DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori MANZI, MARINO, MARCHETTI, ALBERTINI, BERGONZI e
CAPONI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 OTTOBRE 1999
Misure urgenti per la riforma e la riqualificazione
ONOREVOLI SENATORI. - I grandi mutamenti intervenuti sul finire degli
anni Ottanta con la fine della guerra fredda e del confronto fra due blocchi
contrapposti che avevano nel cuore dell'Europa il centro piú
sensibile hanno segnato un cambiamento profondo nelle relazioni fra gli
Stati nonchè nelle strategie e nelle prospettive delle loro politiche
militari.
Un ulteriore elemento che modifica strutturalmente moltissime relazioni
internazionali é rappresentato dal processo di unificazione europea
al quale la scadenza della moneta unica imprime un'accelerazione
straordinaria.
Da questi ed altri fattori di rilevanza strategica nella politica
internazionale discende la necessità di introdurre profonde modifiche
negli strumenti militari. Con questo problema sono alle prese molti Stati.
La recente vicenda dei Balcani é stato un ulteriore fattore di
accelerazione di tale necessità. Una necessità avvertita anche
nel nostro Paese che si é concretizzata attraverso l'individuazione
di quello che é stato definito con qualche disinvoltura come il
"Nuovo modello di difesa". In realtà esiste un solo modello di
difesa: quello dettato dalla Costituzione, i cui precetti non possono essere
nè disattesi nè "sospesi" a tempo piú o meno
determinato. I precetti costituzionali o si rispettano o si cambiano.
E non esiste neppure un rapporto automatico tra la forma di reclutamento
(volontario, obbligatorio, misto) e i compiti istituzionali affidati alle
Forze armate. Gli orizzonti entro cui si esercita la politica militare sono
quelli definiti dalla politica estera. Per parte nostra riteniamo che non
é piú rinviabile l'esigenza di realizzare concretamente uno
strumento di difesa europeo in grado di corrispondere con
tempestività ed efficacia alle risoluzioni dell'ONU. Per molte
ragioni. Non ultima quella che uno strumento integrato a livello europeo
consentirà anche di raggiungere un rapporto tra costi e benefici
impossibile da realizzare attraverso tante singole politiche nazionali.
Questa ci sembra al momento l'esigenza prioritaria sulle questioni della
difesa. Sicuramente molto piú urgente dell'abolizione della
coscrizione obbligatoria.
Nel nostro Paese, al di là delle interpretazioni nominalistiche
(modello misto o nuovo modello), si é proceduto a partire dal 1995 ad
una revisione e ad una riorganizzazione del nostro strumento militare
operando su alcune componenti strutturali, attraverso:
a)
una ristrutturazione dell'area centrale tecnico-amministrativa della
Difesa; una accentuazione del carattere interforze della componente
operativa;
b)
l'introduzione della figura del soldato di carriera; la riforma del vertice
militare;
c)
il tutto nel quadro di un ridimensionamento programmatico degli organici;
nella prospettiva di Forze armate piú snelle e piú efficienti,
tenendo peró sotto controllo, per oggettive esigenze di bilancio, la
spesa militare.
Abbiamo fin qui sostenuto questo processo di riforma condividendone le
ragioni e gli obiettivi.
Piú recentemente il dibattito si é concentrato sulla
possibilità di realizzare un ulteriore cambiamento sostituendo il
reclutamento obbligatorio con quello totalmente volontario. L'idea di
abolire l'esercito di leva per passare ad un modello di difesa totalmente
professionale non ci trova assolutamente d'accordo. Tante sono le ragioni di
questo dissenso. Ragioni che non hanno nulla di ideologico.
Meno che mai pensiamo che un esercito formato solo da professionisti
possa essere un pericolo per la democrazia. Questo elemento fu valutato dai
costituenti quando si trattó di scegliere sul tipo di reclutamento,
ma i tempi sono cambiati, la nostra democrazia é piú solida,
rischi e pregiudizi non esistono piú. L'unico rischio che noi
paventiamo é quello di un impoverimento della base sociale su cui
poggerà il reclutamento e un conseguente isolamento sociale delle
Forze armate.
Prima peró di illustrare nel merito questo nostro disegno di
legge, poichè esso oggettivamente si contrappone a quella della
totale professionalizzazione, sentiamo il dovere di richiamare di fronte a
tutto il Parlamento le contraddizioni e i limiti della ipotesi di abolire la
leva obbligatoria analizzandoli scrupolosamente insieme alle conseguenze
negative di un suo eventuale accoglimento.
