Legislatura 13º - Disegno di legge N. 2514

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 2514


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori MELUZZI, BONATESTA, MACERATINI, MONTELEONE, LISI, CORTELLONI, PACE, MARRI, ASCIUTTI, MAGGI, NOVI, MANIS, MEDURI, BUCCIERO, CUSIMANO, TURINI, PELLICINI, VALENTINO, PEDRIZZI, DE CORATO, COSTA, FUMAGALLI CARULLI, CURTO, BOSI, BALDINI, MANCA, CIMMINO, RONCONI, GUBERT, FIRRARELLO, DENTAMARO, CAMO, ZANOLETTI, TAROLLI, CIRAMI, MINARDO, NAVA, CALLEGARO, DE SANTIS, NAPOLI Roberto e COLLINO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 GIUGNO 1997

Modifiche al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di uso e detenzione di sostanze stupefacenti e psicotrope, nonché in materia di misure alternative alla detenzione in favore dei tossicodipendenti che abbiano in corso programmi di recupero






ONOREVOLI SENATORI. - La legislazione italiana in tema di stupefacenti ha conosciuto quattro fasi differenti: la prima corrisponde al periodo di operatività delle disposizioni antecedenti alla riforma del 1975; la seconda coincide con l'entrata in vigore della legge 22 dicembre 1975, n. 685, e comprende il quindicennio che va dal 1975 al 1990; la terza parte inizia nel 1990, allorché viene approvata la legge "Vassalli-Russo Jervolino" (legge 26 giugno 1990, n. 162), e si conclude nel 1993, quando norme significative di questa legge vengono abrogate con il referendum ; la quarta, che inizia proprio con il referendum , dura tuttora.
1. Se é superfluo ricordare la legislazione antecedente il 1975, che ha carattere fortemente repressivo e punisce, oltre allo spaccio di droga, anche il consumo e la detenzione finalizzata al consumo, giova invece accennare alla legge n. 685, approvata nel 1975, che resta in vigore fino al 1990. Questa legge considera l'assuntore di stupefacenti, che non sia al tempo stesso spacciatore e non detenga grossi quantitativi di droga, esclusivamente come un ammalato, in quanto tale da curare e da riabilitare: é sufficiente che la sua condotta non oltrepassi la soglia di detenzione di droga della "modica quantità" - una soglia che nei fatti non sempre é irrilevante, dal momento che, sulla base della giurisprudenza della Corte di cassazione, é "modica" anche la "quantità" che consente un approvvigionamento fino a tre-quattro giorni per un tossicodipendente assuefatto - per non essere censurabile nemmeno in via amministrativa: assumere stupefacenti rappresenta una scelta libera dell'individuo, al pari di tante altre, rispetto alla quale lo Stato non prende posizione, in favore o contro, mostrandosi sostanzialmente agnostico, e quindi indifferente.
Due decreti del Ministro della sanità, adottati in attuazione della citata legge n. 685 del 1975, risalenti al 1980, ne avallano l'impostazione di fondo, poiché consentono e regolano la distribuzione da parte delle strutture pubbliche del metadone e, a particolari condizioni, della morfina; e con questo rivelano l'opzione verso una terapia di "mantenimento" delle tossicodipendenze, piuttosto che di contrasto, di cura e di eliminazione.
La disciplina del 1975 fallisce per una serie di ragioni concomitanti: per la carenza e l'inefficienza delle strutture pubbliche chiamate a garantire il recupero del tossicodipendente, per la scarsa entità del sostegno alle comunità di recupero, per la richiamata dilatazione del concetto di "modica quantità", ma soprattutto per l'assenza di una chiara presa di posizione dello Stato nei confronti dell'uso di droga, prima ancora che della detenzione e del consumo.
2. Dopo un tormentato iter parlamentare, nel 1990 viene approvata la legge n. 162, le cui disposizioni sono poi riordinate con quelle già in vigore nel testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309: si tratta di una legge che, pur perfettibile, ribalta la logica precedente e si muove sui binari di un giudizio di sfavore nei confronti non soltanto del traffico e dello spaccio, ma anche dell'assunzione di stupefacenti, che viene sanzionata sul piano amministrativo; pure la detenzione di droga conosce questo tipo di sanzione, se non supera i limiti della "dose media giornaliera", fissati con un decreto ministeriale: oltre quei limiti interviene, con gradualità, la sanzione penale. Il consumatore di droga non é piú ritenuto un semplice ammalato, ma come un soggetto che, pur avendo bisogno di cure, compie una scelta che la società non apprezza; lo Stato, sfavorevole a tale scelta, tuttavia tende la mano a colui che sbaglia, perché comprende che dietro quell'errore vi é una serie di tragedie personali, di incomprensioni, di problemi apparentemente insuperabili, e permette all'assuntore di droga di andare esente dalla sanzione amministrativa o penale, a condizione di lasciare la droga e di seguire un percorso di recupero.
