DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori CORTIANA, BOCO, BORTOLOTTO, CARELLA, DE LUCA
Athos, LUBRANO DI RICCO, MANCONI, PETTINATO, PIERONI, RIPAMONTI, SARTO e
SEMENZATO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL L'11 NOVEMBRE 1996
Norme per la lotta contro il doping e per la tutela sanitaria delle attività sportive
ONOREVOLI SENATORI. - Il problema di una normativa nazionale per una
lotta efficace contro il fenomeno del doping , che andasse oltre
le norme già esistenti (vedi legge 26 ottobre 1971, n. 1099),
é stato già posto al Parlamento con molto vigore negli anni
passati.
Ne fa testo, fra le altre, la proposta di legge del 1988 dei deputati
Ceci Bonifazi, Caprili, Bogi ed altri (atto Camera n. 2564, X legislatura),
successivamente ripresa nella XI legislatura dai deputati Armellin ed altri
(atto Camera n. 1767).
Ne fa testo soprattutto l'indagine conoscitiva sul fenomeno del
doping
condotta nel 1989 dalla Commissione affari sociali della Camera dei
deputati, a cui va il merito di una adeguata messa a punto sul piano
scientifico, economico e sociale del complesso fenomeno del doping
nello sport ed a cui tuttora possiamo fare riferimento per le informazioni
generali che costituiscono premessa del presente disegno di legge.
Sembra peraltro opportuno, di quella indagine, richiamare le conclusioni
piú significative e cioé:
a) il riconoscimento che il doping
é problema riguardante non solo l'etica sportiva ma anche la salute
pubblica;
b) che per tale motivo la responsabilità della lotta
al doping
va bene al di là dei confini del mondo sportivo per diventare tema
di politica e di interesse pubblico;
c) che, essendo il doping
un problema internazionale, é utile un coordinamento tra i diversi
Paesi interessati;
d) che le metodologie di lotta al doping ,
elaborate e gestite dalle autorità sportive nazionali ed
internazionali, non si rivelano idonee a realizzare il risultato di una
effettiva contrazione del fenomeno e vanno, pertanto, profondamente
innovate.
Su queste linee e per due legislature il Parlamento ha discusso e cercato
di portare a termine l' iter
legislativo delle proposte di legge richiamate, senza peraltro raggiungere
questo risultato.
Riteniamo necessario riprendere oggi quell' iter
di fronte all'evidenza di un fenomeno che é sempre piú
dilagante e meno controllato e ci proponiamo, con il presente disegno di
legge, di adeguare l'articolato delle precedenti proposte tenendo conto di
quanto nel frattempo l'osservazione puntuale del fenomeno doping
sul piano scientifico, sul piano dei risultati e su quello normativo, ci ha
insegnato.
Recenti aggiornamenti sul fenomeno del
doping: diffusione, controlli, metodologie.
La conoscenza della reale diffusione del doping , sia tra gli
atleti sia tra gli sportivi in generale, é ancora frammentaria
sí da risultare spesso fuorviante, se non proprio mistificante.
La stampa di settore, che ne rappresenta la fonte piú accreditata,
ad esempio, é solita occuparsi di doping
solo di fronte al caso che fa notizia, o meglio scandalo, che impressiona
(tipico l'esempio di Ben Johnson), ma non si occupa, se non di rado, del
doping
quotidiano, praticato da atleti numerosi ma sconosciuti.
Sono tuttora molto limitati gli studi epidemiologici ad ampia diffusione
condotti con adeguate metodologie. L'epidemiologia del doping
si é fatta in questi anni con l'anti- doping . Questo
metodo di indagine indica che la frequenza di positivi tra gli sportivi
"testati" si aggira tra l'1,5-2,5 per cento e questo viene documentato per i
test
ufficiali eseguiti sia durante le competizioni, sia durante il
training
o subito prima della competizione.
