Legislatura 13º - Disegno di legge N. 105

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 105


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori DANIELE GALDI, D'ALESSANDRO PRISCO, BARBIERI, BETTONI BRANDANI, BRUNO GANERI, BUCCIARELLI, PAGANO, SARTORI, DE LUCA Michele, BATTAFARANO e SQUARCIALUPI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 9 MAGGIO 1996

Istituzione del Fondo di previdenza per le persone addette alle cure domestiche della propria famiglia







ONOREVOLI SENATORI. - Negli ultimi decenni l'argomento della pensione delle casalinghe é stato oggetto piú volte dell'attenzione del Parlamento. In alcuni casi l'attenzione si é trasformata in provvedimenti legislativi; piú spesso si é trattato soltanto di disegni di legge a carattere squisitamente propagandistico che sono finiti negli scaffali dei due rami del Parlamento senza che ne fosse neppure avviato l'esame. Infatti, tutti i disegni di legge riguardanti le casalinghe hanno avuto due caratteristiche di fondo: da una parte, quella di una ricca fantasia nelle promesse, e, dall'altra parte, l'assenza del rispetto dell'articolo 81 della Costituzione repubblicana che per ciascun provvedimento legislativo prevede l'obbligo della corrispondente copertura finanziaria. Quindi di fatto ogni promessa conteneva allo stesso tempo i presupposti per non essere mantenuta.
Questo comportamento ha creato fra le casalinghe, di volta in volta, un atteggiamento di fiducia e di speranza che si é poi trasformato in profonda delusione non solo e non tanto nei confronti dei partiti che strumentalizzavano i loro bisogni e le loro speranze, ma piú in generale nei confronti delle istituzioni democratiche.
Noi riteniamo che sia necessario dare risposte realistiche e concrete alle diverse richieste che pongono oggi le casalinghe. Esse riguardano soprattutto il problema delle pensioni, del trattamento in caso di maternità e di infortuni domestici e quello dell'istruzione e qualificazione professionale per coloro che intendono inserirsi o reinserirsi nel mercato del lavoro.
Con il presente disegno di legge affrontiamo in parte il primo dei problemi elencati, quello delle pensioni; con altre iniziative legislative abbiamo già provveduto ad affrontare le altre questioni.
Prima di illustrare il disegno di legge ripercorriamo rapidamente l' iter che hanno avuto altri provvedimenti legislativi in materia di pensioni alle casalinghe onde evitare di ripetere eventuali errori commessi nel passato e per trarre comunque da quelle esperienze legislative qualche indicazione per una soluzione corretta del problema.
La prima volta che il Parlamento ha legiferato in materia di pensioni alle casalinghe é stata nel 1952 con l'istituzione presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) del Fondo per le pensioni facoltative, che di fatto é stato utilizzato soprattutto da casalinghe.
La seconda volta che il Parlamento ha legiferato in materia di pensioni alle casalinghe é stata nel 1963, allorché con la legge 5 marzo 1963, n. 389, venne istituita presso l'INPS la "Mutualità pensioni a favore delle casalinghe". La legge venne varata sulla scia di un movimento di massa in corso nel Paese per la pensione alle casalinghe, ma si trattó di una risposta assolutamente inadeguata e irrisoria rispetto alla domanda.
Il fallimento della legge sulla "mutualità pensioni" é dovuto soprattutto al fatto che, mentre la pensione viene liquidata con un sistema tipicamente assicurativo che tiene conto dell'età della casalinga, del valore dei versamenti effettuati, dell'epoca in cui i versamenti sono stati effettuati rispetto alla liquidazione della rendita, il tipo e il livello minimo di contribuzione sono rimasti fermi al momento del varo della legge: facoltà di versare i contributi in qualunque tempo e in qualsiasi misura alla sola condizione che il versamento non sia inferiore a lire cinquecento. Si é trattato quindi di una legge che "prometteva" una pensione alle casalinghe, ma che, non contemplando livelli certi di contribuzione e i relativi adeguamenti, alla fine conteneva le premesse per il suo fallimento.
É solo nel 1969, dopo lotte durate un decennio, che le casalinghe meno abbienti ot tengono una vera e propria pensione, sia pure di entità modestissima: la pensione sociale. La pensione sociale é stata istituita dalla legge 30 aprile 1969, n. 153. Inizialmente la legge aveva un campo d'intervento alquanto ristretto: essa operava a favore delle persone ultrasessantacinquenni prive di altro reddito e di altra pensione e nel caso di convivenza con il coniuge si teneva conto, per la concessione della pensione sociale, del reddito cumulato di entrambi i coniugi. Ma i limiti di reddito entro i quali si poteva godere della pensione sociale erano alquanto ridotti e non indicizzati.
É successo cosí che dieci anni dopo l'istituzione della pensione sociale, nel 1979, l'INPS fece una revisione generale delle condizioni di reddito dei titolari di pensione sociale e revocó alcune decine di migliaia di tali pensioni. Il rimedio a questa ingiustizia venne posto nel corso dello stesso 1979 grazie anche ad una iniziativa legislativa del Gruppo comunista e vennero elevati ed indicizzati i limiti di reddito per la pensione sociale.
L'area dei soggetti aventi diritto alla pensione sociale si é cosí estesa.
