DISEGNO DI LEGGE
presentato dal Ministro di grazia e giustizia
(FLICK)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 SETTEMBRE 1996
Norme in materia di astensione collettiva degli avvocati
ONOREVOLI SENATORI. - Prima del recente intervento della Corte
costituzionale (sentenza n. 171 del 16-27 maggio 1996), i limiti posti alle
astensioni collettive proclamate in ambito forense erano assai incerti.
Non senza perplessità, la legge 12 giugno 1990, n. 146, sul
diritto di sciopero é stata ritenuta inapplicabile ai liberi
professionisti che esercitano un servizio di pubblica necessità quali
gli avvocati e i procuratori legali.
É risultata controversa anche la sussistenza del reato di
interruzione di un pubblico servizio (articolo 340 del codice penale), che
é stato ritenuto configurabile in caso di astensione collettiva di
avvocati e procuratori legali a prescindere dall'applicabilità o meno
della legge n. 146 del 1990, quando l'astensione riguardi procedimenti con
detenuti in carcere o agli arresti domiciliari.
La giurisprudenza penale ha fatto anche riferimento all'istituto del
legittimo impedimento del difensore (articolo 486, comma 5, del codice di
procedura penale), ritenendo, con alcune oscillazioni, che l'astensione
collettiva non rientri in via assoluta tra i motivi dell'impedimento,
occorrendo, anzitutto, una segnalazione tempestiva all'ufficio procedente.
Riguardo a tale istituto é stata anche lamentata, in presenza di
astensioni a tempo indeterminato, l'impossibilità di procedere al
concreto bilanciamento di interessi presupposto dal medesimo articolo 486,
comma 5. Di qui il frequente rigetto delle richieste di rinvio presentate
dai difensori, attesa la mancanza del termine finale per alcune astensioni,
e la conseguente incertezza dei tempi di svolgimento dei procedimenti.
Con la sentenza n. 114 del 23-31 marzo 1994, la Corte costituzionale ha
invitato il legislatore a disciplinare le "forme di protesta collettiva che,
al pari dello sciopero, sono in grado di impedire il pieno esercizio di
funzioni che assumono, come quella giurisdizionale, un risalto primario
nell'ordinamento dello Stato".
La tematica ha avuto un primo sbocco nel disegno di legge sulla custodia
cautelare presentato dal Governo sempre nel 1994 (atto Camera n. 1033 della
XI legislatura, poi divenuto la legge 8 agosto 1995, n. 332). Tale disegno
di legge si é soffermato, peró, sulla sola rivisitazione della
disciplina degli elenchi e delle tabelle dei difensori d'ufficio, peraltro
accantonata nel dibattito parlamentare, senza affrontare il problema
dell'applicabilità della citata legge n. 146.
Sollecitata da numerose ordinanze di rimessione, la Corte costituzionale
é tornata sull'argomento con la sentenza n. 171 del 16-27 maggio
1996, rendendo improcrastinabile il varo di una disciplina legislativa
dell'astensione collettiva degli avvocati e dei procuratori legali
dall'attività giudiziaria.
Affrontando la materia sotto vari profili, la Corte ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale della legge n. 146 del 1990,
ravvisando una "incongruenza tra gli obiettivi ispiratori di essa e i suoi
strumenti operativi". La Corte é giunta a tale conclusione in quanto
tale legge, nel garantire alcuni servizi pubblici essenziali in funzione
della tutela dei beni fondamentali della persona, "non appresta una
razionale e coerente disciplina che includa tutte le altre manifestazioni
collettive capaci di comprimere detti valori primari", quali quelle poste in
essere da soggetti che "non siano lavoratori subordinati né
presentino quell'indice di "non indipendenza" che ne rivela la debolezza
economica".