Anzi, nel periodo 1988-1992, la percentuale di positività dei
campioni urinari esaminati in tutto il mondo é scesa dal 2,45 per
cento all'1,13 per cento, con un valore medio dell'1,63 per cento ed una
prevalenza di positività negli sport non olimpici. In Italia le cose
sembrano andare ancora meglio in quanto, nel periodo 1982-1992, la
percentuale di positività dei campioni urinari esaminati é
scesa dallo 0,51 per cento allo 0,29 per cento, con un valore medio dello
0,41 per cento.
Questo risultato "ufficiale" é ampiamente irrealistico. La
frequenza dei positivi ricercati con la stessa metodologia adoperata per i
test
ufficiali, ma al di fuori dei controlli prescritti per le gare, sale
vertiginosamente al 14,24 ed oltre il 40 per cento.
Tuttavia, anche tenendo per buoni i dati ufficiali, si possono trarre
indicazioni abbastanza inquietanti. Se é vero infatti che nel periodo
1988-1992 la positività é oscillata fra l'1,02 per cento e lo
0,29 per cento dei controlli eseguiti all'anti- doping,
in Italia ció significa che, su una cifra stimabile di circa
9.500.000 atleti aderenti al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), il
numero totale degli atleti potenzialmente positivi all'esame anti-
doping
sarebbe compreso tra 27.500 e 97.000 per anno !
Se questo dato appare paradossale é solo perché nella
realtà i test vengono eseguiti in un numero molto limitato
di casi, mentre ben il 99 per cento dei praticanti le attività
sportive é assolutamente certo di non essere sottoposto ad alcun
controllo anti- doping
e, pertanto, rappresenta una popolazione sportiva ad alto ed incontrollato
rischio di utilizzo di farmaci "dopanti".
Comunque, per meglio conoscere il fenomeno, nel 1990 un gruppo di studio
costituito da membri della Commissione anti- doping
del CONI, del Consiglio nazionale delle ricerche e di vari istituti di
ricerca (clinica neurologica di Pavia, istituto di farmacologia di Pavia,
istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri" di Milano, eccetera) con
il contributo economico del CONI ha posto in essere con la DOXA una ricerca
che ha interessato 1015 atleti italiani. I risultati di questa indagine sono
sintetizzati nella tabella 1.
TABELLA 1
Uso di farmaci dopanti secondo 1015 atleti italiani analizzati ad hoc
attraverso una indagine condotta con la DOXA
Porzione di testo non disponibile |
Certamente questi dati vanno presi con molta cautela, in considerazione
del fatto che rispecchiano quanto asserito dagli atleti, senza la
dimostrazione empirica della realtà dell'uso ottenuta attraverso
valutazioni dei campioni urinari !
Tuttavia, questi risultati confermano che i dati percentuali ottenuti dal
campione di soggetti esaminati dai laboratori accreditati dal Comitato
internazionale olimpico (CIO) non sono rappresentativi della realtà
sportiva.
Appare quindi evidente che occorre operare una netta e chiara distinzione
tra il concetto di doping e quello di anti- doping.
L'estrema confusione al riguardo nasce dal fatto che per convenzione
"sportiva" si definisce come atleta che effettua il doping,
"l'atleta che risulta positivo all'anti- doping ". Sulla base di
questo assunto il CIO ha compilato una lista di talune di quelle sostanze
che risultano piú o meno determinabili: quindi, ha definito come
doping la messa in evidenza nelle urine di una o piú delle
sostanze o degli interventi proibiti, limitatamente a quelli compresi nella
lista della tabella 2.
TABELLA 2
Sostanze e metodi dopanti secondo
il Comitato internazionale olimpico (CIO)
Porzione di testo non disponibile |
Non é difficile rilevare che la lista del CIO presenta la forte
incongruenza di escludere un numero notevolissimo di medicamenti che
avrebbero le stesse caratteristiche dopanti (!) di quelli inclusi nella
lista stessa: il CIO, cioé, controlla e punisce l'uso "di alcuni
farmaci" e non "dei farmaci".
