Legislatura 13º - Disegno di legge N. 4185

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 4185


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori ALBERTINI, MARINO, BERGONZI, MARCHETTI, CAPONI e MANZI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 LUGLIO 1999

Disposizioni antielusive di carattere speciale per il contrasto all'elusione fiscale internazionale






ONOREVOLI SENATORI. - Il sistema dell'imposizione diretta adottato nel nostro ordinamento giuridico fa riferimento al principio di tassazione mondiale (world wide principle), per il quale i redditi ovunque prodotti da soggetti fiscalmente residenti in Italia, sono assoggettati a tassazione nel nostro Paese.
Per i soggetti non residenti diventa, al contrario, rilevante il collegamento tra il reddito ed il territorio. A tal fine si considerano imponibili soltanto i redditi prodotti in Italia.
In questi anni é divenuto sempre piú frequente il ricorso, da parte di soggetti italiani (ma anche europei o nord-americani), alla costituzione di società localizzate in Stati a bassa fiscalità (cosiddette società offshore).
Il ricorso a questo tipo di società é finalizzato ad ottenere considerevoli risparmi d'imposta sottoponendo il reddito prodotto a tassazione in Paesi che prevedono aliquote minime o nulle sui redditi di impresa.
Per favorire questo genere di iniziative sono state appositamente costituite società di consulenza, specializzate nel fornire servizi di assistenza fiscale e contabile, nel disbrigo di pratiche burocratiche. In questo modo viene assicurata all'investitore la possibilità di porre in essere una efficace pianificazione della propria attività economica nello Stato "paradiso fiscale".
La scelta del Paese idoneo per impiantare, ovvero far transitare dal punto di vista fiscale, una determinata attività, avviene sulla base di valutazioni di carattere generale e particolare, quali:

a) il grado di libertà del movimento dei capitali;
b) il tipo di attività da intraprendere;
c) le agevolazioni previste dai vari Paesi (a fiscalità privilegiata).

