Legislatura 13º - Disegno di legge N. 4532

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

———–    XIII LEGISLATURA    ———–

N. 4532
 


DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori MAGGI e SPECCHIA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 MARZO 2000

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Liberalizzazione della produzione e commercializzazione del tabacco, regolamentazione del divieto di pubblicità e del divieto di fumare

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    Onorevoli Senatori. – Nel 1994 la «Lega italiana per la lotta contro i tumori» imputava al tabacco il 30 per cento del totale dei morti per tumore, con tassi di mortalità degli uomini giovani in Italia tra i più alti registrati nei Paesi più sviluppati; sigarette e affini sono responsabili in Italia di 90.000 morti ogni anno (il 90 per cento del cancro ai polmoni si verifica in fumatori o ex fumatori e sono attribuibili al fumo circa 10.000 decessi per bronchite cronica ed enfisema polmonare e una quota non trascurabile di incidenti cardiovascolari). Un fumatore su tre morirà a causa del fumo, perdendo in media dai 10 ai 15 anni di vita: eppure in Italia fuma ancora circa il 38 per cento degli uomini e il 26,8 per cento delle donne.

    Sempre dalla medesima fonte (il «Libro bianco» del 1994) si scopre che cosa si fuma con una sigaretta. All’estremo che brucia vengono prodotte un gran numero di sostanze chimiche che sono sia inalate sia reimmesse nell’aria. Il fumo di tabacco contiene una varietà amplissima di composti; molti identificati, diversi quantificati. Vi sono: irritanti, asfissianti chimici, carcinogeni, composti farmacologicamente attivi, sostanze psicoattive. Di queste ultime la principale è la nicotina, un alcaloide velenoso a concentrazioni elevate, una «droga» alle dosi solitamente ottenute coi prodotti del tabacco. Il veicolo principale di diffusione dei prodotti del tabacco sono le imponenti campagne pubblicitarie dirette e indirette, campagne favorite dalla carenza normativa in questa materia.
    Dinanzi ad un contesto di questo genere, desta sconcerto che lo Stato non solo non si faccia carico di una seria regolamentazione del divieto di fumare, ma addirittura guadagni proventi in via diretta dalla vendita di tabacco. Cessate col decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, le competenze dell’Azienda autonoma dei monopoli di Stato, resta infatti riservata in capo ad un ente pubblico economico (l’Ente tabacchi italiani) la produzione dei tabacchi nazionali; anche l’obiettivo che il medesimo decreto legislativo si pone a medio termine – cioè la trasformazione dell’Ente in una o più società per azioni – non impedisce la prosecuzione ancora per molto tempo (fino a quando il Tesoro ne sarà azionista di maggioranza) di una situazione immorale, in cui lo Stato italiano guadagna risorse dal pregiudizio arrecato alla salute dei suoi cittadini. Lo Stato italiano con il monopolio dei tabacchi incoraggia i fumatori, violando la Costituzione repubblicana che vuole la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, e non mette in guardia gli utenti sui rischi che corrono; anzi, nonostante siamo consci dei danni prodotti dal tabacco, quasi tutte le manifestazioni sportive vengono sponsorizzate da prodotti del tabacco, in diverse trasmissioni televisive o con spot vengono direttamente e indirettamente pubblicizzate marche di sigarette.
    Negli Stati Uniti d’America, più evoluti nella difesa del cittadino, la legge federale impone anzitutto un’informazione minimale dei consumatori (Federal cigarettes labelling and advertising Act del 1965, modificato dal Public health cigarette smoking Act del 1971, R.I.L.S., 1971, 22, pagina 1017). Di recente le somme spese nel trattamento sanitario dei pazienti di malattie tumorali da fumo (non coperti da assicurazione privata) sono la causa delle azioni per danni intentate contro i privati produttori di tabacco dagli Stati, le quali si aggiungono alle azioni collettive (class action suit) intentate a nome di decine di migliaia di fumatori (v. Sylvie Kauffmann, Le Monde, vendredi 10 septembre 1999); la risposta del mercato è stata l’accordo del 20 giugno 1997 per il versamento agli Stati, da parte delle case produttrici, di 368,5 miliardi di dollari in venticinque anni in via transattiva, accettando un numero importante di restrizioni alla distribuzione ed al marketing, secondo un modello di accordo che vede il consenso degli attorneys general di quaranta Stati; per il suo enforcement negoziati assai serrati sono in corso tra Congresso e Casa Bianca.
    Ci sarà un motivo per cui la frontiera della lotta al fumo nel nostro Paese è assai più arretrata: un vincolismo esasperato si somma al deprimente stato dell’attività di contrasto alla criminalità organizzata in materia; la sua natura transnazionale è esplicitamente affermata nella Relazione sulla politica informativa e della sicurezza nel secondo semestre 1998 (Doc. XXXIII, n. 6), dove, tra le più diverse attività illecite oggetto dell’azione informativa del SISMI, è stata inclusa la ricerca e l’analisi di dati concernenti il contrabbando di tabacchi lavorati esteri e di oli minerali.
    Il sistema in cui versa la gestione del tabacco sul continente europeo è tra i meno efficaci nella prevenzione del consumo, oltre che tra i più immorali: i fumatori pagano tasse enormi per l’acquisto di un pacchetto di sigarette, lo Stato accorda l’autorizzazione ad importare tabacco e recupera i benefici della sua produzione nazionale. Dal modello colbertiano del XVII secolo, lo Stato gioca infatti un ruolo economico importante anche nel settore produttivo di questo tipo di beni, e nella loro commercializzazione: tale modalità è stata oggetto di contestazione in Francia, dove la società produttrice di tabacco SEITA (Société Nationale d’Exploitation Industrielle des Tabacs et Allumettes) sarà ancora per qualche anno a partecipazione pubblica facendo sì che lo Stato recuperi parte dei proventi derivanti dalla vendita di morte. L’idea di uno Stato etico, che dietro le motivazioni di sanità pubblica voglia modellare la società a sua immagine secondo un puritanismo di maniera, non ha impedito alla SEITA di restare vittima nel 1999 di una clamorosa decisione di un tribunale francese sui danni provocati dal fumo; il colosso francese del tabacco è stato riconosciuto «parzialmente responsabile» della morte di un fumatore deceduto per cancro, essendosi tale società resa colpevole del mancato rispetto degli obblighi di informazione sui rischi per la salute (défaut d’information sur les graves dangers des cigarettes Gauloises que sur celui de l’árticle 1384 du Code Civil en tant que gardienne d ún produit dangereux en raison de son caractère structurellement addictif et cancérigène). Ciò è tanto più grave in quanto le carenze informative da parte di una società pubblica – autrice in precedenza di campagne di disinformazione permanente sul carattere «nazionale», positivo o sportivo del fumare sue sigarette – hanno sistematicamente violato o frustrato lo scopo di leggi dello Stato del 1976 (loi Veil) e del 1991 (loi Evin), che avevano imposto un contenuto informativo minimo (in ciò uniformandosi alla direttiva 89/622/CEE del 13 novembre 1989, sul riavvicinamento delle disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti del tabacco).
    In quella sentenza, resa dal Tribunal de Grande Instance di Montargis sul ricorso di Richard Gourlain (vittima di tre cancri dovuti alle sigarette Gauloises), non solo si è condannata la SEITA ad un consistente risarcimento dei danni (2.358.090 franchi), ma si è anche ricordato che il tabacco non è mai stato veramente considerato inoffensivo; la stessa ordinanza del 1629 di Richelieu, che sottopose il tabacco a diritto di dogana (antecedente storico di quel monopolio pubblico nella cui titolarità è subentrata la SEITA), rivelava che: «les sujets... à cause du bon marché en prennent à toute heure, dont ils recoivent grand préjudice et altération de leur santé». La letteratura sui legami tra tabacco e cancro è nella motivazione sceverata in tutta la sua evoluzione, ad ulteriore conferma dell’impossibilità di addurre che siano solo recenti quelle risultanze note da tempo: Doll e Hill, Smoking and carcinoma of the lung, «British Medical Journal», 2, 739 (1950); Lung cancer and other causes of death in relation to smoking, «British Medical Journal», 1, 1399 (1956); Smoking or health, Report of the Royal College of Physicians, London, Pitman Medical, 1962; US Surgeon General’s Advisory Committee on smoking and health, Report on smoking and health, Washington D.C., 1964; Hill, Projection des conséquences du tabagisme en France dans les quarantes prochaines années, Sem. hop. Paris, 27 juin 1991; Tabacologie, Masson, II ed., 1995, pag. 104.
    Ma, soprattutto, la responsabilità della SEITA fu affermata in base all’articolo 1384 del codice civile francese, per il quale il fabbricante d’un prodotto è responsabile dei danni causati ai terzi dalla struttura del prodotto: le sigarette sono state per l’appunto dichiarate dal tribunale «produit structurellement dangereux, addictif et cancérigène».
    L’unica conclusione morale di tali univoci indirizzi internazionali è quella di porre definitivamente termine a quello che appare un «dominio riservato» nella materia del fumo: a scopo di trarne proventi economici, lo Stato detiene un monopolio che elude le disposizioni di legge, mentre attribuire libertà ai privati significa poterli assoggettare a quel meccanismo di prescrizioni e condizioni (in primo luogo per l’etichettatura e la pubblicità) che probabilmente avrebbero una maggiore incidenza sul mercato nel senso di ridurre il consumo. Contemporaneamente alla soppressione del monopolio ed alla liberalizzazione del settore (di cui all’articolo 1), dunque, il presente disegno di legge intende rafforzare i divieti pubblicitari (articolo 2), allo scopo di renderli veramente efficaci nei confronti di tutti gli operatori del settore.
    Infine, si propone (articolo 3) di dare fondamento legislativo alla normativa in materia di fumo in Italia. È sì vero che la legge 11 novembre 1975, n. 584, afferma che è categoricamente vietato fumare nelle corsie degli ospedali, nelle aule delle scuole (di ogni ordine e grado), negli autoveicoli di proprietà dello Stato (nonché di enti pubblici, di privati concessionari di pubblici servizi di trasporto collettivo di persone e nelle metropolitane), nei locali chiusi adibiti a pubblica riunione, nelle sale di spettacolo cinematografico o teatrale, in quelle da ballo, da corse, da riunione, nelle accademie, nei musei, nelle biblioteche, nelle sale di lettura, nelle pinacoteche e nelle gallerie d’arte pubbliche o aperte al pubblico; ma è anche vero che è possibile comunque ottenere l’esenzione da tale responsabilità ove venga installato un impianto di condizionamento dell’aria o uno di ventilazione corrispondenti alle caratteristiche di definizione e classificazione determinate dall’Ente nazionale italiano di unificazione (in merito, il decreto del Ministro della sanità del 18 maggio 1976, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 133 del 20 maggio 1976, contiene disposizioni in merito agli impianti di condizionamento o ventilazione).
    Ma, soprattutto, la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 dicembre 1995, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15 gennaio 1996 – che regola il divieto di fumo in determinati locali della Pubblica amministrazione o dei gestori di servizi pubblici (tra le amministrazioni dello Stato sono compresi gli istituti, le istituzioni educative, le scuole di ogni ordine e grado, istituzioni universitarie, enti locali, loro consorzi e associazioni, enti pubblici non economici, non nazionali e locali, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale) – prevede che il divieto vada applicato in tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, dalla Pubblica amministrazione e dalle aziende pubbliche per l’esercizio di proprie funzioni istituzionali, nonché dai privati esercenti servizi pubblici per l’esercizio delle relative attività, sempre che si tratti (in entrambi i casi) di locali che in ragione di tali funzioni siano aperti al pubblico. Stante il contenzioso anche giurisdizionale che l’applicazione di tale norma ha prodotto, si ritiene necessario consacrarla in apposito testo di legge.