Le carenze della legge n. 146, e la difficoltà di ricondurre
l'astensione forense nell'ambito dei meccanismi procedurali di cui ai
relativi articoli 8 e seguenti (in uno con la riscontrata difficoltà
di interpretare estensivamente o analogicamente i diversi meccanismi
previsti dal legislatore del 1990), hanno indotto la Corte a demandare al
legislatore la previsione sollecita di una disciplina organica che tenga
conto dei valori costituzionali e della particolare collocazione della
figura professionale dell'avvocato e del procuratore legale.
La decisione della Corte impone la previsione di "misure idonee ad
evitare che vengano compromessi i beni primari della convivenza civile che
non tollera la paralisi della funzione giurisdizionale e, quindi, esige
prescrizioni volte ad assicurare, durante l'astensione dell'attività
giudiziaria, le prestazioni indispensabili".
Dopo aver ricordato che gli avvocati e i procuratori svolgono
un'attività professionale "in condizioni di indipendenza", la Corte
ha affermato che:
a)
la loro astensione collettiva non si configura come uno sciopero e non
gode, quindi, della "protezione" offerta dall'articolo 40 della
Costituzione, sebbene venga in rilievo il favor libertatis che
ispira la prima parte della Costituzione;
b)
la facoltà di astensione é una manifestazione incisiva della
dinamica associativa volta alla tutela del lavoro autonomo, ma incontra
alcuni limiti quando sia esercitata in contrasto con i "valori" indicati
nell'articolo 1, comma 1, della legge n. 146, di fronte ai quali deve
arretrare considerata la loro "forza prevalente" (si tratta dei diritti
costituzionalmente tutelati alla vita, alla salute, alla libertà,
alla sicurezza, alla libertà di circolazione e di comunicazione,
all'assistenza e alla previdenza sociale, nonché all'istruzione);
c)
la nomina di un difensore d'ufficio non rappresenta, in materia, un rimedio
"soddisfacente".
La sentenza n. 171 del 1996 obbliga ad individuare ("quanto meno"):
1) l'obbligo di un "congruo" preavviso dell'astensione;
2) un limite "ragionevole" per la durata di quest'ultima;
3) strumenti idonei ad individuare e ad assicurare, in ogni caso,
talune prestazioni "essenziali" o "indispensabili";
4) le "procedure" e le "misure" conseguenziali applicabili in caso di
inosservanza del nuovo quadro normativo.
La sentenza reca un importante riconoscimento del contributo che
puó derivare dai codici di autoregolamentazione adottati in ambito
forense, ma ne sottolinea, al tempo stesso, i limiti intrinseci, non avendo
essi "efficacia generale".
Questo riconoscimento va evidenziato in quanto i codici già
predisposti in ambito forense recano utili spunti di riflessione per una
disciplina non calata unicamente con forza "dall'alto" e suscettibile,
quindi, di maggiore efficacia.
Tuttavia, anche in ragione della data della loro emanazione, tali codici
non soddisfano pienamente alle esigenze poste sul tappeto dalla Corte (ad
esempio, per ció che riguarda il limite "ragionevole" di durata
dell'astensione). In ogni caso, poi, la sentenza n. 171 obbliga il
legislatore a prevedere direttamente per legge alcune garanzie che un codice
non cogente di autodisciplina non puó assicurare al medesimo livello.
Ció non significa che i codici di autoregolamentazione non possano
svolgere un ruolo significativo anche nel nuovo assetto normativo. Al
contrario, il presente disegno di legge mira a rafforzarne l'ambito di
operatività e il ruolo "normativo" complementare.
La sentenza della Corte, che pure ha dichiarato illegittimo l'articolo 2
della legge n. 146 nella parte in cui non regola l'astensione collettiva
degli avvocati e dei procuratori legali, non obbliga il legislatore ad
introdurre l'emananda disciplina integrativa nell'ambito della medesima
legge n. 146.
