Legislatura 13º - Disegno di legge N. 1637

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 1637


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori CORTIANA, BOCO, BORTOLOTTO, CARELLA, DE LUCA Athos, LUBRANO DI RICCO, MANCONI, PETTINATO, PIERONI, RIPAMONTI, SARTO e SEMENZATO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL L'11 NOVEMBRE 1996

Norme per la lotta contro il doping e per la tutela sanitaria delle attività sportive






ONOREVOLI SENATORI. - Il problema di una normativa nazionale per una lotta efficace contro il fenomeno del doping , che andasse oltre le norme già esistenti (vedi legge 26 ottobre 1971, n. 1099), é stato già posto al Parlamento con molto vigore negli anni passati.
Ne fa testo, fra le altre, la proposta di legge del 1988 dei deputati Ceci Bonifazi, Caprili, Bogi ed altri (atto Camera n. 2564, X legislatura), successivamente ripresa nella XI legislatura dai deputati Armellin ed altri (atto Camera n. 1767).
Ne fa testo soprattutto l'indagine conoscitiva sul fenomeno del doping condotta nel 1989 dalla Commissione affari sociali della Camera dei deputati, a cui va il merito di una adeguata messa a punto sul piano scientifico, economico e sociale del complesso fenomeno del doping nello sport ed a cui tuttora possiamo fare riferimento per le informazioni generali che costituiscono premessa del presente disegno di legge.
Sembra peraltro opportuno, di quella indagine, richiamare le conclusioni piú significative e cioé:

a) il riconoscimento che il doping é problema riguardante non solo l'etica sportiva ma anche la salute pubblica;
b) che per tale motivo la responsabilità della lotta al doping va bene al di là dei confini del mondo sportivo per diventare tema di politica e di interesse pubblico;
c) che, essendo il doping un problema internazionale, é utile un coordinamento tra i diversi Paesi interessati;
d) che le metodologie di lotta al doping , elaborate e gestite dalle autorità sportive nazionali ed internazionali, non si rivelano idonee a realizzare il risultato di una effettiva contrazione del fenomeno e vanno, pertanto, profondamente innovate.
Su queste linee e per due legislature il Parlamento ha discusso e cercato di portare a termine l' iter legislativo delle proposte di legge richiamate, senza peraltro raggiungere questo risultato.
Riteniamo necessario riprendere oggi quell' iter di fronte all'evidenza di un fenomeno che é sempre piú dilagante e meno controllato e ci proponiamo, con il presente disegno di legge, di adeguare l'articolato delle precedenti proposte tenendo conto di quanto nel frattempo l'osservazione puntuale del fenomeno doping sul piano scientifico, sul piano dei risultati e su quello normativo, ci ha insegnato.

Recenti aggiornamenti sul fenomeno del
doping: diffusione, controlli, metodologie.