Gli Stati ed i territori esteri a fiscalità privilegiata sono stati individuati nel decreto del Ministro delle finanze del 24 aprile 1992 (cosiddetta black list).
Sono considerati paradisi fiscali i seguenti Stati: Andorra, Anguilla (Isole Leeward), Antille Olandesi, Aruba, Bahama, Barbuda (Isole Leeward), Bermuda, Gibuti, Grenada, Hong Kong, Isole del Canale (Guemsey, Jersey e Sark), Isole Cayaman, Isola di Man, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini Britanniche, Liechtenstein, Macao, Nauru, Nevis (Isole Leeward), Oman, Saint Kitts (Isole Leeward), Seychelles, Vaunatu (Nuove Ebridi), Western Samoa, Baharain, Emirati Arabi Uniti, Antigua (Isole Leeward), Barbados, Cipro, Costa Rica, Dominica, Filippine, Giamaica, Isole Cook, Libano, Liberia, Malesia, Malta, Montserrat, Panama, Portorico, Saint Lucia, Saint Vincent, Singapore, Svizzera, Uruguay.
Occorre evitare che le strutture societarie estere si trasformino in società senza sostanza.
Per questa ragione, al fine di limitare gli effetti distorsivi derivanti da questo genere di fenomeni, sono state introdotte misure antielusive nella legislazione fiscale degli Stati a fiscalità cosiddetta "normale".
Tuttavia, non tutti i Paesi hanno seguito il medesimo orientamento.
In Italia, fino ad ora, sono state introdotte alcune misure antielusive relative alla indeducibilità di spese e altri componenti negativi del reddito di impresa provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata (articolo 76, commi 7- bis e 7- ter, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotti dall'articolo 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e successive modificazioni).
Tuttavia, tali disposizioni non hanno prodotto risultati apprezzabili sul piano del recupero di base imponibile.
Negli ultimi anni, in conseguenza dell'apertura dei confini nazionali ai flussi d'investimento in entrata ed in uscita dai vari Stati, e della globalizzazione dell'economia, si é registrato un aumento significativo delle pratiche elusive e quindi una altrettanto significativa diminuzione delle entrate fiscali.
Il primo Paese ad introdurre una regolamentazione di questo genere per le società controllate estere sono stati gli Stati Uniti, nel 1962.
L'esempio americano é stato poi ripreso da numerosi altri Paesi, quali: la Germania ed il Canada (1972); il Giappone (1978); la Francia (1980); la Gran Bretagna (1984); la Nuova Zelanda (1988); l'Australia e la Svezia (1990); la Norvegia (1992); la Spagna, il Portogallo, la Finlandia e la Danimarca (1995).
Diversi sono, dunque, gli Stati membri dell'OCSE che hanno adottato questo tipo di legislazione, correntemente denominata Controlled foreign company legislation (CFC), quale strumento contro l'elusione fiscale.
Il principio ispiratore di queste norme é quello di attrarre a tassazione nel Paese dove ha sede la società controllante i redditi delle società controllate. Queste disposizioni consentono al Paese di residenza della società controllante di stabilire la propria potestà impositiva su una parte del reddito imponibile generato dall'attività svolta a livello internazionale tramite società controllate.
La logica che sottende a tale normativa é basata sull'attribuzione agli azionisti residenti dei profitti conseguiti da una società controllata dislocata in zone a bassa fiscalità, a prescindere dalla loro distribuzione, in misura proporzionale alla quota di partecipazione al capitale.
Si realizza in questo modo l'anticipazione del momento impositivo.
A questo proposito si prendano ad esempio i modelli normativi francese e statunitense.
In Francia tale normativa é stata introdotta nel 1980.
Gli utili realizzati dalle società partecipate sono soggetti a tassazione qualora il soggetto francese detenga almeno il 10 per cento delle azioni o dei diritti di voto di una società costituita in un Paese a regime fiscale privilegiato ovvero detenga azioni nella stessa per un valore di almeno 150 milioni di franchi francesi.
Sono considerati Paesi a regime fiscale privilegiato quelli con aliquota fiscale effettiva inferiore ai due terzi dell'aliquota d'imposta francese (pari al 33,33 per cento), vale a dire al 22,22 per cento.
In particolare viene previsto che i soggetti residenti in Francia (persone fisiche o giuridiche), aventi piú del 10 per cento delle azioni, dei diritti di voto ovvero del diritto a percepire i dividendi, possono essere tassati sull'utile della controllata estera.
Siamo dunque in presenza di una tassazione separata, e l'imposta é dovuta anche se la società francese é in perdita.
Tuttavia, é previsto un credito per le eventuali imposte corrisposte dalla controllata estera nel proprio Stato di residenza. La Francia ha anche previsto che le convenzioni contro le doppie imposizioni non possano pregiudicare l'applicazione della legislazione CFC francese.
Per la normativa statunitense assume rilevanza, piuttosto che la specifica localizzazione in un Paese a bassa fiscalità, la realizzazione di determinati componenti positivi di redditi ritenuti elusivi (dividendi, royalties , interessi, canoni di locazioni e redditi ottenuti dalle società di assicurazione).
L'articolo 951 dell'IRC (Internal Revenue Code) stabilisce che il reddito prodotto dalla CFC sia tassato in capo al socio residente negli USA, qualora ricorrano determinati presupposti.
Ai fini fiscali viene considerata CFC ogni società estera nella quale piú del 50 per cento dei diritti di voto o del valore della società appartengano a soggetti residenti negli USA, ciascuno dei quali titolare di almeno il 10 per cento dei diritti di voto o del valore.
Questo tipo di disposizioni basate sull'attrazione dei redditi prodotti da società costituite nei paradisi fiscali, sono differenti da quelle adottate fino ad ora in Italia, che stabiliscono il disconoscimento della deducibilità di taluni costi addebitati dalle società aventi sede nei "paradisi fiscali" alle società residenti nel nostro Paese. Oltre all'intensificazione dei controlli e ad una loro maggiore qualificazione, all'accelerazione degli accertamenti, occorre introdurre strumenti nuovi, diretti, capaci di incidere nell'immediato.
Il presente disegno di legge intende dare il proprio contributo, attraverso una serie di disposizioni nuove e sperimentate nell'esperienza internazionale.
L'articolo 1 prevede che il reddito prodotto da una o piú società aventi sede in uno Stato a fiscalità privilegiata venga imputato, e dunque assoggettato a tassazione, alla società controllante ovvero alla persona fisica residente in Italia. Si tratta di una norma attraverso la quale il Paese di residenza della società controllante stabilisce la propria potestà impositiva su una parte del reddito imponibile generato dall'attività svolta a livello internazionale tramite società controllate. L'imposta assolta localmente dalla società straniera é imputabile all'imposta stabilita in Italia a condizione di essere comparabile alle imposte sui redditi.
L'articolo 2 disciplina le ipotesi di partecipazione indiretta al capitale della società estera.
L'articolo 3 stabilisce che i redditi prodotti dalla società estera devono considerarsi acquisiti al bilancio della società controllante a decorrere dal primo giorno seguente alla chiusura dell'esercizio della società estera. Inoltre, nel caso in cui tali redditi siano imputati a persona fisica residente, formeranno oggetto di tassazione separata.
L'articolo 4 prevede che talune operazioni, svolte in maniera preponderante sul mercato locale ed aventi ad oggetto attività a carattere prevalentemente industriale o commerciale, siano escluse dall'applicazione della presente normativa.
L'articolo 5 pone limiti all'applicazione delle norme sulla indeducibilità previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in relazione a determinate componenti negative del reddito di impesa.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1

