Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 981

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 981


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa del senatore GASPERINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 LUGLIO 1996

Modifica dell'articolo 323 del codice penale,

in materia di abuso di ufficio







ONOREVOLI SENATORI. - Nella riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione - attuata con legge 26 aprile 1990, n. 86 - il delitto di abuso di ufficio ha sostituito diversi delitti: l'abuso d'ufficio in casi non preveduti specificatamente dalla legge previsto dall'originario articolo 323 del codice penale, il peculato e la malversazione per distrazione, l'interesse privato in atti di ufficio. L'obiettivo perseguito dal legislatore é stato quello di ovviare alle incertezze interpretative suscitate dalle fattispecie abrogate e, nei limiti del possibile, circoscrivere, attraverso una piú definita tipizzazione legislativa, gli sconfinamenti del potere giudiziario sul terreno del controllo giurisdizionale di settori riservati alla discrezionalità della pubblica amministrazione. Le nuove modalità di tipicizzazione del reato non sono state interamente in grado di evitare i rischi di una interpretazione elastica della incriminazione: la nuova fattispecie ha riprodotto, infatti, i tratti caratteristici del vecchio abuso innominato, un reato - come l'interesse privato in atti d'ufficio - accusato di prestarsi ad applicazioni non sufficientemente garantite sul terreno della tassatività. Pertanto, a sei anni dalla riforma, l'intento che essa si proponeva sembra essere stato tradito nei fatti, portando, in piú di un caso, ad una sovraesposizione della magistratura inquirente, indotta - per l'assoluta carenza di tassatività della fattispecie - a contestare il reato in presenza di meri abusi amministrativi. In ragione di quanto esposto, la modifica che si propone intende innanzitutto superare ogni riferimento generico all'abuso, concetto difficile da concretizzare dal momento che ricomprende tutti quei comportamenti, anche non estrinsecantesi in atti, che rivelano un uso deviato o distorto dei poteri funzionali - o un cattivo esercizio dei compiti inerenti un pubblico servizio - e che, di conseguenza, mettono a repentaglio il buon andamento e/o l'imparzialità della pubblica amministrazione. I problemi si sono rivelati soprattutto in sede applicativa, per la difficoltà di stabilire quando un abuso funzionale si traducesse in una oggettiva strumentalizzazione dell'ufficio, idonea ad integrare quella corposa offesa che sola avrebbe dovuto giustificare il ricorso alla sanzione punitiva, al di là di ogni generica strumentalizzazione dell'ufficio. Eliminato, quindi, ogni riferimento all'abuso d'ufficio, la condotta punibile consiste nel compimento di un fatto inerente alle funzioni compiuto in violazione di precisi doveri stabiliti da leggi o regolamenti. Viene mantenuto il riferimento al dolo specifico - il fatto commesso per fini patrimoniali o al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale - in quanto elemento che contribuisce a chiarire la natura della condotta penalmente rilevante. Viene eliminato invece il concetto di danno, poiché si ritiene che l'aver affiancato come fattispecie alternative di una unica figura delittuosa l'abuso a vantaggio e quella a danno non é stata una scelta felice: le due figure rispondono infatti a ratio del tutto diverse, ed avrebbero dovuto essere distinte anche sul terreno dell'entità della sanzione. Ció che invece risulta importante é la distinzione tra il vantaggio non patrimoniale e le finalità di natura patrimoniale, rispondente alla valutazione di maggiore gravità dell'affarismo all'ombra della pubblica amministrazione rispetto a finalità diverse. Per tale motivo, riteniamo opportuno abbassare il limite minimo della pena, attualmente previsto in due anni di reclusione, a mesi sei di reclusione, onde ricomprendere anche quei fatti "bagatellari" che, pur gravi sotto il profilo generale di correttezza cui deve ispirarsi l'agente, consentono una valutazione, sotto il profilo della posologia sanzionatoria, piú adeguata a ragioni di giustizia sostanziale. La connotazione del vantaggio in termini di ingiustizia non é pleonastica, ma serve a delimitare l'ambito del penalmente rilevante: la mera coincidenza dell'interesse privato con l'interesse pubblico é priva di rilievo penale, in quanto non é sufficiente di per sé sola a rendere ingiusto l'atto amministrativo, se questo venga emanato nel rispetto delle regole ed in conformità all'interesse obiettivo della pubblica amministrazione.
Alla luce di quanto esposto, auspichiamo una rapida approvazione della presente iniziativa parlamentare.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

1. L'articolo 323 del codice penale é sostituito dal seguente:

"Art. 323 - (Indebita violazione di legge in relazione al proprio ufficio o servizio). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che indebitamente, in violazione di leggi o regolamenti, compie un fatto inerente alle sue funzioni, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale, é punito, se il fatto non costituisce piú grave reato, con la reclusione fino a tre anni.
Se il fatto é commesso a fini patrimoniali, la pena é della reclusione da sei mesi a cinque anni".