Occorre quindi avere ben presente il fatto che, se un atleta risulta
"negativo" all'esame anti- doping, ció non dimostra che non
ha fatto uso illecito di farmaci, ma indica solamente che non ha assunto in
tempi piú o meno recenti alcuni dei farmaci compresi nella lista.
Infatti la lista del CIO (tabella 2) consente di fatto all'atleta l'uso a
scopo di doping di tutti i medicamenti non indicati.
Ció spiega perché in pratica l'anti- doping
identifica una parte estremamente limitata di atleti che effettuano il
doping, ma non identifica il fenomeno nel suo insieme.
Basti pensare che:
su un totale di 160 nazioni afferenti al CIO solo 20 sono dotate di
laboratori anti- doping omologati alle norme CIO;
su un numero di milioni di cittadini "a rischio" per eseguire il
doping, solo 2.000 all'anno in ogni laboratorio, in media, vengono
sottoposti a controlli anti- doping (40 per settimana, circa
900-1.700 in totale nel mondo);
su un totale di centinaia di sostanze (praticamente tutti i farmaci !)
che possono far parte di trattamenti dopanti, solo alcune decine sono
comprese nelle liste delle sostanze proibite;
l'efficacia dei controlli, pur eseguiti secondo una corretta
metodologia, é fortemente compromessa dall'impiego di metodi di
assunzione farmacologica che rendono negativo anche l'atleta che assume
regolarmente farmaci.
Per identificare correttamente il doping
é quindi necessario abbandonare l'equivalenza doping-
anti- doping
e prendere in esame l'insieme dei fenomeni clinici, biologici,
metodologici, farmacologici che lo contraddistinguono. Abbiamo cioé
bisogno di sostituire alla vecchia ed inefficace metodologia dell'anti-
doping
una nuova metodologia piú complessa, che utilizzi la ricerca
biomedica avanzata e si strutturi in un insieme che comprenda epidemiologia,
clinica, indagini di laboratorio, follow-up
degli atleti e cosí via.
Ció che noi proponiamo per eliminare ogni disparità e per
razionalizzare l'uso dei medicamenti nello sport é prendere come
metro la presenza nell'atleta di documentate alterazioni patologiche.
Ció consentirebbe il totale utilizzo dei mezzi medicamentosi per il
cittadino-atleta ammalato, mentre, in carenza di alterazioni patologiche,
l'utilizzo di farmaci non autorizzati dovrebbe configurarsi come
doping . Verrebbe conferito al medico l'obbligo di documentare lo stato
di malattia: di tale documentazione il medico stesso si assumerebbe ogni
responsabilità in sede sia sportiva sia civile.
Il presente disegno di legge nasce quindi dall'esigenza di riportare al
centro dell'attenzione l'identità clinico-biologica dell'atleta,
riconoscendo che accanto ad un effetto economico-sociale del
doping
(offesa della lealtà sportiva, alterazione delle regole della libera
concorrenza, eccetera) esiste un ben piú grave problema
etico-sanitario legato all'illecita manipolazione del corpo umano ed ai
gravi esiti per la salute che questa manipolazione comporta.
Come é noto, i danni conseguenti al doping
possono essere rilevabili a breve ed a lungo termine. Tra i primi, dopo le
prime morti da doping
causate dalle "vecchie" amfetamine, vanno assumendo rilievo le "nuove"
morti sul campo indotte da beta-bloccanti.
I danni a lungo termine possono essere correlati:
a) alla mutagenesi farmacologica (ossia mutazione di una cellula
germinale portatrice dei caratteri ereditari) le cui conseguenze possono
manifestarsi nella prima generazione o dopo molte generazioni successive;
b) alla cancerogenesi chimica, fenomeno su cui disponiamo
di numerosi dati sperimentali comprovanti la comparsa di tumori indotti da
sostanze chimiche, tra cui alcuni farmaci, anche a distanza di molti anni;
c) alla teratogenesi farmacologica. In campo sportivo essa
riguarda un campione ridotto, ossia le atlete ai primi stadi di gravidanza
in cui farmaci teratogeni inducono malformazioni correlate all'epoca di
somministrazione.
