DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori SALVATO, MARINO, ALBERTINI, BERGONZI, CAPONI,
CARCARINO, CÓ, CRIPPA, MANZI, MARCHETTI e RUSSO SPENA
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 OTTOBRE 1997
Legge quadro in materia di assistenza sociale
ONOREVOLI SENATORI. - Lo scopo di questo disegno di legge quadro
sull'assistenza sociale é quello di colmare una grave lacuna del
nostro ordinamento giuridico, causata dalla mancata attuazione del principio
di cui all'articolo 38 della Costituzione. Tale precetto rappresenta una
svolta importante, poiché eleva l'assistenza sociale dal rango
inferiore dell'interesse legittimo, totalmente rimesso alle valutazioni
discrezionali ed agli interventi sporadici della pubblica amministrazione,
al rango superiore del diritto soggettivo. Nel presentare questo disegno di
legge siamo ben consapevoli che se tutti i diritti che la Carta
costituzionale prevede come diritti fondamentali (dal lavoro alla
sanità, all'istruzione, eccetera) fossero pienamente realizzati -
come noi chiediamo - l'area di applicazione della normativa specifica
sull'assistenza sarebbe di molto ridotta. Peró, nella situazione
attuale, caratterizzata da disoccupazione di massa e dal restringimento dei
diritti universali, é assolutamente necessario normare lo spazio
specifico dell'assistenza in modo che ai soggetti piú deboli sia
comunque garantito un forte e diretto intervento dello Stato. Parimenti,
siamo molto perplessi verso tutte quelle proposte che, partendo da un
approccio di tipo universalistico, tendono poi, nei fatti, a determinare due
processi che a noi paiono negativi:
in primo luogo a cancellare ogni differenza tra sanità e
assistenza facendo per questa via ricadere dentro il campo dell'assistenza
prestazioni di tipo sanitario che lo Stato dovrebbe fornire gratuitamente;
in secondo luogo a cancellare il confine tra Stato e privato sociale,
tendendo ad allargare il ruolo di quest'ultimo a scapito dei diritti che lo
Stato deve garantire in quanto tale.
Per questi motivi riteniamo che la definizione di una normativa specifica
sull'assistenza sociale, che stabilisca il diritto all'assistenza sociale,
costituisca oggi un passo di civiltà. Si tratta di una vera e propria
rivoluzione copernicana rispetto ad una concezione tradizionale che
inquadrava l'assistenza come una sorta di beneficio graziosamente concesso
dall'alto. Al riguardo é possibile procedere ad un vero excursus
storico, a partire dallo Stato italiano liberale, là dove
l'idea dominante del soggetto bisognoso come persona improduttiva
perché inabile al lavoro determinava una minimizzazione
dell'intervento pubblico; talché le prestazioni assistenziali
venivano allora erogate per lo piú da istituti di beneficenza
privati, soprattutto cattolici. Durante il regime fascista si assiste ad un
maggiore intervento dello Stato, ma in senso negativo, poiché viene
creato un sistema pubblico, in materia di assistenza sociale, inefficiente e
repressivo (basti pensare alle severe sanzioni previste dal codice Rocco nei
confronti dei mendicanti). Nell'Italia del dopoguerra si registra purtroppo
un contrasto tra il principio affermato dall'articolo 38 della Costituzione
ed il tipo di sistema socio-assistenziale che di fatto viene realizzato.
Sicché nel periodo compreso tra gli anni cinquanta e i settanta vi
é una proliferazione di enti pubblici assistenziali, i quali
peró, speculando spesso sui bisogni delle famiglie, appaltano le
strutture di ricovero presso istituti pubblici e privati secondo logiche di
massimizzazione dei profitti e riduzione dei costi, scavalcando
completamente le vere esigenze degli utenti. Le cose migliorano un poco
grazie alla nascita dell'ordinamento regionale e al decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, che delega alle regioni la maggior
parte delle competenze in materia assistenziale, attuando cosí i
princípi di cui agli articoli 117 e 118 della Costituzione. Di
conseguenza le regioni assumono compiti di indirizzo e programmazione (ed
emanano leggi che iniziano ad entrare nella logica dei diritti degli
utenti), mentre i comuni erogano le prestazioni ed i servizi di assistenza
sociale. Contestualmente vengono sciolti gli enti pubblici assistenziali, ma
restano in vita le Istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza
(IPAB) con facoltà di trasformarsi in persone giuridiche private.
