamo non si dovessero ripetere dopo le tragedie della seconda guerra mondiale. Non possiamo dimenticare ció che é avvenuto in Bosnia, dove troppo a lungo, nell'inerzia della Comunità internazionale, si é operata una spietata pulizia etnica.
"Pulizia etnica", un'espressione purtroppo entrata nell'uso corrente, ma che dobbiamo ricordare per richiamare ció che essa davvero significa, ció che concretamente ha rappresentato e sta rappresentando per centinaia di migliaia di persone: espulsione definitiva dalle proprie case e dalle proprie terre, divisioni delle famiglie, campi di concentramento, esecuzioni di massa, torture, stupri, uccisioni senza pietà. Stiamo parlando di qualcosa che aveva avuto inizio anche nel Kosovo, dopo la tragedia bosniaca. Suhareka, Goden: parole che non dicono nulla, che non conosciamo. Sono i nomi dei villaggi del Kosovo meridionale nei quali, nei giorni scorsi, hanno avuto luogo massacri non dissimili da quelli che in Bosnia solo il tardivo intervento internazionale ha potuto fermare.
Ecco allora che non é solo la politica, ma anche e soprattutto la valutazione etica che ognuno di noi compie nella sfera della propria coscienza, davanti a scelte tragiche, che deve farci formulare con chiarezza la domanda su quella che sarebbe stata l'alternativa: cosa avremmo detto alla nostra coscienza di uomini e di donne, prima ancora che di politici, se avessimo consentito che tutto ció proseguisse senza un'adeguata reazione? E pensiamo davvero che chiuderci nel nostro isolamento, con la guerra in corso e le violenze in atto, avrebbe potuto e potrebbe, alla lunga, preservare la pace, la vita civile, tollerante, democratica dell'Europa e dell'Italia?
Il presidente D'Alema lo ha detto e condividiamo fino in fondo le sue parole: avere compiuto questa scelta non vuol dire affatto disprezzare o dileggiare la profonda ispirazione pacifista che guida il mondo cattolico, a partire dal suo supremo magistero, o che per altre vie motiva le prese di posizione di autorevoli personalità della sinistra. É bene che vi sia chi presenti in modo radicale le ragioni della pace, anche per richiamarci all'equilibrio delle decisioni da assumere.
E, del resto, il Presidente del Consiglio ha qui confermato con grande nettezza quanto aveva preannunciato ieri a Berlino: la volontà di caratterizzare il ruolo dell'Italia nell'Alleanza come quello di una nazione che in via generale invita ad un'estrema prudenza nel ricorso all'intervento militare, anche se per ragioni umanitarie, e che, nel caso concreto, ribadisce il carattere circoscritto degli obiettivi dell'intervento e la necessità che esso si svolga in tempo limitato, per riaprire al piú presto la via della soluzione politico-diplomatica. Questa via é, infatti, l'unica che puó portare davvero all'obiettivo che ci sta a cuore: la pace nei Balcani, la tutela dei fondamentali diritti umani.
Non é certo un caso se l'ambasciata italiana a Belgrado é l'unica operativa in questi giorni drammatici, se la mozione che abbiamo presentato indica nel ritorno al Gruppo di contatto, nelle Nazioni Unite e nella tutela dei profughi obiettivi fondamentali della nostra azione. Gli interessi nazionali dell'Italia - da far valere nelle sedi internazionali senza subalternità e senza tradimenti - concorrono con le ragioni etiche a che il nostro paese segua con determinazione la strada indicata dal Governo.
Certo, da questa vicenda dovremmo trarre tutte le indicazioni per un rinnovato e deciso impegno per dare all'Europa le istituzioni democratiche necessarie perchè possa svolgere in futuro le funzioni politiche che le spettano. E analogo impegno occorre per una riforma dell'ONU che consenta al nuovo ruolo della NATO, che non é piú strumento della guerra fredda, ma organizzazione regionale della comunità mondiale, di dispiegarsi davvero e fino in fondo secondo questa logica.
Intanto, ribadiamo il sostegno pieno e convinto dei senatori Democratici di Sinistra per le scelte compiute e per gli obiettivi politici indicati dal presidente D'Alema: la tutela dei diritti umani e civili nei Balcani, la determinazione delle condizioni per un'iniziativa politica e diplomatica che riporti la pace in Europa. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Partito Popolare Italiano, Verdi-L'Ulivo, Unione Democratica per la Repubblica (UDR), Rinnovamento Italiano, Liberaldemocratici, Indipendenti-Popolari per l'Europa e Misto e dalle componenti Socialisti Democratici Italiani e I democratici-L'Ulivo del Gruppo Misto. Molte congratulazioni).

