Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06471

Atto n. 4-06471

Pubblicato il 11 ottobre 2016, nella seduta n. 696

GAMBARO , CONTI , AMORUSO , PAGNONCELLI , LANGELLA , COMPAGNONE , BARANI - Ai Ministri dell'interno e della giustizia. -

Premesso che:

la nuova era digitale ha profondamente cambiato il senso stesso dell'immagine mediatica, cancellando di fatto il "senso del dimenticare", disegnando un mondo in cui ogni informazione è sempre attuale, sempre accessibile, sempre disponibile;

è in questo contesto che nasce il concetto di "io digitale", ossia la nostra rappresentazione in rete, riflesso dell'io reale, il primo biglietto da visita, disponibile per chiunque faccia una semplicissima operazione: cercare il nome e cognome su un motore di ricerca;

i drammatici casi di cronaca degli ultimi giorni fanno pensare fortemente alla problematica per la quale si chiede l'intervento del Governo: si tratta del fondamentale diritto di un individuo ad essere dimenticato, o meglio, a non essere più ricordato per fatti che in passato furono oggetto di cronaca;

già sviluppatosi giuridicamente da un decennio almeno, il concetto di oblio o di "diritto all'oblio", dunque, torna prepotentemente alla ribalta sotto forma di diritto sancito da una sorprendente sentenza emessa nel 2014 (la sentenza C-131/12 del 2014) dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, che consente ai cittadini europei di richiedere la rimozione dal motore di ricerca dei contenuti inadeguati, non pertinenti o non più pertinenti alla loro immagine attuale;

in sostanza, un individuo che abbia commesso un reato in passato ha il pieno diritto di richiedere che quel reato non venga più divulgato dalla stampa e dagli altri canali di informazione, a condizione che il pubblico sia già stato ampiamente informato sul fatto e che sia trascorso un tempo sufficiente dall'evento, tale da far scemare il pubblico interesse all'informazione per i casi meno eclatanti;

questo principio, alla base di una corretta applicazione dei principi generali del diritto di cronaca, parte dal presupposto che, quando un determinato fatto è stato assimilato e conosciuto da un'intera comunità, cessa di essere utile per l'interesse pubblico: smette di essere oggetto di cronaca e ritorna ad essere fatto privato;

in questo modo, nel momento in cui l'interesse pubblico si affievolisce, fino a scomparire del tutto, si cerca di tutelare la reputazione delle persone coinvolte nel fatto, restituendo loro il diritto alla riservatezza: se la lesione personale, per i protagonisti in negativo della vicenda, è inizialmente giustificata dalla necessità di informare il pubblico, non lo è più dopo che la notizia risulta largamente acquisita;

sull'esistenza del diritto all'oblio si è espressa positivamente anche la suprema Corte di cassazione, da ultimo con la sentenza n. 16111 del 2013;

nel caso di specie, la Corte ha affermato che, per reiterare legittimamente notizie attinenti a fatti remoti nel tempo, è necessario il rilevante collegamento con la realtà attuale e la concreta utilità della notizia, da esprimersi sempre nei vincoli della "continenza espositiva";

in aggiunta a tali principi, bisogna anche tenere conto dei dati personali che entrano in gioco spesso correlati al diritto all'oblio: a tal proposito, si può far riferimento alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio "concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati (regolamento generale sulla protezione dei dati)" del 25 gennaio 2012, e il "Diritto all'oblio e alla cancellazione" dei dati dal web;

oltre all'aspetto principale, alla Cassazione (sentenza n. 5525/2012) la questione si presenta anche come un problema di aggiornamento (quindi di incompletezza dell'informazione), che chiama in causa il requisito della verità della notizia, anziché quello dell'interesse sociale;

in Italia, tal principio si concretizza, anche grazie al Garante per la protezione dei dati personali: il Garante della privacy, nel 2005, ha provato ad individuare una soluzione tecnica per assicurare la trasparenza sull'argomento ed evitare che si creino, tramite i motori di ricerca, delle "gogne elettroniche";

in questi anni, l'autorità Garante per la protezione dei dati personali è più volte intervenuta, con provvedimenti volti alla tutela del fondamentale diritto all'oblio;

con il provvedimento "Archivi storici online dei quotidiani e reperibilità dei dati dell'interessato mediante motori di ricerca esterni" dell'8 aprile 2009, ha considerato fondato l'esercizio del diritto di opposizione al trattamento per motivi legittimi e la legittimità dell'aspirazione della ricorrente in quel procedimento, «affinché in rete, per mezzo delle "scansioni" operate automaticamente dai motori di ricerca esterni al sito dell'editore resistente, non restino associate perennemente al proprio nominativo le notizie oggetto dell'articolo»;

più in particolare, il Garante ha ritenuto in quel provvedimento (ovviamente recante principi di carattere generale) che tali motivi di opposizione appaiono meritevoli di specifica tutela, tenuto conto delle peculiarità del funzionamento della rete internet che possono comportare la diffusione di un gran numero di dati personali riferiti a un medesimo interessato e relativi a vicende anche risalenti nel tempo, e dalle quali gli interessati stessi hanno cercato di allontanarsi, intraprendendo nuovi percorsi di vita personale e sociale, che però, per mezzo della rappresentazione istantanea e cumulativa derivante dai risultati delle ricerche operate mediante i motori di ricerca, rischiano di riverberare comunque per un tempo indeterminato i propri effetti sugli interessati come se fossero sempre attuali;

considerato che il Garante impone dunque, in base ai principi esposti, di adottare all'editore del sito web «ogni misura tecnicamente idonea a evitare che le generalità della ricorrente contenute nell'articolo pubblicato online oggetto del ricorso siano rinvenibili direttamente attraverso l'utilizzo dei comuni motori di ricerca esterni al proprio sito internet (anche, ad esempio, mediante predisposizione di distinte versioni o di differenti modalità di presentazione delle pagine web interessate a seconda dello strumento di ricerca utilizzato dagli utenti - motori di ricerca Internet o funzioni di ricerca interne al sito»,

si chiede di sapere quali misure si intendano affiancare agli attuali strumenti predisposti dall'ordinamento giuridico italiano e quali nuovi strumenti porre in essere per rendere, nel più breve tempo possibile, ancora più fitte le maglie della tutela giuridica nei confronti di una problematica sociale di interesse assoluto e così generalizzato.