Tuttavia, continua a mancare a tutt'oggi, un intervento legislativo organico
a livello nazionale, visto che gli unici interventi sono stati di carattere
settoriale, quasi a voler assecondare una concezione frammentaria e non
globale della problematica.
Occorre allora un disegno di legge capace di recepire, in un articolato
di base, una lettura dell'articolo 38 coordinata con gli articoli 2 e 3
della Costituzione, affinché, anche rispetto all'assistenza quale
diritto inviolabile dell'uomo, vi sia l'impegno giuridicamente vincolante
dello Stato, e di tutto il sistema pubblico, ad intervenire attivamente per
rendere davvero effettiva la tutela del diritto stesso. In particolare, i
punti qualificanti del progetto di legge sono i seguenti.
Individuazione dei soggetti titolari del diritto all'assistenza sociale e
definizione dell'ambito oggettivo dell'assistenza sociale
Per comprendere bene tale questione, affrontata dagli articoli 2 e 4 del
disegno di legge, bisogna partire dal dato costituzionale onde sottolineare
che, ferma restando l'equiparazione fra salute ed assistenza sul piano dei
diritti inviolabili della persona, vi é una diversità di
ambito soggettivo tra l'articolo 32 e l'articolo 38 della Costituzione.
Infatti, il diritto alla salute é giustamente riconociuto secondo
un'accezione universale, quale diritto di tutti poiché ogni individuo
indistintamente ha bisogno nel corso della propria vita, di prevenire e
curare le malattie. Diversamente non tutti hanno bisogno di assistenza
sociale, ma soltanto coloro che sono inabili al lavoro o comunque sprovvisti
dei mezzi necessari per vivere.
Nel rispetto di questa impostazione di fondo, occorre dunque elencare, in
modo esaustivo e tassativo, gli aventi diritto, definendo in particolare
(articolo 2 del disegno di legge) le condizioni di bisogno che danno diritto
alle prestazioni pubbliche di assistenza sociale, nonché precisare
che tra gli aventi diritto rientrano altresí gli stranieri e gli
apolidi, onde estendere l'assistenza sociale anche agli immigrati
extracomunitari i quali sovente soffrono condizioni di forte disagio
sociale. Lo scopo é quello di evitare la prassi sempre piú
consolidata per quanto illecita ed incostituzionale, in base alla quale gli
enti pubblici tendono a scaricare sul sistema assistenziale soggetti come i
malati cronici, gli anziani non autosufficienti, i malati di mente, i
tossicodipendenti, il settore materno-infantile, che devono invece essere
curati ed assicurati dal servizio sanitario nazionale nonché tutelati
sul piano finanziario dalla copertura delle spese garantita dal fondo
sanitario nazionale e regionale. In altri termini, tali puntualizzazioni
servono ad evitare che gli enti erogatori facciano pagare rette spropositate
agli utenti mascherando sotto la comoda etichetta del "socio-assistenziale"
ció che in realtà attiene alla sanità e pertanto
già é finanziato dal destinatario delle prestazioni attraverso
l'adempimento degli obblighi fiscali.