A cominciare da quelle di rilevanza costituzionale. Una eventuale
abolizione o "sospensione" del servizio di leva merita infatti, da questo
punto di vista, una attenzione tutta particolare.
La ristrutturazione delle nostre Forze armate attualmente in corso di
attuazione tende a ridurre l'esigenza del personale di leva a favore di
quello volontario sulla base di criteri che puntano sulla specializzazione
ma anche sulla piú facile "spendibilità" dei volontari in
eventuali missioni internazionali specialmente se a rischio elevato.
Questo é l'argomento principale di quanti, soprattutto dopo
l'esperienza del Kosovo e le pesanti conseguenze in termini di impegni
militari che ne sono derivate per il nostro Paese, sottolineano
l'impossibilità di far fronte a questo tipo di impegni ricorrendo ai
giovani di leva non potendo esporli ai rischi e alle difficoltà che
in queste situazioni possono accadere. Il che equivale a dire che certi
rischi li puó correre solo chi sceglie "volontariamente" di fare il
soldato.
Questo é un argomento - spesso ufficialmente sottaciuto - ma da
respingere con fermezza, in quanto il valore della vita umana rientra tra i
diritti inviolabili dell'uomo costituzionalmente protetti allo stesso modo
per tutti i cittadini (articoli 2 e 3). Ma c'é di piú: in un
Paese come il nostro, con un tasso di disoccupazione soprattutto nel
meridione particolarmente elevato, come potremo considerare realmente
"volontaria" la scelta di arruolarsi di migliaia di giovani del Sud?
E neppure regge ad una riflessione piú approfondita l'affermazione
- fatta con straordinario cinismo - che a rischiare sono quelli che vogliono
farlo per libera scelta. Questo strano tipo umano che si realizzerebbe "
nella ricerca del pericolo " come aggregato sociologico neppure esiste
(esistono nella realtà singoli individui che possono soggiacere
all'esigenza di confrontarsi con la ricerca di una sensazione). Mentre
invece continuano ad esistere le classi e lo sfruttamento di quelle
dominanti sulle altre. Ed é esemplare da questo punto di vista
l'intenzione di affidare ai piú deboli il compito di combattere ed
eventualmente morire anche per gli altri. La Costituzione parla chiaro: la
difesa della Patria é compito di tutti, sul suolo italiano e nelle
missioni internazionali.
Ecco il senso del tutto attuale dell'articolo 52 della Costituzione
laddove stabilisce che "la difesa della Patria é sacro dovere del
cittadino". Ed é l'unica volta che la Carta definisce il paese
"Patria" e utilizza l'espressione "sacro".
É quindi in questa premessa tanto solenne che va inquadrato il
secondo comma dello stesso articolo là dove si aggiunge che "il
servizio militare é obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti
dalla legge". Si puó quindi affermare che la Costituzione nel sancire
l'obbligatorietà del servizio militare intenda garantire la
preparazione della massima parte dei cittadini alla difesa della Patria.
Alla legge ordinaria sono stati riservati solamente i limiti e i modi,
vale a dire la regolamentazione con cui realizzare tale obbligo; a partire
quindi anche dalla possibilità di prevederne motivate eccezioni,
quali sono state appunto: l'individuazione di giustificati motivi di
idoneità fisica, per il rinvio, la dispensa e l'obiezione di
coscienza e l'esclusione dal servizio militare (obbligatorio e volontario)
delle donne. Questo ultimo aspetto oggi puó essere sicuramente
superato e il nostro disegno di legge, come vedremo piú avanti, ne
indica anche le modalità.
Norme ordinarie che annullassero totalmente o "sospendessero" facendo
riferimento a circostanze del tutto ordinarie, l'obbligo del servizio
militare determinerebbero sul piano giuridico una rottura del principio
costituzionale dell'obbligatorietà e dal punto di vista sostanziale
l'impreparazione della massima parte del Paese alla difesa armata. Essa
cesserebbe di essere un fatto riconducibile ad un agire collettivo e
finirebbe invece con il gravare soltanto su una residua minoranza con
evidenti disparità di trattamento.
Si tratta come si vede di questioni in grado di sollevare motivate
eccezioni di incostituzionalità.
