DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori ALBERTINI, MARINO, BERGONZI, MARCHETTI, CAPONI e
MANZI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 LUGLIO 1999
Disposizioni antielusive di carattere speciale per il contrasto all'elusione fiscale internazionale
ONOREVOLI SENATORI. - Il sistema dell'imposizione diretta adottato nel
nostro ordinamento giuridico fa riferimento al principio di tassazione
mondiale (world wide principle), per il quale i redditi ovunque
prodotti da soggetti fiscalmente residenti in Italia, sono assoggettati a
tassazione nel nostro Paese.
Per i soggetti non residenti diventa, al contrario, rilevante il
collegamento tra il reddito ed il territorio. A tal fine si considerano
imponibili soltanto i redditi prodotti in Italia.
In questi anni é divenuto sempre piú frequente il ricorso,
da parte di soggetti italiani (ma anche europei o nord-americani), alla
costituzione di società localizzate in Stati a bassa fiscalità
(cosiddette società offshore).
Il ricorso a questo tipo di società é finalizzato ad
ottenere considerevoli risparmi d'imposta sottoponendo il reddito prodotto a
tassazione in Paesi che prevedono aliquote minime o nulle sui redditi di
impresa.
Per favorire questo genere di iniziative sono state appositamente
costituite società di consulenza, specializzate nel fornire servizi
di assistenza fiscale e contabile, nel disbrigo di pratiche burocratiche. In
questo modo viene assicurata all'investitore la possibilità di porre
in essere una efficace pianificazione della propria attività
economica nello Stato "paradiso fiscale".
La scelta del Paese idoneo per impiantare, ovvero far transitare dal
punto di vista fiscale, una determinata attività, avviene sulla base
di valutazioni di carattere generale e particolare, quali:
a) il grado di libertà del movimento dei capitali;
b) il tipo di attività da intraprendere;
c)
le agevolazioni previste dai vari Paesi (a fiscalità
privilegiata).
Gli Stati ed i territori esteri a fiscalità privilegiata sono
stati individuati nel decreto del Ministro delle finanze del 24 aprile 1992
(cosiddetta black list).
Sono considerati paradisi fiscali i seguenti Stati: Andorra,
Anguilla (Isole Leeward), Antille Olandesi, Aruba, Bahama, Barbuda (Isole
Leeward), Bermuda, Gibuti, Grenada, Hong Kong, Isole del Canale (Guemsey,
Jersey e Sark), Isole Cayaman, Isola di Man, Isole Turks e Caicos, Isole
Vergini Britanniche, Liechtenstein, Macao, Nauru, Nevis (Isole Leeward),
Oman, Saint Kitts (Isole Leeward), Seychelles, Vaunatu (Nuove Ebridi),
Western Samoa, Baharain, Emirati Arabi Uniti, Antigua (Isole Leeward),
Barbados, Cipro, Costa Rica, Dominica, Filippine, Giamaica, Isole Cook,
Libano, Liberia, Malesia, Malta, Montserrat, Panama, Portorico, Saint Lucia,
Saint Vincent, Singapore, Svizzera, Uruguay.
Occorre evitare che le strutture societarie estere si trasformino in
società senza sostanza.
Per questa ragione, al fine di limitare gli effetti distorsivi derivanti
da questo genere di fenomeni, sono state introdotte misure antielusive nella
legislazione fiscale degli Stati a fiscalità cosiddetta "normale".
Tuttavia, non tutti i Paesi hanno seguito il medesimo orientamento.
In Italia, fino ad ora, sono state introdotte alcune misure antielusive
relative alla indeducibilità di spese e altri componenti negativi del
reddito di impresa provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata
(articolo 76, commi 7- bis
e 7- ter,
del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
introdotti dall'articolo 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e
successive modificazioni).
Tuttavia, tali disposizioni non hanno prodotto risultati apprezzabili sul
piano del recupero di base imponibile.
Negli ultimi anni, in conseguenza dell'apertura dei confini nazionali ai
flussi d'investimento in entrata ed in uscita dai vari Stati, e della
globalizzazione dell'economia, si é registrato un aumento
significativo delle pratiche elusive e quindi una altrettanto significativa
diminuzione delle entrate fiscali.