Prendendo spunto da quanto osservato dalla Corte rispetto alla
difficoltà di adattare all'astensione collettiva i meccanismi
previsti da diversi articoli della legge n. 146, ed intendendosi mantenere
la linea distintiva che intercorre tra lo sciopero e l'astensione
collettiva, si ritiene ampiamente preferibile collocare la tematica
dell'astensione collettiva in una legge ad hoc , fuori sia dal la
legge n. 146 del 1990 che dei vari codici di rito. L'astensione collettiva,
del resto, ha solo alcuni tratti in comune con il diritto di sciopero, e
presenta diversi profili peculiari.
Il necessario collegamento tra la disciplina dell'astensione e la legge
n. 146 verrebbe assicurato, anzitutto, da un richiamo dei valori enunciati
nell'articolo 1 di tale legge, ai quali si é riferita la Corte; il
medesimo collegamento sarebbe poi rafforzato da altre disposizioni che,
nella futura legge, risulterebbero comunque ispirate ad alcune disposizioni
della legge n. 146, opportunamente adattate.
Valuterà in ogni caso il Parlamento, nella sua sovranità,
l'opportunità di una diversa scelta anche in ordine ad un eventuale
ruolo della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo
sciopero nei servizi essenziali, tenendo conto del dibattito che si é
aperto riguardo all'applicabilità della legge n. 146 nelle more
dell'emanazione della futura disciplina organica.
In questa prospettiva, l'articolo 1 del presente disegno individua
l'ambito di applicazione della nuova legge traducendo in concreto il
principio affermato dalla Corte, secondo cui "... la libertà di ogni
formazione sociale" postula "... nel contempo, la concorrente tutela degli
altri valori di rango costituzionale".
Infatti, come si é già precisato, la Corte ha affermato
che, qualora "la libertà degli avvocati e procuratori si eserciti in
contrasto con la tavola dei valori sopra richiamata" (il riferimento
é ai diritti menzionati nell'articolo 1, comma 1, della legge n. 146
del 1990, nonché al diritto di azione e di difesa tutelato
dall'articolo 24 della Costituzione:), "essa non puó non arretrare
per la forza prevalente di quelli".
In altre parole, la nuova legge si prefigge lo scopo di contemperare
queste situazioni soggettive salvaguardando, al tempo stesso, una serie di
prestazioni "indispensabili" (o, se si preferisce, "essenziali"), che vanno
comunque garantite anche in caso di astensione collettiva.
Per un verso, quindi, si prevede che all'atto della proclamazione
dell'astensione debbano essere prescritte alcune modalità intese a
renderne prevedibili lo svolgimento e la durata, nonché gli effetti
sui procedimenti in corso; per un altro, si pongono dei limiti in
riferimento ad un "nocciolo duro" di prestazioni rispetto alle quali
l'astensione, considerata la particolare delicatezza dei diritti soggettivi
degli utenti del "servizio-giustizia", non deve spiegare effetti
pregiudizievoli di alcun tipo.
É da precisare che l'Amministrazione della giustizia é, e
rimane, un servizio pubblico essenziale nel suo complesso, ai sensi
dell'articolo 1, comma 2, lettera a) , della legge n. 146. Questo
assetto non preclude, ed anzi sollecita, l'individuazione di un nucleo di
prestazioni garantite in ogni caso, nucleo selezionato in base
all'importanza delle posizioni coinvolte, in senso analogo a quanto é
avvenuto per i "servizi essenziali" individuati nell'ambito
dell'amministrazione penitenziaria con un decreto del Ministro di grazia e
giustizia del 7 novembre 1990.
L'articolo 2 del presente disegno individua un termine minimo di
preavviso di dieci giorni, corrispondente a quello indicato da alcuni codici
già adottati. Analogamente a quanto previsto dall'articolo 2, comma
7, della legge n. 146 del 1990, nonché da alcuni dei medesimi codici,
tale termine minimo é ridotto a tre giorni qualora l'astensione
rappresenti una "risposta" ad eventi lesivi del diritto di difesa che devono
presentare, peró, una particolare gravità.