Qualunque sia poi lo scenario internazionale e noi non meno di altri
lavoriamo per garantirne uno che sostituisca le ragioni della forza con
quelle del diritto, della pace, della cooperazione e della comprensione,
riteniamo che difficilmente l'esigenza di una risorsa difensiva a garanzia
della sovranità e dell'indipendenza nazionale, basata sulla
disponibilità e la capacità da parte di tutti i cittadini,
possa considerarsi del tutto superata.
La rinuncia alla coscrizione obbligatoria sottrae al popolo un elemento
di unificazione nell'esercizio della sovranità nazionale.
Le ragioni che sembrano prevalere e che vengono presentate come un
elemento di modernità considerando superato il concetto di "esercito
di popolo" introdotto dalla rivoluzione francese, sono in realtà
economicistiche. Quello che si vuole abbassare é il prezzo del
consenso sociale verso obblighi di politica militare alzandone peró i
costi finanziari.
La pretesa superiorità operativa da parte di unità
costituite solo da volontari é tutta da dimostrare come la
"volontarietà" della scelta che dovrebbe caratterizzare i soldati
professionisti: già i dati in nostro possesso, basati su un decennio
di reclutamenti professionali, dimostrano una correlazione significativa con
le aree a forte disoccupazione giovanile e con i caratteri di una bassa
scolarizzazione e di una qualificazione professionale debole.
Paradossalmente il reclutamento del volontariato professionale che
già adesso incontra forti difficoltà appare sostenibile nel
tempo soltanto in presenza di un livello di disoccupazione strutturalmente
consolidato.
Condizione questa da nessun punto di vista augurabile per il nostro
Paese. Viceversa é bene ricordare che in passato l'Italia ha
partecipato a vari missioni utilizzando in tutto o in parte soldati di leva.
Per dovere di cronaca é necessario ricordare: le due missioni in
Libano (1982-1984); la missione in Namibia (marzo 1999-febbraio 1990); la
missione "Airone" in Kurdistan (maggio 1991-ottobre 1991); la missione
"Pellicano" in Albania (settembre 1991-dicembre 1993); la missione "Ibis" in
Somalia (dicembre 1992-aprile 1994-gennaio 1995-marzo 1995); la missione
"Albatros" in Mozambico (febbraio 1993-dicembre 1994); la missione "Alba" in
Albania (aprile 1997-agosto 1997) e la missione in Bosnia (luglio
1997-agosto 1997) con un reggimento di Alpini di leva della Brigata
Garibaldi.
D'altra parte ci permettiamo di ricordare che il passaggio delle nostre
Forze armate al reclutamento basato esclusivamente sui volontari non fa
parte del programma di Governo mentre al contrario negli accordi che hanno
costituito la base programmatica dell'esecutivo sono indicate con precisione
le priorità economiche: lavoro, sviluppo e mezzogiorno. Tutte
recentemente confermate nell'attuale dibattito sul rilancio della coalizione
di centrosinistra.
Gli incentivi cui si intende ricorrere per superare le difficoltà
di reclutamento dei volontari, consistono in sostanza, al termine di un
periodo di ferma prolungata, in un passaggio garantito, nelle Forze di
Polizia ad ordinamento civile e militare (Polizia di Stato, Carabinieri,
Guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato, polizia penitenziaria) e
nei Vigili del fuoco.
L'ipotesi di un collocamento di diritto per i volontari congedati senza
demerito merita peró per un'ulteriore e piú approfondita
riflessione.
Tanto per essere chiari, esaminiamo una ipotesi che stabilisce in 113.000
unità il numero dei volontari riservando per quelli in servizio
permanente il numero massimo di 61.500 unità.
Questo significa che il numero dei volontari in ferma prolungata
oscillerà per diversi anni da un minimo di 51.500 unità ad un
massimo di 80.000 unità considerando che si parte da un organico
iniziale di 30.000 volontari in servizio permanente.
Considerando la durata della ferma prolungata di cinque anni (durata
della ferma principale) con la possibilità di ulteriori due rafferme
di due anni ciascuna, si determinano quindi permanenze a tempo determinato
della durata di cinque, sette e nove anni con l'aggregazione piú
numerosa nella ferma quinquennale.
Correlando i parametri temporali con quelli degli organici, si ottiene un
valore medio del flusso in entrata e in uscita di dodici unità.
Il fabbisogno quindi di reclutamento sarà di 12.000 unità
all'anno.
Parallelamente dovrebbe essere prevista la possibilità di un
collocamento agevolato di 12.000 unità all'anno.
A tal fine sarà necessario prevedere una riserva di posti nelle
carriere iniziali delle Forze di polizia le quali hanno la dotazione
organica indicata nella colonna 1.