La conoscenza della reale diffusione del doping , sia tra gli atleti sia tra gli sportivi in generale, é ancora frammentaria sí da risultare spesso fuorviante, se non proprio mistificante.
La stampa di settore, che ne rappresenta la fonte piú accreditata, ad esempio, é solita occuparsi di doping solo di fronte al caso che fa notizia, o meglio scandalo, che impressiona (tipico l'esempio di Ben Johnson), ma non si occupa, se non di rado, del doping quotidiano, praticato da atleti numerosi ma sconosciuti.
Sono tuttora molto limitati gli studi epidemiologici ad ampia diffusione condotti con adeguate metodologie. L'epidemiologia del doping si é fatta in questi anni con l'anti- doping . Questo metodo di indagine indica che la frequenza di positivi tra gli sportivi "testati" si aggira tra l'1,5-2,5 per cento e questo viene documentato per i test ufficiali eseguiti sia durante le competizioni, sia durante il training o subito prima della competizione.
Anzi, nel periodo 1988-1992, la percentuale di positività dei campioni urinari esaminati in tutto il mondo é scesa dal 2,45 per cento all'1,13 per cento, con un valore medio dell'1,63 per cento ed una prevalenza di positività negli sport non olimpici. In Italia le cose sembrano andare ancora meglio in quanto, nel periodo 1982-1992, la percentuale di positività dei campioni urinari esaminati é scesa dallo 0,51 per cento allo 0,29 per cento, con un valore medio dello 0,41 per cento.
Questo risultato "ufficiale" é ampiamente irrealistico. La frequenza dei positivi ricercati con la stessa metodologia adoperata per i test ufficiali, ma al di fuori dei controlli prescritti per le gare, sale vertiginosamente al 14,24 ed oltre il 40 per cento.
Tuttavia, anche tenendo per buoni i dati ufficiali, si possono trarre indicazioni abbastanza inquietanti. Se é vero infatti che nel periodo 1988-1992 la positività é oscillata fra l'1,02 per cento e lo 0,29 per cento dei controlli eseguiti all'anti- doping, in Italia ció significa che, su una cifra stimabile di circa 9.500.000 atleti aderenti al Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), il numero totale degli atleti potenzialmente positivi all'esame anti- doping sarebbe compreso tra 27.500 e 97.000 per anno !
Se questo dato appare paradossale é solo perché nella realtà i test vengono eseguiti in un numero molto limitato di casi, mentre ben il 99 per cento dei praticanti le attività sportive é assolutamente certo di non essere sottoposto ad alcun controllo anti- doping e, pertanto, rappresenta una popolazione sportiva ad alto ed incontrollato rischio di utilizzo di farmaci "dopanti".
Comunque, per meglio conoscere il fenomeno, nel 1990 un gruppo di studio costituito da membri della Commissione anti- doping del CONI, del Consiglio nazionale delle ricerche e di vari istituti di ricerca (clinica neurologica di Pavia, istituto di farmacologia di Pavia, istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri" di Milano, eccetera) con il contributo economico del CONI ha posto in essere con la DOXA una ricerca che ha interessato 1015 atleti italiani. I risultati di questa indagine sono sintetizzati nella tabella 1.

TABELLA 1


Uso di farmaci dopanti secondo 1015 atleti italiani analizzati ad hoc attraverso una indagine condotta con la DOXA


Porzione di testo non disponibile


Certamente questi dati vanno presi con molta cautela, in considerazione del fatto che rispecchiano quanto asserito dagli atleti, senza la dimostrazione empirica della realtà dell'uso ottenuta attraverso valutazioni dei campioni urinari !
Tuttavia, questi risultati confermano che i dati percentuali ottenuti dal campione di soggetti esaminati dai laboratori accreditati dal Comitato internazionale olimpico (CIO) non sono rappresentativi della realtà sportiva.
Appare quindi evidente che occorre operare una netta e chiara distinzione tra il concetto di doping e quello di anti- doping. L'estrema confusione al riguardo nasce dal fatto che per convenzione "sportiva" si definisce come atleta che effettua il doping, "l'atleta che risulta positivo all'anti- doping ". Sulla base di questo assunto il CIO ha compilato una lista di talune di quelle sostanze che risultano piú o meno determinabili: quindi, ha definito come doping la messa in evidenza nelle urine di una o piú delle sostanze o degli interventi proibiti, limitatamente a quelli compresi nella lista della tabella 2.

TABELLA 2

Sostanze e metodi dopanti secondo
il Comitato internazionale olimpico (CIO)



Porzione di testo non disponibile



Non é difficile rilevare che la lista del CIO presenta la forte incongruenza di escludere un numero notevolissimo di medicamenti che avrebbero le stesse caratteristiche dopanti (!) di quelli inclusi nella lista stessa: il CIO, cioé, controlla e punisce l'uso "di alcuni farmaci" e non "dei farmaci".
Occorre quindi avere ben presente il fatto che, se un atleta risulta "negativo" all'esame anti- doping, ció non dimostra che non ha fatto uso illecito di farmaci, ma indica solamente che non ha assunto in tempi piú o meno recenti alcuni dei farmaci compresi nella lista. Infatti la lista del CIO (tabella 2) consente di fatto all'atleta l'uso a scopo di doping di tutti i medicamenti non indicati.
Ció spiega perché in pratica l'anti- doping identifica una parte estremamente limitata di atleti che effettuano il doping, ma non identifica il fenomeno nel suo insieme.
Basti pensare che:

su un totale di 160 nazioni afferenti al CIO solo 20 sono dotate di laboratori anti- doping omologati alle norme CIO;
su un numero di milioni di cittadini "a rischio" per eseguire il doping, solo 2.000 all'anno in ogni laboratorio, in media, vengono sottoposti a controlli anti- doping (40 per settimana, circa 900-1.700 in totale nel mondo);
su un totale di centinaia di sostanze (praticamente tutti i farmaci !) che possono far parte di trattamenti dopanti, solo alcune decine sono comprese nelle liste delle sostanze proibite;
l'efficacia dei controlli, pur eseguiti secondo una corretta metodologia, é fortemente compromessa dall'impiego di metodi di assunzione farmacologica che rendono negativo anche l'atleta che assume regolarmente farmaci.

Per identificare correttamente il doping é quindi necessario abbandonare l'equivalenza doping- anti- doping e prendere in esame l'insieme dei fenomeni clinici, biologici, metodologici, farmacologici che lo contraddistinguono. Abbiamo cioé bisogno di sostituire alla vecchia ed inefficace metodologia dell'anti- doping una nuova metodologia piú complessa, che utilizzi la ricerca biomedica avanzata e si strutturi in un insieme che comprenda epidemiologia, clinica, indagini di laboratorio, follow-up degli atleti e cosí via.
Ció che noi proponiamo per eliminare ogni disparità e per razionalizzare l'uso dei medicamenti nello sport é prendere come metro la presenza nell'atleta di documentate alterazioni patologiche. Ció consentirebbe il totale utilizzo dei mezzi medicamentosi per il cittadino-atleta ammalato, mentre, in carenza di alterazioni patologiche, l'utilizzo di farmaci non autorizzati dovrebbe configurarsi come doping . Verrebbe conferito al medico l'obbligo di documentare lo stato di malattia: di tale documentazione il medico stesso si assumerebbe ogni responsabilità in sede sia sportiva sia civile.
Il presente disegno di legge nasce quindi dall'esigenza di riportare al centro dell'attenzione l'identità clinico-biologica dell'atleta, riconoscendo che accanto ad un effetto economico-sociale del doping (offesa della lealtà sportiva, alterazione delle regole della libera concorrenza, eccetera) esiste un ben piú grave problema etico-sanitario legato all'illecita manipolazione del corpo umano ed ai gravi esiti per la salute che questa manipolazione comporta.
Come é noto, i danni conseguenti al doping possono essere rilevabili a breve ed a lungo termine. Tra i primi, dopo le prime morti da doping causate dalle "vecchie" amfetamine, vanno assumendo rilievo le "nuove" morti sul campo indotte da beta-bloccanti.
I danni a lungo termine possono essere correlati:

a) alla mutagenesi farmacologica (ossia mutazione di una cellula germinale portatrice dei caratteri ereditari) le cui conseguenze possono manifestarsi nella prima generazione o dopo molte generazioni successive;
b) alla cancerogenesi chimica, fenomeno su cui disponiamo di numerosi dati sperimentali comprovanti la comparsa di tumori indotti da sostanze chimiche, tra cui alcuni farmaci, anche a distanza di molti anni;
c) alla teratogenesi farmacologica. In campo sportivo essa riguarda un campione ridotto, ossia le atlete ai primi stadi di gravidanza in cui farmaci teratogeni inducono malformazioni correlate all'epoca di somministrazione.

