Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-04159

Atto n. 4-04159

Pubblicato il 23 giugno 2015, nella seduta n. 470

ARACRI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze. -

Premesso che:

le fondazioni di origine bancaria sono soggetti no profit, privati e autonomi, nati all'inizio degli anni '90 con la legge 30 luglio 1990, n. 218, recante "Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico", cosiddetta legge Amato, dallo scorporo degli enti creditizi di diritto pubblico come enti soggetti alla disciplina del settore creditizio;

le stesse, a seguito dell'approvazione della legge 23 dicembre 1998, n. 461, recante "Delega al Governo per il riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti, di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e della disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria", riforma Ciampi, sono state trasformate in fondazioni di diritto privato, con conseguente assunzione dello status di enti non commerciali, e quindi non soggetti a tassazione per ritenuta sui dividendi ed interessi;

le fondazioni di origine bancaria sono 88, diverse per origine, dimensione e operatività territoriale;

solo nell'anno 2000, il valore delle partecipazioni bancarie delle fondazioni ammontava a circa 80.000 miliardi di lire. Conseguentemente, il mancato introito delle ordinarie entrate fiscali, dopo pochi anni, ammontava già allora a svariate migliaia di miliardi di lire;

a seguito di ordinanza di rinvio pregiudiziale adottata dalla V Sezione della Corte di cassazione il 23 marzo 2004, con la quale il giudice nazionale ha chiesto alla Corte di giustizia europea di verificare se le fondazioni bancarie debbano considerarsi imprese ai sensi della normativa del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea in materia di concorrenza e, in particolare, di aiuti di Stato e se, in conseguenza, tali enti siano sottoposti alla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato (artt. 107 e 108, già artt. 87 e 88 CE), la Corte di giustizia europea, nella sentenza 10 gennaio 2006, causa C-222/04, Ministero dell'economia e delle finanze contro Cassa di risparmio di Firenze SpA, fondazione Cassa di risparmio di San Miniato e Cassa di risparmio di San Miniato SpA, ha stabilito che "quando una fondazione bancaria, agendo direttamente negli ambiti di interesse pubblico e utilità sociale, effettua operazioni finanziarie, commerciali, immobiliari e mobiliari per realizzare gli scopi che le sono prefissi, essa può offrire beni o servizi sul mercato in concorrenza con altri operatori, ad esempio in settori come la ricerca scientifica, l'educazione, l'arte o la sanità. In tale ipotesi, che deve essere valutata dal giudice nazionale, la fondazione bancaria deve essere considerata impresa, in quanto svolge un'attività economica nonostante il fatto che l'offerta di beni o servizi sia fatta senza scopo di lucro, poiché tale offerta si pone in concorrenza con quella di operatori che invece tale scopo perseguono";

considerato che:

sulla base di tale pronuncia, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 27619 del 2006, sezioni unite, dichiarò che per beneficiare del regime fiscale degli enti no profit, la fondazione avrebbe dovuto dimostrare una totale assenza di ingerenza nella gestione dell'impresa bancaria. Ingerenza che si verificava anche ove le fondazioni dismettessero le partecipazioni maggioritarie, attraverso altri strumenti, quali patti sociali col nuovo azionista di maggioranza;

il vasto contenzioso instaurato dalle fondazioni nei confronti dell'amministrazione finanziaria si è risolto nel senso che il trattamento fiscale era quello delle imprese. Quindi oltre agli importi dei tributi dovuti, andavano aggiunti quelli relativi delle sanzioni previste;

l'articolo 23, comma 16, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, recante "Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria", prevede la disapplicazione delle sanzioni irrogate agli enti creditizi di cui al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, recante "Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio", in sede di recupero delle agevolazioni delle agevolazioni di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (riduzione alla metà dell'aliquota IRPEG, attuale IRES), e all'articolo 10-bis della legge 29 dicembre 1962, n. 1745 (esonero della ritenuta sui dividendi per specifici soggetti), e che detta disapplicazione opera anche qualora sui provvedimenti interessati sia pendente un ricorso per revocazione. Poiché tutti i giudizi, proposti dalle fondazioni, si sono conclusi a favore dell'amministrazione, è del tutto discriminatorio ed errato considerare pendente un giudizio anche quando contro la sentenza definitiva viene proposto un ricorso per revocazione e cioè un rimedio del tutto straordinario che, tra l'altro, è una misura del tutto anomala dal punto di vista processuale;

è evidente che la misura adottata nei confronti delle fondazioni è un'evidente e palese aiuto di Stato in quanto costituisce un regime fiscale e processuale di favore e discriminatorio nei confronti degli altri soggetti;

occorre reperire risorse al fine di abbassare la pressione fiscale e più complessivamente da destinare al rilancio del nostro sistema produttivo,

si chiede di sapere quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di fare chiarezza nell'ambito della fiscalità delle fondazioni bancarie, dove negli ultimi anni si è registrato un ininterrotto susseguirsi di interventi giurisprudenziali che hanno ripetutamente messo in discussione interpretazioni che sembravano essere ormai consolidate, e di rivedere la disciplina "speciale" delle stesse, affinché possano derivare maggiori entrate per il bilancio dello Stato da poter destinare alla riduzione della pressione fiscale.