Poichè la permanenza media in servizio, per queste categorie,
é di 35 anni, i ruoli hanno un fabbisogno di alimentazione annuale
che coincide con il totale dei posti disponibili pari a 5.309
unità per ogni anno .
Porzione di testo non disponibile |
Come si vede il numero dei posti disponibili é meno della
metà di quelli che sarebbero necessari.
Si dovrebbe allora tener conto anche dei posti che nelle carriere
iniziali si liberano per effetto dei concorsi interni. L'insieme di questi
posti é stimabile con minor precisione. Ammesso che raggiunga le
3.000 unità all'anno nell'insieme delle amministrazioni interessate
si avrebbe una disponibilità massima di 8.300 posti all'anno. Siamo
ancora lontani dalla copertura del fabbisogno totale pari a 12.000
unità all'anno.
Il fabbisogno residuo di 3.700 unità deve quindi essere
necessariamente assorbito dagli organici del personale civile della Difesa,
e dai concorsi nelle carriere militari superiori.
Due risultati di non facile perseguibilità almeno nei prossimi
anni, durante i quali non dimentichiamo dev'essere riassorbito l'esubero
esistente.
C'é poi da porsi l'interrogativo di quali effetti produce nei
corpi di polizia un'alimentazione condizionata dall'assorbimento
obbligatorio dei soli volontari.
Il primo effetto é quello relativo all'età. L'assolvimento
della ferma quinquennale, settennale o novennale, quale condizione
necessaria per intraprendere la carriera in polizia, porterà
l'età iniziale media a 25 anni.
Un secondo effetto da valutare, é quello relativo alla
sostituzione di fatto dell'ali mentazione per concorso pubblico, con la
chiamata diretta alla fine della ferma pluriennale, che introduce un
elemento oggettivamente regressivo nei progetti di riforma e modernizzazione
delle Forze di polizia.
L'elemento sostanzialmente selettivo diventerebbe il congedo senza
demerito. Si tratta di una attestazione che testimonia il buon comportamento
del giovane durante il servizio militare volontario, per ottenere la quale
sarebbe sicuramente indebolita la capacità di tutela dei propri
diritti soggettivi per un lungo periodo di tempo, con effetti non del tutto
positivi sul piano della formazione professionale, umana e civile.
Sono anche altri gli effetti, da valutare criticamente, che verrebbero a
determinarsi in quelle Istituzioni dello Stato che si troverebbero a dover
assumere una figura professionale con caratteristiche e provenienza
standardizzate. Si passerebbe infatti, dal sistema del concorso pubblico che
garantisce pluralità di formazione e diversi livelli di
scolarità ad un sistema di chiamata nominativa diretta. Verrebbe
quindi a determinarsi una discriminazione inaccettabile da parte di tutte
quelle componenti sociali per le quali non é praticabile il servizio
militare volontario: prime fra tutte le donne.
D'altra parte scartando l'ipotesi del collocamento al lavoro garantito al
termine della ferma verrebbe a determinarsi una situazione di precariato
ricorrente con effetti sociali negativi.
Si deve inoltre osservare come l'ipotesi di un collocamento agevolato in
via di diritto o di fatto, costituisca un forte incentivo a fare il soldato
per qualche anno e basa la sua credibilità sul permanere di una
disoccupazione strutturale soprattutto nelle regioni meridionali.
É evidente infatti che, ove il tasso di disoccupazione non fosse
elevato, anche l'incentivo di un posto di lavoro stabile al termine di 5-9
anni di lavoro precario ridurrebbe la sua capacità di attrazione in
una situazione diversa nella quale per i giovani risultasse facile il
collocamento diretto nel mondo del lavoro. Per tutti questi motivi.
La nostra proposta é basata proprio su un progetto di
riqualificazione del servizio di leva obbligatorio dando vita ad un sistema
misto che tragga dal reclutamento obbligatorio anche le ferme prolungate con
durata di uno, tre e cinque anni, che siano peró assolvimento ai
compiti primari e alle esigenze delle Forze Armate e contestualmente momento
di formazione professionale o di crescita dei saperi attraverso la
concessione di borse di studio fino al livello universitario o lo
svolgimento dei programmi di formazione elaborati in sinergia con le
organizzazioni rappresentative del mondo del lavoro.
Lo sbocco professionale rimane quello di una collocazione nelle
realtà produttive del Paese basata su di un innalzamento delle
capacità professionali costruite durante il servizio militare
prolungato.
