Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06609

Atto n. 4-06609

Pubblicato il 8 novembre 2016, nella seduta n. 716

MONTEVECCHI , SERRA , CAPPELLETTI , PAGLINI , CASTALDI , GIROTTO , MORONESE , GIARRUSSO , SANTANGELO - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dei beni e delle attività culturali e del turismo e della difesa. -

Premesso che da un articolo de "La Stampa" del 16 ottobre 2016 dal titolo "Arte antica in cambio di armi, affari d'oro in Italia per l'asse fra Isis e 'ndrangheta" si apprende che le organizzazioni criminali italiane smercerebbero le opere trafugate dall'Isis. La denuncia emerge dal reportage del giornalista Domenico Quirico, il quale si è finto acquirente di reperti archeologici e ha avvicinato i trafficanti a Gioia Tauro (Reggio Calabria), dove avrebbe trovato le prove di un'incredibile alleanza tra Isis e 'ndrangheta; in particolare, presso il porto di Gioia Tauro avverrebbe la compravendita di reperti archeologici arrivati da Sirte, bastione dell'Isis;

considerato che:

come noto, nelle terre controllate dal Califfato islamico, Libia e vicino Oriente negli ultimi anni, oltre al massacro è avvenuto un vero e proprio saccheggio di beni archeologici, ciò che invece è meno noto è che gli islamisti li scambierebbero con armi (kalashnikov e Rpg anticarro) con la criminalità organizzata italiana. Le famiglie della 'ndrangheta comprerebbero le armi che giungono dalla Moldavia e dall'Ucraina, grazie alla mafia russa, il trasporto avverrebbe con navi e con container gestiti dalla criminalità cinese;

il giornalista avrebbe incontrato il trafficante nell'albergo "Lloyd" di Vietri sul mare (Salerno), ma la trattativa sarebbe avvenuta in un laboratorio di macelleria. Quirico racconta che il mediatore avrebbe estratto dal bagagliaio dell'auto il suo possibile acquisto, un mezzo busto di un imperatore trovato in terra libica;

i mediatori e i venditori apparterebbero alle famiglie della 'ndrangheta di Lamezia terme (Catanzaro) e alla camorra campana;

lo stesso mediatore avrebbe mostrato altri tesori provenienti da Cirene e Sabrata, luoghi controllati dai jihadisti e dagli islamisti moderati di Misurata, quelli legati ai Fratelli musulmani a cui è stato riconosciuto un ruolo di alleati affidabili nella lotta al Califfato;

considerato inoltre che:

l'Isis ha bisogno di armi per le sue guerre e le armi vengono prodotte in mercati ristretti affidati a mediatori professionali. Peraltro, come rilevato da numerosi articoli di stampa, il commercio illegale delle antichità è la seconda fonte di finanziamento del terrorismo, come si può leggere su un articolo pubblicato su "il Fatto Quotidiano" dell'11 marzo 2015, "Isis, traffico di antichità degli jihadisti da Iraq e Siria vale 250 milioni di dollari";

l'inchiesta evidenzia l'incontro di due mercati internazionali di traffici illeciti, quello dei beni archeologici e quello delle armi;

la Convenzione de L'Aia del 1954 rappresenta ancora oggi il fulcro del sistema di protezione internazionale dei beni culturali in caso di conflitto armato, non solo laddove vi sia uno stato di guerra in senso tecnico, ma in qualunque caso di conflitto armato internazionale o interno, nonché nei casi di occupazione bellica, anche parziale di un territorio; nell'art. 4, comma 3, si disciplina il divieto di furto, saccheggio e sottrazione dei beni culturali mobili situati nel territorio di un altro Stato contraente;

sulla circolazione dei beni durante i conflitti, nonché sulla successiva loro restituzione, si sofferma il protocollo annesso alla Convenzione, che all'art. 1 sancisce l'obbligo, gravante su ogni Stato contraente, di impedire l'esportazione di beni culturali da un territorio occupato durante un conflitto armato;

la Convenzione del 1970 sulle misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, ratificata da 129 Stati membri dell'Unesco, richiede agli Stati di intraprendere azioni in tre campi principali: prevenzione, restituzione, cooperazione internazionale; in direzione opposta invece è la situazione mondiale;

infine, la Convenzione dell'Unidroit (Institut international pour l'unification du droit privé), entrata in vigore nel 1998, introduce il principio in base al quale tutti i beni illecitamente rimossi dal proprio Paese di origine debbano farvi ritorno, sia che si tratti di furto o di illecita esportazione;

considerato altresì che:

il 2 aprile 2013 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che incorpora il Trattato internazionale sul commercio delle armi;

il Trattato impone una serie di proibizioni per quanto riguarda il trasferimento di armi, con l'avvertenza che il trasferimento comprende le attività di esportazione, importazione, transito, trasbordo e intermediazione di armi;

in particolare, il trasferimento è proibito qualora lo Stato parte sia a conoscenza che le armi possano essere utilizzate per commettere crimini internazionali (genocidio, crimini di guerra, crimini contro l'umanità) o infrazioni gravi delle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 o altri crimini internazionali previsti dai trattati di cui lo Stato contraente sia parte. Il divieto viene interpretato estensivamente nel senso che la norma proibisce il trasferimento nei confronti di qualsiasi attore, statale o non statale;

il traffico illecito di armi è nuovamente oggetto di interesse delle Nazioni Unite, le quali, nell'Agenda contenente gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile nel 2030, hanno indicato al target 16.4 l'obiettivo di ridurre in modo significativo prima del 2030 il finanziamento illecito e il traffico di armi, e di potenziare il recupero e la restituzione dei beni rubati nonché combattere tutte le forme di crimine organizzato;

considerato infine che:

tutti gli Stati occidentali e non, Italia inclusa, hanno delle precise responsabilità all'interno del mercato delle armi, che, esaminando i precedenti, non appare una novità;

già nel 2014, il direttore generale Unesco, Mounir Bouchenaki, dichiarava: "Non abbiamo prove tangibili, ma sappiamo che lo Stato Islamico (Isis) vende beni archeologici per acquistare armi e finanziare azioni terroristiche", come si legge su un lancio dell'agenzia Ansa del 31 ottobre 2014, "Isis: Unesco indaga su traffico reperti per autofinanziamento";

nel 2015, il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, ha affermato che un territorio come quello calabrese, capillarmente controllato dalla 'ndrangheta, potrebbe rappresentare un appoggio logistico per il terrorismo e che l'Isis, in Calabria, potrebbe trovare l'appoggio della 'ndrangheta in cambio di armi e droga, come si legge su un articolo pubblicato da "Il Giornale" il 24 febbraio 2015, "Il procuratore di Reggio Calabria: "Rischio asse 'ndrangheta-Isis"";

a parere degli interroganti tali legami e intrecci sono di una gravità tale da imporre un'azione tempestiva ed efficace di contrasto,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti e se intendano intraprendere le opportune iniziative di competenza per verificarne la veridicità e assumere provvedimenti tesi a bloccare questo traffico, a parere degli interroganti vergognoso.