É falso sostenere che la legge n. 162 del 1990 ha riempito le carceri di drogati: la maggior parte dei tossicodipendenti che sono finiti in carcere dopo quella legge ci sono andati perché avevano realizzato rapine, furti o estorsioni, motivati dalla necessità di procurare per sé la droga, o perché spacciavano o detenevano quantitativi significativi di stupefacenti, ma non certo perché le sbarre - come si é detto, sbagliando - costituivano la sola prospettiva per chi si drogava. In proposito, é significativo che, nel pieno vigore del testo unico approvato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, da una verifica effettuata alla data del 15 novembre 1992, il numero di reclusi in carcere per violazione del comma 5 dell'articolo 73 del predetto testo unico, e cioé per il possesso di stupefacenti oltre la dose media giornaliera, ma per un fatto ritenuto di lieve entità, erano 1.061, su una popolazione penitenziaria di circa 50.000 unità; quel giorno nessun detenuto era in carcere per violazione delle prescrizioni impartite dal pretore ai sensi dell'articolo 76 dello stesso testo unico.
Di piú, la legislazione del 1990 prevede vie privilegiate di allontanamento dal circuito carcerario se il tossicodipendente decide di sottoporsi a un percorso di recupero. L'articolo 89 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 preclude la custodia cautelare a carico del tossicodipendente che abbia in corso o intenda sottoporsi ad un programma terapeutico presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti ovvero nell'ambito di una struttura autorizzata; alla medesima condizione, l'articolo 90 dello stesso testo unico consente la sospensione per cinque anni della esecuzione della pena nei confronti di un soggetto condannato alla reclusione non superiore ai quattro anni, ovvero che debba espiare un residuo della pena della medesima durata. Inoltre, il testo unico potenzia il ruolo delle comunità di recupero e prevede interventi in materia di prevenzione, esaltando in proposito il ruolo degli enti locali, in particolare della regione e del comune, nonché quello delle strutture scolastiche.
Gli effetti positivi che la nuova legislazione comincia a provocare - dalla diminuzione dei decessi per assunzione di droga all'incremento degli ingressi nelle comunità, dal reale recupero di tanti tossicodipendenti al sequestro di quantitativi sempre piú consistenti di stupefacenti - sono bruscamente frenati dal referendum del 1993, che squilibra l'impianto legislativo del 1990: dopo quel referendum é illecito soltanto lo spaccio, che sia sicuramente accertato in quanto tale. Oggi anche la detenzione di quantitativi non irrilevanti di stupefacenti, che non sia accompagnata da gesti univoci di cessione a terzi, é penalmente irrilevante: in questi termini si orienta la giurisprudenza della Corte di cassazione, che ritiene non punibile la detenzione di decine di grammi di eroina (é ben noto che per ottenere l'effetto della droga sono sufficienti 5 milligrammi di eroina), e perfino la detenzione accompagnata dal "consumo di gruppo".
3. Due mesi dopo la consultazione referendaria, a Palermo, nel corso della prima conferenza nazionale sulle tossicodipendenze, l'allora Ministro per gli affari sociali Fernanda Contri, lancia lo slogan della "riduzione del danno", accogliendo le proposte formulate dal Coordinamento radicale antiproibizionista (CORA). Quello slogan é diventato il punto ideologico di riferimento di un decreto-legge che é stato reiterato per circa venti volte, le cui disposizioni sono state poi riprese da una legge di sanatoria d'iniziativa del Governo (legge 28 marzo 1997, n. 86); per i sostenitori della tesi della "riduzione del danno", il tossicodipendente, nonostante il fallimento della politica realizzata fra il 1975 e il 1990, torna a essere niente di piú di un ammalato, con l'aggravante che piuttosto che riferirsi alla cura si propende a farlo permanere nello stato di tossicomania, e gli si forniscono gli strumenti perché non danneggi ulteriormente se stesso o altri. Dunque, i fondi per fronteggiare la tossicodipendenza sono impiegati, in via principale, per sostenere quelle strutture, fra le quali rientrano le cosiddette "unità di strada", che distribuiscono gratuitamente metadone, siringhe monouso e profilattici. Il concetto di "riduzione del danno" come principale strategia di intervento banalizza la tragedia-droga, poiché concentra l'attenzione sulla garanzia dell'igienicità dell'assunzione di stupefacenti, piuttosto che sull'investimento delle risorse umane e materiali nell'allontanamento dalla droga.
4. Per comprendere quale debba essere la corretta risposta dello Stato, delle istituzioni e del corpo sociale di fronte al traffico, allo spaccio, alla detenzione e al consumo di sostanze stupefacenti, e quindi per operare quel bilancio della legislazione che si é succeduta finora, che rappresenta la premessa indispensabile per un nuovo intervento normativo, é pregiudiziale l'accertamento dell'incidenza dell'assunzione di stupefacenti sull'equilibrio fisico e psichico di un individuo. In data 3 giugno 1995 la Società italiana di farmacologia (SIF) ha pubblicato un documento con il quale si prendono in esame gli aspetti di natura farmacologica e medica connessi a una eventuale liberalizzazione delle cosiddette "droghe leggere", facendo specifico riferimento alla proposta di legge degli onorevoli Corleone e altri (atto Camera n. 2362), presentata nella XII legislatura, e nuovamente depositata nella legislatura attuale (atto Camera n. 128). Nel lungo e articolato parere (integralmente riportato da SIF Notizie , periodico della Società italiana di farmacologia, n. 1, settembre 1995) si puó leggere, fra l'altro:

"(...) é dimostrato che la Cannabis é una sostanza che induce tossicomania, anche se la sua frequenza é limitata e la sindrome da astinenza é di modesta gravità";
"(...) non é raro che singole assunzioni (di Cannabis ) possano indurre ansia, panico, stati paranoidi e reazioni disforiche (...)";
"nei consumatori abituali di Cannabis é abbastanza comune l'instaurarsi della cosí detta sindrome amotivazionale, caratterizzata da apatia, indifferenza affettiva, mancanza di interesse per il futuro, per i rapporti sociali e per il lavoro";
"uno dei piú costanti effetti indotti dell'assunzione di Cannabis é la tachicardia, spesso accompagnata da ipotensione posturale. (...) Rinite e tosse cronica sono sintomi comuni nei fumatori abituali di Cannabis ";
" Cannabis e cannabinoidi hanno effetti mutageni e carcinogenetici dimostrati con i comuni test in vitro ";
"(...) sono state descritte alterazioni comportamentali nei bambini nati da madri che hanno usato Cannabis durante la gravidanza";
"é prevedibile che la diffusione della Cannabis porti alle seguenti conseguenze: 1) aumento del numero di incidenti stradali durante l'intossicazione acuta; 2) aumento di casi di psicosi in soggetti normali ma soprattutto in pazienti mentali; 3) aumento di patologie a carico dell'apparato cardiocircolatorio e respiratorio nei fumatori cronici; 4) aumento dei casi di sindrome amotivazionale nei giovani con conseguenze personali, familiari e sociali; 5) aumento del rischio di patologie infettive, tumorali, di alterazione delle funzioni riproduttive e di disturbi nello sviluppo postnatale";
"pertanto, valutando le informazioni farmacologiche, tossicologiche e mediche oggi disponibili, il parere della SIF sulla liberalizzazione dell'uso della Cannabis é negativo".

