Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02014

Atto n. 3-02014 (in Commissione)

Pubblicato il 25 giugno 2015, nella seduta n. 473

SCILIPOTI ISGRO' - Al Ministro della giustizia. -

Premesso che:

all'interno del processo legislativo promosso dall'Unione europea volto ad uniformare, all'interno dei singoli Stati membri, le diverse attività professionali, sia dal punto di vista commerciale che professionale, si stanno verificando forti criticità relative all'applicazione dei dettami comunitari. In particolare, l'Italia nel recepire le direttive comunitarie ha legiferato, spesso, con modalità restrittive;

emerge l'esigenza di molti cittadini comunitari che stanno espandendo i loro interessi all'interno dell'Unione europea di essere supportati da un professionista di loro fiducia. Tale possibilità richiede che l'avvocato sia in grado di seguire e quindi assistere la propria clientela anche al di fuori del Paese di origine;

l'esercizio permanente in Italia della professione di avvocato da parte di cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, in possesso del titolo professionale del Paese di origine, è disciplinato dal decreto legislativo n. 96 del 2001 che prevede condizioni e modalità per iscrizione e svolgimento dell'attività professionale nello Stato ospitante;

in relazione all'iscrizione all'interno del cosiddetto elenco speciale di cui all'articolo 6, comma 3, è stabilito che il professionista europeo che voglia iscriversi quale avvocato stabilitosi in Italia debba presentare una domanda di iscrizione presso l'ordine professionale in cui intenda esercitare l'attività corredata da: certificato di cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea o dichiarazione sostitutiva; certificato di residenza o dichiarazione sostitutiva ovvero dichiarazione dell'istante con l'indicazione del domicilio professionale; attestato di iscrizione all'organizzazione professionale dello Stato membro di origine rilasciato in data non antecedente a 3 mesi dalla data di presentazione, o dichiarazione sostitutiva;

considerato che:

detta domanda è stata oggetto di molteplici interpretazioni da parte degli ordini territoriali, così difformi e in taluni casi così restrittivi da costringere l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ad intervenire, rilevando condotte restrittive della concorrenza, ai sensi dell'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che ostacolano l'accesso al mercato italiano dei servizi di assistenza legale da parte degli avvocati comunitari che intendono avvalersi del procedimento di stabilimento o integrazione di cui alla direttiva 98/5/CE e al decreto legislativo n. 96 del 2001;

tali interpretazioni, contenute in delibere, regolamenti e altro, tendevano ad introdurre, oltre alla verifica dei requisiti generali, ulteriori obblighi documentali rispetto a quelli previsti della normativa citata ai fini dell'iscrizione degli avvocati comunitari nella sezione speciale;

la Corte di giustizia dell'Unione europea, chiamata a decidere, su impulso del consiglio nazionale forense, sulla sussistenza di un eventuale abuso del diritto comunitario, ha stabilito che è lecito ottenere l'abilitazione in un altro Paese ed esercitare la professione in quello di origine. Tale pronuncia ha definitivamente smentito la tesi del consiglio nazionale forense secondo cui la direttiva ha il solo scopo di aggirare le normative italiane per ottenere l'accesso alla professione forense in un altro Paese;

occorre ricordare che il richiamato decreto legislativo n. 96 del 2001, all'articolo 13, comma 3, impone ai consigli degli ordini la verifica sulla regolarità e l'esercizio effettivo dell'attività, con facoltà di richiedere informazioni agli uffici interessati e chiarimenti ed integrazioni direttamente al professionista;

su tale base, sarebbe utile fornire un indirizzo univoco che renda omogenee le procedure di dispensa dalla prova attitudinale a livello nazionale evitando di incorrere in ulteriori difformità interpretative che potrebbero determinare una migrazione dei professionisti verso gli organi territoriali che richiedano meno requisiti,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza della situazione e quali provvedimenti intenda adottare in merito;

se sia opportuno emanare un decreto che regoli i requisiti minimi per la necessaria dimostrazione ai fini del procedimento di dispensa della prova attitudinale dell'esercizio effettivo e regolare dell'attività professionale svolta nel territorio nazionale.