DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori DANIELE GALDI, D'ALESSANDRO PRISCO, BARBIERI,
BETTONI BRANDANI, BRUNO GANERI, BUCCIARELLI, PAGANO, SARTORI, DE LUCA
Michele, BATTAFARANO e SQUARCIALUPI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 9 MAGGIO 1996
Istituzione del Fondo di previdenza per le persone addette alle cure domestiche della propria famiglia
ONOREVOLI SENATORI. - Negli ultimi decenni l'argomento della pensione
delle casalinghe é stato oggetto piú volte dell'attenzione del
Parlamento. In alcuni casi l'attenzione si é trasformata in
provvedimenti legislativi; piú spesso si é trattato soltanto
di disegni di legge a carattere squisitamente propagandistico che sono
finiti negli scaffali dei due rami del Parlamento senza che ne fosse neppure
avviato l'esame. Infatti, tutti i disegni di legge riguardanti le casalinghe
hanno avuto due caratteristiche di fondo: da una parte, quella di una ricca
fantasia nelle promesse, e, dall'altra parte, l'assenza del rispetto
dell'articolo 81 della Costituzione repubblicana che per ciascun
provvedimento legislativo prevede l'obbligo della corrispondente copertura
finanziaria. Quindi di fatto ogni promessa conteneva allo stesso tempo i
presupposti per non essere mantenuta.
Questo comportamento ha creato fra le casalinghe, di volta in volta, un
atteggiamento di fiducia e di speranza che si é poi trasformato in
profonda delusione non solo e non tanto nei confronti dei partiti che
strumentalizzavano i loro bisogni e le loro speranze, ma piú in
generale nei confronti delle istituzioni democratiche.
Noi riteniamo che sia necessario dare risposte realistiche e concrete
alle diverse richieste che pongono oggi le casalinghe. Esse riguardano
soprattutto il problema delle pensioni, del trattamento in caso di
maternità e di infortuni domestici e quello dell'istruzione e
qualificazione professionale per coloro che intendono inserirsi o
reinserirsi nel mercato del lavoro.
Con il presente disegno di legge affrontiamo in parte il primo dei
problemi elencati, quello delle pensioni; con altre iniziative legislative
abbiamo già provveduto ad affrontare le altre questioni.
Prima di illustrare il disegno di legge ripercorriamo rapidamente l'
iter
che hanno avuto altri provvedimenti legislativi in materia di pensioni alle
casalinghe onde evitare di ripetere eventuali errori commessi nel passato e
per trarre comunque da quelle esperienze legislative qualche indicazione per
una soluzione corretta del problema.
La prima volta che il Parlamento ha legiferato in materia di pensioni
alle casalinghe é stata nel 1952 con l'istituzione presso l'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) del Fondo per le pensioni
facoltative, che di fatto é stato utilizzato soprattutto da
casalinghe.
La seconda volta che il Parlamento ha legiferato in materia di pensioni
alle casalinghe é stata nel 1963, allorché con la legge 5
marzo 1963, n. 389, venne istituita presso l'INPS la "Mutualità
pensioni a favore delle casalinghe". La legge venne varata sulla scia di un
movimento di massa in corso nel Paese per la pensione alle casalinghe, ma si
trattó di una risposta assolutamente inadeguata e irrisoria rispetto
alla domanda.
Il fallimento della legge sulla "mutualità pensioni" é
dovuto soprattutto al fatto che, mentre la pensione viene liquidata con un
sistema tipicamente assicurativo che tiene conto dell'età della
casalinga, del valore dei versamenti effettuati, dell'epoca in cui i
versamenti sono stati effettuati rispetto alla liquidazione della rendita,
il tipo e il livello minimo di contribuzione sono rimasti fermi al momento
del varo della legge: facoltà di versare i contributi in qualunque
tempo e in qualsiasi misura alla sola condizione che il versamento non sia
inferiore a lire cinquecento. Si é trattato quindi di una legge che
"prometteva" una pensione alle casalinghe, ma che, non contemplando livelli
certi di contribuzione e i relativi adeguamenti, alla fine conteneva le
premesse per il suo fallimento.
É solo nel 1969, dopo lotte durate un decennio, che le casalinghe
meno abbienti ot tengono una vera e propria pensione, sia pure di
entità modestissima: la pensione sociale. La pensione sociale
é stata istituita dalla legge 30 aprile 1969, n. 153. Inizialmente la
legge aveva un campo d'intervento alquanto ristretto: essa operava a favore
delle persone ultrasessantacinquenni prive di altro reddito e di altra
pensione e nel caso di convivenza con il coniuge si teneva conto, per la
concessione della pensione sociale, del reddito cumulato di entrambi i
coniugi. Ma i limiti di reddito entro i quali si poteva godere della
pensione sociale erano alquanto ridotti e non indicizzati.