Sui lavori delle Commissioni permanenti affari esteri e difesa

PRESIDENTE . Onorevoli colleghi, in relazione alla situazione di crisi nell'area dei Balcani, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, ho invitato le Commissioni affari esteri e difesa del Senato a tenere un costante contatto con il Governo, congiuntamente con le omologhe Commissioni della Camera, anche nei periodi di sospensione dei lavori parlamentari, per assumere tutte le informazioni sull'evolversi della situazione, affinchè il Parlamento possa essere posto nelle condizioni di esercitare con pienezza di conoscenza le sue prerogative.

Ripresa della discussione di mozioni sulla crisi del Kosovo

PRESIDENTE . Riprendiamo l'esame delle mozioni.
Metto ai voti la mozione 376, presentata dal senatore Gasperini e da altri senatori.

Non é approvata.

GASPERINI . Domando di parlare.

PRESIDENTE . Ne ha facoltà.

GASPERINI . Signor Presidente, rinuncio a chiedere la controprova, peró mi dia atto che il mio voto é deciso e determinato. (Ilarità. Generali applausi).

PRESIDENTE . Ed é rafforzato dalla sua presenza quasi esclusiva!
Metto ai voti la mozione n. 377, presentata dal senatore La Loggia e da altri senatori.

Non é approvata .

Metto ai voti la mozione n. 378, presentata dal senatore Salvi e da altri senatori.

É approvata.

Metto ai voti la mozione n. 379, presentata dal senatore Meluzzi e da altri senatori.

É approvata.

Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 1.
Senatore Russo Spena, insiste per la votazione dell'ordine del giorno?

RUSSO SPENA . Sí, signor Presidente.

PRESIDENTE . Metto ai voti l'ordine del giorno n. 1, presentato dal senatore Russo Spena e da altri senatori.

Non é approvato .

Metto ai voti l'ordine del giorno n. 2, presentato dal senatore Milio.

Non é approvato .

Senatore Gasperini, il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno n. 3 per cui, poichè lei stesso ha dichiarato di preferire questa soluzione, non lo metto in votazione.
Metto ai voti l'ordine del giorno n. 4, presentato dal senatore Marino e da altri senatori.

Non é approvato .

Ricordo che l'ordine del giorno n. 5 é stato ritirato.
La discussione delle mozioni é cosí esaurita.

Mozioni e interrogazioni, annunzio

PRESIDENTE . Invito il senatore segretario a dare annunzio delle mozioni e delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MANCONI , segretario, dà annunzio delle mozioni e delle interrogazioni pervenute alla Presidenza, che sono pubblicate nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

Ordine del giorno

per la seduta di martedí 30 marzo 1999


PRESIDENTE . Il Senato tornerà a riunirsi in seduta pubblica martedí 30 marzo, alle ore 16,30, con il seguente ordine del giorno:

I. Discussione dei disegni di legge:

1. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º febbraio 1999, n. 16, recante disposizioni urgenti per la conferma e la proroga dell'esercizio delle funzioni di giudice di pace (3888) (Approvato dalla Camera dei deputati) (Relazione orale).

2. Conversione in legge del decreto-legge 1º marzo 1999, n. 43, recante disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario (3847).