É auspicabile che i codici stessi individuino, nel rispetto di
questo "tetto", un termine diverso - possibilmente piú ampio -,
esaltando il ruolo svolto da tali regole di autodisciplina. Gli organismi
che proclamano l'astensione potranno attenersi a questo diverso termine,
fermo restando il termine minimo di legge.
Appare inoltre necessario introdurre un meccanismo che favorisca la
piú ampia conoscenza preventiva delle modalità
dell'astensione, sia presso gli uffici giudiziari interessati che nel
pubblico.
Il Ministro di grazia e giustizia, anche in relazione alle relative
attribuzioni in materia di organizzazione e di funzionamento dei servizi
(articolo 110 della Costituzione), diviene destinatario necessario di alcune
comunicazioni attinenti alla proclamazione dell'astensione (articolo 2,
comma 1, del disegno di legge) e all'adozione dei codici di
autoregolamentazione (articolo 6, comma 1, del disegno di legge). Il
Ministro sarà chiamato, altresí, a favorire la risoluzione in
via conciliativa delle problematiche che determinano l'astensione (articolo
2, comma 2), nonché ad incentivare la conoscenza da parte del
pubblico delle modalità specifiche dell'astensione e delle
prestazioni non pregiudicate da quest'ultima. Il meccanismo di
"conciliazione" non diviene, in ogni caso, una sede "pregiudiziale", essendo
avviato facoltativamente dal Ministro, laddove questo ravvisi la
possibilità di pervenire ad una composizione della "controversia".
Le agitazioni in un ambito territoriale limitato, a prescindere dalle
modalità centralizzate o decentrate di proclamazione, dovranno essere
comunicate anch'esse al Ministro.
Ciascun atto di proclamazione dovrà precisare i settori della
giustizia penale, civile o amministrativa coinvolti dall'astensione, ed in
caso di mancata previsione del termine finale l'astensione si
considererà cessata allo scadere del termine previsto dal codice
adottato dall'organismo che ha proclamato l'astensione medesima.
L'astensione - anche quando perduri su iniziativa dello stesso organismo
o sia affiancata da un'agitazione proclamata da un diverso organismo
nazionale o locale - non potrà oltrepassare in nessun caso un termine
"ragionevole" di durata che appare equilibrato determinare in quello di
trenta giorni, consecutivi oppure (si tiene conto dell'eventualità di
scioperi "a singhiozzo") nell'arco di un trimestre.
Ad evitare, poi, le conseguenze negative derivanti da eventuali
astensioni a catena, si prevede che, qualora sia superato il tetto poc'anzi
menzionato, una nuova proclamazione possa intervenire nel medesimo settore
(civile, penale, amministrativo o tributario) decorso un intervallo minimo
che appare determinabile nella misura anch'essa ragionevole di novanta
giorni; valuterà il Parlamento, poi, la congruità dei predetti
termini. Nell'ambito della revisione ed armonizzazione dei codici già
esistenti (articolo 6 del disegno di legge), potrà essere incentivato
il principio secondo cui la durata delle astensioni dovrebbe osservare una
certa progressività, iniziando da estensioni piú brevi e
passando, semmai, ad azioni piú incisive.
É ipotizzabile che, una volta approvata la legge, si prospetti in
alcuni casi il superamento di queste soglie, anche per effetto di piú
astensioni proclamate in ambito locale e nazionale da organismi diversi non
necessariamente in dialogo tra loro. In tal caso, avvalendosi delle
comunicazioni previste dall'articolo 2, comma 1, il Ministro di grazia e
giustizia informerà gli organismi di categoria al fine di farne
modificare gli orientamenti, rendendo nota la circostanza agli uffici
giudiziari interessati e, se necessario, al pubblico.
L'articolo 3 disciplina gli effetti dell'astensione sui procedimenti e le
controversie per le quali l'astensione é consentita.