Una proposta quindi di taglio profondamente diverso che tende ad aiutare
quei giovani che acconsentiranno a contrarre una ferma di leva prolungata a
collocarsi nel mondo del lavoro tenendo conto della sua crescente
complessità e della conseguente necessità di investire nella
formazione della forza lavoro, arricchiti quindi delle competenze
necessarie.
Elemento qualificante in questa scelta di mantenere, nell'ambito di un
sistema misto, la figura del soldato di leva e la convinzione che con minori
costi sia sociali che economici si possa garantire al nostro strumento
militare un profilo di adeguata capacità operativa.
Anzi da molti punti di vista é sostenibile forse anche una qualche
superiorità qualitativa dell'esercito di leva.
Molti commentatori si sono infatti esercitati nel valutare le
capacità di un esercito tutto professionale mettendole a confronto
con quelle di una leva molto dequalificata nella quale da troppo tempo non
si é piú investito nè in termini di consenso nè
in termini di formazione militare.
Un esercizio del tutto improprio, perchè da un lato condizionato
dalla volontà di so vrastimare l'efficienza del modello
professionale; modello del quale non si conoscono invece nè i
risultati nè i limiti non essendosi ancora costituito in forma
sufficientemente stabile. Non é neanche del tutto valido misurare
capacità di eserciti di altri paesi. Infatti l'analogia nella forma
di reclutamento é un parametro del tutto marginale se non tiene conto
degli aggregati sociali che poi in essa si sostanziano, delle attese di vita
delle popolazioni interessate, nelle dinamiche sociali che interagiscono
nelle scelte individuali.
Non é casuale che Paesi con un passato coloniale traggano ancora
da quei territori o da cittadini da quegli stessi territori provenienti, di
prima o di seconda generazione, parte significativa del reclutamento dei
soldati professionali.
Nella storia del nostro Paese non vi é nulla di assimilabile.
Da un lato quindi si decantano le virtú di un esercito
professionale italiano che é al momento un'incognita e dall'altro se
ne enfatizzano le capacità operative confrontandole con quelle di una
leva da tempo dequalificata.
Noi riteniamo invece che la leva debba essere riqualificata e i confronti
vadano fatti sulla base dei risultati del processo di riqualificazione cui
la nostra proposta di legge intende dare attuazione.
Lo strumento militare puó infatti continuare ad essere imperniato
sul servizio di leva se si realizzano le condizioni per mantenere in
servizio 100.000 giovani per i 10 mesi richiesti.
Due sarebbero in sostanza le misure da prendere sul piano legislativo:
1. il servizio di leva obbligatorio dovrebbe vedersi riconosciuto un
trattamento economico correlato all'addestramento militare e all'uso delle
armi (1 milione al mese);
2. la possibilità di prestare il servizio di leva potrebbe
essere estesa immediatamente anche alle donne in ferma volontaria.
Queste due misure consentirebbero:
a)
di ampliare la base di reclutamento ora limitata ai soli nati maschi;
b)
di compensare l'onerosità del servizio, attualmente a carico delle
famiglie, riconoscendo il diritto ad un compenso non simbolico.
Il costo complessivo di queste misure di riqualificazione del servizio di
leva é pari a 1.200 miliardi annui. Assai inferiore a quello
indicato- che é a nostro modo di vedere anche sottostimato - per
passare al sistema professionale e che consente tra gli altri vantaggi anche
quello di mantenere una base di reclutamento socialmente piú
rappresentativa dell'intero paese, professionalmente piú ricca e
recuperare il consenso riconoscendo alla specificità della condizione
militare una dignitosa retribuzione.
Questa soluzione consentirebbe inoltre di ricondurre l'esigenza di una
componente di soldati in servizio permanente su volumi piú ridotti di
quelli necessari nel sistema tutto professionale.
La componente di leva obbligatoria manterrebbe un carattere non marginale
nella composizione del modello. Al fine di realizzarne al meglio
l'agibilità sociale in tutto il territorio nazionale dovrebbero
essere assunte anche delle decisioni in grado di ridistribuire la presenza
delle nostre Forze armate in maniera piú equilibrata su tutto il
territorio nazionale. Il che sul piano pratico porterebbe a determinare
impiego di risorse finalizzate alla ridislocazione nel Sud del paese con
particolare riguardo alle aree economicamente depresse.
