Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00293
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Atto n. 1-00293
Pubblicato il 23 luglio 2014, nella seduta n. 289
CAPPELLETTI , AIROLA , BERTOROTTA , BLUNDO , BOTTICI , BUCCARELLA , BULGARELLI , CASTALDI , CATALFO , CIAMPOLILLO , CIOFFI , COTTI , CRIMI , DE PIETRO , DONNO , ENDRIZZI , FATTORI , FUCKSIA , GAETTI , GIARRUSSO , GIROTTO , LEZZI , LUCIDI , MANGILI , MARTELLI , MARTON , MOLINARI , MONTEVECCHI , MORONESE , MORRA , NUGNES , PAGLINI , PETROCELLI , PUGLIA , SANTANGELO , SCIBONA , SERRA , SIMEONI , TAVERNA , VACCIANO , BENCINI , ROMANI Maurizio , MASTRANGELI , PEPE , DE PETRIS , BAROZZINO , DE CRISTOFARO , GAMBARO , MUSSINI , PALERMO , PETRAGLIA , SCILIPOTI , URAS , ZIN
Il Senato,
premesso che:
le risultanze delle recenti inchieste della magistratura hanno evidenziato diffuse, pluriennali e capillari illegalità nel sistema degli appalti pubblici relativo al sistema delle dighe mobili del modulo sperimentale elettromeccanico (Mose) di Venezia. La complessità tecnico-scientifica dell'intervento, la valenza ambientale degli obiettivi asseritamente perseguiti dall'opera strategica di interesse nazionale per la salvaguardia lagunare, l'ingentissima e crescente quantità di denaro pubblico profusa nel corso dei decenni per i lavori connessi e il coinvolgimento degli stessi livelli di controllo nelle illegalità riscontrate dalla magistratura rendono ancor più evidente la valenza negativa del pervasivo sistema di corruzione che la Procura della Repubblica di Venezia ha portato alla luce e tuttora in via di disvelamento, nell'ambito del quale sono risultate indagate o sottoposte a misure cautelari personali decine di amministratori pubblici, funzionari, uomini politici ed imprenditori, a marcare l'inusitata trasversalità e ampiezza del consolidato sistema corruttivo formatosi intorno alle "grandi opere" come il Mose;
sin dall'istituzione, nel 1984, del comitato di indirizzo, coordinamento e controllo di questi interventi (il «comitatone»), la progettazione e l'esecuzione delle opere venne affidata ad un unico soggetto, il consorzio "Venezia nuova", ma soltanto nel 1992, in seguito all'approvazione del progetto preliminare da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Mose venne sottoposto a procedura di valutazione di impatto ambientale che diede, peraltro, esito negativo, come si rileva dallo specifico decreto del Ministero dell'ambiente del 24 dicembre 1988 con cui si esprimeva "giudizio di compatibilità ambientale negativo". A questo non è mai seguito un altro decreto conseguente ad una nuova e ulteriore valutazione favorevole dell'opera, come confermato recentemente dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in risposta all'atto di sindacato ispettivo della Camera 3-00876 durante la seduta dell'11 giugno 2014. Nel 2002 venne presentato il progetto definitivo, mentre solo nell'aprile 2003 se ne avviò la realizzazione. Sono quindi stati registrati ritardi e aumenti considerevoli nelle spese, tanto che il Mose rientra tra le più costose opere pubbliche mai commissionate in Italia, il cui onere viene sostenuto pressoché interamente dallo Stato. Il progetto è stato puntualmente ed analiticamente criticato da associazioni ambientaliste e comitati di cittadini, per l'impatto ambientale, l'inutilità ed inefficacia e per gli eccessivi costi di realizzazione. Attualmente l'opera non risulta ultimata, dal momento che si ipotizza di procedere all'installazione delle paratoie mobili nel 2016;
il consorzio Venezia nuova, concessionario per conto del Magistrato alle acque di Venezia dei lavori per la progettazione e la realizzazione del sistema Mose rappresenta il soggetto attuatore che, sulla base di un contratto di programma pluriennale, stipula gli atti necessari alla realizzazione dei singoli interventi, tra i quali si inseriscono le destinazioni dei finanziamenti istruiti dalla struttura tecnica di missione, istituita presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi della legge n. 443 del 2001 (la "legge obiettivo") approvati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica;