Nell'ambito dei giudizi civili, amministrativi e tributari, qualora
all'astensione aderisca uno soltanto dei difensori delle parti di una
determinata controversia (rimanendo implicitamente salvo il principio della
libertà di adesione all'astensione), si ritiene ragionevole accordare
al difensore che si astiene una certa "preferenza", nel senso che il giudice
fisserà una nuova udienza successiva allo scadere dell'astensione. La
mancata partecipazione all'udienza non implicherà effetti
pregiudizievoli per il difensore che si é astenuto, non rilevando, ad
esempio, ai fini di una successiva cancellazione della causa dal ruolo in
caso di assenza in una udienza successiva allo scadere dell'astensione.
Conformemente a quanto affermato dalla giurisprudenza, e tenuto conto
della peculiarità del procedimento penale, si ritiene opportuno
prevedere che il difensore il quale intenda astenersi in riferimento ad un
processo penale debba far presente prontamente all'autorità
procedente - giudice o pubblico ministero - la volontà di aderire
all'astensione.
Anche il difensore d'ufficio avrebbe il diritto di astenersi, fatta salva
la nuova disciplina prevista dal riformulato articolo 29 delle norme di
attuazione del codice di procedura penale, in base alla quale (articolo 5
del disegno di legge) i difensori d'ufficio iscritti nella tabella dei turni
giornalieri o settimanali (ricavata dal piú ampio elenco dei
difensori disponibili) dovrebbero assicurare il proprio servizio anche in
caso di astensione collettiva (ad esempio, nel caso in cui un difensore
aderisca indebitamente all'astensione collettiva in riferimento ad una
prestazione indispensabile).
L'impostazione di fondo é, poi, la seguente: lo svolgimento di
determinati "atti a sorpresa" quali le perquisizioni e i sequestri non
verrebbe pregiudicato dall'astensione, avendo il difensore la facoltà
di assistere in quanto sia prontamente reperibile (articolo 365 del codice
di procedura penale). Analogo assetto si avrebbe per gli accertamenti
tecnici non ripetibili, considerato il rischio della modificazione dello
stato delle persone, delle cose o dei luoghi (articolo 360 del codice di
procedura penale).
In caso di astensione dovrebbe essere differito, al contrario, il
compimento di altri atti quali l'interrogatorio, l'ispezione e il confronto
con l'indagato, salvo che ricorra il presupposto dell'urgenza (articolo 364
del codice di procedura penale). Analogo differimento dovrebbe essere
disposto quando l'astensione interessi l'udienza preliminare, salvo che la
parte interessata chieda, in questo come nel caso poc'anzi esaminato, che si
proceda in assenza del difensore che aderisce all'astensione e sia
reperibile un altro difensore di ufficio. Nel dibattimento, poi, il giudice
dovrebbe provvedere ai sensi dell'articolo 486, comma 5, del codice di
procedura penale, prendendo atto del legittimo impedimento ovvero procedendo
oltre se l'impedimento riguarda solo un difensore, ovvero se é stato
designato un sostituto o, ancora, su richiesta dell'imputato.
In sintonia con la sentenza n. 171 del 1996, l'articolo 4 enuclea una
serie di prestazioni essenziali o indispensabili rispetto alle quali non
é consentito astenersi dal prestare l'ufficio di difensore (ad
esempio, in sede di esercizio delle funzioni giurisdizionali o giudiziarie
onorarie). Il novero di tali prestazioni é stato individuato tenendo
conto, con gli opportuni adattamenti, della disciplina della sospensione dei
termini feriali prevista dall'ordinamento giudiziario, dalla legge 7 ottobre
1969, n. 742, dall'articolo 240- bis delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, nonché
del citato decreto del Ministro di grazia e giustizia, il quale menziona, ad
esempio, il giudizio direttissimo.
Con riferimento al giudizio penale, si propone di escludere
dall'astensione, analogamente a quanto previsto da alcuni codici di
autoregolamentazione, determinate situazioni nelle quali la collocazione
custodiale dell'indagato o dell'imputato, o la particolare gravità
dei reati per i quali si procede, impongono una salvaguardia piú
incisiva dei diritti della persona e del diritto di azione e di difesa.