Il modulo dei 36.000 soldati di carriera potrebbe peró essere
considerato come forza totalmente operativa nei primi venti anni di servizio
e come modulo di alimentazione per le carriere superiori nei rimanenti venti
anni.
Il che equivale a considerare 1.400 posti annualmente riservati ai
soldati di carriera con almeno 15 anni di servizio nel ruolo dei sergenti e
dei marescialli e tra questi due ruoli proporzionalmente suddivise.
In un quadro siffatto, anche la "ferma breve" puó essere un modulo
utilizzabile non tanto come alternativa alla leva obbligatoria quanto come
elemento ad essa complementare a condizione di:
a)
contenerne i volumi organici;
b)
qualificarne i contenuti.
Appare infatti preferibile abbinare ad una ferma prolungata di 3-5 anni
un programma di formazione e qualificazione in grado di rappresentare esso
stesso uno strumento utile per la collocazione nel mondo del lavoro al
termine della ferma.
I programmi di formazione cui far ricorso, potrebbero sostanzialmente
essere di due tipi:
a)
qualificazione professionale, di durata triennale e con profili concordati
con il mondo del lavoro;
b)
borse di studio, di durata quinquennale per il conseguimento di un diploma
di scuola media superiore o di laurea da conseguire contemporaneamente
all'assolvimento della ferma.
Trattandosi di programmi di formazione orientati al collocamento nel
mondo del lavoro al termine del servizio militare si ritiene che gli stessi
possano rientrare tra quelli finanziabili con i fondi strutturali europei.
Con questo disegno di legge intendiamo realizzare le condizioni per una
riqualificazione strutturale del servizio di leva obbligatorio recuperando
al suo svolgimento un consenso da parte dei giovani rendendolo utile a loro
e al Paese.
L'articolo 1 detta norme intese a determinare una piú equilibrata
presenza dei giovani di leva sul territorio nazionale sulla base di un piano
quadriennale di investimenti infrastrutturali. Poichè tali
investimenti coincidono di fatto con le aree economicamente piú
depresse del Paese riteniamo che queste misure possano contribuire anche dal
punto di vista degli investimenti produttivi.
L'articolo 2, nel confermare la durata della ferma obbligatoria pari a
dieci mesi prevede la possibilità di commutarla volontariamente in
ferme della durata annuale, triennale o quinquennale. L'elemento di
novità é che a queste ferme sono collegati programmi di
formazione per il lavoro e di sostegno allo studio. In questo modo i
giovani che accetteranno di prolungare la ferma potranno frequentare
gratuitamente tali corsi ottenendo quale contropartita utile per
l'inserimento nel mondo del lavoro una qualificazione professionale o un
titolo di studio.
L'articolo 3 riconosce ai soldati di leva un trattamento economico sotto
forma di indennità per l'addestramento e l'uso delle armi. La
obbligatorietà del servizio di leva non puó mettere in secondo
piano l'altro principio costituzionale che prevede per tutti i cittadini
trattamenti economici correlati alla qualità e alla quantità
delle prestazioni. É quindi giusto applicarlo anche nei confronti dei
soldati di leva.
L'articolo 4 detta norme per l'accesso per concorso nelle carriere di
sergente e maresciallo prevedendo una riserva di posti tale da incentivare
l'adesione alle ferme di leva prolungate.
L'articolo 5 consente anche alle donne la possibilità di prestare
il servizio di leva in forma volontaria contestualmente ai coetanei maschi
iscritti nelle liste di leva.
Gli articoli 6 e 7 stabiliscono le condizioni e le modalità per
realizzare i programmi di formazione professionale e di sostegno allo studio
da abbinare alle ferme prolungate previste nel precedente articolo 2.
L'articolo 8 introduce l'obbligo da parte delle Forze armate di
completare la formazione dei soldati con adeguati elementi di educazione
civica tratti dalle principali norme della Costituzione della Repubblica.
Gli articoli 9, 10 e 11 dettano norme intese a migliorare la
qualità della vita dei giovani in servizio di leva prevedendo:
a)
un'azione di monitoraggio continuo delle condizioni di vita nelle caserme
attraverso la costituzione di un osservatorio per manente (articolo 9) con
compiti di controllo e indirizzo collocato alle dipendenze del Ministro
della difesa;
b)
l'adozione di programmi volti a favorire l'integrazione sociale dei giovani
di leva con le popolazioni dove prestano servizio consentendo loro di poter
fruire di alcuni servizi (ristorazione, spettacoli), durante il tempo libero
anche (articolo 10) fuori dalla caserma. Tali servizi sono oggi erogati
all'interno delle strutture militari con costi non inferiori a quelli che
possono ottenersi spostandoli all'esterno sulla base di specifiche
convenzioni;
c)
misure di agevolazione tariffaria per i trasporti da e per i comuni di
residenza correlate (articolo 11) alla distanza dai luoghi di servizio.
L'articolo 12 riconosce l'obbligo di ricondurre la concessione di licenze
e permessi nonchè l'organizzazione dei turni di servizio a criteri
oggettivi di equità e trasparenza. I permessi e le licenze usufruite
dai militari di leva non comprendono i giorni di viaggio che invece sono
calcolati in aggiunta fino ad un massimo di tre giorni proporzionalmente
alla durata del viaggio di andata e ritorno.
L'articolo 13 consente ai soldati eletti nei Consigli di rappresentanza
militari la possibilità di intervenire con maggiore autonomia su
questioni che riguardano i loro rappresentati prevedendo per loro la
possibilità di riunirsi e deliberare autonomamente come una sezione
di categoria. Ed inoltre stabilisce che i deliberati assunti sono inoltrati
direttamente dal Presidente dell'autorità militare corrispondente
dandone contestuale conoscenza al Consiglio di rappresentanza. Prevede la
facoltà per i delegati in servizio di leva di richiedere al
comandante corrispondente l'autorizzazione per riunire in assemblea il
personale rappresentato.
Tale assemblea é autorizzata almeno una volta all'anno e si
riunisce entro dieci giorni dalla data richiesta. La componente di leva
eletta nei Consigli di rappresentanza, inoltre, elabora, d'intesa con
l'autorità militare corrispondente, i programmi per l'utilizzo delle
infrastrutture per l'attività creativa culturale e per il tempo
libero. Tale normativa consentirà una assunzione di
responsabilità piú diretta sulle tante attività che si
svolgono durante la giornata in caserma e che non sono direttamente
riconducibili a quelle operative.
L'articolo 14 prevede una delega con la quale il Ministro della difesa
regolamenti i criteri e le modalità con i quali affidare gli
incarichi di comando delle unità elementari delle Forze armate in
maniera che alcune funzioni (Comandante di Compagnia e Ufficiale
Consigliere) svolte da personale a diretto contatto con i soldati siano
valorizzate nella loro esecuzione e responsabilizzate nelle valutazioni
utili ai fini degli avanzamenti di carriera.
L'articolo 15 prevede infine, quale misura utile a contrastare situazioni
di lassismo nel perseguire reati connessi ad atti di nonnismo, la
possibilità per le parti lese di sporgere direttamente querela
all'autorità giudiziaria competente. Del resto l'attuale procedura
che riserva al Comandante della caserma la facoltà di denunciare tali
reati all'autorità giudiziaria non é piú accettabile in
un quadro di considerazioni intese a riconoscere ai giovani di leva diritti
e doveri adeguati al loro status in quanto essa di fatto li assimila ai
minori di anni 14 o agli incapaci di intendere e di volere. Questi sono
infatti i soggetti per i quali le procedure penali prevedono che la querela
sia sporta attraverso un genitore o un tutore.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1.
(Adeguamento delle infrastrutture)
1. Al fine di pervenire ad una piú omogenea presenza delle Forze
armate sul territorio nazionale, nei primi quattro anni dalla data dientrata
in vigore della presente legge, il Ministero della difesa realizza un piano
di interventi per adeguare il numero delle infrastrutture necessarie ad
accogliere un adeguato numero di soldati di reparti costituiti con soldati
di leva con particolare riguardo alle regioni meridionali.
|
Art. 2.
(Ferma di leva prolungata)
1. La durata della ferma di leva obbligatoria, fissata in dieci mesi,
puó essere volontariamente prolungata commutandola in ferma annuale,
triennale o quinquennale.
|
Art. 3.
(Trattamento economico)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al
personale militare in servizio di leva obbligatorio é corrisposta, in
aggiunta ai trattamenti in vigore, una indennità operativa mensile
per l'adde stramento e l'uso delle armi secondo gli importi indicati nella
tabella 1 allegata alla presente legge, per l'intera durata del servizio
effettivamente prestato.
|
Art. 4.