 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Liberalizzazione della produzione e commercializzazione del tabacco)

    1. Le attività produttive e commerciali già riservate o comunque attribuite all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, e successivamente attribuite all’Ente tabacchi italiani dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, sono libere; esse rimangono soggette alla disciplina generale concernente i beni di consumo ed i servizi nonché alle disposizioni della presente legge.

    2. La lavorazione e la commercializzazione dei tabacchi grezzi e lavorati è attività liberamente esercitata sulla base delle vigenti licenze, autorizzazioni o nulla osta in materia di importazione, esportazione e vendita di beni. I compiti di riscossione di imposte e tasse su tutti i generi di cui alla legge 7 marzo 1985, n. 76, e sulle attività di cui al presente articolo sono esercitati dal Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle finanze sulla base delle disposizioni vigenti in materia.
    3. Le concessioni di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, sulle attività e servizi di natura industriale e commerciale strumentali rispetto alle attività di cui al comma 1, sono convertite di diritto in autorizzazione ai sensi del comma 2. I soggetti già titolari di concessione, senza necessità di alcun atto amministrativo, possono proseguire l’attività, dandone comunicazione al comune ed alla regione.
    4. L’Ente tabacchi italiani, istituito ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, è soppresso. Con l’osservanza delle norme vigenti per la dismissione delle attività economiche, sono trasferiti in proprietà, in locazione con patto di vendita finale o in affitto alle imprese che in seguito ad inviti internazionali hanno presentato offerta, tutti i beni materiali ed immateriali destinati all’esercizio delle attività economiche e dei servizi sinora svolti.

Art. 2.

(Pubblicità del tabacco e dei prodotti da tabacco)

    1. Restano in vigore le norme relative alla pubblicità dei tabacchi, alle segnalazioni dei pericoli derivanti dal fumo, ai divieti di fumo ed ogni altra prescrizione di carattere igienico-sanitario comunque diretta alla tutela della salute.

    2. La pubblicità del tabacco e dei prodotti da tabacco, anche in forma indiretta, è vietata:

        a) a mezzo stampa, televisione e radiodiffusione;

        b) nelle sale da spettacolo e negli altri luoghi pubblici o aperti al pubblico;
        c) nella pubblicità affissionale in genere;
        d) nelle manifestazioni sportive e culturali.

    3. Le confezioni dei prodotti del tabacco e dei prodotti da tabacco devono recare indicazioni relative alla composizione del prodotto, alla sua nocività e alla data di confezionamento e scadenza.

    4. È vietata l’offerta, la vendita e la distribuzione di prodotti che rechino il nome, il marchio, il simbolo o altri elementi caratteristici di prodotti del tabacco o di aziende la cui attività consiste nella produzione o nella vendita di tali prodotti, quando per forme, modalità e mezzi impiegati ovvero in base a qualsiasi altro univoco elemento tale utilizzazione sia idonea a perseguire una finalità pubblicitaria dei prodotti stessi. L’offerta, la consegna e la distribuzione a titolo gratuito di tabacco sono vietate anche quando avvengono a fini pubblicitari o di propaganda.
    5. I venditori, i distributori e i produttori di tabacco o di prodotti che rechino il nome, il marchio, il simbolo o altri elementi caratteristici di prodotti del tabacco o di aziende la cui attività consiste nella produzione o nella vendita di tali prodotti, non possono sponsorizzare manifestazioni culturali o sportive né manifestazioni destinate ai bambini e ai minori.
    6. Chiunque contravviene a quanto disposto dal presente articolo è punito con l’ammenda da lire 50 milioni a lire 500 milioni. In caso di infrazioni gravi o di recidiva, oltre all’ammenda, può essere interdetta la vendita del prodotto da uno a cinque anni.

Art. 3.

(Regolamentazione del divieto di fumare)

    1. Le disposizioni del presente articolo si applicano:

        a) alle amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado e dalle istituzioni educative;

        b) alle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, ivi comprese quelle della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della Corte costituzionale e della Presidenza della Repubblica;
        c) alle aziende ad ordinamento autonomo ed alle agenzie istituite ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;
        d) alle istituzioni universitarie;
        e) agli enti locali ed ai loro consorzi ed associazioni;
        f) agli enti pubblici non economici nazionali e locali;
        g) alle aziende ed agli enti del Servizio sanitario nazionale;
        h) alle aziende ed istituzioni dipendenti da taluna delle istituzioni o enti di cui alle lettere da a) a g);
        i) alle aziende private esercenti servizi pubblici, anche sanitari, in regime di concessione o di appalto, ovvero di convenzione o accreditamento.

    2 Il divieto di fumo in luoghi determinati, di cui alla legge 11 novembre 1975, n. 584, si applica in tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, dai soggetti di cui al comma 1 sempreché si tratti di locali che in ragione delle loro funzioni sono aperti al pubblico; per locale «aperto al pubblico» s’intende quello al quale la generalità degli amministrati e degli utenti accede, senza formalità e senza bisogno di particolari permessi negli orari stabiliti.

    3. Il divieto di fumo nei luoghi nominativamente indicati nell’articolo 1 della legge 11 novembre 1975, n. 584, si applica ancorché non si tratti di locali «aperti al pubblico» come definiti al comma 2 del presente articolo; resta salva l’autonomia regolamentare e disciplinare delle amministrazioni e degli enti in ordine all’eventuale estensione del divieto a luoghi diversi da quelli contemplati dalla legge 11 novembre 1975, n. 584, con gli strumenti e gli effetti propri dei rispettivi ordinamenti.
    4. Nei locali nei quali si applica il divieto di fumo sono apposti cartelli con l’indicazione del divieto stesso nonché l’indicazione della relativa norma, delle sanzioni applicabili, del soggetto cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto e dell’autorità cui compete accertare le infrazioni.
    5. I dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio individuano in ciascuna di esse uno o più funzionari incaricati di procedere alla contestazione di eventuali infrazioni, di verbalizzarle e di riferirne all’autorità competente, come previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.
    6. Per i locali condotti da soggetti privati, il responsabile della struttura, ovvero il dipendente o collaboratore da lui incaricato, richiama i trasgressori all’osservanza del divieto, e cura che le infrazioni siano segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma dell’articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
    7. Il Ministero della sanità riferisce al Parlamento sulle rilevazioni, a cura dei prefetti, dei dati in merito all’osservanza, nelle diverse amministrazioni, delle norme sul divieto di fumare e sul numero delle infrazioni annualmente contestate.