particolarmente inquietante è il lievitare dei costi dell'opera. Il totale delle assegnazioni finanziarie destinate al complesso degli interventi riguardanti il sistema è di poco inferiore a 5 miliardi di euro, gestiti in base al contratto stipulato nel 2005 tra il Magistrato alle acque di Venezia del Ministero delle infrastrutture e l'ente attuatore consorzio Venezia nuova. Il valore complessivo del Mose ammonta a quasi 5 miliardi e mezzo di euro, la gran parte dei quali riferita ai lavori, mentre mezzo miliardo di euro è ascrivibile alle piattaforme informatiche per la gestione delle informazioni connesse all'idrografia della laguna ed alla manutenzione fisica del sistema, nonché agli interventi previsti nel piano delle misure di compensazione, conservazione, riqualificazione ambientale e monitoraggi imposte dalla Commissione europea. Circa 560 milioni di euro risultano essere oggetto di approfondimento ai fini dell'assegnazione. Tali risorse derivano solo in minima parte da un'originaria assegnazione derivante dal complesso normativo che costituisce la legge speciale per Venezia, essendo state integrate ripetutamente mediante il ricorso alle leggi finanziarie annuali e con le relative deliberazioni del CIPE. Dei quasi 5 miliardi, 600 milioni di stanziamento sono stati oggetto di revoca nell'ambito delle recenti misure di contenimento della spesa pubblica ma la legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) ha autorizzato la spesa complessiva di oltre 400 milioni di euro per il periodo 2014-2017 per la prosecuzione immediata dei lavori (comma 71 dell'art. 1);
gravemente carente si è dimostrato il sistema di vigilanza e controllo esercitato dalle amministrazioni pubbliche, comprese le strutture ministeriali, tra le quali il Servizio per l'alta sorveglianza delle grandi opere e il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere (CCASGO) presso il Ministero dell'interno. Tale sistema, che pure prevede un'articolata filiera di comunicazioni per il monitoraggio degli interventi, la prevenzione e la repressione dei tentativi di infiltrazione mafiosa, un sistema informatico di vigilanza relativo ai dati di tutti i contratti e subcontratti della filiera delle lavorazioni, un sistema di interconnessione dei dati da parte delle amministrazioni interessate, nonché una banca dati delle informazioni interdittive previste dal codice antimafia (di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011), unitamente alla possibilità di effettuare sopralluoghi tecnico amministrativi presso i cantieri, non ha impedito il verificarsi di irregolarità che, a parte le eventuali responsabilità penali personali dei soggetti coinvolti, disvela in tutta la sua gravità le criticità della legislazione vigente in materia di grandi opere strategiche, introdotta con l'esplicito fine di derogare alla normativa ordinaria e ai relativi sistemi di controllo;
lo stesso atto contrattuale fra lo Stato (Magistrato alle acque) ed ente attuatore, che stabilisce costi e tempi per la realizzazione delle opere, si è rivelato palesemente inidoneo a prevenire e svelare per tempo, bloccandole alle origini, le sistematiche interposizioni corruttive che nel corso dei decenni hanno accompagnato lo sviluppo del Mose, in spregio del superiore obiettivo di salvaguardia dell'intera laguna di Venezia e con gravissimo danno per la stessa immagine internazionale dell'Italia. Solo a seguito dell'inchiesta si è prospettata la necessità di un intervento straordinario di controllo avente ad oggetto la coerenza fra spese e lavori eseguiti. Tale tardiva iniziativa è peraltro ben lungi dall'essere concretamente e speditamente portata a termine, con l'adozione dei provvedimenti necessari e conseguenti nei confronti dell'ampia rete di persone dedite alla distrazione di risorse pubbliche mediante corruzione, concussione, riciclaggio, costituzione di fondi neri e distorsioni del sistema di appalti relativi al Mose;
l'estrema gravità delle condotte emerse è sancita dai nomi delle persone a vario titolo coinvolte nell'inchiesta, tra le quali spiccano, proprio per le funzioni ricoperte, il sindaco di Venezia, l'ex presidente della Regione Veneto, l'ex segretario del CIPE nonché stretto collaboratore di un ex Ministro dell'economia e delle finanze, 2 esponenti del Magistrato alle acque di Venezia, un magistrato della Corte dei conti, un ex generale della Guardia di finanza, un assessore regionale ed una parlamentare europea uscente. Nel 2009 fu ipotizzata, a carico di una delle aziende impegnate nei lavori di costruzione delle barriere, l'accusa di avere emesso fatture false o gonfiate per costituire fondi esteri da utilizzare a fini corruttivi, e già nel 2013 si verificarono diversi arresti che coinvolsero, tra gli altri, il presidente del consorzio Venezia nuova e collaboratori di esponenti politici locali e nazionali. Nonostante ciò ed a dispetto delle numerose denunce e degli allarmi intervenuti nel corso degli anni, nonché degli atti di sindacato ispettivo depositati in Parlamento, nessuna iniziativa di rilievo risulta essere stata assunta per bloccare l'operato del sistema corruttivo, fino all'ultima ondata di arresti del giugno 2014. Il consolidamento del sistema criminoso sarebbe testimoniato anche dal fatto che l'erogazione illecita di denaro per alcuni personaggi coinvolti prescindesse dal singolo atto per configurarsi quale sorta di rendita di posizione connessa alla carica ricoperta in funzione della realizzazione dell'opera strategica nel suo complesso. La vicenda giudiziaria del Mose è arrivata a poche settimane di distanza da quella su Expo 2015, altra opera strategica di rilevantissimo importo finanziario, che ha coinvolto funzionari, esponenti politici, vertici di enti pubblici e aziende private;
sempre nel 2009 numerose associazioni avevano presentato alla Corte dei conti e al Ministero delle infrastrutture una segnalazione-esposto che si riferiva ad uno studio eseguito da una società di consulenza tra le più qualificate ed autorevoli a livello mondiale per la modulazione numerica di sistemi marini complessi che interagiscono tra loro in modo ondoso la quale, su incarico ricevuto dal Comune di Venezia nel 2008, dimostrava che le paratoie di sollevamento del Mose presentano fenomeni di risonanza ovvero sono dinamicamente instabili. Conclusioni peraltro ribadite a seguito di dubbi avanzati dal Comitato tecnico di magistratura dello stesso Magistrato alle acque di Venezia. Le associazioni citate hanno evidenziato come sia costantemente prevalsa la volontà di proseguire in un'opera la cui funzionalità è stata più volte messa in discussione da autorevoli considerazioni tecnico-scientifiche in mancanza di adeguato dibattito sulle possibili alternative, evidenziando i profili di responsabilità per danno erariale assumibili nei confronti dei responsabili politici ed amministrativi dell'iter sin qui seguito;
se i soggetti preposti ai controlli e alla vigilanza dell'opera, gli organismi tecnici e gli apparati amministrativi pubblici competenti avessero prestato attenzione alle petizioni e alle documentate denunce venute dai cittadini e dalle associazioni nonché da numerosi esponenti indipendenti del mondo scientifico e professionale, l'iter dell'opera sarebbe stato ben diverso e minore spazio avrebbero trovato, conseguentemente, le consorterie politico-affaristiche che gravitano, in ragione delle enorme risorse mobilitate, intorno al sistema derogatorio e alla legislazione speciale delle "grandi opere". È pertanto necessaria una netta inversione di tendenza rispetto alla linea sin qui seguita dalle istituzioni, per restituire credibilità e autorevolezza all'azione pubblica ed arginare il dilagare dei fenomeni corruttivi,
impegna il Governo:
1) a provvedere, con riferimento al Mose, alla cancellazione dell'originaria concessione e risoluzione di ogni ulteriore contratto successivo stipulato con il consorzio Venezia nuova;