Al 1º gennaio 1992 i titolari di pensione sociale risultavano essere 730.806; di questi solo 115.083 erano uomini, le rimanenti 615.723 erano donne, quasi tutte casalinghe. Il livello mensile della pensione sociale era, al 1º gennaio 1993, di lire 329.200 e per le persone che vivono sole e non hanno altri redditi il livello della pensione sociale maggiorata era di lire 460.150: un livello assolutamente al di sotto del minimo necessario per vivere.
Nell'elaborare il presente disegno di legge abbiamo cercato di tenere conto dell'esperienza del passato di cui si é detto, delle differenze che esistono tra la condizione delle casalinghe di oggi rispetto a quelle di venti o trenta anni fa, delle differenze che esistono all'interno della condizione di casalinga e, infine, del sistema pensionistico italiano e delle possibilità di copertura che già oggi esso offre a coloro che a periodi alterni nel corso della vita svolgono lavori extradomestici o esclusivamente lavori di cure domestiche alla propria famiglia.
Il dibattito politico e culturale che si é sviluppato in questi ultimi anni sul valore sociale del lavoro di cura domestica alla propria famiglia - sul lavoro "invisibile" che sta alle spalle e al di fuori della produzione, ma é un lavoro necessario alla produzione stessa - ci ha fatto seriamente riflettere sulla opportunità di attribuire allo Stato come tale l'onere di riconoscere il valore economico del lavoro familiare, almeno al momento del pensionamento. Ma un esame attento della situazione ci ha fatto scartare per il momento questa soluzione poiché ci é parsa impraticabile.
Infatti, se lo Stato riconoscesse una sorta di pensione statale per coloro che per tutta la vita si sono dedicati esclusivamente alla cura della propria famiglia, non potrebbe non dare lo stesso riconoscimento a coloro che nel corso della loro vita per periodi piú o meno lunghi hanno svolto contemporaneamente sia il lavoro di cura della propria famiglia sia il lavoro extradomestico. Presenterebbe sicuramente aspetti di grave incostituzionalità una legge che riconoscesse solo ad una parte di cittadini il valore del lavoro di cura domestica alla propria famiglia ed escludesse dai suoi benefíci proprio coloro che spesso hanno svolto il lavoro di cura alla propria famiglia in condizioni di maggiore disagio poiché impegnati in occupazioni extradomestiche.
In secondo luogo si deve tener conto che se per una parte di cittadini (in gran parte donne) lo Stato riconoscesse una pensione senza il pagamento di contributi e senza fissare criteri di reddito, come avviene invece per le pensioni sociali, si provocherebbe una contrazione dei contributi previdenziali.
Infatti a fronte di prestazioni pensionistiche pressocché uguali diverrebbe molto piú difficile la lotta che migliaia di lavoratori conducono da anni per il riconoscimento di tutti i loro diritti, compreso quello del pagamento dei contributi previdenziali; se il risultato finale fosse pressocché il medesimo, ció costituirebbe un incentivo al lavoro nero e sommerso.
Con il presente disegno di legge si intende affrontare una questione vera, presente nella società, quella che riguarda molte donne italiane, che per condizioni oggettive (mancanza di servizi sociali, mancanza di lavoro, eccetera) e per condizioni soggettive (libera scelta) si trovano per tutta la vita a svolgere il lavoro di cura alla propria famiglia e, al momento del pensionamento, sono prive di qualsiasi reddito proprio.
Il disegno di legge tende a sollecitare le famiglie a destinare una piccola parte di reddito a favore delle persone che provvedono alla loro cura. Ció potrà essere fatto iscrivendo i soggetti interessati ad un fondo presso l'INPS.
Con l'articolo 1 viene, infatti, istituito il "Fondo di previdenza per le persone addette alle cure domestiche della propria famiglia". Il Fondo ha una gestione autonoma presso l'INPS. Ció per evitare commistioni con altri fondi pensionistici che sono a ripartizione e non a capitalizzazione come quello che viene istituito.
L'adesione al Fondo é volontaria ed é incompatibile con la prestazione di altre attività lavorative dipendenti o autonome (articolo 2), con il versamento di altri contributi volontari dell'assicurazione previdenziale pubblica e con il percepimento di prestazioni pensionistiche dirette.
Questa norma, che puó apparire molto limitativa, si é resa necessaria per non cumulare piú interventi della finanza pubblica sullo stesso soggetto.
Il diritto alla pensione di vecchiaia scatta al compimento del cinquantasettesimo anno di età e con una anzianità minima di cinque anni di contributi (articolo 7).
Nello stesso articolo 7 é previsto il ricongiungimento al "Fondo di previdenza per le persone addette alle cure domestiche della propria famiglia" anche dei periodi di contribuzione attribuiti come lavoratori dipendenti pubblici e privati o quali lavoratori autonomi o liberi professionisti, nonché la contribuzione figurativa prevista per le maternità avvenute non in costanza di rapporto di lavoro.
Si ricorda, infine, che non verranno piú ammesse le iscrizioni alla Mutualità pensioni a favore delle casalinghe che - come si é detto - ha fallito i suoi obiettivi e che di fatto si estinguerà.
Onorevoli senatori, la fase che ha preceduto la presentazione da parte del Governo del decreto sulla previdenza complementare é stata animata da un'ampia discussione sulla necessità di istituire un fondo previdenziale per le casalinghe; con questo disegno di legge noi intendiamo dare una risposta a questa necessità e, tenendo conto delle grandi aspettative che questo argomento ha creato fra le persone interessate, raccomandiamo un esame rapido e benevolo del presente provvedimento.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