Per completare questa operazione di chiarezza e sempre allo scopo di
prevenire o rimuovere gli abusi di cui sopra occorre aggiungere la
definizione dell'ambito oggettivo dell'area socio assistenziale,
perché qui, purtroppo, la confusione é davvero tanta e molto
probabilmente voluta. Il tutto comincia con l'articolo 30 della legge 27
dicembre 1983, n. 730, che istituisce la categoria ambigua delle
attività socio-assistenziali a rilievo sanitario, successivamente
specificata nella sua portata dal decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 8 agosto 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale . Ora
anche se sul piano formale detta categoria non dovrebbe pregiudicare i
diritti degli utenti, poiché la norma citata garantisce per tali
attività socio assistenziali a rilievo sanitario la copertura del
fondo sanitario, sul piano sostanziale questa ambivalente voce del bilancio
ha consentito di ridurre la spesa sanitaria e di caricarla sugli utenti
attraverso un aumento inverosimile delle rette relative alla cosiddetta
"quota alberghiera o socio-assistenziale tout court". In altri
termini, le rette pagate dagli utenti per i servizi socio-assistenziali sono
cosí scandalosamente alte (si pensi alle residenze sanitarie
assistenziali), perché evidentemente i pubblici amministratori
considerano socio-assistenziali, e dunque non imputabili al fondo sanitario
nazionale, prestazioni che in realtà hanno una valenza essenzialmente
sanitaria.
A questo proposito possiamo citare una sentenza della Corte di
cassazione, la n. 10150 del 20 novembre 1996, che spiega come il decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto l985 "non ha valore normativo
avendo esclusivamente una funzione di indirizzo e coordinamento delle
attività amministrative regionali e delle province autonome in
materia sanitaria". Tale sentenza chiarisce anche che "le prestazioni
sanitarie, al pari di quelle di rilievo sanitario, sono oggetto di un
diritto soggettivo...". Inoltre, con molta precisione, chiarisce che non
puó esservi trattamento giuridico differenziato fra malati acuti e
malati cronici, confermando cosí quanto già molti sostengono,
e cioé che "di tale distinzione non c'é traccia nella legge
che prende in considerazione l'attività di cura, indipendentemente
dal tipo di malattia (acuta o cronica) alla quale é diretta e
pertanto se la disposizione dell'atto di indirizzo e di coordinamento avesse
introdotto tale differenza sarebbe certamente contra legem e come
tale disapplicabile dal giudice ordinario".
Occorre pertanto abolire espressamente la categoria del
socio-assistenziale a rilievo sanitario, peraltro posta in essere attraverso
lo strumento improprio di una legge finanziaria, che dovrebbe invece
correttamente contenere soltanto norme provvisorie relative alle istanze di
bilancio annuale dello Stato. Non solo: occorre altresí specificare
che le attività rientranti in questa ambivalente categoria, secondo
l'elencazione operata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
8 agosto 1985, sono da considerare a tutti gli effetti come attività
sanitarie. Contestualmente bisogna chiarire, come vuole fare l'articolo 4
del disegno di legge, quali sono le attività di assistenza sociale.
Come si potrà notare nessuna delle attività menzionate
presenta implicazioni di carattere sanitario e laddove tali implicazioni
possono esservi (si pensi, ad esempio, al caso degli anziani) é
specificato che esse competono al Servizio sanitario nazionale.
Diritti dei destinatari delle prestazioni
L'articolo 3 del disegno di legge vuole stabilire due cose fondamentali:
a) una serie dei diritti connessi e strumentali a dare contenuto
effettivo al diritto all'assistenza sociale (diritti all'informazione, alla
partecipazione, all'accesso, eccetera) rafforzati altresí dal
richiamo esplicito della legge 7 agosto 1990, n. 241, sulla trasparenza
amministrativa;
b) la previsione di una giurisdizione esclusiva del giudice
ordinario, rispetto alle controversie tra destinatario delle prestazioni ed
ente pubblico inerenti all'assistenza sociale, allo scopo di evitare agli
interessati le procedure lunghe e costose delle cause davanti ai giudici
amministrativi e di ribadire ancora una volta che la materia in questione
attiene al rango del diritto soggettivo perfetto, ossia di una posizione
giuridica meritevole, a differenza dell'interesse legittimo, di una tutela
giurisdizionale piena e diretta.