Ma, come prima detto, questo semplice e razionale concetto "clinico" non risulta al governo sportivo anche se ben trent'anni di applicazione dell'attuale metodologia anti- doping ne evidenziano il drammatico fallimento.
Eppure, in contrasto con queste posizioni interne, sono ormai molti gli interventi a favore di proposte che vedono le autorità pubbliche direttamente impegnate nella lotta al doping . Ad esempio, diversi Paesi quali il Canada, l'Australia, il Belgio ed i Paesi nordici dispongono di programmi indipendenti per il controllo del doping , sostenuti a livello legislativo e gestiti da organi designati dal Governo. Le federazioni sportive in quei Paesi sono già state parzialmente esautorate.
In risposta a tale situazione, nel 1991 il presidente della Federazione internazionale atletica leggera (IAAF) ha inviato nuove istruzioni a tutti i membri dell'IAAF del mondo: "attualmente alcuni governi nazionali hanno creato agenzie nazionali per la lotta al doping , cui spetta la responsabilità dei controlli anti- doping a livello sportivo. Notiamo con una certa preoccupazione che talune di queste agenzie hanno assunto la gestione totale del controllo anti- doping all'interno dei rispettivi Paesi e che queste procedure sono contrarie alle norme IAAF. La Commissione anti- doping IAAF ritiene che i suoi membri dovrebbero fare tutto il possibile per riconquistare il controllo in questo settore".
Ma la strada a livello internazionale sembra essere segnata e va proprio nella direzione indicata dal presente disegno di legge. Infatti nella risoluzione recentemente approvata dal Parlamento europeo (PE. 205.677, nella seduta del maggio 1994) gli Stati membri vengono direttamente chiamati in causa ed invitati ad "adottare norme giuridiche integrative che vietino il doping nello sport e prevedano sanzioni per i singoli atleti, le società e le federazioni sportive (inter)nazionali in caso di violazione" ed inoltre a "rifiutare o revocare le sovvenzioni alle società e federazioni che chiaramente eludono le norme e i regolamenti in materia di doping nello sport e non combattono il fenomeno nelle attività sportive di cui sono responsabili".

Una politica adeguata per la lotta al doping.

A partire dall'esperienza fin qui realizzata, tenuto conto del vivace dibattito in corso tra autorità pubbliche ed organizzazioni sportive, in aderenza alle principali iniziative internazionali (in particolare gli interventi dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa), riteniamo che una efficace politica di lotta contro il doping debba essere basata sui seguenti princípi:

a) riconoscimento della competenza e della pertinenza di interventi da parte dell'autorità pubblica, chiamata a far fronte al fenomeno del doping in quanto problema di salute pubblica e di rispetto delle vigenti normative in campo sanitario (in particolare leggi di recepimento delle direttive comunitarie su distribuzione, etichettatura, pubblicità, regime di prescrizione dei farmaci);
b) riconoscimento della piena autonomia delle organizzazioni, che scelgono di dotarsi di regolamenti e norme tecniche (per quanto parziali ed inconcludenti possano apparire) che esse considerano "valide ai fini di assicurare il corretto svolgimento della competizione sportiva";
c) obbligo per le organizzazioni sportive, pubbliche e private, di collaborare al corretto espletamento di tutte le iniziative che le autorità sanitarie dovranno assumere a tutela della salute del cittadino-atleta.

Analisi dell'articolato.