Se le droghe cosiddette "leggere" producono questi effetti, e a fortiori effetti ancora piú gravi producono quelle cosiddette "pesanti", e se il loro principale risultato é di impedire a chi ne fa uso di agire in piena consapevolezza e responsabilità, é compito dello Stato impedirne la diffusione: l'autorità pubblica verrebbe meno ai suoi doveri piú essenziali se non adottasse tutte le misure, incluse quelle sanzionatorie, per evitare la propagazione di danni alla salute. Affermare questo non significa porsi in un'ottica meramente "punitiva", bensí sviluppare coerentemente quel principio di solidarietà che é consacrato negli articoli 2 e 3 della Costituzione, e che assume una direzione biunivoca. Come osserva il professor Mauro Ronco, ordinario di diritto penale all'università di Modena (in " Il controllo penale degli stupefacenti ", Napoli, 1990), "se i singoli si mettessero nella condizione, acquisendo modalità di vita tossicomanica, di non adempiere, in via permanente, ai propri doveri di solidarietà sociale, e se lo Stato tollerasse, con tale indifferenza, che ció accadesse, i doveri previsti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione sarebbero parole vane. Le esigenze di solidarietà postulano non soltanto la fornitura di prestazioni della collettività a favore dei singoli, bensí anche la disponibilità di essi, isolatamente considerati o riuniti nelle varie formazioni sociali, a contribuire alle necessità della società. La socialità della persona, invero, piú che di debolezza o di limitazione, é rivelativa dell'interiore ricchezza e abbondanza dell'uomo. Strappare da se stessi la struttura portante degli atti di libera decisione; consegnarsi, mediante l'uso di droghe, a strutture di mero divenire; progettarsi in una dimensione di vita totalmente estranea rispetto alle esigenze che derivano dal "patto sociale significativo" equivale a rifiutarsi in radice a quell'apertura agli altri e a quell'ordinazione di se stessi alla società, che é condizione fondamentale di vita dell'ordinamento giuridico".
Ad avallare una sorta di indifferenza di Stato verso la scelta tossicomanica non vale l'osservazione secondo cui é necessario rispettare la libertà di chi sceglie di consumare droga, poiché costui al massimo danneggia se stesso, ma non gli altri. Possono richiamarsi, per analogia, le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale di fronte alle eccezioni sollevate da giudici di merito contro la legge 11 gennaio 1986, n. 3, che impone ai motociclisti di indossare il casco; con la sentenza n. 180 del 16 maggio 1994 la Corte ha ritenuto infondata la tesi dell'ingerenza dello Stato nei diritti del cittadino, che deriverebbe dal fatto che ad andare in giro senza casco non si mette a repentaglio l'incolumità altrui, ma soltanto la propria, e quindi imporre l'uso del casco limiterebbe la libertà di circolazione, e piú in generale di estrinsecazione della personalità. La Consulta ha risposto che la salute dell'individuo costituisce al tempo stesso, in base all'articolo 32 della Costituzione, interesse della collettività, sí che va apprezzato nella specie l'intervento del legislatore, anche perché gli incidenti stradali hanno un costo per l'intera società. La logica seguita per l'obbligo di indossare il casco vale, a maggior ragione, per l'imposizione dell'obbligo di non fare uso di droga.
Esistono peraltro precisi vincoli di ordine internazionale. La Convenzione unica sugli stupefacenti adottata a New York il 30 marzo 1961, emendata dal Protocollo di Ginevra del 25 marzo 1972 (di cui alla legge 5 giugno 1974, n. 412), e la Convenzione sulle sostanze psicotrope adottata a Vienna il 21 febbraio 1971 (di cui alla legge 25 maggio 1981, n. 385), obbligano gli Stati sottoscrittori, fra i quali é l'Italia, a considerare illecita anche la detenzione di stupefacenti per uso personale non terapeutico. Il richiamo alla responsabilità della persona, e non all'indifferenza di Stato rispetto alla sua scelta di drogarsi, é stato ritenuto dai giudici di palazzo della Consulta in ripetute occasioni conforme ai precetti costituzionali: nella sentenza n. 333 dell'11 luglio 1991, per esempio, si sottolinea che prevedere co me reato - in base alla versione originaria del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 - la detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale in misura superiore alla dose media giornaliera risponde all'esigenza di rendere estremamente improbabile che il detentore possa spacciare, o anche solo cedere a terzi, la sostanza detenuta, e di limitare l'accumulo di droga per uso personale al fine di contrastarne il traffico illecito, "costretto dalla parcellizzazione della domanda a moltiplicare i rivoli dell'ultima fase dello spaccio".
5. Su queste basi di principio e costituzionali si fondano le modifiche contenute nel presente disegno di legge, che si muove verso il recupero dell'impostazione di fondo del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e l'utilizzo dell'esperienza maturata a seguito dell'applicazione delle disposizioni in esso contenute e di ció che é accaduto quando quell'impianto é stato modificato dal referendum del 1993. É un dato di fatto inconfutabile che, fino a quando le norme introdotte nel 1990 hanno avuto pieno vigore, hanno prodotto risultati positivi: basta per tutti l'indice costituito dai morti per uso di droga, che hanno raggiunto la punta piú elevata nel 1991 (1.383 decessi), per calare sensibilmente negli anni successivi, proprio in coincidenza dell'applicazione di quelle norme: 1.217 nel 1992, 888 nel 1993, 867 nel 1994. Hanno ripreso a crescere in modo sensibile quando quell'impianto normativo é stato squilibrato, a seguito del referendum : 1.195 nel 1995 e 572 nel primo semestre del 1996.