Ma, come prima detto, questo semplice e razionale concetto "clinico" non
risulta al governo sportivo anche se ben trent'anni di applicazione
dell'attuale metodologia anti- doping
ne evidenziano il drammatico fallimento.
Eppure, in contrasto con queste posizioni interne, sono ormai molti gli
interventi a favore di proposte che vedono le autorità pubbliche
direttamente impegnate nella lotta al doping . Ad esempio, diversi
Paesi quali il Canada, l'Australia, il Belgio ed i Paesi nordici dispongono
di programmi indipendenti per il controllo del doping , sostenuti
a livello legislativo e gestiti da organi designati dal Governo. Le
federazioni sportive in quei Paesi sono già state parzialmente
esautorate.
In risposta a tale situazione, nel 1991 il presidente della Federazione
internazionale atletica leggera (IAAF) ha inviato nuove istruzioni a tutti i
membri dell'IAAF del mondo: "attualmente alcuni governi nazionali hanno
creato agenzie nazionali per la lotta al doping , cui spetta la
responsabilità dei controlli anti- doping
a livello sportivo. Notiamo con una certa preoccupazione che talune di
queste agenzie hanno assunto la gestione totale del controllo anti-
doping
all'interno dei rispettivi Paesi e che queste procedure sono contrarie alle
norme IAAF. La Commissione anti- doping
IAAF ritiene che i suoi membri dovrebbero fare tutto il possibile per
riconquistare il controllo in questo settore".
Ma la strada a livello internazionale sembra essere segnata e va proprio
nella direzione indicata dal presente disegno di legge. Infatti nella
risoluzione recentemente approvata dal Parlamento europeo (PE. 205.677,
nella seduta del maggio 1994) gli Stati membri vengono direttamente chiamati
in causa ed invitati ad "adottare norme giuridiche integrative che vietino
il doping
nello sport e prevedano sanzioni per i singoli atleti, le società e
le federazioni sportive (inter)nazionali in caso di violazione" ed inoltre a
"rifiutare o revocare le sovvenzioni alle società e federazioni che
chiaramente eludono le norme e i regolamenti in materia di doping
nello sport e non combattono il fenomeno nelle attività sportive di
cui sono responsabili".
Una politica adeguata per la lotta al doping.
A partire dall'esperienza fin qui realizzata, tenuto conto del vivace
dibattito in corso tra autorità pubbliche ed organizzazioni sportive,
in aderenza alle principali iniziative internazionali (in particolare gli
interventi dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa), riteniamo che una
efficace politica di lotta contro il doping
debba essere basata sui seguenti princípi:
a) riconoscimento della competenza e della pertinenza di
interventi da parte dell'autorità pubblica, chiamata a far fronte al
fenomeno del doping
in quanto problema di salute pubblica e di rispetto delle vigenti normative
in campo sanitario (in particolare leggi di recepimento delle direttive
comunitarie su distribuzione, etichettatura, pubblicità, regime di
prescrizione dei farmaci);
b) riconoscimento della piena autonomia delle
organizzazioni, che scelgono di dotarsi di regolamenti e norme tecniche (per
quanto parziali ed inconcludenti possano apparire) che esse considerano
"valide ai fini di assicurare il corretto svolgimento della competizione
sportiva";
c) obbligo per le organizzazioni sportive, pubbliche e
private, di collaborare al corretto espletamento di tutte le iniziative che
le autorità sanitarie dovranno assumere a tutela della salute del
cittadino-atleta.
Analisi dell'articolato.
L'articolo 1 definisce il doping
come la somministrazione all'atleta, o ad altro soggetto, e qualsiasi
pratica di interventi farmacologici non giustificati da necessità
terapeutiche e quindi effettuati allo scopo di modificare la prestazione
agonistica o le condizioni biologiche dell'organismo.
L'articolo 2 equipara al doping
l'uso di sostanze e mezzi che modificano i risultati dei controlli
(ricordiamo che anche in questo caso tali sostanze e mezzi sono di norma
farmaci utilizzati non a scopo terapeutico ma per commettere una frode).