Profili economici
Chiarito, dunque, che la spesa sanitaria non va confusa con quella
relativa all'assistenza sociale, l'articolo 5 del disegno di legge
istituisce un apposito Fondo nazionale per l'assistenza sociale,
precisandone altresí la consistenza economica: visto che l'Italia
vuole entrare in Europa, é giusto che ci entri rispettando anche i
parametri relativi al benessere sociale delle persone piú disagiate;
sicché l'entità del Fondo in parola non puó essere
inferiore a quanto mediamente i Paesi dell'Unione europea destinano alla
spesa pubblica assistenziale.
Inoltre, allo scopo di evitare l'imposizione di rette agli utenti, ossia
veri e propri corrispettivi ai costi effettivi delle prestazioni di
assistenza sociale, nonché le manovre speculative precedentemente
denunziate, viene stabilito che il Fondo nazionale per l'assistenza sociale
deve coprire in via primaria i costi sostenuti dal settore pubblico
dell'assistenza sociale.
Pertanto, al destinatario delle prestazioni:
a) puó essere chiesto solo e soltanto un contributo alle
spese rapportato comunque al reddito e ai beni posseduti;
b) nei casi estremi - destinatario delle prestazioni unico
percettore di reddito all'interno del nucleo familiare, ovvero indigente -
l'entità del contributo deve essere ridotta e, nelle ipotesi
piú gravi, eliminata;
c) sono espressamente esclusi da qualsiasi azione di
rivalsa i parenti tenuti agli alimenti degli assistiti maggiorenni, onde
garantire contro gli abusi reiterati degli amministratori pubblici la
corretta applicazione degli articoli 433 e 438 del codice civile, in forza
dei quali soltanto la persona in stato di bisogno puó agire nei
confronti dei propri parenti e non l'ente assistenziale, e soltanto
l'autorità giudiziaria puó stabilire, nella propria posizione
di terzietà, l'entità delle prestazioni alimentari tenuto
conto delle condizioni di bisogno dell'alimentando e delle
disponibilità economiche dei parenti.
Per quanto riguarda le persone che si trovano al di sotto della soglia di
povertà, cioé in condizioni materiali che non consentono la
possibilità di vivere un'esistenza libera e dignitosa, é
prevista l'erogazione, a titolo di assistenza sociale, di un contributo
economico di solidarietà tale da consentire anche il superamento di
contingenti situazioni di difficoltà finanziaria o di emarginazione.
Onde evitare equivoci, e al fine di caratterizzare bene la nostra proposta
in un momento storico e politico delicato in cui molto si discute intorno ai
destini dello Stato sociale, si puntualizza nell'articolo 8 del disegno di
legge che detto contributo di solidarietà non puó essere
utilizzato come un grimaldello per scardinare l'attuale sistema degli
ammortizzatori sociali e delle provvidenze economiche già previste
dalle leggi vigenti a tutela del singolo e del nucleo familiare.
Criteri organizzativi e finalità del settore dell'assistenza sociale
L'idea di fondo, sottesa al disegno di legge, é quella di evitare
qualsiasi forma di emarginazione ed istituzionalizzazione dei soggetti in
condizioni di bisogno. Per questo vanno aboliti gli istituti totali
nonché lo strumento repressivo del ricovero coatto, di cui
all'articolo 154 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, a danno delle persone
inabili al lavoro e sprovviste dei mezzi necessari per vivere.
Altra finalità importante da perseguire é quella di
inquadrare non soltanto in termini individuali, ma anche collettivi, il
problema del disagio e dell'emarginazione. Per questo lo scopo istituzionale
del settore dell'assistenza sociale deve essere quello di prevenire e
rimuovere le cause profonde e radicate di tale disagio, e di porre in essere
azioni amministrative che possano avere anche una valenza generale, in
termini di informazione, consulenza, promozione del benessere collettivo,
coordinamento dei vari settori (sanità, lavoro, scuola, eccetera) per
realizzare un intervento di sostegno non riduzionista, ma capace di
considerare in termini unitari e globali il soggetto bisognoso. Anche in
relazione alle problematiche organizzative dell'assistenza sociale, é
bene evitare qualsiasi forma di equivoco e caratterizzare bene la nostra
proposta in una direzione di difesa dello Stato sociale, secondo i
princípi costituzionali vigenti. A tal proposito il disegno di legge
specifica i seguenti punti:
a) non si possono scaricare sull'assistenza compiti che
attengono alla sanità, come, ad esempio, la cura di malati cronici;
b) non si possono scaricare sulle famiglie o sul
volontariato compiti sanitari o di assistenza sociale, che spettano
istituzionalmente, ed in base alla Costituzione, al sistema pubblico.
Destinazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza
Una legge quadro che ambisca a porre in essere una disciplina unitaria
della materia dell'assistenza sociale, deve necessariamente prevedere
l'estinzione delle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza
(IPAB) in considerazione del fatto che gli statuti di questi enti sono
impostati invece secondo una logica settoriale, tant'é che dispongono
interventi in favore di particolari categorie e gruppi, alimentando
cosí il disvalore del clientelismo a pregiudizio della cultura dei
diritti. Questo serve peraltro ad evitare che l'ingente patrimonio di tali
enti, stimato nell'ordine di 30/40 mila miliardi di lire venga
selvaggiamente privatizzato, come purtroppo sta già accadendo.
Occorre dunque tornare al principio già sancito dal decreto del
Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, e deluso da una non felice
sentenza della Corte costituzionale, secondo cui le risorse economiche e
personali delle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza devono
essere trasferite ai comuni mantenendo comunque la loro destinazione legata
all'assistenza sociale; per quanto concerne le istituzioni pubbliche di
assistenza e di beneficenza operanti nel settore sanitario il trasferimento
avviene a favore delle aziende sanitarie locali.
Livelli e funzioni di governo del settore dell'assistenza sociale
Le idee guida del disegno di legge sono le seguenti:
1) allo Stato devono competere le funzioni di indirizzo e
coordinamento, nonché la distribuzione delle risorse, per assicurare
la sostanziale perequazione dei servizi e la omogenea tutela dei diritti su
tutto il territorio nazionale. Per questo é compito del Governo
fissare gli standard ed i requisiti che devono possedere le
strutture assistenziali pubbliche e private ai fini dell'autorizzazione e
dell'accreditamento, nonché gli aspetti concernenti la qualificazione
professionale del personale addetto ai servizi dell'assistenza sociale;
2) alle regioni spettano la programmazione ed il coordinamento degli
interventi sul suo territorio, l'emanazione della legislazione attuativa dei
princípi contenuti nella proposta di legge, nonché l'adozione
delle delibere relative all'autorizzazione e all'accreditamento delle
strutture pubbliche e private erogatrici di assistenza sociale;
3) le competenze attualmente attribuite alle province vengono
trasferite, unitamente alle relative risorse, ai comuni;
4) viene prevista l'istituzione delle unità locali dei servizi
di assistenza sociale, quali complessi di servizi gestiti dai comuni e dai
consorzi dei comuni di piccole dimensioni, finalizzati ad assicurare,
rispetto all'esercizio di questa funzione pubblica fondamentale, un
decentramento amministrativo, al tempo stesso efficiente e democratico ossia
trasparente ed aperto alla partecipazione dal basso di utenti, famiglie e
formazioni sociali. In particolare, per assicurare i predetti scopi é
necessario che:
a) tali unità abbiano una competenza territoriale
limitata che deve essere infraco munale rispetto alle grandi città in
modo che gli abitanti compresi in ciascun ambito territoriale di competenza
non superino il numero di 100 mila;
b) abbiano un consiglio di amministrazione controllabile
dal basso e dunque espressivo degli organi consiliari dei comuni, quindi
rappresentativo delle minoranze locali;
c) abbiano un comitato di partecipazione attraverso il
quale gli utenti e le loro rappresentanze sociali possano far sentire e
pesare le proprie istanze ed osservazioni critiche anche nei confronti del
direttore dell'unità stessa;
d) abbiano il potere di convenzionarsi con le strutture
pubbliche e private di assistenza sociale operanti nel territorio di loro
competenza e di vigilare su di esse onde verificare il rispetto dei diritti
degli utenti.