L'articolo 1 definisce il doping come la somministrazione all'atleta, o ad altro soggetto, e qualsiasi pratica di interventi farmacologici non giustificati da necessità terapeutiche e quindi effettuati allo scopo di modificare la prestazione agonistica o le condizioni biologiche dell'organismo.
L'articolo 2 equipara al doping l'uso di sostanze e mezzi che modificano i risultati dei controlli (ricordiamo che anche in questo caso tali sostanze e mezzi sono di norma farmaci utilizzati non a scopo terapeutico ma per commettere una frode).
L'articolo 3 riconosce all'atleta-cittadino il diritto di ricevere ogni trattamento per la cura di stati di malattia nonché il divieto di partecipare a competizioni sportive per l'atleta ancora malato e sotto l'effetto degli eventuali farmaci assunti.
L'articolo 4 e l'articolo 5 innovano la metodologia anti- doping . Infatti un apposito Comitato stabilirà criteri e metodologie (cliniche e non solo di laboratorio) per la diagnosi di doping , comprendendo, ma non limitandosi a quanto prescritto dal CIO. Si stabilisce anche che di questa metodologia piú completa, e pertanto piú efficace, faranno parte anche gli esami effettuati su campioni ematici. Per l'espletamento delle indagini opereranno sul territorio piú centri (non di nuova istituzione, ma individuati dalle regioni tra gli istituti universitari, i centri di ricerca, gli ospedali già dotati della necessaria tecnologia) sicché risulti piú realistico immaginare che i controlli anti- doping , comprendendo un numero adeguato di soggetti, svolgano una effettiva funzione deterrente.
I centri regionali rispetteranno le esigenze normative delle federazioni sportive e delle singole specialità ma opereranno ad ampio raggio collegandosi direttamente con il territorio (medici scolastici, medici di medicina generale, pediatri, eccetera).
L'articolo 6 rende chiara la doppia responsabilità che deve agire nei confronti del doping e dispone che i risultati siano comunicati entro ventiquattro ore sia all'autorità giudiziaria sia all'autorità sportiva: entrambe interverranno secondo le specifiche competenze.
L'articolo 7 tiene conto dell'obbligo di garantire la libertà della persona verso trattamenti e disposizioni sanitarie ai sensi degli articoli 13 e 32, secondo comma, della Costituzione. Ogni trattamento deve, infatti, essere previsto per legge, ed inoltre la legge deve stabilire il confine tra libertà individuale e interesse collettivo. Tale confine non deve superare il limite dell'indispensabilità. Perció l'adesione dell'atleta all'insieme della metodologia antidoping non si puó configurare nell'ambito della coercizione ma solo in quello dell'obbligatorietà.
Tale obbligatorietà sarà contenuta nei regolamenti dell'organizzazione di appartenenza, a cui ogni cittadino puó decidere di non sottostare non essendo la pratica sportiva organizzata un diritto primario dotato di indispensabilità.
Negli articoli 8, 9, 10 e 11 sono definite le sanzioni previste per i reati ivi contemplati. Il principio di base qui sostenuto é che "la somministrazione di sostanze farmacologicamente attive all'atleta a scopo di doping " é punibile penalmente in quanto infrange norme sanitarie codificate nel diritto nazionale e comunitario. L'articolato si preoccupa, peró, di identificare correttamente i responsabili di tale infrazione partendo dalla considerazione che i farmaci impiegati a scopo di doping rientrano di norma nella categoria di farmaci per cui é richiesta una prescrizione obbligatoria da parte di un medico prescrittore. In assenza di tale prescrizione non é consentita la distribuzione al pubblico da parte del farmacista, che in Italia come sappiamo detiene il monopolio per tale funzione distributiva.
Alcuni farmaci per i quali non é necessaria la prescrizione medica possono essere adoperati a scopo di doping ma solo se usati in dosaggi e in condizioni non autorizzate all'atto della registrazione.
Ne deriva che l'atleta non é perseguibile penalmente se é in grado di documentare:

a) che gli é stato prescritto un trattamento farmacologico pur non essendo documentabile uno stato di malattia;
b) che un farmacista ha fornito i medicamenti senza prescrizione medica;
c) che i farmaci gli sono stati forniti al di fuori delle sedi e delle condizioni previste dalla legge.

Solo in assenza di tale documentazione all'atleta andrà addebitato l'illecito possesso ed uso di sostanze che, a norma di legge, non sono reperibili ed utilizzabili al di fuori di condizioni rigorosamente stabilite.
L'articolo 12 prevede l'istituzione di un apposito Comitato nazionale per la lotta al doping , i cui compiti sono elencati nell'articolo 13.
L'articolo 14 individua i compiti e le responsabilità delle regioni, sviluppandone al massimo l'autonomia organizzativa e gestionale.
L'articolo 15 definisce la copertura degli oneri conseguenti all'esecuzione dei controlli.
L'articolo 16 riconosce i compiti della Federazione medico-sportiva italiana (FMSI) in relazione al presente disegno di legge.
L'articolo 17 prevede la copertura finanziaria, che é posta a carico del bilancio dello Stato per quanto attiene la costituzione, il funzionamento e i compiti del Comitato nazionale di cui all'articolo 12 e dei bilanci regionali per quanto di loro competenza, ed é articolata anche attraverso la corresponsione di quanto stabilito mediante apposite convenzioni tra organizzazioni sportive e regioni per quanto attiene all'esecuzione dei controlli previsti.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