Si allude ai procedimenti per reati di criminalità organizzata
(individuati piú specificamente con riferimento all'articolo 407 del
codice di procedura penale) o per i quali stia per maturare la prescrizione
del reato, oppure relativi ad imputati in stato di custodia cautelare. Sono
presi in considerazione anche il giudizio direttissimo, l'udienza di
convalida dell'arresto e del fermo, l'incidente probatorio e la collegata
ipotesi degli atti urgenti da assumere ai sensi dell'articolo 467 del codice
di procedura penale. Peraltro, in luogo di un rinvio automatico al citato
articolo 240- bis , appare preferibile trascriverne il contenuto,
onde eliminare ogni incertezza in termini di pratica applicazione.
Nella materia civile e del lavoro, considerata l'ampiezza delle
controversie oggetto della disciplina della sospensione dei termini feriali,
appare opportuno operare una certa selezione.
Accanto all'integrale inclusione delle cause citate nell'articolo 92
dell'ordinamento giudiziario (alimenti, procedimenti cautelari, di sfratto e
di opposizione all'esecuzione, dichiarazione e revoca dei fallimenti, ed
altre cause la cui "ritardata trattazione po trebbe produrre grave
pregiudizio alle parti"), si prevede che, nell'ambito della galassia delle
controversie di lavoro e di previdenza sociale (incluse quelle devolute al
giudice ordinario rispetto ai dipendenti dell'ente "Ferrovie dello Stato" e
delle amministrazioni pubbliche), siano salvaguardate dall'astensione
collettiva le sole controversie che meritano una speciale attenzione, quali
quelle in materia di licenziamento, di repressione della condotta
antisindacale o, comunque, dichiarate urgenti ex articolo 92
dell'ordinamento giudiziario.
Analoga previsione é operata, poi, per i giudizi cautelari
amministrativi o nella materia elettorale.
L'articolo 5 ripropone, come già accennato, l'articolo 15 del
disegno di legge n. 1033 della Camera della XI legislatura, prevedendo una
diversa procedura per la formazione dell'elenco alfabetico dei difensori
idonei e disponibili ad assumere le difese d'ufficio, e sancendo il
principio secondo cui un nucleo ristretto di difensori di ufficio (quelli
iscritti nella tabella dei turni giornalieri o settimanali) sarà
tenuto comunque ad assicurare la propria reperibilità e
disponibilità anche in caso di astensione collettiva. Si tiene conto,
cosí, della cogente indicazione che perviene dalla Corte, intesa a
far individuare le "procedure... conseguenziali nell'ipotesi di
inosservanza" del nuovo quadro normativo (si consideri anche, quanto
all'inosservanza del termine ragionevole di durata, il disposto
dell'articolo 2, comma 4, del presente disegno di legge, che individua la
soglia oltre la quale l'astensione non si considera consentita).
L'articolo 6, infine, incentiva la conoscibilità dei codici di
autoregolamentazione e ne favorisce l'armonizzazione. I codici sinora
adottati recano già diverse disposizioni sostanzialmente omogenee, ed
é auspicabile che questa sintonia sfoci in una identicità di
previsione, ove possibile in un unico codice di autoregolamentazione
sottoscritto dai vari organismi interessati. Tra le "misure conseguenziali
nell'ipotesi di inosservanza" si colloca, infine, l'obbligo di valutare una
qualunque violazione della futura legge, sia da parte dei singoli difensori
che dei promotori dell'astensione, ai fini dell'eventuale affermazione della
responsabilità disciplinare, graduata in rapporto alla gravità
dell'illecito secondo le regole ordinarie.