2) a procedere all'immediata verifica tecnico-scientifica e contabile del progetto Mose da parte di un organismo indipendente e qualificato, con riferimento sia all'effettiva utilità ed efficacia dell'opera che alla congruità dei costi della stessa, valutando altresì la possibilità di approntare le varianti in corso d'opera ancora realizzabili al fine di ridurre l'impatto ambientale e i costi di realizzazione, quali il rialzo dei fondali delle due bocche di porto di Malamocco e Chioggia, non ancora interessate dalla collocazione dei cassoni;
3) ad adottare misure immediate di penalizzazione delle imprese coinvolte nel sistema corruttivo intorno al progetto Mose e nelle analoghe situazioni che dovessero emergere in relazione ad altre opere strategiche finanziate dallo Stato, valutando le opportune modalità di revoca di ogni autorizzazione, concessione, contratto, affidamento di lavori e sospendendo conseguentemente le procedure attualmente in corso ai fini del relativo approfondimento, tenuto conto del fatto che il contenzioso derivante da tale iniziativa si configurerebbe meno oneroso di quanto sta emergendo in relazione alle irregolarità, ai costi e alle criticità tecniche delle opere;
4) a riesaminare gli atti e le procedure seguite per la realizzazione delle opere strategiche deliberate o in via di autorizzazione, con riferimento sia alle problematiche tecnico-scientifiche emerse che alle risorse impiegate, valutando gli eventuali profili di responsabilità ed avviando celermente le conseguenti procedure per il recupero delle risorse sottratte alla collettività attraverso l'anomalo incremento dei costi di costruzione;
5) a riferire al Parlamento sullo stato delle commesse legate agli appalti per le grandi opere, sul sistema dei controlli e sulla trasparenza degli affidamenti in corso, valutando l'adozione di tutte le opportune iniziative, di carattere sia amministrativo che legislativo, volte a consentire la sospensione, revoca e annullamento degli atti e delle procedure viziate da eventi corruttivi;
6) a procedere, per quanto di competenza, favorendo in particolare l'esame di proposte parlamentari in tale direzione, alla revisione del quadro normativo sull'affidamento dei lavori pubblici, a tutela dei principi di trasparenza e legalità nella gestione delle gare di appalto, con l'obiettivo prioritario del superamento della legislazione speciale che, a partire dalla legge obiettivo del 2001, ha "semplificato" le procedure in materia di grandi opere derogando la normativa ordinaria e attribuendo poteri immensi ai "commissari straordinari";
7) a provvedere, nell'ambito del ripristino della legislazione ordinaria per le cosiddette opere strategiche, al ripristino delle procedure di valutazione d'impatto ambientale nonché dell'efficacia dei pareri delle istituzioni e delle comunità locali interessate dalle stesse opere, disponendo altresì il divieto dell'affidamento di lavori senza gare e senza progetti definitivi, così come il divieto di ricorso a subappalti;
8) ad avviare conseguentemente, con pari urgenza, un processo di revisione della normativa in materia di affidamento di lavori e finanza di progetto, al fine di eliminare la concentrazione dei poteri relativi a pianificazione, valutazione, attuazione e controllo, di ricostituire organismi di valutazione e controllo ambientale pienamente indipendenti, di garantire la pubblicità e trasparenza delle procedure quale elemento essenziale per la partecipazione pubblica ai processi decisionali e al controllo dell'attività dell'amministrazione pubblica;
9) a rafforzare la normativa in materia di conflitti di interesse anche mediante divieti di contribuzione a partiti, fondazioni ed esponenti politici da parte di imprese che operano in appalti finanziati con fondi pubblici, a potenziare i requisiti soggettivi per la partecipazione alle gare, le sanzioni pecuniarie ed interdittive in caso di violazione delle normative sugli affidamenti nonché a potenziare, in termini di risorse umane specializzate e di mezzi tecnologici avanzati gli organismi di vigilanza, monitoraggio e controllo.