I primi tre articoli del presente disegno di legge recuperano talune delle norme abrogate dal referendum , al fine di riaffermare il giudizio sfavorevole dello Stato nei confronti anche della mera assunzione di stupefacenti; riacquista significato il procedimento innanzi al prefetto, prodromico della eventuale applicazione di sanzioni amministrative, mentre non viene ripreso il successivo procedimento dinanzi al pretore, del quale la pur limitata esperienza applicativa ha mostrato la farraginosità e la sostanziale concreta influenza. Cosí, l'articolo 1 vieta nuovamente l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope, reintroducendo tale divieto al comma 1- bis dell'articolo 72 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
L'articolo 2 riformula i commi 1, 2, 3 e 12 dell'articolo 75 dello stesso testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, accentuando la fase della dissuasione: il prefetto, o un suo delegato, oltre ad invitare il tossicodipendente a non fare uso di droga, gli consegna una breve memoria, illustrativa in modo semplice ed efficace degli effetti negativi, sul piano fisico e psichico, derivanti dall'assunzione di qualsiasi tipo di stupefacente. Ovviamente, non si presume che tale consegna abbia effetti risolutivi o totalmente dissuasivi: essa si limita ad apportare un elemento di riflessione in piú, ulteriore rispetto ad un richiamo verbale che appare meno efficace e puó svolgersi in concreto con modalità sbrigative.
Nell'ottica di contrasto indiretto allo spaccio, ribadita dalla Corte costituzionale nella sentenza della quale si é appena fatto cenno, la n. 333 del 1991, l'articolo 3 riprende il concetto di dose media giornaliera, quale linea di confine fra la detenzione di droga al di sotto di quella soglia, che rappresenta un mero illecito amministrativo, e la detenzione di droga oltre quella soglia, che diventa un illecito penale.
Gli articoli da 4 a 7 traducono in norme i suggerimenti derivanti dalle esperienze di coloro che lavorano nelle strutture pubbliche, e soprattutto in quelle residenziali, per il recupero dei tossicodipendenti, concentrando l'attenzione sul rapporto fra carcere e persona che ha fatto o fa uso di droga. L'idea-guida é di evitare il piú possibile il carcere se vi é la seria disponibilità ad intraprendere o a continuare un percorso di recupero, giungendo ad allontanare, anche in via definitiva, la prospettiva della reclusione per chi abbia consumato reati connessi al proprio stato di tossicodipendenza e stia uscendo, o sia già uscito, da tale condizione.
In particolare, l'articolo 4 affronta al comma 1 il profilo della custodia cautelare in carcere e, introducendo il comma 3- bis nell'articolo 89 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, prevede che, qualora l'interessato abbia già fruito della revoca della custodia cautelare per sottoporsi ad un programma di recupero, abbia in seguito interrotto tale programma o comunque non lo abbia correttamente seguito, e quindi sia stata nuovamente disposta la custodia cautelare nei suoi confronti, possa presentare una ulteriore istanza di revoca, collegata alla ripresa del programma di recupero. Il limite per la riproposizione dell'istanza é rappresentato dalla circostanza che il programma di recupero si realizzi presso una struttura residenziale autorizzata, per i vincoli piú incisivi che essa pone a chi comunque fruisce di un beneficio processuale.
Il comma 2 dell'articolo 4 abroga il comma 4 dell'articolo 89 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, il quale a sua volta impedisce la revoca della custodia cautelare in carcere quando si procede per uno dei delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale. Se la consumazione di tali delitti, pur gravi, é avvenuta, a seguito di un accertamento serio e documentato, in relazione allo stato di tossicodipendenza, non si comprende la ragione della preclusione della possibilità di recupero.
Le disposizioni contenute nell'articolo 5 mirano a superare i problemi che sono sorti con maggiore frequenza in sede di esecuzione della pena. Cosí il comma 1, introducendo il comma 1- bis nell'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, evita quanto é concretamente accaduto ogni qualvolta la condanna a pena detentiva é diventata definitiva nei confronti di un soggetto che aveva ottenuto, ai sensi dell'articolo 89, la revoca della custodia cautelare, poiché si era sottoposto ad un programma di recupero: l'interessato, benché già completamente recuperato, al punto, talora, da essere diventato a sua volta educatore all'interno di una comunità, viene sottoposto a carcerazione, e puó lasciare l'istituto di pena soltanto dopo che il tribunale di sorveglianza, in tempi tutt'altro che rapidi, abbia esaminato la sua istanza di sospensione della esecuzione della pena; se possibile, peggiore é la situazione in cui si trova chi ha un percorso di recupero in atto ed é costretto ad interromperlo. La nuova disposizione prevede che se la condanna diventa irrevocabile, nei limiti dei quattro anni di reclusione, anche come residuo di maggior pena, non puó essere emesso l'ordine di carcerazione quando siano già stati adottati i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 89, e che il tribunale di sorveglianza sospende l'esecuzione, ai sensi del comma 1 dell'articolo 90, ricorrendo le condizioni ivi previste. In tal modo si evita un improvvido, e spesso anche lungo, passaggio dal carcere da parte dell'interessato che abbia felicemente superato il percorso di recupero, o che comunque lo abbia positivamente intrapreso, lasciando impregiudicata la valutazione del tribunale di sorveglianza e garantendo in tal modo la continuità del recupero.
Il comma 2 dell'articolo 5 affronta un altro problema, che spesso si verifica di fatto: quello di pene per condanne che diventano definitive una volta che il recupero sia stato ultimato. Se l'intero impianto normativo punta alla considerazione dell'assunzione degli stupefacenti come causa remota e prossima della consumazione dei reati, non ha senso consentire che il soggetto che in passato ha fatto uso di droga, che ha commesso delitti a seguito di tale uso e al fine di procurarsi la sostanza stupefacente, e che peró ha percorso per intero la strada del recupero, completandola, sia ricondotto in carcere, sottoposto peraltro alle sollecitazioni negative che tale nuova permanenza provoca anche in riferimento all'assunzione di droga. Introducendo il comma 1- ter nell'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, il comma 2 dell'articolo 5 del presente disegno di legge prevede la possibilità della sospensione della pena definitiva sopraggiunta, disposta dal tribunale di sorveglianza con gli stessi limiti e con i medesimi effetti estintivi di cui al comma 1 dell'articolo 90 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, sempre che il recupero sia concretamente accertato.
Tenendo conto delle difficoltà che incontra chi effettua un percorso di recupero, della sua fragilità e delle non infrequenti ricadute, il comma 3 dell'articolo 5, modificando il comma 4 dell'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, aumenta a due volte la possibilità di fruire della sospensione della esecuzione della pena.
Per la speciale considerazione che deve meritare l'esistenza della molla costituita dalla droga sulla realizzazione di reati, l'articolo 6 dispone espressamente che fra gli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato vi sia la consumazione dei reati in relazione allo stato di tossicodipendenza, cosí precisando il contenuto dell'articolo 671 del codice di procedura penale; in tal modo, anche in sede di esecuzione, la sanzione, quale che sia la sua entità, deriverà non dalla somma aritmetica delle pene conseguenti a condotte illecite apparentemente slegate, ma da un puntuale adeguamento della pena alla realtà soggettiva del reo.
Per concludere la voce relativa ai rapporti fra carcere e uso di droga, l'articolo 7, integrando il comma 1- bis dell'articolo 94 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, pone a carico del direttore dell'istituto di pena, nel quale accede, a titolo cautelare o definitivo, il soggetto che abbia commesso reati in relazione allo stato di tossicodipendenza, l'obbligo di informare in modo preciso l'interessato che ha facoltà di proporre le istanze previste dagli articoli 89, 90, 91 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309: si tratta di quelle relative alla revoca della custodia cautelare, alla sospensione della esecuzione della pena e all'affidamento in prova. Il fine é, ancora una volta, quello di orientare al recupero.
6. Le ultime tre disposizioni attengono alle strutture di recupero. L'articolo 8, nel quadro dei programmi scolastici di prevenzione della tossicodipendenza, nell'aggiungere un periodo al comma 4 dell'articolo 106 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, prevede che fra le iniziative tese a una corretta informazione degli studenti debbano includersi le visite guidate all'interno di strutture autorizzate per il recupero dei tossicodipendenti, nonché audizioni degli operatori e degli educatori di tali strutture: il contatto diretto con gli operatori delle comunità non puó non avere effetti positivi per gli adolescenti e per i giovani.
L'articolo 9, aggiungendo l'articolo 135- bis al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, viene incontro ad una esigenza di notevole incidenza concreta per quelle comunità di recupero che hanno realizzato, o ampliato, gli immobili destinati alla loro attività in zone agricole, e che per questo si trovano sottoposte a limitatissimi indici volumetrici: per superare i problemi connessi con le violazioni urbanistiche eventualmente consumate, si consente che agli interventi edilizi ultimati alla data del 31 dicembre 1995 all'interno di strutture autorizzate al recupero dei tossicodipendenti si applichino le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e cioé che gli interventi siano sanabili e condonabili. Si prevede altresí per i medesimi interventi, conformi alle prescrizioni urbanistiche o da sanare, l'estensione delle disposizioni in tema di gratuità delle concessioni edilizie, in base a quanto stabilito dall'articolo 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Infine, l'articolo 10, introducendo l'articolo 135- ter nel testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, pone le premesse per un piú adeguato controllo della efficacia operativa dei servizi per le tossicodipendenze, e dei rapporti fra questi e le comunità. Prevede infatti che ogni anno il Ministro della sanità presenti al Parlamento una relazione sull'attività svolta dal servizio pubblico per le tossicodipendenze, con particolare riferimento:

ai programmi terapeutici definiti ed effettivamente seguiti dai tossicodipendenti e alla efficacia dei programmi medesimi: ció allo scopo di effettuare un serio monitoraggio sulla incidenza degli interventi svolti dal servizio pubblico;
alle relazioni fra i programmi definiti dal servizio pubblico e quelli seguiti dai gruppi di volontariato e dagli enti ausiliari: tanto al fine di orientare finanziamenti e sostegni, sulla base delle effettive necessità e dei risultati conseguiti dal servizio pubblico e dai privati;
al rispetto da parte del servizio pubblico per le tossicodipendenze del termine previsto dal comma 5 dell'articolo 122, che é quello indicato per la definizione da parte del SERT del programma terapeutico: ció per superare le lungaggini che spesso hanno accompagnato il passaggio dai SERT dei soggetti che hanno chiesto di fare ingresso nelle comunità.

7. L'ottica che ha animato i firmatari di questo disegno di legge é quella di un richiamo alla responsabilità delle istituzioni e dei componenti del corpo sociale, privilegando:

il recupero fisico e psichico del giovane tossicodipendente rispetto alla permanenza nel suo stato, pubblicamente garantita;
una difficile e impegnativa solidarietà delle istituzioni rispetto all'indifferenza dello Stato, che non puó e non deve continuare ad essere "novello Pilato" di fronte ad una tragedia epocale;
il sostegno alle famiglie dei tossicodipendenti e a chi finora é stato piú vicino alle famiglie, a cominciare dalle comunità di recupero, rispetto all'appesantimento della loro condizione per le difficoltà aggiuntive determinate dagli incentivi oggi esistenti al mantenimento della tossicodipendenza;
un "no" deciso alla droga, rispetto all'apertura di ulteriori varchi per la sua completa liberalizzazione;
il desiderio di riscatto di un popolo che non puó privarsi delle energie di tanti giovani rispetto all'autodistruzione di costoro, e quindi dell'intero corpo sociale.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

1. Prima del comma 2 dell'articolo 72 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 171, é inserito il seguente:

" 1- bis. É vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV, previste dall'articolo 14, nonché qualunque impiego di sostanze stupefacenti o psicotrope non autorizzato secondo le norme del presente testo unico".

Art. 2.

1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 75 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 171, é sostituito dal seguente: "Chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, acquista, o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope in dose non superiore a quella media giornaliera, determinata in base ai criteri indicati al comma 1 dell'articolo 78, é sottoposto alla sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, della licenza di porto d'armi, del passaporto e di ogni altro documento equipollente o, se trattasi di straniero, del permesso di soggiorno per motivi di turismo, ovvero del divieto di conseguire tali docu menti, per un periodo da due a quattro mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, e per un periodo da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo 14".
2. Al comma 2 dell'articolo 75 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dopo le parole: "a suo danno", sono aggiunte le seguenti: "e consegnando allo stesso una breve memoria, che illustra in modo semplice ed efficace gli effetti negativi, sul piano fisico e psichico, derivanti dall'assunzione di qualsiasi tipo di stupefacente".
3. Al comma 3 dell'articolo 75 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dopo le parole: "a suo danno", sono aggiunte le seguenti: "e consegnando allo stesso una breve memoria, che illustra in modo semplice ed efficace gli effetti negativi, sul piano fisico e psichico, derivanti dall'assunzione di qualsiasi tipo di stupefacente".
4. Il comma 12 dell'articolo 75 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 171, é sostituito dal seguente:

" 12. Se l'interessato non si presenta al servizio pubblico per le tossicodipendenze entro il termine indicato, ovvero non inizia il programma secondo le prescrizioni stabilite o lo interrompe senza giustificato motivo, il prefetto lo convoca nuovamente innanzi a sé e lo invita al rispetto del programma. Se l'interessato non si presenta innanzi al prefetto, o dichiara di rifiutare il programma ovvero nuovamente lo interrompe senza giustificato motivo, il prefetto applica le sanzioni amministrative di cui al comma 1".