DISEGNO DI LEGGE |
CAPO I
Art. 1.
(Finalità della legge)
1. Al fine di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo
della persona umana, come richiesto dal secondo comma dell'articolo 3 della
Costituzione e in attuazione dell'articolo 2 della Costituzione, che
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, e del primo e quarto
comma dell'articolo 38 della Costituzione, la presente legge definisce e
stabilisce le prestazioni ed i servizi di assistenza sociale cui hanno
diritto i soggetti di cui all'articolo 2.
|
Art. 2.
(Soggetti titolari del diritto
1. Hanno diritto alle prestazioni ed ai servizi di cui alla presente
legge i cittadini italiani, gli stranieri e gli apolidi che si trovano in
condizioni di bisogno perché inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi
necessari per una esistenza libera e dignitosa.
a) insufficienza del reddito e dei beni del singolo o del nucleo
familiare con cui il soggetto convive a garantire il superamento della
soglia di povertà;
|
Art. 3.
(Diritti dei destinatari delle prestazioni)
1. Il diritto alle prestazioni di assistenza sociale determina
altresí nei soggetti di cui all'articolo 2 i seguenti diritti:
a) essere compiutamente informati, da parte dei responsabili,
individuati ai sensi dell'articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sui
propri diritti in rapporto ai servizi di assistenza sociale, sulle
prestazioni di cui é possibile usufruire, sulle possibilità di
scelta esistenti, sulle condizioni e sui requisiti per accedere alle
prestazioni e sulle relative procedure, nonché sulle modalità
di erogazione delle prestazioni stesse;
2. Ai fini della tutela piena e diretta del diritto all'assistenza
sociale, come previsto dal primo comma dell'articolo 38 della Costituzione e
specificato dalla presente legge, resta in ogni caso ferma la facoltà
dell'interessato, ovvero del suo rappresentante legale, di adire
l'autorità giudiziaria ordinaria che ha giurisdizione esclusiva in
materia.
|
Art. 4.
(Definizione delle competenze e dei compiti dell'assistenza sociale)
1. Ai fini dell'applicazione della presente legge e del principio di cui
al primo comma dell'articolo 38 della Costituzione si fa obbligo di
prevenire e rimuovere le cause del disagio sociale, e di promuovere il
benessere individuale e collettivo; in particolare, devono essere garantiti:
a) l'informazione ai cittadini singoli o associati sui problemi
generali e specifici dell'assistenza, dell'emarginazione e dell'esclusione
sociale;
2. L'articolo 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, é abrogato.
Le attività di rilievo sanitario connesse con quelle
socio-assistenziali, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 8 agosto 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 191 del 14 agosto 1985, sono da considerare a tutti gli effetti come
attività sanitarie, come tali rientranti nell'ambito del Servizio
sanitario nazionale, ed inderogabilmente imputabili sul piano della spesa al
Fondo sanitario nazionale.
|
Art. 5.
(Istituzione del Fondo nazionale
1. É istituto il Fondo nazionale per l'assistenza sociale con il
compito di finanziare i servizi e le prestazioni di cui all'articolo 4.
|
Art. 6.
(Criteri di organizzazione e di attività)
1. L'organizzazione e l'attività del sistema dei servizi di
assistenza sociale devono muovere da una approfondita analisi qualitativa e
quantitativa dei bisogni e rispettare i seguenti criteri:
a)
uguaglianza dei livelli delle prestazioni e dei servizi su tutto il
territorio nazionale;
|
Art. 7.
(Prevenzione dell'emarginazione
1. Allo scopo di prevenire l'emarginazione, il ricovero in istituto e la
dipendenza assistenziale, le istituzioni dello Stato, delle regioni e degli
enti locali e degli organismi pubblici devono assicurare, nell'ambito delle
proprie competenze:
a) le prestazioni sanitarie preventive, riabilitative e di cura,
in particolare garantendo che persone malate croniche non autosufficienti
possano usufruire dei servizi sanitari;
|
Art. 8.