II. Votazione finale del disegno di legge:

Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti (55-67-237-274-798-982-1288-1443-65-238-B) (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione, con modificazioni, del disegno di legge già approvato dal Senato in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge di iniziativa dei senatori Provera; Napoli Roberto ed altri; Di Orio ed altri; Martelli; Salvato; Bernasconi ed altri; Centaro ed altri e di un disegno di legge di iniziativa popolare; del disegno di legge già approvato dal Senato in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei senatori Napoli Roberto ed altri e Di Orio ed altri; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Caveri; Balocchi; Delfino Teresio; Mussolini; Polenta ed altri; Saia ed altri; Bono; Saia ed altri; del disegno di legge d'iniziativa del Consiglio regionale della Valle D'Aosta; del disegno di legge d'iniziativa del Consiglio regionale dell'Abruzzo; del disegno di legge d'iniziativa del Consiglio regionale delle Marche e di un disegno di legge d'iniziativa popolare).

La seduta é tolta (ore 23,47) .

Licenziato per la composizione e la stampa dal servizio dei Resoconti parlamentari alle ore 1,50 di sabato 27-03-1999





Allegato A

MOZIONI SULLA CRISI DEL KOSOVO

GASPERINI, TABLADINI, PERUZZOTTI, MORO, ROSSI, TIRELLI, COLLA, BRIGNONE. - Il Senato,
osservando con preoccupazione come questo secolo si concluda nello stesso modo in cui si é aperto, vale a dire con un esercizio di potenza nei Balcani;
constatati i drammatici sviluppi assunti dalla crisi kossovara, culminati nella decisione delle autorità dell'Alleanza Atlantica di procedere, per la prima volta nella storia dell'organizzazione, all'effettuazione di attacchi aerei nei confronti di uno Stato sovrano e, per di piú, in assenza di un mandato da parte delle Nazioni Unite o dell'OSCE;
ricordando come il Trattato del Nord Atlantico fosse stato concepito come strumento puramente difensivo ed in quanto tale sottoscritto e ratificato anche dall'Italia;
deplorando il comportamento del Governo italiano che ha concesso l'uso delle basi aeree e marittime nazionali alle forze che stanno bombardando il territorio della Federazione jugoslava senza essersi preventivamente confrontato con il Parlamento;
rilevando la gravità dei rischi ai quali, attraverso questa scelta interventista, il Governo ha esposto lo stesso territorio nazionale italiano, che potrebbe subíre rappresaglie anche missilistiche rispetto alle quali le difese piú moderne di cui dispongono le Forze armate risalgono agli anni '60 e '70 e sono pertanto da ritenersi scarsamente affidabili;
sottolineando:
i pericoli e le sofferenze cui vengono sottoposte, come conseguenza del ricorso alla forza, la popolazione serba e la stessa popolazione kossovara come prova il fatto che lo stesso capoluogo del Kosovo, Pristina, ha già subíto diversi bombardamenti;
l'evidente difetto di progetto politico a monte della decisione dell'Alleanza Atlantica di procedere all'effettuazione di una massiccia tornata di raid aerei e missilistici contro il territorio jugoslavo, posto che non é chiaro cosa possa essere fatto qualora il Governo jugoslavo decida di resistere ad oltranza;
rimarcando:
come, al di sotto dell'apparente unanimità dei paesi membri della NATO, vi sia, in realtà, una vasta gamma di posizioni e sfumature politiche e come, in particolare, vi siano Stati che hanno già apertamente dichiarato di non partecipare attivamente alle operazioni;
come, altresí, non vi sia un'unanimità di posizioni neppure all'interno della maggioranza che sostiene l'attuale Governo,
impegna il Governo:
a rimeditare la propria posizione in seno all'Alleanza Atlantica in rapporto alla politica decisa nei confronti della Federazione jugoslava, anche alla luce delle reazioni ostili già emerse in Russia ed Ucraina, che potrebbero porre in pericolo la ratifica del Trattato Start II da parte della Duma e gravemente pregiudicare lo sviluppo di relazioni pacifiche e cooperative con i Governi di Mosca e Kiev;
ad agire comunque in tutte le sedi internazionali opportune - ivi incluso l'imminente vertice atlantico di Washington, che dovrebbe approvare il nuovo concetto strategico dell'Alleanza - per evitare che la NATO si trasformi unilateralmente in una sorta di gendarme del mondo;
a negare alle unità aeree e navali dell'Alleanza Atlantica i supporti necessari alla prosecuzione dell'offensiva decisa a Bruxelles, a partire dall'uso delle basi già da tempo occupate dai velivoli delle potenze della NATO, foriero di gravi incidenti anche in tempo di pace;
a non offrire alla NATO la disponibilità di proprie unità aeree, navali e terrestri nel quadro dello svolgimento di operazioni offensive dirette contro il suolo della Federazione jugoslava;
ad esprimere la propria solidarietà nei confronti delle popolazioni civili residenti nel territorio della Federazione jugoslava, i cui interessi non sembrano essere stati adeguatamente ponderati dalla diplomazia internazionale.

LA LOGGIA, MACERATINI, D'ONOFRIO, GAWRONSKI, SERVELLO, TAROLLI, PIANETTA, MANTICA, BIASCO, PORCARI, MAGGIORE, MANCA, TONIOLLI, SELLA DI MONTELUCE, DE ANNA. - Il Senato,
premesso:
che numerose risoluzioni delle Nazioni Unite hanno condannato la repressione della popolazione albanese del Kosovo, perpetrata dal governo serbo di Milosevic;
che sono falliti i tentativi diplomatici, da ultimi i colloqui di Rambouillet, finalizzati a trovare un accordo per risolvere la situazione nel Kosovo, rinforzando l'autonomia della regione;
che si é reso necessario intervenire con un'azione militare della NATO contro la Federazione di Yugoslavia, ed in particolar modo contro il regime di Milosevic, colpevole di non aver dato seguito agli impegni presi di pacificazione nel Kosovo;
che in Italia, sia prima che dopo l'attacco, la maggioranza di Governo si é spaccata sull'opportunità di un intervento armato contro uno Stato sovrano che pur reprime e massacra una parte della sua popolazione sul proprio territorio,
impegna il Governo:
a sostenere l'iniziativa della NATO al fine di ripristinare l'autonomia della regione albanese del Kosovo, bloccando la catastrofe umanitaria in atto, e per ritornare al rispetto dei diritti umani;
qualora alla fine del dibattito una parte della maggioranza dovesse esprimersi contro l'iniziativa della NATO in Kosovo tale da determinare la mancanza di maggioranza al Governo, a riferire al Capo dello Stato affinché se ne traggano le dovute conclusioni.

SALVI, ELIA, PIERONI FUMAGALLI CARULLI, NAPOLI Roberto, MARINO, OCCHIPINTI, MARINI. - Il Senato,
rilevato che gli sviluppi della crisi dei Balcani hanno assunto aspetti drammatici e che é in corso l'azione militare della Nato nella quale le forze italiane sono impegnate in funzione difensiva;
considerato che si é giunti a questo punto per il rifiuto dell'accordo di Rambouillet che pur garantiva l'integrità territoriale della Repubblica jugoslava, deludendo cosí le aspettative di una soluzione pacifica e concordata della questione del Kosovo, tale da garantire stabilità alla regione e sicurezza alle popolazioni gravemente minacciate dalla drammatica recrudescenza delle azioni di guerra;
approvata l'azione svolta dal Governo nel quadro delle alleanze dell'Italia in direzione anzitutto delle iniziative rivolte fino all'ultimo a risolvere la crisi attraverso le vie politiche-diplomatiche;
valutati con preoccupazione i rischi di un'azione militare,
impegna il Governo
ad adoprarsi con gli alleati Nato per un'iniziativa volta a riprendere subito i negoziati e a sospendere i bombardamenti;
ad agire affinché l'Unione Europea maturi una posizione globale e una forte azione comune sui Balcani;
a sostenere, come previsto dall'accordo di Rambouillet, il ruolo dell'Onu affinché - corentemente alle precedenti risoluzioni sul Kosovo - possa dispiegarsi sul terreno una forza multinazionale di interposizione con il coinvolgimento del Gruppo di contatto;
a predisporre gli interventi necessari all'accoglienza di profughi e a convocare il "Tavolo di coordinamento per gli aiuti umanitari".