1. Con decorrenza dal 1º gennaio dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge é istituito presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) il "Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori non retribuiti derivanti da responsabilità familiari", di seguito denominato "Fondo".
2. Il Fondo costituisce una gestione autonoma dell'INPS ed é amministrato dal consiglio di amministrazione dell'Istituto stesso.
3. A decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, non sono piú ammesse le iscrizioni alla Mutualità pensioni di cui alla legge 5 marzo 1963, n. 389.

Art. 2.

1. Possono iscriversi al Fondo, a domanda, le persone che svolgono in via esclusiva lavori non retribuiti derivanti da responsabilità familiari.
2. Possono inoltre iscriversi al Fondo le persone che, pur in presenza di vincoli di coniugio, parentela o affinità svolgono le seguenti mansioni:

a) assistenza degli invalidi di guerra civili e militari, invalidi per cause di servizio, invalidi del lavoro, che fruiscono della indennità di accompagnamento prevista dalle disposizioni che regolano la materia;
b) assistenza dei mutilati e invalidi civili che fruiscono delle provvidenze di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, e successive modificazioni, o che siano esclusi da dette provvidenze per motivi attinenti alle loro condizioni economiche e non al grado di menomazione;
c) assistenza dei ciechi civili che fruiscono del particolare trattamento di pensione previsto dalla legge 10 febbraio 1962, n. 66, e successive modificazioni e integrazioni, o che ne avrebbero diritto qualora non fossero titolari di un reddito superiore ai limiti stabiliti dalle disposizioni che disciplinano la materia;
d) assistenza a portatori di handicap .

3. L'iscrizione al Fondo é incompatibile:

a) con la prestazione di attività lavorativa alle dipendenze di terzi o familiari;
b) con qualsiasi attività autonoma, compresa quella libero-professionale, e che dia luogo a tutela previdenziale obbligatoria;
c) con il percepimento di prestazione pensionistica diretta.

Art. 3.

1. Gli iscritti al Fondo sono soggetti, qualunque sia la durata delle prestazioni svolte:

a) alle assicurazioni per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti;
b) alle norme sugli assegni familiari, di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, e successive modifiche ed integrazioni;
c) all'assicurazione per la maternità delle lavoratrici disciplinata dal titolo II della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, sulla tutela delle lavoratrici madri;
d) all'assicurazione contro gli infortuni che diano luogo ad invalidità permanente, verificatisi durante le attività domestiche svolte nell'ambito della propria abitazione e nei rapporti con le persone conviventi, ovvero nell'espletamento delle attività assistenziali alle persone indicate nell'articolo 2 della presente legge.

2. L'assicurazione contro gli infortuni di cui al comma 1, lettera d) , é disciplinata dal testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
3. Dopo il numero 9) dell'articolo 4 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, é aggiunto il seguente:

"9- bis ) le persone iscritte al "Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori non retribuiti derivanti da responsabilità familiari"".

Art. 4.