(Rimozione del bisogno economico)
1. Ai sensi della presente legge é corrisposto un contributo
economico allo scopo di:
a) garantire il superamento della soglia di povertà alle
persone ed ai nuclei familiari impossibilitati per qualsiasi motivo a
procurarsi con il lavoro e con i redditi e i beni di cui dispongono il
necessario economico per vivere;
2. Le prestazioni economiche con finalità terapeutiche restano di
competenza del comparto sanitario.
|
Art. 9.
(Superamento delle situazioni
1. Allo scopo di superare le situazioni di emarginazione personale,
familiare e sociale dei soggetti di cui all'articolo 2 e dei loro nuclei
familiari, é abrogato l'articolo 154 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
a) i servizi di assistenza domiciliare e di aiuto personale e
familiare;
3. É vietata l'apertura di istituzioni totali. Gli istituti
già esistenti e privi delle caratte ristiche di cui alla lettera
b) del comma 2 cessano ogni attività decorsi cinque anni dalla
data di entrata in vigore della presente legge.
|
Art. 10.
(Destinazione delle istituzioni pubbliche
1. É abrogata la legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive
modificazioni, nonché i relativi decreti d'attuazione.
a) verificare che sia stata effettuata la registrazione delle
istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza privatizzate nel
pubblico registro di cui all'articolo 33 del codice civile;
5. L'articolo 17 del codice civile é sostituito dal seguente:
"Art. 17. - (Acquisto di immobile e accettazione di disposizioni,
eredità e legati) . - La persona giuridica non puó
acquistare e alienare beni mobili e immobili, né accettare donazioni
o eredità, né conseguire legati senza autorizzazione
governativa o regionale. Senza questa autorizzazione, l'acquisto,
l'alienazione e l'accettazione non hanno effetto".
LIVELLI E FUNZIONI DI GOVERNO
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Art. 11.
(Unità locali per i servizi
1. Al fine di garantire una gestione dei servizi democratica e
rispondente alle esigenze delle persone, delle famiglie e delle
comunità, nonché l'effettiva partecipazione dei cittadini e
delle formazioni sociali, sono istituite le unità locali per i
servizi di assistenza sociale, quali complessi di servizi gestiti dai comuni
e dai consorzi di comuni. L'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, é abrogato.
a) l'ambito territoriale di ogni unità locale per i
servizi di assistenza sociale deve tendere a corrispondere all'ambito
territoriale di ogni azienda sanitaria locale di riferimento, nonché
delle caratteristiche e dei bisogni della popolazione residente;
|
Art. 12.
(Competenze dello Stato)
1. Nel rispetto degli articoli 3 e 5 della Costituzione, e secondo quanto
previsto dall'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616, compete allo Stato la funzione di indirizzo e
coordinamento, in materia di servizi sociali, delle attività della
regione che attengono ad esigenze di carattere unitario, allo scopo di
garantire omogeneità e perequazione su tutto il territorio nazionale
nell'erogazione dei servizi stessi.
a) regolare le questioni di ordine internazionale ed i rapporti
con organismi stranieri ed internazionali operanti nel settore
dell'assistenza sociale;
|
Art. 13.
(Delega al Governo in materia di profili professionali e di formazione del
personale)
1. Il Governo é delegato ad emanare, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge e nell'osservanza dei princípi
in essa contenuti, uno o piú decreti legislativi per definire:
a) la regolamentazione delle professioni concernenti i servizi
di assistenza sociale;
|
Art. 14.
(Competenze delle regioni)
1. La potestà legislativa e la funzione amministrativa riguardante
il sistema dei servizi di assistenza sociale, che a norma degli articoli 117
e 118 della Costituzione competono alle regioni, sono esercitate nell'ambito
dei princípi contenuti nella presente legge.
a) le norme generali per l'istituzione, l'organizzazione e la
gestione delle unità locali per i servizi per l'assistenza sociale,
come previsto dall'articolo 11;
4. La regione provvede alla autorizzazione e all'accreditamento delle
strutture pubbliche e private di assistenza sociale previa verifica della
loro compatibilità con i requisiti definiti dall'atto di indirizzo e
coordinamento di cui all'articolo 12, comma 2.
|
Art. 15.
(Trasferimento di competenze
1. Sono trasferite ai comuni le competenze già attribuite alle
province concernenti l'assistenza sociale:
a)
alle madri nubili e coniugate, comprese le attività dirette a
garantire il segreto del parto delle donne che non intendono riconoscere i
propri nati;
2. Sono assegnati ai comuni il personale, le strutture, le attrezzature
ed i finanziamenti destinati alle attività assistenziali di cui al
presente articolo.
|
Art. 16.
(Competenze delle unità locali per i servizi di assistenza sociale)
1. Le unità locali per i servizi di assistenza sociale:
a)
assicurano l'esercizio degli interventi di assistenza sociale secondo le
finalità generali della presente legge e secondo la normativa
regionale, attraverso la gestione diretta del complesso dei servizi di
assistenza sociale localizzati nel territorio di loro competenza;
|
Art. 17.
(Organi delle unità locali per i servizi
1. Le unità locali per i servizi di assistenza sociale sono enti
dotati di propria personalità giuridica, con autonomia gestionale e
con statuto approvato dal consiglio comunale ovvero dai consigli dei comuni
consorziati ai sensi dell'articolo 11.
|
Art. 18.
(Istituzione del comitato di partecipazione dell'unità locale per i
servizi di assistenza sociale)
1. Per garantire effettivamente il diritto alla partecipazione, le
regioni istituiscono in ogni unità locale per i servizi di assistenza
sociale il comitato di partecipazione degli utenti e operatori.
|
Art. 19.
(Ruolo delle organizzazioni
1. Le organizzazioni e le associazioni di volontariato iscritte all'albo
regionale del volontariato che svolgano un'attività nell'ambito del
settore dell'assistenza sociale, partecipano in maniera integrata
all'iniziativa delle strutture e dei servizi pubblici senza mai ad essi
sostituirsi.
NORME FINALI E TRANSITORIE
|
Art. 20.
(Norme finali e transitorie)
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adottare
o adeguare le norme legislative per l'attuazione della stessa.
|
Art. 21.
(Coordinamento con la legge
1. Ai fini della piena armonizzazione tra i princípi di cui alla
presente legge e le disposizioni vigenti in materia di assistenza sociale,
con particolare riguardo alla affermazione, in attuazione dell'articolo 38
della Costituzione, di un diritto soggettivo perfetto all'assistenza sociale
e di un conseguente obbligo istituzionale a carico degli enti pubblici
competenti in ordine alla erogazione dei relativi servizi e prestazioni, le
attività in materia di assistenza prevista dalla legge 5 febbraio
1992, n. 104, hanno natura vincolata e non discrezionale.
a) il comma 1 dell'articolo 9 é sostituito dal seguente:
" 1. Il servizio di aiuto personale, che deve essere istituito
dai comuni, singoli o consorziati, con le proprie ordinarie risorse di
bilancio, é diretto ai cittadini in temporanea o permanente grave
limitazione dell'autonomia personale non superabile attraverso la fornitura
di sussidi tecnici, informatici, protesi o altre forme di sostegno rivolte a
facilitare l'autosufficienza e la possibilità di integrazione dei
cittadini stessi e comprende il servizio di interpretariato per non
udenti.";
" 1. I comuni anche consorziati tra loro o con le province, le
loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali,
nell'ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite
dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, devono realizzare con le loro ordinarie
risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto all'integrazione
sociale e scolastica nel rispetto delle priorità degli interventi di
cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità alloggio e centri
socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di
gravità.";
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Art. 22.
(Norma finanziaria)
1. Il Fondo nazionale per l'assistenza sociale di cui al comma 1 dell'articolo 5 é finanziato a carico della fiscalità generale. |