(Definizione del doping )

1. La somministrazione all'atleta, professionista, dilettante o amatoriale, e a qualsiasi altro soggetto che pratichi attività sportivo-ginnica, di qualunque farmaco e di qualunque sostanza farmacologicamente attiva, comprese quelle di natura endocrinologica ed ematologica, e qualsiasi pratica inerente alle predette sostanze, non giustificate da documentate condizioni patologiche ed effettuate con l'intento di migliorarne le prestazioni agonistiche o di modificarne le condizioni biologiche dell'organismo costituisce doping .
2. Il doping é perseguito secondo quanto previsto dalla presente legge.

Art. 2.

(Modifiche dei risultati dei controlli
anti-
doping )


1. É considerato altresí come doping l'uso di sostanze o di metodi per modificare i risultati dei controlli di cui all'articolo 6.

Art. 3.

(Utilizzazione consentita e divieto
di partecipazione a competizioni sportive)


1. In presenza di condizioni patologiche, accertate e certificate dal medico sulla base di protocolli terapeutici che rispettino le condizioni del paziente e la natura della patologia, all'atleta puó essere prescritto qualsiasi trattamento attuato con le modalità ed i dosaggi indicati dalle farmacopee ufficiali; in tal caso l'atleta ha l'obbligo di tenere a disposizione delle autorità competenti la relativa documentazione.
2. L'atleta, finché dura l'effetto della malattia e dell'eventuale farmaco, non puó partecipare a competizioni sportive.

Art. 4.

(Controlli anti- doping )

1. Il Comitato di cui all'articolo 12 stabilisce i criteri per individuare con mezzi clinici, strumentali o di laboratorio l'avvenuto utilizzo degli interventi esogeni di cui agli articoli 1 e 2, comprese le sostanze e i metodi dopanti inclusi nelle liste del Comitato internazionale olimpico (CIO). A tale scopo é autorizzato l'utilizzo di campioni ematici.

Art. 5.

(Disposizioni per i controlli)

1. La ricerca delle sostanze di cui agli articoli 1 e 2 é eseguita, secondo le modalità indicate dal Comitato di cui all'articolo 12, in centri regionali od interregionali a ció abilitati.
2. I controlli di cui al presente articolo sono eseguiti;

a) in conformità alle norme fissate dai regolamenti sportivi internazionali;
b) in conformità alle norme fissate per le singole specialità dal Comitato di cui all'articolo 12, in fase di allenamento o di manifestazioni sportive;
c) in ogni singolo caso segnalato al centro regionale di riferimento da parte della struttura sanitaria di base o dal medico curante;
d) su richiesta delle autorità sanitarie, che possono richiedere controlli supplementari da effettuare a cura delle federazioni ed enti sportivi pubblici e privati.

3. Sono responsabili dei controlli clinici e dei prelievi dei liquidi o dei tessuti organici gli specialisti in medicina dello sport, in medicina legale, in medicina del lavoro ed i biologi ricompresi in una lista regionale che deve essere riconosciuta con decreto del Ministro della sanità.
4. Le federazioni e gli enti sportivi, pubblici e privati, consentono in ogni momento l'esecuzione dei controlli di cui al presente articolo, di cui si assumono l'onere economico.

Art. 6.