Il primo Paese ad introdurre una regolamentazione di questo genere per le
società controllate estere sono stati gli Stati Uniti, nel 1962.
L'esempio americano é stato poi ripreso da numerosi altri Paesi,
quali: la Germania ed il Canada (1972); il Giappone (1978); la Francia
(1980); la Gran Bretagna (1984); la Nuova Zelanda (1988); l'Australia e la
Svezia (1990); la Norvegia (1992); la Spagna, il Portogallo, la Finlandia e
la Danimarca (1995).
Diversi sono, dunque, gli Stati membri dell'OCSE che hanno adottato
questo tipo di legislazione, correntemente denominata Controlled foreign
company legislation (CFC), quale strumento contro l'elusione fiscale.
Il principio ispiratore di queste norme é quello di attrarre a
tassazione nel Paese dove ha sede la società controllante i redditi
delle società controllate. Queste disposizioni consentono al Paese di
residenza della società controllante di stabilire la propria
potestà impositiva su una parte del reddito imponibile generato
dall'attività svolta a livello internazionale tramite società
controllate.
La logica che sottende a tale normativa é basata sull'attribuzione
agli azionisti residenti dei profitti conseguiti da una società
controllata dislocata in zone a bassa fiscalità, a prescindere dalla
loro distribuzione, in misura proporzionale alla quota di partecipazione al
capitale.
Si realizza in questo modo l'anticipazione del momento impositivo.
A questo proposito si prendano ad esempio i modelli normativi francese e
statunitense.
In Francia tale normativa é stata introdotta nel 1980.
Gli utili realizzati dalle società partecipate sono soggetti a
tassazione qualora il soggetto francese detenga almeno il 10 per cento delle
azioni o dei diritti di voto di una società costituita in un Paese a
regime fiscale privilegiato ovvero detenga azioni nella stessa per un valore
di almeno 150 milioni di franchi francesi.
Sono considerati Paesi a regime fiscale privilegiato quelli con aliquota
fiscale effettiva inferiore ai due terzi dell'aliquota d'imposta francese
(pari al 33,33 per cento), vale a dire al 22,22 per cento.
In particolare viene previsto che i soggetti residenti in Francia
(persone fisiche o giuridiche), aventi piú del 10 per cento delle
azioni, dei diritti di voto ovvero del diritto a percepire i dividendi,
possono essere tassati sull'utile della controllata estera.
Siamo dunque in presenza di una tassazione separata, e l'imposta é
dovuta anche se la società francese é in perdita.
Tuttavia, é previsto un credito per le eventuali imposte
corrisposte dalla controllata estera nel proprio Stato di residenza. La
Francia ha anche previsto che le convenzioni contro le doppie imposizioni
non possano pregiudicare l'applicazione della legislazione CFC francese.
Per la normativa statunitense assume rilevanza, piuttosto che la
specifica localizzazione in un Paese a bassa fiscalità, la
realizzazione di determinati componenti positivi di redditi ritenuti elusivi
(dividendi, royalties , interessi, canoni di locazioni e redditi
ottenuti dalle società di assicurazione).
L'articolo 951 dell'IRC (Internal Revenue Code) stabilisce che
il reddito prodotto dalla CFC sia tassato in capo al socio residente negli
USA, qualora ricorrano determinati presupposti.
Ai fini fiscali viene considerata CFC ogni società estera nella
quale piú del 50 per cento dei diritti di voto o del valore della
società appartengano a soggetti residenti negli USA, ciascuno dei
quali titolare di almeno il 10 per cento dei diritti di voto o del valore.
Questo tipo di disposizioni basate sull'attrazione dei redditi prodotti
da società costituite nei paradisi fiscali, sono differenti da quelle
adottate fino ad ora in Italia, che stabiliscono il disconoscimento della
deducibilità di taluni costi addebitati dalle società aventi
sede nei "paradisi fiscali" alle società residenti nel nostro Paese.