(Avanzamenti di carriera)
1. Il reclutamento del ruolo dei sergenti é tratto per concorso
dal ruolo dei soldati in servizio permanente effettivo. Annualmente é
riservato il 30 per cento dei posti a concorso ai soldati in ferma breve o
prolungata con almeno due anni di servizio o anche se congedati da non oltre
due anni.
|
Art. 5.
(Servizio femminile)
1. Al servizio di leva possono volontariamente aderire i cittadini
italiani di sesso femminile in possesso dei requisiti di idoneità
stabiliti nei relativi bandi di leva obbligatoria emessi per i cittadini
italiani di sesso maschile.
|
Art. 6.
(Programmi di formazione al lavoro)
1. Il Ministero della difesa, di concerto con il Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, promuove in regime di convenzione accordi con le
organizzazioni sin dacali e datoriali maggiormente rappresentative per
realizzare programmi di formazione e avviamento al lavoro su profili di
mestieri definiti e da realizzare mediante corsi di durata non inferiore ad
un anno riservati a militari in servizio che abbiano contratto una ferma
triennale abbinata al piano di formazione.
|
Art. 7.
(Programmi di sostegno allo studio)
1. Il Ministero della difesa, di concerto con il Ministero della
università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il
Ministero della pubblica istruzione, bandisce borse di studio della durata
di cinque anni per corsi di laurea definiti e su sedi universitarie
individuate, riservate a militari in servizio che abbiano contratto una
ferma quinquennale di leva.
|
Art. 8.
(Educazione civica)
1. Tutte le reclute ricevono all'atto dell'incorporazione, e comunque
prima del giuramento, un opuscolo contenente la sintetica elencazione dei
diritti e dei doveri del soldato di leva e la Costituzione della Repubblica
italiana.
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Art. 9.
(Adeguamento delle infrastrutture
1. Al fine di garantire un adeguamento delle infrastrutture a
standard
abitativi confortevoli e adeguati alle normative sull'igiene, la sicurezza
e la prevenzione degli infortuni, é istituito nell'ambito delle
prerogative del Ministro della difesa un Osservatorio permanente sulla
qualità della vita nelle caserme e sul benessere del personale di
leva con compiti di controllo e indirizzo.
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Art. 10.
(Misure di integrazione sociale)
1. I comandi militari, di concerto con gli enti locali, promuovono in
regime di convenzione con le associazioni di categoria le condizioni
affinchè i giovani in servizio di leva obbligatoria possano fruire,
nella città dove prestano servizio, di servizi di ristorazione,
alberghieri e per il tempo libero, in forma agevolata.
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Art. 11.
(Agevolazioni per i trasporti)
1. Il militare in servizio obbligatorio di leva ha diritto ad un buono
chilometrico per la fruizione gratuita di mezzi di trasporto ferroviario,
marittimo o pullman
di linea dalla sede di servizio al comune di residenza nelle misure
stabilite dalla tabella 2 allegata alla presente legge.
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Art. 12.
(Licenze e permessi)
1. I permessi e le licenze di cui fruiscono i militari in servizio
obbligatorio di leva non sono comprensivi dei giorni di viaggio dalla
località dove si presta servizio a quella di residenza.
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Art. 13.
(Consigli di rappresentanza della leva)
1. Nell'ambito dei consigli di rappresentanza dei militari, gli eletti
dal personale di leva possono - su questioni che riguardano i loro
rappresentati - riunirsi e deliberare autonomamente, eleggendo nel loro
ambito il presidente di categoria.
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Art. 14.
(Norme di delega)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
il Ministro della difesa, con apposito decreto legislativo, regolamenta i
criteri e le modalità con i quali affidare gli incarichi di comando
delle unità elementari delle Forze armate in modo che:
a)
la funzione di comandante di compagnia sia svolta a carattere
prevalentemente esclusivo;
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Art. 15.
(Modifica al codice di procedura penale)
1. Ai militari vittime di reati connessi ad atti di nonnismo é
consentito sporgere direttamente querela all'autorità giudiziaria
competente.
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Art. 16.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dalla presente legge, valutato per il triennio
2000-2002, rispettivamente, in lire 81.000 milioni per l'anno 2000, lire
362.000 milioni per l'anno 2001 e lire 618.000 milioni a decorrere dall'anno
2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto ai fini del bilancio triennale 2000-2002 nell'ambito
dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale"
dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per il 2000, allo scopo utilizzando
l'accantonamento relativo al Ministero della difesa.
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TABELLA 1
(articolo 3)
Porzione di testo non disponibile |
TABELLA 2
(articolo 11)
Porzione di testo non disponibile |