Art. 3.

1. Dopo la lettera a) del comma 1 dell'articolo 78 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 171, sono aggiunte le seguenti:

" a-bis ) le metodiche per quantificare l'assunzione abituale nelle ventiquattro ore;
a-ter ) i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere".

Art. 4.

1. Dopo il comma 3 dell'articolo 89 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, é inserito il seguente:

"3- bis. Il provvedimento del giudice disposto ai sensi del comma 3 non osta alla presentazione da parte dell'interessato di una nuova istanza di revoca della custodia cautelare in carcere se il programma di recupero cui la persona tossicodipendente o alcooldipendente intende sottoporsi avviene presso una struttura residenziale autorizzata, sempre che non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza".

2. Il comma 4 dell'articolo 89 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'articolo 21 della legge 8 agosto 1995, n. 332, é abrogato.

Art. 5.

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 90 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come sostituito dall'articolo 6 del decreto-legge 14 maggio 1993, n. 139, con vertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 1993, n. 222, é inserito il seguente:

" 1- bis. Se diventa irrevocabile la condanna a pena detentiva, nei limiti indicati dal comma 1, non puó essere emesso l'ordine di carcerazione per una persona tossicodipendente o alcooldipendente nei cui confronti sono stati adottati i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 89. Il tribunale di sorveglianza sospende l'esecuzione, ai sensi del comma 1 del presente articolo, ricorrendo le condizioni ivi previste".

2. Dopo il comma 1- bis dell'articolo 90 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, introdotto dal comma 1 del presente articolo, é inserito il seguente:

" 1- ter. Qualora, in epoca successiva all'esito positivo del programma di recupero, accertato dal servizio pubblico per le tossicodipendenze competente per territorio, d'intesa, se il programma di recupero é avvenuto presso una struttura residenziale autorizzata, con la struttura medesima, diventino irrevocabili ulteriori pene detentive per reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza, nei limiti di pena rideterminati ai sensi del comma 1, non puó essere emesso l'ordine di carcerazione. Il tribunale di sorveglianza sospende l'esecuzione per un nuovo periodo di cinque anni".

3. Al comma 4 dell'articolo 90 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le parole: "piú di una volta" sono sostituite dalle seguenti: "piú di due volte".

Art. 6.

1. Al comma 1 dell'articolo 671 del codice di procedura penale é aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Fra gli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato vi é la consumazione dei reati in relazione allo stato di tossicodipendenza".

Art. 7.

1. Al comma 1- bis dell'articolo 94 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, é aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Se dal provvedimento che costituisce titolo di custodia emerge che il reato o i reati richiamati nel provvedimento sono stati consumati in relazione allo stato di tossicodipendenza, il direttore informa in modo preciso l'interessato che ha facoltà di proporre le istanze previste dagli articoli 89, 90, 91 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni".

Art. 8.

1. Al comma 4 dell'articolo 106 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, é aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Fra le iniziative sono incluse visite guidate all'interno di strutture autorizzate per il recupero dei tossicodipendenti, nonché audizioni degli operatori e degli educatori di tali strutture".

Art. 9.

1. Dopo l'articolo 135 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, é inserito il seguente:

"Art. 135- bis. - (Interventi edilizi). - 1. Agli interventi edilizi realizzati alla data del 31 dicembre 1995 all'interno di strutture autorizzate per il recupero dei tossicodipendenti si applicano le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modi ficazioni, nonché all'articolo 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10".

Art. 10.

1. Dopo l'articolo 135- bis del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, introdotto dall'articolo 9 della presente legge, é inserito il seguente:

"Art. 135- ter. - (Verifiche e controlli). - 1. Il Ministro della sanità presenta ogni anno al Parlamento una relazione sull'attività svolta dal servizio pubblico per le tossicodipendenze, con particolare riferimento ai programmi terapeutici definiti ed effettivamente seguiti dai tossicodipendenti, alla efficacia dei programmi medesimi, alle relazioni fra tali programmi e quelli seguiti dai gruppi di volontariato e dagli enti ausiliari, ed al rispetto da parte del servizio pubblico per le tossicodipendenze del termine previsto dal comma 5 dell'articolo 122".