MELUZZI, VERTONE GRIMALDI, D'URSO, MANIS, FUMAGALLI CARULLI, OSSICINI, MUNDI, JACCHIA. - Il Senato,
apprezzate con soddisfazione le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, approva le assicurazioni in esso contenute in ordine al mantenimento degli impegni assunti dall'Italia in seno alla Nato,
approva inoltre la volontà di assicurare l'azione politico diplomatica tesa al superamento della crisi del Kosovo.


ORDINI DEL GIORNO


Il Senato della Repubblica,

considerato che:

la decisione di ritirare i 1400 osservatori dell'Osce in seguito all' ultimatum del presidente Usa Bill Clinton nei confronti della Jugoslavia ha finito per privare la popolazione civile della necessaria prote zione internazionale, contribuendo inopinatamente alla ripresa del conflitto in larga scala tra i miliziani dell'Uck e le truppe di Belgrado;
invece di intimare alle due parti il cessate il fuoco rinnovando gli sforzi dell'Osce per arrivare ad una soluzione negoziale del conflitto, si é preferito consegnare al delegato degli Usa Holbrooke il compito di una mediazione portata avanti con il dito sul grilletto. Mediazione fallita, oltre che per responsabilità di Milosevic, anche per l'intransigenza statunitense nel rifiutare una missione di interposizione in Kosovo delle Nazioni Unite e per l'insistenza nel volere una missione della Nato pur non avendo, quest'ultima, nessun requisito di legittimità per agire in quell'area;
i raid aerei della Nato non serviranno ad alcunché, anzi getteranno benzina sul fuoco alimentando l'oltranzismo speculare dei nazionalismi, facendo esplodere la polveriera balcanica in un nuovo fiume di sangue innocente e dando il via ad una nuova brutale politica di pulizia etnica;
la decisione del governo D'Alema di portare l'Italia in guerra, sia concedendo le basi militari sia partecipandovi direttamente con propri mezzi ed uomini, fa del nostro Paese l'avamposto di questa aggressione, esponendolo a ritorsioni anche di carattere militare;

preso atto che:

il Consiglio di Sicurezza dell'Onu non é stato investito della questione e non ha deliberato l'uso della forza e che ogni iniziativa assunta da patti militari di parte contro un paese fondatore e membro delle Nazioni Unite rappresenterebbe una grave violazione del diritto internazionale;
lo stesso Patto dell'Atlantico del Nord, ratificato in legge dal Parlamento, non fa menzione alcuna di una aggressione preordinata e decisa dall'Alleanza contro un Paese sovrano dentro i suoi confini internazionalmente riconosciuti, e che pertanto ogni automatismo d'intervento a fianco dell'Alleanza risulta del tutto infondato;

chiede al Governo:

di dissociarsi dalla guerra dichiarando l'indisponibilità di mezzi e uomini delle forze armate italiane a partecipare ad ogni iniziativa militare, anche solo di sostegno logistico, della Nato nei confronti della Jugoslavia;
di rifiutare l'uso delle basi Usa e Nato collocate sul territorio nazionale per ogni aggressione nei confronti della Jugoslavia;
di interdire lo spazio aereo e le acque nazionali al transito di aerei e navi impegnati nella guerra contro la Jugoslavia;
di operare affinché le legittime aspirazioni alla democrazia e all'autonomia del popolo Kosovaro siano finalmente conseguite attraverso il negoziato, approntando per l'immediato un piano di emergenza per il sostegno umanitario ai profughi;
di chiedere la convocazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e l'avvio di una mediazione da parte del segretario generale Kofi Annan;
di chiedere l'immediato ritorno, anche come forma di garanzia per la popolazione civile, degli osservatori dell'Osce in Kosovo;
di promuovere, congiuntamente con gli altri paesi dell'Unione europea, una conferenza internazionale sul destino dell'insieme dell'area balcanica e sulla sua progressiva integrazione in un'Europa comune, democratica e multietnica.

9.1-00136, 137, 138, 139.1

RUSSO SPENA, CÓ, CRIPPA


Il Senato,

considerando che la politica condotta oggi dal regime di Belgrado si iscrive nella stessa direzione delle politiche di aggressione e di pulizia etnica messe in pratica dallo stesso regime contro le popolazioni della Croazia e della Bosnia;
profondamente scosso dall'inettitudine dei paesi occidentali i quali condannano il popolo serbo alla tirannia di un uomo e di un regime e gli negano qualsiasi prospettiva democratica;
considerando inoltre che non sussiste piú alcun dubbio quanto al fatto che l'architetto e il principale responsabile della politica criminale messa in pratica in Croazia, in Bosnia e in Kossovo sia l'attuale presidente della Repubblica federale di Iugoslavia, Slobodan Milosevic;
ritenendo che continuare oggi a brandire l'argomento della stabilità non potrebbe che equivalere a giustificare una "stabilità nel crimine, il terrore, la devastazione e le distruzioni";
sottolineando che la neutralizzazione politica di Milosevic e la caduta del regime di Belgrado costituiscono delle premesse indispensabili alla ricostruzione della democrazia e dello Stato di diritto tanto per i serbi che per gli albanesi del Kossovo;
riaffermando che solo la caduta del regime attualmente al potere a Belgrado permetterà di creare le condizioni affinchè l'insieme delle popolazioni che vivono sul territorio della ex Iugoslavia possano ritornare alla democrazia, allo Stato di diritto, alla libertà e alla pace;
ritenendo che sia ormai prioritario procedere con la massima urgenza alla neutralizzazione politica di Milosevic,

impegna il Governo

ad attivarsi presso il procuratore generale del Tribunale per i crimini commessi nella ex Iugoslavia per porre senza indugio Milosevic in stato d'accusa per genocidio e crimini contro l'umanità;
a portare a compimento l'iniziativa della NATO volta a ripristinare nel Kossovo l'autonomia del popolo albanese e a porre fine al genocidio in atto.

9.1-00136, 137, 138, 139.2

MILIO


Il Senato,

considerato

che la decisione della Nato di effettuare ripetuti attacchi aerei contro la Federazione Jugoslavia, indipendentemente da ogni valutazione politica nel merito della sua opportunità, é suscettibile di innescare gravi conseguenze sul piano umanitario;
che fra tali effetti, ancorché al momento difficilmente valutabili, potrebbe esservi anche un massiccio esodo di profughi, di proporzioni sicuramente superiori a quelli visti finora e potenzialmente catastrofiche;
che, essendo da tempo minato il confine tra Albania e Kossovo, il deflusso dei profughi interesserebbe, in primo luogo, la Macedonia ed il Montenegro, con probabile destinazione finale i porti albanesi e quindi le coste italiane;
che esiste pertanto il rischio concreto che il territorio della Repubblica Italiana venga investito a breve termine da un'ondata di albanesi kossovari senza precedenti;

constatando

come lo stesso Governo abbia preso atto del rischio deliberando lo stato di emergenza proprio per fronteggiare una situazione eccezionale del tipo descritto;

ritenendo

tuttavia, piú utile prestare assistenza e soccorso ai profughi oltreadriatico invece che sul territorio nazionale italiano;

invita il Governo

a garantire ai Governi dell'Albania e della Macedonia - e, se possibile, anche all'Esecutivo montenegrino - un sostanziale contributo italiano, secondo modalità da definire, per allestire rapidamente capienti campi di accoglienza sul territorio dei loro Paesi, in grado di ospitare civilmente i profughi kossovari;
a comunicare ai Governi di Tirana, Skopije e Podgorica la propria volontà di fornire assistenza ai profughi nei territori dell'Albania e della Macedonia, e non in quello della Repubblica Italiana, affinché i rifugiati possano rimanere il piú vicino possibile alle proprie terre d'origine;
a chiedere che i Paesi membri dell'Alleanza Atlantica attualmente impegnati nelle operazioni aeree contro la Federazione Jugoslava, contribuiscano insieme all'Italia all'allestimento ed al mantenimento dei suddetti campi di accoglienza proporzionalmente al proprio apporto allo svolgimento della campagna militare attualmente in corso.

9.1-00136, 137, 138, 139.3

GASPERINI

(*) Accolto dal Governo come raccomandazione.

Il Senato

in sede di dibattito sulla guerra nel Kosovo, dopo la drammatica situazione venutasi a creare in seguito dell'attacco aereo da parte delle Forze NATO contro la Yugoslavia

considerato

che rimane indispensabile un intervento dell'Europa per fermare i massacri, ma che tale intervento non puó essere sostituito da un'azione della NATO che per sua natura e per il ruolo che le é conferito, non ha legittimazione per operazioni di questa natura;
che sul punto non é ancora intervenuta alcuna risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU la cui convocazione é stata pure per tempo e di nuovo richiesta dalla Russia e dalla Cina, membri permanenti con diritto di veto;
che bombardamenti e lanci di missili sulla Yugoslavia costituiscono azioni di guerra che la nostra Costituzione non ammette come risoluzione delle controversie internazionali;
che l'ulteriore estensione del conflitto armato determinerebbe rischi anche per le popolazioni civili del nostro paese;

impegna il Governo

a chiedere l'immediata cessazione dei bombardamenti;
a intraprendere tutte le iniziative rivolte a ripristinare le condizioni che consentano di garantire la pace attraverso una risoluzione politica diplomatica della questione;
a non consentire l'impiego di mezzi e di forze militari italiane in azioni di guerra.

9.1-00136, 137, 138, 139.4

MARINO, MARCHETTI, BERGONZI, ALBERTINI, CAPONI, MANZI



Il Senato,

constatato che l'azione militare in corso nei confronti della ex Jugoslavia deliberata dal Consiglio Atlantico puó essere interrotta solo con una nuova delibera dello stesso Consiglio che impartisca nuove istruzioni al Generale Clark,

invita il Governo:

a proseguire nelle iniziative volte a rilanciare la trattativa con il Presidente Milosevic;
ad attenersi comunque alla procedura prescritta nel Patto Atlantico.

9.1-00136, 137, 138, 139.5

MANIS, MELUZZI, JACCHIA MUNDI







Allegato B

Commissioni permanenti, variazioni nelle composizione

Il Gruppo Verdi-L'Ulivo ha comunicato che, a partire dal 31 marzo 1999, il senatore Lubrano di Ricco entrerà a far parte della 4º Commissione permanente, cessando di far parte della 1º Commissione permanente.

Disegni di legge, trasmissione dalla Camera dei deputati

Il Presidente della Camera dei deputati ha trasmesso i seguenti disegni di legge:

2772-B - "Norme per il sostegno ed il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica e per interventi in materia di opere a carattere ambientale" (3455-B) (Approvato dalla 7º Commissione permanente della Camera dei deputati, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati);

C. 5324. - "Delega al Governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia, nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli affari esteri, per il personale militare del Ministero della difesa, per il personale dell'Amministrazione penitenziaria e per il personale del Consiglio superiore della magistratura" (3919) (Approvato dalla Camera dei deputati).

Disegni di legge, annunzio di presentazione

É stato presentato il seguente disegno di legge d'iniziativa del:

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA. - "Modifica alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante: "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"" (3918).