(Partecipazioni rilevanti ai fini
dell'applicazione delle presenti norme)


1. Quando un soggetto, persona fisica o giuridica, residente in Italia detiene direttamente o indirettamente almeno il 10 per cento delle azioni, delle quote, dei diritti finanziari o dei diritti di voto di un'impresa, di una società o di un raggruppamento di società, aventi sede in uno Stato estero o in un territorio considerati a regime fiscale privilegiato ai sensi del decreto del Ministro delle finanze 24 aprile 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 maggio 1992, n. 104, i redditi conseguiti dall'impresa, dalla società o dal raggruppamento di società sono imputati al soggetto residente in proporzione alle azioni, alle quote, ai diritti finanziari o ai diritti di voto da esso detenuti direttamente o indirettamente.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano in ogni caso, allorquando la partecipazione alle azioni o quote dell'impresa, della società o del raggruppamento di società abbia un valore di almeno 15 miliardi di lire.
3. Ai fini del comma 1 per diritti finanziari si intendono i diritti di partecipazione agli utili societari, anche nella forma delle riserve.
4. Ai fini di quanto indicato al comma 2 per la determinazione del valore trova applicazione l'articolo 61 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
5. L'imposta assolta nello Stato estero o nel territorio considerati a regime fiscale privilegiato, dall'impresa, dalla società straniera o dal raggruppamento di società, é detraibile, nella proporzione indicata al comma 1 del presente articolo, dall'imposta sta bilita in Italia, a condizione di essere comparabile alle imposte di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

Art. 2

(Partecipazione indiretta)

1. Ai fini del limite delle partecipazioni di cui all'articolo 1, si computano anche le azioni, le quote, i diritti finanziari o i diritti di voto detenuti da società partecipante ai sensi dell'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile, da società fiduciarie o da interposta persona.
2. Ai fini dello stesso limite di partecipazione di cui all'articolo 1, sono altresí computati le azioni, le quote, i diritti finanziari o i diritti di voto detenuti direttamente o indirettamente:

a) dai dipendenti e dai dirigenti di fatto o di diritto della società stessa;
b) da una persona fisica o dal suo coniuge e loro ascendenti o discendenti, di cui almeno uno detiene, direttamente o indirettamente, azioni, quote, diritti di partecipazione agli utili o di voto nella società partecipante italiana. A tal fine si tiene conto soltanto dei diritti detenuti dalle persone che, da sole o congiuntamente, detengono la maggioranza dei voti nella società partecipante italiana;
c) da un'altra società il cui socio di maggioranza é anche socio maggioritario della società partecipante italiana;
d) da un soggetto con il quale la società partecipante italiana intrattiene relazioni tali da comportare un legame di dipendenza economica.

Art. 3

(Tassazione dei redditi della società
partecipata estera)


1. I redditi di cui all'articolo 1 si considerano acquisiti al bilancio della società partecipante a decorrere dal primo giorno del mese seguente alla chiusura dell'esercizio della società estera e sono determinati secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
2. I redditi di cui all'articolo 1, imputati a persona fisica residente, formano oggetto di tassazione separata ai sensi dell'articolo 16 del citato decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

Art. 4

(Attività esenti)

1. Le disposizioni della presente legge non si applicano nei confronti dell'impresa, della società o del raggruppamento di società, aventi sede fuori dall'Italia, quando:

a) tali soggetti svolgono principalmente un'attività industriale o commerciale effettiva;
b) tali soggetti realizzano le operazioni in maniera preponderante sul mercato del Paese nel quale hanno sede.

2. Con decreto del Ministro delle finanze sono individuati i criteri ed i parametri che realizzano le condizioni di non applicabilità di cui al comma 1 e le relative procedure di asseverazione.

Art. 5

(Limiti alle norme sulla indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi del reddito da impresa)

1. Nei casi disciplinati dalla presente legge non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 76, commi 7- bis e 7- ter , del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotti dall'articolo 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e successive modificazioni.