Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03027
Azioni disponibili
Atto n. 4-03027
Pubblicato il 19 novembre 2014, nella seduta n. 354
BULGARELLI , MONTEVECCHI , CRIMI , CASTALDI , CATALFO , VACCIANO , MORRA , CAPPELLETTI , SERRA , DONNO , PUGLIA , MORONESE - Al Ministro dello sviluppo economico. -
Premesso che:
la Codess Sociale è una cooperativa con sede legale a Padova che realizza e gestisce progetti in ambito sociale, operando a livello nazionale, con sedi territoriali in diverse regioni del nord Italia;
essa si propone, con scopo mutualistico e senza fine di lucro, di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana ed alla integrazione sociale dei cittadini mediante la gestione di servizi socio-assistenziali, sanitari ed educativi e di tutte le attività connesse ed ad essa riconducibili, nonché strumentali al conseguimento del citato scopo mutualistico;
a quanto risulta agli interroganti, occupa complessivamente oltre 3.000 persone in tutto il territorio nazionale (di cui l'80 per cento circa risultano essere soci) e, negli ultimi anni, è divenuta una dei protagonisti di maggior rilievo in ambito sociale, capace di aggiudicarsi svariati appalti pubblici nei territori di Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana;
secondo quanto emerso da notizie di stampa, i soci-lavoratori, al fine di potere acquisire la rispettiva quota sociale, sono tenuti ad erogare, a favore della cooperativa, l'importo di 3.000 euro, importo che sarebbe di gran lunga superiore a quello generalmente richiesto all'uopo dalle altre cooperative (da un articolo del "Corriere della Sera" del 1° settembre 2014);
tale importo diverrà oggetto di restituzione unicamente nel caso in cui il contratto di lavoro intercorrente con la Codess venga successivamente risolto ed il socio proponga conseguente domanda di restituzione della somma inizialmente corrisposta;
oltre al citato importo, i soci sono altresì tenuti a versare alla Codess, a titolo di "quota ammissione soci", l'ulteriore somma di 1.000 euro, a fondo perduto, ossia senza avere la possibilità di richiedere la somma successivamente; gli importi vengono decurtati ratealmente, con cadenza mensile, dalle buste paga dei soci-lavoratori;
i soci-lavoratori della Codess di Modena, contestando la legittimità della corresponsione dell'importo aggiuntivo "a fondo perduto", per il tramite della Cgil modenese, hanno instaurato una trattativa all'esito della quale la cooperativa assumeva la determinazione di restituire loro l'importo contestato;
tuttavia il caso emiliano, ad oggi, è l'unico che ha avuto il descritto esito pertanto il prelievo forzoso dell'importo a carico degli altri soci-lavoratori della cooperativa risulta ancora in essere;
inoltre, a quanto risulta agli interroganti a Trieste, un gruppo di oltre 100 persone, soci delle locali Cooperative Operaie, preoccupati per l'attuale gestione posta in essere dalle cooperative, ha costituito in data 2 agosto 2014 il comitato "Difendiamo le Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli". Da tempo, infatti, avanzavano richieste di accertamenti contabili dettagliati sulla gestione attuale delle cooperative, a fronte delle quali esse opponevano loro il silenzio, giungendo a rifiutarsi di fornire copia dell'elenco obbligatorio dei soci con diritto al voto;
in luogo dei richiesti chiarimenti, in data 11 agosto 2014, un articolo del quotidiano locale "Il Piccolo" riportava che la Regione aveva accertato la totale regolarità della gestione delle Cooperative;
a fronte di tale risposta, il comitato diffondeva una nota stampa del 13 agosto 2014 nella quale si riportava la sintesi dei dati contabili alquanto allarmanti, offrendo documentazione a dimostrazione che i dati erano quelli del bilancio consolidato, il quale, considerando il complesso di tutte le società del gruppo, non consente di coprire le perdite con operazioni e differimenti tra i bilanci delle singole società;
ricostruendo, dunque, il bilancio consolidato il comitato avrebbe accertato che, dal 2004, le Cooperative triestine avrebbero accumulato perdite per oltre 22 milioni di euro, mentre il patrimonio netto del gruppo sarebbe sceso da 38 a poco più di 19 milioni di euro;
il comitato sottolineava, inoltre, che le Cooperative sono, di fatto, una public company poiché risultano composte da oltre 110.000 soci, di cui circa. 80.000 triestini (più di un terzo della popolazione della città). Di questi 17.000 prestano alle cooperative 160 milioni di euro, concorrendo in maniera significativa all'operatività dell'azienda, che, per fatturato, è tra le prime 10 società con sede a Trieste e annovera oltre 600 dipendenti;
il comitato rileva, altresì, che il gruppo degli amministratori risulta, in buona sostanza, invariato da oltre 20 anni, perpetuandosi per mezzo di un meccanismo elettorale interno del tutto anomalo, strutturato in modo da impedire, di fatto, un effettivo e reale ricambio delle cariche;