Oltre all'intensificazione dei controlli e ad una loro maggiore
qualificazione, all'accelerazione degli accertamenti, occorre introdurre
strumenti nuovi, diretti, capaci di incidere nell'immediato.
Il presente disegno di legge intende dare il proprio contributo,
attraverso una serie di disposizioni nuove e sperimentate nell'esperienza
internazionale.
L'articolo 1 prevede che il reddito prodotto da una o piú
società aventi sede in uno Stato a fiscalità privilegiata
venga imputato, e dunque assoggettato a tassazione, alla società
controllante ovvero alla persona fisica residente in Italia. Si tratta di
una norma attraverso la quale il Paese di residenza della società
controllante stabilisce la propria potestà impositiva su una parte
del reddito imponibile generato dall'attività svolta a livello
internazionale tramite società controllate. L'imposta assolta
localmente dalla società straniera é imputabile all'imposta
stabilita in Italia a condizione di essere comparabile alle imposte sui
redditi.
L'articolo 2 disciplina le ipotesi di partecipazione indiretta al
capitale della società estera.
L'articolo 3 stabilisce che i redditi prodotti dalla società
estera devono considerarsi acquisiti al bilancio della società
controllante a decorrere dal primo giorno seguente alla chiusura
dell'esercizio della società estera. Inoltre, nel caso in cui tali
redditi siano imputati a persona fisica residente, formeranno oggetto di
tassazione separata.
L'articolo 4 prevede che talune operazioni, svolte in maniera
preponderante sul mercato locale ed aventi ad oggetto attività a
carattere prevalentemente industriale o commerciale, siano escluse
dall'applicazione della presente normativa.
L'articolo 5 pone limiti all'applicazione delle norme sulla
indeducibilità previste dal decreto del Presidente della Repubblica
n. 917 del 1986, in relazione a determinate componenti negative del reddito
di impesa.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1
(Partecipazioni rilevanti ai fini
1. Quando un soggetto, persona fisica o giuridica, residente in Italia
detiene direttamente o indirettamente almeno il 10 per cento delle azioni,
delle quote, dei diritti finanziari o dei diritti di voto di un'impresa, di
una società o di un raggruppamento di società, aventi sede in
uno Stato estero o in un territorio considerati a regime fiscale
privilegiato ai sensi del decreto del Ministro delle finanze 24 aprile 1992,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
6 maggio 1992, n. 104, i redditi conseguiti dall'impresa, dalla
società o dal raggruppamento di società sono imputati al
soggetto residente in proporzione alle azioni, alle quote, ai diritti
finanziari o ai diritti di voto da esso detenuti direttamente o
indirettamente.
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Art. 2
(Partecipazione indiretta)
1. Ai fini del limite delle partecipazioni di cui all'articolo 1, si
computano anche le azioni, le quote, i diritti finanziari o i diritti di
voto detenuti da società partecipante ai sensi dell'articolo 2359,
primo e secondo comma, del codice civile, da società fiduciarie o da
interposta persona.
a)
dai dipendenti e dai dirigenti di fatto o di diritto della società
stessa;
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Art. 3
(Tassazione dei redditi della società
1. I redditi di cui all'articolo 1 si considerano acquisiti al bilancio
della società partecipante a decorrere dal primo giorno del mese
seguente alla chiusura dell'esercizio della società estera e sono
determinati secondo le disposizioni di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
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Art. 4
(Attività esenti)
1. Le disposizioni della presente legge non si applicano nei confronti
dell'impresa, della società o del raggruppamento di società,
aventi sede fuori dall'Italia, quando:
a)
tali soggetti svolgono principalmente un'attività industriale o
commerciale effettiva;
2. Con decreto del Ministro delle finanze sono individuati i criteri ed i
parametri che realizzano le condizioni di non applicabilità di cui al
comma 1 e le relative procedure di asseverazione.
|
Art. 5
(Limiti alle norme sulla indeducibilità delle spese e degli altri
componenti negativi del reddito da impresa)
1. Nei casi disciplinati dalla presente legge non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 76, commi 7- bis e 7- ter , del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotti dall'articolo 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e successive modificazioni. |