1. La detrazione per coniuge a carico puó essere destinata integralmente a contribuzione previdenziale della persona casalinga iscritta al Fondo.
2. Nel caso di cui al comma 1, le misure degli aumenti delle detrazioni previste dall'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 550, sono ulteriormente incrementate fino al raddoppio dell'importo.
3. Nei confronti di persone casalinghe senza coniuge, che non abbiano nello stesso periodo contribuzioni accreditate, viene riconosciuto, ai soli fini pensionistici, un accredito figurativo pari all'importo della detrazione per coniuge a carico in vigore nell'anno di riferimento.
4. Sulla base di apposita comunicazione dell'INPS sono accertate le minori entrate derivanti dall'ulteriore aumento delle detrazioni. Tali minori entrate sono compensate mediante corrispondente rideterminazione dei trasferimenti di cui all'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 550.
5. Le persone di cui all'articolo 2 possono scegliere, al momento dell'iscrizione al Fondo o durante il periodo assicurativo, fra tre diverse classi di contribuzione con possibilità di successivi passaggi a classi diverse da quella scelta in precedenza.
6. Le classi di contribuzione di cui al comma 5 sono determinate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

Art. 5.

1. Alla gestione del Fondo sovrintende un comitato amministratore presieduto dal presidente dell'INPS e composto da quattro membri scelti tra persone dotate di riconosciuta competenza e professionalità e di indiscussa moralità e indipendenza. Il possesso di tali requisiti é comprovato da apposito curriculum da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
2. Nel consiglio di indirizzo e vigilanza dell'INPS, istituito ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, dovrà essere assicurata la partecipazione delle associazioni effettivamente rappresentative del lavoro casalingo, secondo i criteri fissati dal comma 4 dell'articolo 3 del medesimo decreto legislativo n. 479 del 1994.

Art. 6.

1. Il comitato amministratore ha i seguenti compiti:

a) vigilare sull'applicazione delle norme che disciplinano l'attività del Fondo ed esprimere pareri sulle questioni che derivano dall'applicazione delle norme stesse;
b) decidere in unica istanza sui ricorsi relativi ai contributi dovuti al Fondo e alle prestazioni previste dalla presente legge;
c) predisporre, in conformità ai criteri stabiliti dal consiglio di amministrazione dell'INPS, i bilanci annuali preventivo e consuntivo del Fondo, corredati da una propria relazione, e deliberare sui bilanci tecnici relativi al Fondo medesimo;
d) fare proposte in materia di contributi e prestazioni al consiglio di amministrazione che le trasmette, con proprio motivato parere, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

Art. 7.

1. Il diritto alla pensione di vecchiaia si consegue al compimento del cinquantaset tesimo anno di età, a condizione che risultino versati e accreditati in favore dell'assicurato almeno cinque anni di contribuzione e che l'importo della pensione risulti essere non inferiore a 1, 2 volte l'importo dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Al fine dell'anzianità contributiva e della liquidazione della pensione possono ricongiungersi al Fondo i periodi di contribuzione attribuiti, anche a seguito di prestazioni svolte all'estero, quali lavoratori dipendenti pubblici e privati e quali lavoratori autonomi, compresi i liberi professionisti.
3. Il montante dei contributi versati al Fondo puó essere trasferito, a richiesta, alla gestione previdenziale o al fondo obbligatorio presso cui é assicurata la persona di cui all'articolo 2.

Art. 8.

1. Danno luogo ad accredito figurativo di contribuzione i periodi determinati ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Nei confronti delle persone iscritte al Fondo si applicano le norme di cui ai decreti legislativi da emanare ai sensi dell'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
3. In fase di prima applicazione, le persone di cui all'articolo 2 sono ammesse al versamento di contributi volontari, con modalità da fissare con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, fino a un massimo di cinque anni relativi a periodi precedenti l'iscrizione al Fondo, non coincidenti con i periodi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo.
4. I contributi versati nella Mutualità pensioni di cui alla legge 5 marzo 1963, n. 389, prima della data di entrata in vigore della presente legge, sono considerati utili ai fini della determinazione dell'importo della pensione di cui all'articolo 9 della presente legge, purché non abbiano dato luogo a liquidazione di rendita vitalizia.

Art. 9.

1. L'importo della pensione é determinato secondo il sistema contributivo stabilito dall'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Nel caso in cui nei confronti della persona casalinga siano stati versati piú di diciotto anni di contributi, si applicano le norme previste dall'articolo 1, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

Art. 10.

1. Agli effetti dell'erogazione, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la pensione di vecchiaia erogata dal Fondo non concorre a formare reddito in misura corrispondente a un terzo della pensione medesima e in ogni caso non oltre un terzo dell'importo dell'assegno sociale.

Art. 11.

1. Ai fini del diritto alle prestazioni dovute dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, valgono le norme di cui al testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni.
2. Per la liquidazione delle rendite di inabilità permanente e ai superstiti si provvede sulla base di tabelle di retribuzione media convenzionale a norma dell'articolo 118 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni.