Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00598
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Atto n. 1-00598
Pubblicato il 21 giugno 2016, nella seduta n. 641
BENCINI , ROMANI Maurizio , BIGNAMI , MOLINARI , DE PIETRO , MUSSINI , VACCIANO , SIMEONI
Il Senato,
premesso che:
come noto, il decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante "Disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA" (Gazzetta Ufficiale n. 133 del 9 giugno 2016), meglio conosciuto come il decimo decreto "Salva Ilva", è stato varato dal Consiglio dei ministri il 31 maggio 2016 ed è, ad oggi, in vigore. Il contenuto è semplice e, al contempo, illogico e foriero di ulteriori drammatiche conseguenze: ed invero, seppure si occupi della procedura di cessione dei complessi aziendali del gruppo, assicurando totale "centralità alla valutazione del Piano ambientale" rispetto al fattore economico e industriale delle offerte, prevede uno slittamento generalizzato dei termini. Ed infatti, viene spostato al 30 giugno 2016 il termine per il deposito delle offerte allontanando, in tal modo, la data ultima per la cessione dell'impianto siderurgico di Taranto. Ma, ancor più incoerente, si palesa l'ulteriore allungamento dei tempi laddove si prevede che le eventuali proposte di modifica del piano ambientale, avanzate dagli offerenti, vengano vagliate preliminarmente da un comitato di esperti nominato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sostanzialmente, ponendo maggiore attenzione alle "tempistiche tecniche" a cui viene subordinata la cessione, si ha modo di appurarne l'effetto negativo direttamente discendente. Ed invero, nel provvedimento si legge: "Entro il termine di 120 giorni dalla presentazione dell'istanza dei commissari straordinari, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base dell'istruttoria svolta dal comitato degli esperti, sentito il Ministro dello sviluppo economico, esprime il proprio parere, proponendo eventuali integrazioni o modifiche alle proposte dei soggetti offerenti". L'allungamento dei tempi, rispetto alle previsioni, è ancor maggiore se si considera il controllo che verrà svolto dall'antitrust comunitario; il piano industriale, o meglio la trattativa, dovrà ottenere il via libera dell'organo comunitario. Pertanto, i tempi di aggiudicazione della fabbrica ionica diverranno effettivamente maturi non prima di dicembre 2016. Ed ancora, approvato il piano, gli acquirenti avranno tempo fino al 31 dicembre 2019 per realizzarlo, 18 mesi in più rispetto al termine del 30 giugno 2017, già a sua volta prorogato. Orbene, sorge spontaneo chiedersi come mai il Governo sia giunto a simili decisioni solamente con l'ultimo decreto salva Ilva, il decimo dal 2012 ad oggi. Di fatto, tale ulteriore "disposizione urgente" sul percorso di risanamento dell'acciaieria di Taranto non fa che estendere ulteriormente i tempi sia della procedura di cessione dell'Ilva ai privati sia dei lavori per il risanamento ambientale. In tal modo, infatti, si creano le basi oggettive per la chiusura dell'Ilva con un'agonia lunghissima che allontana gli industriali con progetti seri, lascia i lavoratori solo con gli ammortizzatori sociali senza più posti di lavoro e i cittadini con un ambiente avvelenato senza bonifiche; valga per tutti l'esempio terribile dell'acciaieria di Bagnoli a Napoli;
i dati diffusi dagli organi di stampa riportano perdite attuali per l'impianto siderurgico Ilva pari a circa 2 milioni di euro al giorno (nel 2015, si sono registrati 918 milioni di perdite; un dato che va sommato ai 641 milioni del 2014, ai 911 del 2013 e ai 620 del 2012) con un dato mensile che si assesta sui 25 milioni di euro e che, ad ogni buon conto, rappresenta una stima del tutto prudenziale. I tempi di conclusione per le operazioni di cessione dell'Ilva, così come descritti, conducono, quale logica conseguenza, a previsioni del tutto negative; lo slittamento generalizzato dei termini, infatti, comporterà ulteriori perdite le quali porteranno inevitabilmente alla chiusura degli stabilimenti produttivi ovvero ad un ridimensionamento talmente sensibile da condurre ad evidenti criticità per l'intera filiera coinvolta. Non possono, invece, mancare considerazioni positive per la concorrenza tedesca presente nel mercato del siderurgico la quale occuperà, in tal modo, una porzione di mercato enorme ad esclusivo discapito del Paese;
considerato che:
a contendersi l'aggiudicazione del complesso aziendale Ilva parrebbero essere due cordate: la prima guidata dal gruppo Marcegaglia, unitamente ai franco-indiani di ArcelorMittal, e la seconda che vede l'alleanza del gruppo Arvedi con i turchi di Erdemir. Al riguardo, sorgono spontanee determinate considerazioni. Ed invero, l'ipotesi ArcelorMittal, oltre a non rappresentare una cordata italiana in quanto la joint venture vedrebbe la partecipazione italiana per il solo 15 per cento, con l'85 per cento di presenza franco-indiana, non convince data la recente storia della società (nel 2015 con un debito netto pari a 16 miliardi di dollari, e nel 2016, ancora in corso, pari a 12 miliardi di dollari). Ed ancora, le dichiarazioni dei vicepresidenti, responsabili dell'area fusioni e acquisizioni di ArcelorMittal, Ondra Otradovec e Geet Van Poelvoorde, circa i piani della multinazionale sull'Ilva non fanno presagire nulla di positivo sul futuro lavorativo dei dipendenti. Al riguardo, infatti, costoro descrivono una nuova acciaieria con produzione di 6 milioni di tonnellate all'anno, con tre altoforni. Successivamente, potrebbero aumentare i livelli produttivi sulla base di un'adeguata domanda e di una congiuntura economica favorevole; in altri termini, il livello occupazionale dovrà essere proporzionato ai livelli produttivi. Tali decisioni, però, comportano ricadute inevitabili sui livelli occupazionali. Sul punto, occorre considerare come una produzione basata su simili cifre comporterà inevitabili ricadute; ed invero, tra prepensionamenti, ricollocazioni e scivoloni vari con la nuova conformazione dello stabilimento, si potrebbe giungere a circa 2.500-3.000 lavoratori in esubero nonostante il Governo stimi, al riguardo, circa un migliaio di unità. Con buone probabilità, tale ultima previsione rappresenta un eccesso di ottimismo, dato che nell'area a caldo sono, infatti, impiegati circa i due terzi dei lavoratori dello stabilimento Ilva;
le precedenti acquisizioni di importanti aziende siderurgiche in Italia non hanno certo brillato per sviluppo, investimenti e nuovi posti di lavoro; anzi, basti vedere il caso di Magona a Livorno in cui da anni si utilizzano ammortizzatori sociali;
considerato altresì che:
il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha più volte dichiarato come l'Ilva rappresenti un interesse nazionale in quanto azienda che ha effetti su tutta la catena produttiva italiana. Al contempo, però, il Ministro non ha chiarito in che modo verrà garantita, almeno prevalentemente, la presenza italiana; così come, rispetto ai tempi di attuazione del piano industriale, ha confermato e ribadito quelli previsti dal decimo decreto "salva Ilva": in primis la presentazione delle cordate alla fine del mese di giugno 2016, poi la presentazione del piano ambientale, che verrà analizzato in 120 giorni e successivamente otterrà, attraverso ulteriori analisi, una risposta definitiva. La situazione, in altri termini, verrà definita entro dicembre per poi approdare, quale ultimo passaggio, all'antitrust;
persistono le criticità connesse allo stabilimento Ilva di Taranto, con particolare riferimento alla messa in sicurezza degli impianti, ai risvolti ambientali, al mantenimento degli assetti produttivi e dei livelli occupazionali, ivi compresi i lavoratori dell'indotto, costretti da tempo a subire un grave danno salariale;
le vicende giudiziarie, il processo in corso per il presunto disastro ambientale e la condanna di Fabio Riva per truffa ai danni dello Stato per 100 milioni di euro realizzata attraverso l'ottenimento di contributi pubblici, senza omettere la presunta evasione fiscale data la presenza di un "tesoretto" della famiglia Riva bloccato in Svizzera, rendono le parole del presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, pronunciate all'assemblea annuale dell'associazione che lo ha rieletto, prive di sostanza. Ed invero, le forti critiche svolte da quest'ultimo nei confronti dei commissari in amministrazione straordinaria dell'Ilva, per i risultati economici negativi raggiunti, si sono accompagnate alla difesa immotivata della precedente gestione privata, ossia della famiglia Riva, la quale, di certo, non può ottenere lode alcuna per i risultati raggiunti da ogni punto di vista,
impegna il Governo:
1) ad intervenire con urgenza sulle tempistiche stabilite dal decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, prevedendo una loro riduzione sostanziale, che non potrà essere comunque inferiore alla metà, di modo tale che il 30 giugno 2016 rappresenti il dies a quo dal quale far decorrere il termine di 30 giorni per le valutazioni da parte del Ministro dell'ambiente;
2) a garantire che il gruppo Ilva venga rilevato da una cordata che garantisca la presenza italiana quale componente maggioritaria, che abbia una posizione solida nel mercato europeo e che sia capace di sostenere i considerevoli investimenti necessari, che comprenda profondamente quelle che sono le strategie da mettere in atto per portare gli stabilimenti Ilva ad una redditività sostenibile e che garantisca un giusto bilanciamento tra risanamento ambientale e mantenimento dei livelli occupazionali;
3) ad indicare, in coerenza con i decreti precedenti e con il testo del bando di gara internazionale emanato dagli attuali commissari, un periodo massimo di 15 giorni, successivo al 30 giugno 2016, concesso ai commissari per scegliere la migliore proposta industriale occupazionale e finanziaria, rendendo pubblica la scelta dei proponenti e delle aggregazioni che li sostengono;
4) a definire il mandato che Cassa depositi e prestiti deve svolgere per difendere e sviluppare un asset industriale strategico per il nostro Paese, escludendo, pertanto, un ruolo puramente speculativo.