É successo cosí che dieci anni dopo l'istituzione della
pensione sociale, nel 1979, l'INPS fece una revisione generale delle
condizioni di reddito dei titolari di pensione sociale e revocó
alcune decine di migliaia di tali pensioni. Il rimedio a questa ingiustizia
venne posto nel corso dello stesso 1979 grazie anche ad una iniziativa
legislativa del Gruppo comunista e vennero elevati ed indicizzati i limiti
di reddito per la pensione sociale.
L'area dei soggetti aventi diritto alla pensione sociale si é
cosí estesa.
Al 1º gennaio 1992 i titolari di pensione sociale risultavano essere
730.806; di questi solo 115.083 erano uomini, le rimanenti 615.723 erano
donne, quasi tutte casalinghe. Il livello mensile della pensione sociale
era, al 1º gennaio 1993, di lire 329.200 e per le persone che vivono
sole e non hanno altri redditi il livello della pensione sociale maggiorata
era di lire 460.150: un livello assolutamente al di sotto del minimo
necessario per vivere.
Nell'elaborare il presente disegno di legge abbiamo cercato di tenere
conto dell'esperienza del passato di cui si é detto, delle differenze
che esistono tra la condizione delle casalinghe di oggi rispetto a quelle di
venti o trenta anni fa, delle differenze che esistono all'interno della
condizione di casalinga e, infine, del sistema pensionistico italiano e
delle possibilità di copertura che già oggi esso offre a
coloro che a periodi alterni nel corso della vita svolgono lavori
extradomestici o esclusivamente lavori di cure domestiche alla propria
famiglia.
Il dibattito politico e culturale che si é sviluppato in questi
ultimi anni sul valore sociale del lavoro di cura domestica alla propria
famiglia - sul lavoro "invisibile" che sta alle spalle e al di fuori della
produzione, ma é un lavoro necessario alla produzione stessa - ci ha
fatto seriamente riflettere sulla opportunità di attribuire allo
Stato come tale l'onere di riconoscere il valore economico del lavoro
familiare, almeno al momento del pensionamento. Ma un esame attento della
situazione ci ha fatto scartare per il momento questa soluzione
poiché ci é parsa impraticabile.
Infatti, se lo Stato riconoscesse una sorta di pensione statale per
coloro che per tutta la vita si sono dedicati esclusivamente alla cura della
propria famiglia, non potrebbe non dare lo stesso riconoscimento a coloro
che nel corso della loro vita per periodi piú o meno lunghi hanno
svolto contemporaneamente sia il lavoro di cura della propria famiglia sia
il lavoro extradomestico. Presenterebbe sicuramente aspetti di grave
incostituzionalità una legge che riconoscesse solo ad una parte di
cittadini il valore del lavoro di cura domestica alla propria famiglia ed
escludesse dai suoi benefíci proprio coloro che spesso hanno svolto
il lavoro di cura alla propria famiglia in condizioni di maggiore disagio
poiché impegnati in occupazioni extradomestiche.
In secondo luogo si deve tener conto che se per una parte di cittadini
(in gran parte donne) lo Stato riconoscesse una pensione senza il pagamento
di contributi e senza fissare criteri di reddito, come avviene invece per le
pensioni sociali, si provocherebbe una contrazione dei contributi
previdenziali.
Infatti a fronte di prestazioni pensionistiche pressocché uguali
diverrebbe molto piú difficile la lotta che migliaia di lavoratori
conducono da anni per il riconoscimento di tutti i loro diritti, compreso
quello del pagamento dei contributi previdenziali; se il risultato finale
fosse pressocché il medesimo, ció costituirebbe un incentivo
al lavoro nero e sommerso.
Con il presente disegno di legge si intende affrontare una questione
vera, presente nella società, quella che riguarda molte donne
italiane, che per condizioni oggettive (mancanza di servizi sociali,
mancanza di lavoro, eccetera) e per condizioni soggettive (libera scelta) si
trovano per tutta la vita a svolgere il lavoro di cura alla propria famiglia
e, al momento del pensionamento, sono prive di qualsiasi reddito proprio.
Il disegno di legge tende a sollecitare le famiglie a destinare una
piccola parte di reddito a favore delle persone che provvedono alla loro
cura. Ció potrà essere fatto iscrivendo i soggetti interessati
ad un fondo presso l'INPS.
Con l'articolo 1 viene, infatti, istituito il "Fondo di previdenza per le
persone addette alle cure domestiche della propria famiglia". Il Fondo ha
una gestione autonoma presso l'INPS. Ció per evitare commistioni con
altri fondi pensionistici che sono a ripartizione e non a capitalizzazione
come quello che viene istituito.
L'adesione al Fondo é volontaria ed é incompatibile con la
prestazione di altre attività lavorative dipendenti o autonome
(articolo 2), con il versamento di altri contributi volontari
dell'assicurazione previdenziale pubblica e con il percepimento di
prestazioni pensionistiche dirette.
Questa norma, che puó apparire molto limitativa, si é resa
necessaria per non cumulare piú interventi della finanza pubblica
sullo stesso soggetto.
Il diritto alla pensione di vecchiaia scatta al compimento del
cinquantasettesimo anno di età e con una anzianità minima di
cinque anni di contributi (articolo 7).
Nello stesso articolo 7 é previsto il ricongiungimento al "Fondo
di previdenza per le persone addette alle cure domestiche della propria
famiglia" anche dei periodi di contribuzione attribuiti come lavoratori
dipendenti pubblici e privati o quali lavoratori autonomi o liberi
professionisti, nonché la contribuzione figurativa prevista per le
maternità avvenute non in costanza di rapporto di lavoro.
Si ricorda, infine, che non verranno piú ammesse le iscrizioni
alla Mutualità pensioni a favore delle casalinghe che - come si
é detto - ha fallito i suoi obiettivi e che di fatto si
estinguerà.
Onorevoli senatori, la fase che ha preceduto la presentazione da parte
del Governo del decreto sulla previdenza complementare é stata
animata da un'ampia discussione sulla necessità di istituire un fondo
previdenziale per le casalinghe; con questo disegno di legge noi intendiamo
dare una risposta a questa necessità e, tenendo conto delle grandi
aspettative che questo argomento ha creato fra le persone interessate,
raccomandiamo un esame rapido e benevolo del presente provvedimento.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1.
1. Con decorrenza dal 1º gennaio dell'anno successivo a quello di
entrata in vigore della presente legge é istituito presso l'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) il "Fondo di previdenza per le
persone che svolgono lavori non retribuiti derivanti da
responsabilità familiari", di seguito denominato "Fondo".
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Art. 2.
1. Possono iscriversi al Fondo, a domanda, le persone che svolgono in via
esclusiva lavori non retribuiti derivanti da responsabilità
familiari.
a)
assistenza degli invalidi di guerra civili e militari, invalidi per cause
di servizio, invalidi del lavoro, che fruiscono della indennità di
accompagnamento prevista dalle disposizioni che regolano la materia;
3. L'iscrizione al Fondo é incompatibile:
a)
con la prestazione di attività lavorativa alle dipendenze di terzi o
familiari;
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Art. 3.
1. Gli iscritti al Fondo sono soggetti, qualunque sia la durata delle
prestazioni svolte:
a)
alle assicurazioni per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti;
2. L'assicurazione contro gli infortuni di cui al comma 1, lettera
d) , é disciplinata dal testo unico delle disposizioni per
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1965, n. 1124.
"9- bis ) le persone iscritte al "Fondo di previdenza per le
persone che svolgono lavori non retribuiti derivanti da
responsabilità familiari"".
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Art. 4.
1. La detrazione per coniuge a carico puó essere destinata
integralmente a contribuzione previdenziale della persona casalinga iscritta
al Fondo.
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Art. 5.
1. Alla gestione del Fondo sovrintende un comitato amministratore
presieduto dal presidente dell'INPS e composto da quattro membri scelti tra
persone dotate di riconosciuta competenza e professionalità e di
indiscussa moralità e indipendenza. Il possesso di tali requisiti
é comprovato da apposito curriculum
da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
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Art. 6.
1. Il comitato amministratore ha i seguenti compiti:
a)
vigilare sull'applicazione delle norme che disciplinano l'attività
del Fondo ed esprimere pareri sulle questioni che derivano dall'applicazione
delle norme stesse;
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Art. 7.
1. Il diritto alla pensione di vecchiaia si consegue al compimento del
cinquantaset tesimo anno di età, a condizione che risultino versati e
accreditati in favore dell'assicurato almeno cinque anni di contribuzione e
che l'importo della pensione risulti essere non inferiore a 1, 2 volte
l'importo dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della
legge 8 agosto 1995, n. 335.
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Art. 8.
1. Danno luogo ad accredito figurativo di contribuzione i periodi
determinati ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995,
n. 335.
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Art. 9.
1. L'importo della pensione é determinato secondo il sistema
contributivo stabilito dall'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995,
n. 335.
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Art. 10.
1. Agli effetti dell'erogazione, al compimento del sessantacinquesimo
anno di età, dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6,
della legge 8 agosto 1995, n. 335, la pensione di vecchiaia erogata dal
Fondo non concorre a formare reddito in misura corrispondente a un terzo
della pensione medesima e in ogni caso non oltre un terzo dell'importo
dell'assegno sociale.
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Art. 11.
1. Ai fini del diritto alle prestazioni dovute dall'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, valgono le norme di cui
al testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive
modificazioni.
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