(Disposizioni relative all'esito dei controlli)

1. Il responsabile dell'esecuzione dei controlli di cui all'articolo 5 comunica, entro ventiquattro ore, i risultati delle indagini risultate positive alle autorità giudiziarie ed alle autorità sportive.
2. Il giudice accerta le responsabilità del caso di doping segnalato ai sensi del comma 1 ed applica le sanzioni previste dalla presente legge.
3. Le autorità sportive rendono pubblico l'esito dei controlli anti- doping ed applicano le sanzioni di propria competenza.

Art. 7.

(Integrazioni dei regolamenti degli enti
sportivi)


1. Il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), le federazioni sportive, le società affiliate, le associazioni sportive, gli enti sportivi pubblici e privati sono tenuti ad inserire nei propri regolamenti l'obbligo per gli atleti di non assumere le sostanze di cui agli articoli 1 e 2, ed a predisporre tutti gli atti necessari per il rispetto delle norme di tutela della salute e di lotta al doping di cui alla presente legge.
2. Gli atleti aderiscono ai regolamenti e dichiarano la propria conoscenza ed accettazione delle regole anti- doping in essi contenute.

Art. 8.

(Sanzioni per l'atleta)

1. L'atleta che risulti nelle condizioni di cui all'articolo 1 o che rifiuti di sottoporsi ai controlli di cui all'articolo 5 é punito con la multa da lire 1.000.000 a lire 5.000.000.
2. All'atleta si applicano, altresí, le sanzioni previste dal CIO, per quanto di competenza dell'autorità sportiva.

Art. 9.

(Sanzioni per il medico)

1. Il medico o l'esercente ad altro titolo una professione sanitaria il quale, al di fuori di una provata esigenza terapeutica ed allo scopo di migliorare le prestazioni sportive, prescrive, fornisce o somministra farmaci all'atleta, é punito con la reclusione da uno a tre anni. Alla stessa pena é sottoposto chi produce falsa certificazione ai sensi dell'articolo 6.
2. La condanna di cui al comma 1 é comunicata all'ordine professionale cui il soggetto appartiene.

Art. 10.

(Sanzioni per il farmacista)

1. La condanna del farmacista che, in assenza di specifica prescrizione medica, fornisce all'atleta farmaci compresi nella definizione degli articoli 1 e 2 e che richiedono una prescrizione medica é comunicata all'ordine professionale cui il soggetto sottoposto alla sanzione appartiene, che ne cura la pubblicazione su due quotidiani a diffusione nazionale.

Art. 11.

(Illecita fornitura di sostanze vietate)

1. Chiunque illegittimamente fornisce o somministra agli atleti, anche a titolo gratuito, le sostanze di cui agli articoli 1 e 2 o ne favorisce comunque l'utilizzo, é punito con la reclusione da sei mesi a un anno.
2. La pena di cui al comma 1 é aumentata di un terzo se il fatto previsto dal medesimo comma 1 é commesso da un dirigente di società o di associazione sportiva. In tal caso alla condanna segue la decadenza dalla carica.
3. La pena di cui al comma 1 é aumentata del doppio se il fatto é avvenuto nei confronti di un minore di anni diciotto.
4. Chiunque detiene, manipola, distribuisce, trasporta farmaci non essendo in possesso di una specifica autorizzazione rilasciata ai sensi del diritto nazionale e comunitario, é punito con la relcusione da sei mesi a un anno.

Art. 12.

(Istituzione e composizione del Comitato nazionale per la lotta al doping )

1. Per gli scopi e gli adempimenti di cui alla presente legge é istituito il Comitato nazionale per la lotta al doping , con sede presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di seguito denominato "Comitato".
2. Il Comitato é costituito, per la parte tecnico-scientifica, da due farmacologi, di cui uno appartenente all'ordine dei farmacisti, un tossicologo, un clinico medico o pediatra, un biologo, due medici specialisti dello sport indicati dalle società scientifiche di riferimento e da un rappresentante, rispettivamente, dell'Istituto superiore di sanità, dell'ordine dei medici, dell'ordine dei farmacisti e della Federazione medico sportiva italiana (FMSI).
3. Del Comitato fanno parte inoltre un rappresentante del Ministero della sanità e un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri, due rappresentanti del CONI, due rappresentanti delle federazioni sportive maggiormente rappresentative a livello nazionale e due rappresentanti delle associazioni dei consumatori.
4. Il Comitato é istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
5. L'insediamento del Comitato avviene entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
6. Il Comitato dura in carica tre anni, elegge al suo interno il presidente e si dota di un proprio regolamento. Il Comitato rife risce annualmente al Parlamento sulla propria attività.

Art. 13.

(Funzioni del Comitato)

1. Il Comitato provvede a determinare i criteri attraverso i quali effettuare i controlli anti- doping ; determina le caratteristiche operative degli organismi incaricati di effettuare tali controlli, assumendone la vigilanza; coordina l'attività dei centri regionali e tiene il registro nazionale dei controlli.
2. Il Comitato propone, inoltre, programmi educativi, preventivi e riabilitativi e si esprime sui progetti di ricerca clinica e sperimentale riguardanti la biologia e la medicina dello sport; tiene rapporti operativi con gli organismi internazionali e, in particolare, con l'Unione europea garantendo la partecipazione a programmi ed interventi contro il doping ed alle attività dell'Osservatorio europeo delle droghe.

Art. 14.

(Compiti delle regioni)

1. Le regioni, nell'ambito delle proprie attribuzioni sanitarie, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, organizzano i servizi per la tutela sanitaria delle attività motorie assicurando:

a) la valutazione dello stato biologico e sanitario e documentando l'assenza di condizioni che rendano controindicata in tutto od in parte l'attività motoria;
b) la definizione del rischio personale nei confronti di una o piú attività motorie, provvedendo anche al rilascio dei certificati di idoneità specifica per singole discipline;
c) l'assistenza sanitaria d'urgenza durante le manifestazioni sportive che si svolgono nell'ambito territoriale di competenza;
d) i trattamenti clinici preventivi e riabilitativi e le attività di informazione ed educazione sanitaria.

2. Le regioni provvedono altresí:

a) all'individuazione delle strutture rispondenti alle norme fissate dal Comitato ai sensi dell'articolo 13, cui vengono affidati i controlli clinici e di laboratorio per la diagnosi di doping ;
b) alla tenuta delle liste dei medici che possono essere designati per le attività previste dalla presente legge.

3. Le regioni provvedono inoltre a realizzare:

a) interventi di educazione sanitaria ad ampia diffusione nel settore della biologia, medicina e farmacologia dello sport;
b) corsi di lezioni e seminari da integrare con i programmi scolastici ed universitari;
c) l'organizzazione di un centro di documentazione scientifica;
d) l'avvio di studi epidemiologici, con particolare riferimento alla prevenzione ed alla riabilitazione, sulla popolazione sportiva del territorio.

Art. 15.

(Oneri connessi all'esecuzione dei controlli)

1. Per l'espletamento dei controlli le regioni stabiliscono apposito tariffario aggiornabile annualmente.
2. Le regioni partecipano alla spesa necessaria all'esecuzione delle indagini cliniche e di laboratorio, per quanto attiene alla organizzazione, alla dotazione strumentale e all'impiego del personale necessario, con oneri a carico dei rispettivi bilanci.
3. I costi relativi alle singole prestazioni di laboratorio, cosí come stabiliti da apposito tariffario regionale, sono a carico delle organizzazioni sportive di appartenenza.
4. I rapporti giuridici ed economici delle organizzazioni sportive con le regioni e con le unità sanitarie locali sono regolati da apposite convenzioni.

Art. 16.

(Compiti della Federazione
medico sportiva italiana)


1. La FMSI collabora all'attuazione degli obiettivi della presente legge, secondo le indicazioni degli organismi sanitari nazionali e regionali, a cui risponde senza pregiudizio dei suoi rapporti con il CONI, che restano invariati.

Art. 17.

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 12 e 13 della presente legge, pari a lire 3 miliardi annui, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1996-1998, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1996, all'uopo utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro.
2. Il Ministro del tesoro é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.