L'articolo 3 riconosce all'atleta-cittadino il diritto di ricevere ogni
trattamento per la cura di stati di malattia nonché il divieto di
partecipare a competizioni sportive per l'atleta ancora malato e sotto
l'effetto degli eventuali farmaci assunti.
L'articolo 4 e l'articolo 5 innovano la metodologia anti- doping
. Infatti un apposito Comitato stabilirà criteri e metodologie
(cliniche e non solo di laboratorio) per la diagnosi di doping ,
comprendendo, ma non limitandosi a quanto prescritto dal CIO. Si stabilisce
anche che di questa metodologia piú completa, e pertanto piú
efficace, faranno parte anche gli esami effettuati su campioni ematici. Per
l'espletamento delle indagini opereranno sul territorio piú centri
(non di nuova istituzione, ma individuati dalle regioni tra gli istituti
universitari, i centri di ricerca, gli ospedali già dotati della
necessaria tecnologia) sicché risulti piú realistico
immaginare che i controlli anti- doping , comprendendo un numero
adeguato di soggetti, svolgano una effettiva funzione deterrente.
I centri regionali rispetteranno le esigenze normative delle federazioni
sportive e delle singole specialità ma opereranno ad ampio raggio
collegandosi direttamente con il territorio (medici scolastici, medici di
medicina generale, pediatri, eccetera).
L'articolo 6 rende chiara la doppia responsabilità che deve agire
nei confronti del doping
e dispone che i risultati siano comunicati entro ventiquattro ore sia
all'autorità giudiziaria sia all'autorità sportiva: entrambe
interverranno secondo le specifiche competenze.
L'articolo 7 tiene conto dell'obbligo di garantire la libertà
della persona verso trattamenti e disposizioni sanitarie ai sensi degli
articoli 13 e 32, secondo comma, della Costituzione. Ogni trattamento deve,
infatti, essere previsto per legge, ed inoltre la legge deve stabilire il
confine tra libertà individuale e interesse collettivo. Tale confine
non deve superare il limite dell'indispensabilità. Perció
l'adesione dell'atleta all'insieme della metodologia antidoping
non si puó configurare nell'ambito della coercizione ma solo in
quello dell'obbligatorietà.
Tale obbligatorietà sarà contenuta nei regolamenti
dell'organizzazione di appartenenza, a cui ogni cittadino puó
decidere di non sottostare non essendo la pratica sportiva organizzata un
diritto primario dotato di indispensabilità.
Negli articoli 8, 9, 10 e 11 sono definite le sanzioni previste per i
reati ivi contemplati. Il principio di base qui sostenuto é che "la
somministrazione di sostanze farmacologicamente attive all'atleta a scopo di
doping " é punibile penalmente in quanto infrange norme
sanitarie codificate nel diritto nazionale e comunitario. L'articolato si
preoccupa, peró, di identificare correttamente i responsabili di tale
infrazione partendo dalla considerazione che i farmaci impiegati a scopo di
doping
rientrano di norma nella categoria di farmaci per cui é richiesta
una prescrizione obbligatoria da parte di un medico prescrittore. In assenza
di tale prescrizione non é consentita la distribuzione al pubblico da
parte del farmacista, che in Italia come sappiamo detiene il monopolio per
tale funzione distributiva.
Alcuni farmaci per i quali non é necessaria la prescrizione medica
possono essere adoperati a scopo di doping
ma solo se usati in dosaggi e in condizioni non autorizzate all'atto della
registrazione.
Ne deriva che l'atleta non é perseguibile penalmente se é
in grado di documentare:
a)
che gli é stato prescritto un trattamento farmacologico pur non
essendo documentabile uno stato di malattia;
b)
che un farmacista ha fornito i medicamenti senza prescrizione medica;
c)
che i farmaci gli sono stati forniti al di fuori delle sedi e delle
condizioni previste dalla legge.
Solo in assenza di tale documentazione all'atleta andrà addebitato
l'illecito possesso ed uso di sostanze che, a norma di legge, non sono
reperibili ed utilizzabili al di fuori di condizioni rigorosamente
stabilite.
L'articolo 12 prevede l'istituzione di un apposito Comitato nazionale per
la lotta al doping , i cui compiti sono elencati nell'articolo 13.
L'articolo 14 individua i compiti e le responsabilità delle
regioni, sviluppandone al massimo l'autonomia organizzativa e gestionale.
L'articolo 15 definisce la copertura degli oneri conseguenti
all'esecuzione dei controlli.
L'articolo 16 riconosce i compiti della Federazione medico-sportiva
italiana (FMSI) in relazione al presente disegno di legge.
L'articolo 17 prevede la copertura finanziaria, che é posta a
carico del bilancio dello Stato per quanto attiene la costituzione, il
funzionamento e i compiti del Comitato nazionale di cui all'articolo 12 e
dei bilanci regionali per quanto di loro competenza, ed é articolata
anche attraverso la corresponsione di quanto stabilito mediante apposite
convenzioni tra organizzazioni sportive e regioni per quanto attiene
all'esecuzione dei controlli previsti.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1.
(Definizione del doping )
1. La somministrazione all'atleta, professionista, dilettante o
amatoriale, e a qualsiasi altro soggetto che pratichi attività
sportivo-ginnica, di qualunque farmaco e di qualunque sostanza
farmacologicamente attiva, comprese quelle di natura endocrinologica ed
ematologica, e qualsiasi pratica inerente alle predette sostanze, non
giustificate da documentate condizioni patologiche ed effettuate con
l'intento di migliorarne le prestazioni agonistiche o di modificarne le
condizioni biologiche dell'organismo costituisce doping .
|
Art. 2.
(Modifiche dei risultati dei controlli
1. É considerato altresí come doping
l'uso di sostanze o di metodi per modificare i risultati dei controlli di
cui all'articolo 6.
|
Art. 3.
(Utilizzazione consentita e divieto
1. In presenza di condizioni patologiche, accertate e certificate dal
medico sulla base di protocolli terapeutici che rispettino le condizioni del
paziente e la natura della patologia, all'atleta puó essere
prescritto qualsiasi trattamento attuato con le modalità ed i dosaggi
indicati dalle farmacopee ufficiali; in tal caso l'atleta ha l'obbligo di
tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa
documentazione.
|
Art. 4.
(Controlli anti- doping )
1. Il Comitato di cui all'articolo 12 stabilisce i criteri per
individuare con mezzi clinici, strumentali o di laboratorio l'avvenuto
utilizzo degli interventi esogeni di cui agli articoli 1 e 2, comprese le
sostanze e i metodi dopanti inclusi nelle liste del Comitato internazionale
olimpico (CIO). A tale scopo é autorizzato l'utilizzo di campioni
ematici.
|
Art. 5.
(Disposizioni per i controlli)
1. La ricerca delle sostanze di cui agli articoli 1 e 2 é
eseguita, secondo le modalità indicate dal Comitato di cui
all'articolo 12, in centri regionali od interregionali a ció
abilitati.
a)
in conformità alle norme fissate dai regolamenti sportivi
internazionali;
3. Sono responsabili dei controlli clinici e dei prelievi dei liquidi o
dei tessuti organici gli specialisti in medicina dello sport, in medicina
legale, in medicina del lavoro ed i biologi ricompresi in una lista
regionale che deve essere riconosciuta con decreto del Ministro della
sanità.
|
Art. 6.
(Disposizioni relative all'esito dei controlli)
1. Il responsabile dell'esecuzione dei controlli di cui all'articolo 5
comunica, entro ventiquattro ore, i risultati delle indagini risultate
positive alle autorità giudiziarie ed alle autorità sportive.
|
Art. 7.
(Integrazioni dei regolamenti degli enti
1. Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), le federazioni
sportive, le società affiliate, le associazioni sportive, gli enti
sportivi pubblici e privati sono tenuti ad inserire nei propri regolamenti
l'obbligo per gli atleti di non assumere le sostanze di cui agli articoli 1
e 2, ed a predisporre tutti gli atti necessari per il rispetto delle norme
di tutela della salute e di lotta al doping
di cui alla presente legge.
|
Art. 8.
(Sanzioni per l'atleta)
1. L'atleta che risulti nelle condizioni di cui all'articolo 1 o che
rifiuti di sottoporsi ai controlli di cui all'articolo 5 é punito con
la multa da lire 1.000.000 a lire 5.000.000.
|
Art. 9.
(Sanzioni per il medico)
1. Il medico o l'esercente ad altro titolo una professione sanitaria il
quale, al di fuori di una provata esigenza terapeutica ed allo scopo di
migliorare le prestazioni sportive, prescrive, fornisce o somministra
farmaci all'atleta, é punito con la reclusione da uno a tre anni.
Alla stessa pena é sottoposto chi produce falsa certificazione ai
sensi dell'articolo 6.
|
Art. 10.
(Sanzioni per il farmacista)
1. La condanna del farmacista che, in assenza di specifica prescrizione
medica, fornisce all'atleta farmaci compresi nella definizione degli
articoli 1 e 2 e che richiedono una prescrizione medica é comunicata
all'ordine professionale cui il soggetto sottoposto alla sanzione
appartiene, che ne cura la pubblicazione su due quotidiani a diffusione
nazionale.
|
Art. 11.
(Illecita fornitura di sostanze vietate)
1. Chiunque illegittimamente fornisce o somministra agli atleti, anche a
titolo gratuito, le sostanze di cui agli articoli 1 e 2 o ne favorisce
comunque l'utilizzo, é punito con la reclusione da sei mesi a un
anno.
|
Art. 12.
(Istituzione e composizione del Comitato nazionale per la lotta al
doping )
1. Per gli scopi e gli adempimenti di cui alla presente legge é
istituito il Comitato nazionale per la lotta al doping , con sede
presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di seguito denominato
"Comitato".
|
Art. 13.
(Funzioni del Comitato)
1. Il Comitato provvede a determinare i criteri attraverso i quali
effettuare i controlli anti- doping ; determina le caratteristiche
operative degli organismi incaricati di effettuare tali controlli,
assumendone la vigilanza; coordina l'attività dei centri regionali e
tiene il registro nazionale dei controlli.
|
Art. 14.
(Compiti delle regioni)
1. Le regioni, nell'ambito delle proprie attribuzioni sanitarie, entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
organizzano i servizi per la tutela sanitaria delle attività motorie
assicurando:
a) la valutazione dello stato biologico e sanitario e
documentando l'assenza di condizioni che rendano controindicata in tutto od
in parte l'attività motoria;
2. Le regioni provvedono altresí:
a) all'individuazione delle strutture rispondenti alle norme
fissate dal Comitato ai sensi dell'articolo 13, cui vengono affidati i
controlli clinici e di laboratorio per la diagnosi di doping ;
3. Le regioni provvedono inoltre a realizzare:
a) interventi di educazione sanitaria ad ampia diffusione nel
settore della biologia, medicina e farmacologia dello sport;
|
Art. 15.
(Oneri connessi all'esecuzione dei controlli)
1. Per l'espletamento dei controlli le regioni stabiliscono apposito
tariffario aggiornabile annualmente.
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Art. 16.
(Compiti della Federazione
1. La FMSI collabora all'attuazione degli obiettivi della presente legge,
secondo le indicazioni degli organismi sanitari nazionali e regionali, a cui
risponde senza pregiudizio dei suoi rapporti con il CONI, che restano
invariati.
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Art. 17.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 12 e 13 della
presente legge, pari a lire 3 miliardi annui, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 1996-1998, al capitolo 6856 dello stato di previsione del
Ministero del tesoro per il 1996, all'uopo utilizzando l'accantonamento
relativo al Ministero del tesoro.
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