Sono stati presentati i seguenti disegni di legge d'iniziativa dei senatori:

AZZOLLINI, VEGAS, BALDINI, D'ALÍ, VENTUCCI, COSTA e GRECO. - "Rifinanziamento della legge 19 dicembre 1992, n. 488, e della legge 1º marzo 1986, n. 64, in materia di incentivi ed agevolazioni alle attività produttive" (3920);

CARUSO Antonino, BUCCIERO, MACERATINI, PASQUALI, PONTONE, SERVELLO, BASINI, BATTAGLIA, BEVILACQUA, BONATESTA, BORNACIN, CAMPUS, CASTELLANI Carla, COLLINO, COZZOLINO, CURTO, CUSIMANO, DEMASI, DE CORATO, FLORINO, LISI, MAGGI, MAGNALBÓ, MANTICA, MARRI, MEDURI, MONTELEONE, MULAS, PACE, PALOMBO, PEDRIZZI, PELLICINI, RAGNO, RECCIA, SILIQUINI, SPECCHIA e VALENTINO. - "Modifica dell'articolo 62- bis del codice penale" (3921).

Disegni di legge, assegnazione

I seguenti disegni di legge sono stati deferiti

- in sede deliberante:

alla 6º Commissione permanente (Finanze e tesoro):

"Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti" (3896) (Approvato dalla 6º Commissione permanente della Camera dei deputati) , previ pareri della 1º, della 2º e della 5º Commissione;

alla 7º Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport):

"Valorizzazione della funzione del personale della scuola" (3892), previ pareri della 1º e della 5º Commissione.

Il seguente disegno di legge é stato deferito

- in sede referente:

alla 8º Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni):

BORTOLOTTO ed altri. - "Modifiche alla legge 29 novembre 1990, n. 366, concernente il completamento e l'adeguamento delle strutture del laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso" (3271), previ pareri della 1º, della 5º, della 7º, della 13º Commissione e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Disegni di legge, richieste di parere

La Giunta per gli affari delle Comunità europee é stata chiamata ad esprimere il proprio parere sui disegni di legge nn. 166, 402, 1141, 1900 e 2453, in materia di cooperazione allo sviluppo, già deferiti in sede referente alla 3º Commissione permanente.

Governo, trasmissione di documenti

Il Difensore civico della regione Basilicata, con lettera in data 18 marzo 1999, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della leg ge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso Ufficio nell'anno 1998 ( Doc . CXXVIII, n. 2/14).

Detto documento sarà inviato alla 1º Commissione permanente.

Enti pubblici, trasmissione di documenti

Il Presidente della RAI, con lettera in data 24 marzo 1999, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 8, della legge 25 giugno 1993, n. 206, la relazione sull'andamento del servizio pubblico radiotelevisivo, relativa all'anno 1998 ( Doc . CXXX, n. 2).

Detto documento sarà trasmesso alla 8º Commissione permanente.

Corte dei conti,

trasmissione di relazioni sulla gestione finanziaria di enti


Il Presidente della Corte dei conti, con lettera in data 24 marzo 1999, ha trasmesso, in adempimento al disposto dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione sulla gestione finanziaria dell'Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL), per gli esercizi dal 1995 al 1997 ( Doc . XV, n. 185).

Detto documento sarà trasmesso alla 5º e alla 11º Commissione permanente.
Nel Resoconto sommario e stenografico della 502º seduta, dell''11 dicembre 1998, Allegato B , a pagina 50, sotto il titolo " Disegni di legge, assegnazione ", é soppresso il capoverso:
"WILDE ed altri. - "Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sull'Agenzia spaziale italiana (ASI)" (3675), previ pareri della 1º, della 2º e della 5º Commissione;",
ed é inserito, in fine, il seguente:
" alla 10º Commissione permanente (Industria, commercio, turismo):
WILDE ed altri. - "Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sull'Agenzia spaziale italiana (ASI)" (3675), previ pareri della 1º, della 2º e della 5º Commissione.".

Interrogazioni, da svolgere in Commissione

A norma dell'articolo 147 del Regolamento, la seguente interrogazione sarà svolta presso la Commissione permanente:

4º Commissione permanente (Difesa):

3-02727, del senatore Manfredi, su corsi specifici per la formazione degli ufficiali delle Forze armate e del Corpo della Guardia di finanza.