Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01129

Atto n. 3-01129 (in Commissione)

Pubblicato il 23 luglio 2014, nella seduta n. 288

SANTANGELO , PETROCELLI , MARTON , VACCIANO , BERTOROTTA , MANGILI , GIROTTO , PAGLINI , LEZZI , CIOFFI - Al Ministro della difesa. -

Premesso che:

in Medio oriente è in atto un conflitto armato scaturito dalla secolare contrapposizione-opposizione tra israeliani e palestinesi. I bombardamenti, provenienti prevalentemente da e verso la striscia di Gaza, continuano, in modo praticamente ininterrotto, da oltre 10 giorni e la situazione ha già raggiunto dimensioni sociali insostenibili. La drammaticità del momento è evidenziata dal bilancio delle vittime, che ha già raggiunto la quota di 500, mentre i feriti sono più di 3.000; tuttavia tali bilanci sono destinati ad aumentare con il passare delle ore e dei giorni;

negli scorsi giorni si era profilata una soluzione diplomatica, grazie ad una mediazione promossa dal Governo egiziano. Ad essa erano infatti seguiti momenti di tregua durati però soltanto poche ore;

a parere degli interroganti tuttavia, ad oggi, la possibilità di un "cessate il fuoco" appare quanto mai lontana e improbabile alla luce delle dichiarazioni rilasciate da Hamas che ha più volte affermato che intende bocciare ogni ipotesi di tregua in assenza di un accordo definitivo;

le uniche "tregue umanitarie" hanno avuto una durata di poche ore;

il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha presentato l'interrogazione 3-00398 in cui si evidenzia che la legge 9 luglio 1990, n. 185, che regola l'export militare italiano, dispone che le aziende italiane produttrici di armi belliche non possano concludere affari con i Paesi in stato di conflitto armato o in cui siano accertate gravi violazioni dei diritti umani o la cui spesa militare sia eccessiva rispetto a quella sociale. L'interrogazione non ha ad oggi ricevuto risposta;

la legge consolida il già intangibile principio alla base del nostro ordinamento, previsto dall'articolo 11 della Costituzione, secondo cui l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli;

considerato che, risulta gli interroganti:

nel corso del 2012 le aziende italiane hanno continuato a firmare contratti senza rispettare i criteri dettati dalla normativa vigente, producendo e rifornendo i Paesi di materiale bellico made in Italy come aerei, elicotteri, navi, blindati, artiglieria, bombe, missili, siluri, fucili, munizioni e armi chimiche antisommossa;

nel 2012 veniva stipulato un accordo tra Alenia Aermacchi SpA, azienda interamente controllata da Finmeccanica, e il Governo israeliano, che contemplava la possibilità per i piloti dell'aeronautica militare israeliana di ricevere un addestramento sui jet italiani dell'Aermacchi, ma soprattutto l'impegno, da parte di Israele, all'acquisto degli aerei da addestramento e da guerra M-346, prodotti dalla stessa azienda di proprietà di Finmeccanica. Il jet Aermacchi ha, per il Governo israeliano, prevalso sulla concorrenza del T-50, costruito dalla coreana Kai insieme all'americana Lockheed Martin, numero uno mondiale nell'industria delle armi;

considerato inoltre che in attuazione del citato accordo, l'11 luglio 2014 due velivoli Aermacchi M-346 di addestramento avanzato adatti anche per attacchi terra e anti nave, sono giunti presso la base aerea di Hatzerim, in Israele, dove sono stati consegnati alla forza aerea israeliana. L'operazione risulta confermata da una nota di Alenia Aermacchi del 9 luglio 2014 in cui l'azienda annuncia la propria soddisfazione per l'avvenuta consegna "a meno di due anni dalla firma del contratto e a tre mesi dal roll-out del primo aereo". La consegna avveniva negli stessi giorni in cui il Ministro degli affari esteri italiano incontrava le autorità israeliane e palestinesi;

considerato infine che l'Italia risulta oggi il maggiore fornitore di sistemi militari dell'Unione europea verso Israele e la consegna dei 2 jet M-346 avviene proprio nel pieno della guerra in corso che continua a mietere vittime e dilaniare le nazioni in conflitto. Emerge la palese, reiterata e aggravata violazione dell'articolo 11 della Costituzione, che rischia sempre più di diventare un principio mai attuato,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e se ne condivida l'assoluta rilevanza e gravità;

quali misure urgenti intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di promuovere una sospensione o interruzione delle consegne di armamenti verso Paesi impegnati in aperto conflitto armato, al fine di garantire la piena applicazione dell'articolo 11 della Costituzione, il rispetto della legge n. 185 del 1990 nonché il rispetto della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'Unione europea che stabilisce che le licenze di esportazione devono essere subordinate all'osservanza dei diritti umani da parte del Paese che importa le armi;

se non ritenga di doversi adoperare al fine di arrestare il protrarsi di una guerra che continua a seminare stragi di innocenti causate anche dagli stessi armamenti prodotti dal nostro Paese.