la già elevata preoccupazione dei soci delle Cooperative Operaie si è venuta ad acuire nelle scorse settimane, all'indomani dell'istanza di fallimento avanzata dai pubblici ministeri dottor Federico Frezza e Matteo Tripani della Procura della Repubblica di Trieste a fronte di un passivo che si attesterebbe sui 37 milioni di euro, mascherato da operazioni immobiliari (in particolare conferimenti di immobili a società controllate) al fine di "gonfiare il patrimonio netto e rientrare, solo fittiziamente, nei parametri per il prestito sociale, la cui entità non deve superare il quintuplo del patrimonio netto stesso" ("Il Messaggero", edizione del Veneto del 19 ottobre 2014);
nel provvedimento della Procura, reso noto dal quotidiano "Il Piccolo", si legge che a questo passivo "si aggiunge l'emorragia del prestito sociale sceso da 122 a 103 milioni di euro nei primi mesi del 2014". Tuttavia, continua il provvedimento, "questi 103 milioni di euro le Coop non li hanno. Si reggevano sulla speranza che i prestatori se ne rimanessero buoni a casa e non venisse a quasi nessuno in mente di recarsi allo sportello di via Gallina a chiedere di ritirare il proprio denaro";
secondo l'accusa, dunque, le Cooperative Operaie avrebbero compensato le ingenti perdite degli ultimi anni (37 milioni tra il 2007 e i primi mesi del 2014) con i proventi di cessioni avvenute solo sulla carta, in quanto gli immobili venivano ceduti a società dello stesso gruppo. In tal modo in bilancio venivano riportati guadagni netti "per 15 milioni su vendite di immobili ceduti internamente a società controllate al 100 per cento";
attraverso questo meccanismo fittizio le cooperative si sostenevano, nonostante quello che il consulente tecnico incaricato dalla procura definisce "uno scenario di precaria condizione finanziaria", che si regge, appunto, "sostanzialmente sul mantenimento del prestito sociale, il quale rappresenta la maggior parte delle passività finanziarie di breve periodo" (da "Il Fatto Quotidiano" del 27 ottobre 2014);
l'importo che, ad oggi, risulta non essere nella disponibilità della fallenda cooperativa corrisponde ai risparmi di circa 17.000 risparmiatori, che avevano aperto un libretto di prestito sociale. L'amministratore giudiziario, Maurizio Consoli, ha disposto la sospensione dei rimborsi di detti importi per salvare la società e conservarne il patrimonio;
considerato che:
il codice etico e di comportamento adottato dalla Codess Sociale, declinando i principi etici che dovrebbero orientare l'azione dei soci, dei soci-lavoratori, dei responsabili apicali e degli amministratori, annovera fra i propri principi, fra gli altri, il rispetto della persona, la trasparenza gestionale, la legalità e la correttezza;
considerato inoltre che, a parere degli interroganti:
è da ritenersi fatto grave e censurabile che le suddette cooperative, tenute a perseguire, in quanto tali, esclusivamente finalità di tipo mutualistico (e non, dunque, di lucro), che dovrebbero portare, quindi, ad una massimizzazione dell'interesse dei soci, siano giunte, di fatto, con le modalità sopra descritte, ad eludere, a discapito dei soci, la piena realizzazione del principio di mutualità: la prima subordinando l'esercizio del diritto al lavoro dei propri soci-dipendenti alla indebita erogazione di somme a fondo perduto, da versarsi in via obbligatoria; la seconda ponendo in essere una condotta indice di una evidente mala gestio ai danni dei risparmiatori, che, ad oggi, non possono vedersi garantita le restituzione delle consistenti somme versate alla cooperativa;
è altresì da ritenersi circostanza deprecabile che, nonostante la Regione Friuli-Venezia Giulia sia tenuta a realizzare azioni di revisione e vigilanza sull'attività delle Cooperative Operaie, ai sensi e per gli effetti della legge regionale 3 dicembre 2007, n. 27 ("Disciplina organica in materia di promozione e vigilanza del comparto cooperativo"), durante le revisioni poste in essere dal 2007 al 2013 su incarico di Confcooperative o della Lega delle cooperative, non siano mai emerse le irregolarità di gestione evidenziate con precisione dalla competente Procura;
considerato infine che:
i fatti descritti pongono in evidenza, per l'ennesima volta, il fenomeno dei prestiti sociali che, per il comparto delle cooperative italiane, vale circa 11 miliardi di euro (utilizzati da questi soggetti in operazioni finanziarie), senza, tuttavia, che sia prevista né un'adeguata forma di tutela per mezzo di fondi di garanzia, né l'applicazione della regolamentazione della Banca d'Italia, giacché le cooperative, non essendo propriamente istituti di credito, non dovrebbero agire come fossero soggetti finanziari,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali siano le sue valutazioni in proposito;
se non intenda acquisire ogni e più opportuna informazione onde chiarire l'effettiva portata e le conseguenze della mala gestio posta in essere dalle cooperative;
quali siano, altresì, i provvedimenti e/o le iniziative che, nei limiti della propria competenza, intenda adottare con riguardo alle vicende descritte, anche in ordine alla incompleta e omessa azione di vigilanza della Regione Friuli-Venezia Giulia sulla gestione delle Cooperative Operaie di Trieste Istria e Friuli.