Tenendo conto degli orientamenti giurisprudenziali in ambito penale,
appare opportuno sgombrare il campo da ogni ulteriore incertezza
interpretativa costruendo una specifica fattispecie di reato in base alla
quale, a conferma dell'approccio equilibrato che é auspicabile in
materia, la responsabilità penale scatterebbe non per il solo fatto
dell'inosservanza di una disposizione della nuova legge, ma quando tale
condotta sia risultata in concreto offensiva, avendo cagionato
l'interruzione del servizio di pubblica necessità espletato dal
difensore oppure dell'ufficio giudiziario interessato dall'astensione. Non
si é presa in considerazione, invece, l'ipotesi del "turbamento" di
tale servizio o ufficio (al contrario di quanto previsto dall'articolo 340
del codice penale), apparendo chiaro che qualunque violazione della nuova
legge finirebbe per realizzare tale turbamento ovvero, come ritenuto in
giurisprudenza, per realizzare una semplice discontinuità anche
parziale di una singola attività. Il richiamo alle pene previste
dall'articolo 340 del codice penale avrebbe per effetto, poi, la
punibilità sia del singolo aderente che dei capi, promotori od
organizzatori, sempreché si verifichino su base soggettiva i
presupposti poc'anzi indicati.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1.
1. La presente legge disciplina le modalità dell'astensione
collettiva degli avvocati e dei procuratori legali dall'attività
giudiziaria, di seguito denominata "astensione", al fine di garantire il
godimento dei diritti della persona indicati nell'articolo 1, comma 1, della
legge 12 giugno 1990, n. 146, nonché il diritto di azione e di difesa
tutelato dall'articolo 24 della Costituzione, e di assicurare le prestazioni
indispensabili di cui all'articolo 4.
|
Art. 2.
1. L'astensione é proclamata con un congruo preavviso,
corrispondente a quello previsto da eventuali codici di autoregolamentazione
adottati dagli organismi interessati all'astensione, e comunque non
inferiore a dieci giorni. Nei casi di protesta per eventi di particolare
gravità lesivi del diritto di difesa, il termine minimo é
ridotto a tre giorni. Della proclamazione é data immediata notizia ai
presidenti delle corti d'appello interessate nonché, anche quando
l'astensione interessa un singolo distretto o circondario, al Ministro di
grazia e giustizia.
|
Art. 3.
1. Nel processo civile, amministrativo o tributario, se taluna delle
parti costituite che non stanno in giudizio personalmente non compare
nell'udienza fissata durante lo svolgimento dell'astensione, il giudice
fissa una nuova udienza successiva allo scadere dell'astensione.
|
Art. 4.
1. L'astensione non é consentita in riferimento:
a) alle udienze di convalida dell'arresto e del fermo,
all'incidente probatorio, al giudizio direttissimo e al compimento degli
atti urgenti di cui all'articolo 467 del codice di procedura penale,
nonché ai procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia
cautelare, ovvero concernenti taluno dei reati di cui all'articolo 407,
comma 2, lettera a) , del medesimo codice o reati la cui
prescrizione maturi durante l'astensione o nei successivi quarantacinque
giorni;
|
Art. 5.
1. All'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie del codice di procedura penale approvate con decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
" 1. Il presidente del tribunale, su designazione nominativa
del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati e procuratori,
provvede alla formazione di un elenco alfabetico degli iscritti nell'albo
idonei e disponibili ad assumere le difese di ufficio in numero
proporzionale a quello dei magistrati in servizio negli uffici del
circondario. L'elenco é aggiornato con cadenza annuale.
b) nel comma 3, dopo le parole: "ogni giorno" sono inserite le
seguenti: ", anche in caso di astensione collettiva dall'attività
giudiziaria,".
2. Nella prima applicazione dell'articolo 29 delle citate norme approvate
con decreto legislativo n. 271 del 1989, come modificato dal presente
articolo, il presidente del tribunale provvede alla formazione dell'elenco
previsto dal comma 1 del medesimo articolo 29 entro trenta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge.
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Art. 6.
1. Gli organismi che adottano codici di autoregolamentazione
dell'astensione ne curano la diffusione anche tra il pubblico e ne
trasmettono copia al Ministro di grazia e giustizia.
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