Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01273

Atto n. 3-01273

Pubblicato il 23 ottobre 2003
Seduta n. 477

MALABARBA, IOVENE, MARTONE, PAGLIARULO, SODANO TOMMASO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. -

Premesso che:

nonostante la Turchia abbia modificato in parte la legislazione in materia di libertà di espressione e associazione, tali modifiche non stanno impedendo azioni repressive da parte della polizia e degli apparati dello Stato nei confronti dei sostenitori di una soluzione politica e pacifica della questione curda;

un’intera generazione curda è nata ed è cresciuta sotto lo stato di emergenza. Per 24 anni migliaia e migliaia di persone del Kurdistan sono state così processate e torturate senza aver avuto, nella grande maggioranza dei casi, neppure l’assistenza di un avvocato. Inoltre l’abolizione, alcuni mesi fa, dello stato di emergenza non ha portato automaticamente diritti di libertà, anzi oggi interi villaggi del Kurdistan non sanno neppure, per le condizioni in cui continuano a vivere, che lo stato d’emergenza non c’è più;

l’Associazione turca per i diritti umani, nel nuovo rapporto sulla situazione dei diritti umani in Turchia da gennaio a luglio 2003, ha denunciato un aggravarsi della situazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con violazioni dei diritti della persona (tortura, maltrattamenti, violenze da parte delle forze dell’ordine), ma soprattutto delle libertà d’espressione e d’opinione (riviste e quotidiani confiscati, giornalisti arrestati, giornate di chiusura per emittenti radio e TV), nonché scioglimento di partiti ed estromissioni dal lavoro. Il 14 giugno 2003, poi, la sig.ra Gulbahar Gunduz, dirigente della sezione donne del partito Dehap di Istanbul, è stata arrestata, bendata, bastonata, torturata e violentata da 4 poliziotti in borghese che, attraverso di lei, hanno minacciato tutte le donne che si battono per la pace e per la democrazia;

il Parlamento europeo ha esortato il governo turco a prendere misure concrete per dimostrare il suo impegno a favore del rispetto dei diritti dell’uomo e a riesaminare la propria legislazione in modo da garantire la tutela della democrazia, la trasparenza e i diritti dell’uomo in Turchia, attuare le annunciate riforme del sistema giudiziario e sopprimere i tribunali per la sicurezza dello Stato, che costituiscono un ostacolo allo sviluppo di uno Stato di diritto in Turchia, ricordando al governo turco che le riforme sono un elemento di cui la Commissione terrà debitamente conto nell’elaborare la relazione sull’adempimento da parte della Turchia dei criteri politici di Copenaghen che presenterà al Consiglio nel dicembre 2004;

il 3 giugno 2003 si è tenuta a Strasburgo un’audizione sul rispetto dei diritti umani e lo stato della democrazia in Turchia che ha portato i membri della Commissione del Parlamento europeo, che sta monitorando il processo di democratizzazione in quel Paese, alla conclusione di portare al livello più alto la denuncia della situazione in Turchia;

dalle testimonianze raccolte dai parlamentari europei è emerso che l’andamento del nuovo processo a quattro parlamentari curdi tra cui Leyla Zana, imposto alla Turchia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, per il carattere iniquo del precedente processo, è la “brutta copia” di quello precedente. A parte la scomparsa del giudice militare, presente invece al processo che si tenne nel 1994-95, niente è cambiato;

la Corte Europea ha inoltre stabilito, nel marzo scorso, che la condanna a morte di Ocalan, presidente del Kadek, è stata una violazione di quanto previsto dalla Convenzione europea per i diritti umani contro i trattamenti disumani e degradanti, e che pertanto il processo e la condanna sono da ritenersi ingiusti ed iniqui;

la rappresentante dell’Associazione Tohav, che raccoglie numerose adesioni di avvocati e giuristi democratici, recentemente udita dai commissari del Parlamento Europeo, ha sostenuto la necessità di un’amnistia politica (in Turchia si parla di 8-10.000 detenuti politici, in genere condannati per terrorismo in processi irregolari e anche senza la presenza di un avvocato). Le modalità inventate in Turchia, di mancata applicazione delle nuove leggi di riforma, sono infinite. Così, ad un anno dal suo varo, non c’è in Turchia un solo corso di lingua curda;

il presidente del Kadek Ocalan si trova in cella d’isolamento da quasi cinque anni, durante i quali non hanno trovato applicazione nei suoi confronti nemmeno i codici legali dello Stato turco; anche le visite dei suoi legali e familiari, che dovrebbero aver luogo una volta a settimana, vengono limitate. Contro questa situazione lo stesso Ocalan ha avviato una protesta, denunciata dai suoi avvocati il 30 settembre, e rifiuta di incontrarsi con legali e famigliari se gli incontri continueranno a svolgersi in tali condizioni;

l’evolversi delle sue condizioni di salute è importante soprattutto per il ruolo che egli ha giocato in quanto ideatore e ispiratore degli sforzi, da parte curda, per il dialogo e la pacificazione, risultato del quale va considerata anche l’ultima proposta di soluzione che il Kadek ha recentemente presentato alla Turchia e alla Comunità internazionale;

i legali di Abdullah Ocalan hanno chiesto che il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) invii immediatamente una delegazione a Imrali per indagare sulle condizioni di salute del sig. Ocalan. Anche le principali associazioni mediche indipendenti della Turchia e le organizzazioni per i diritti umani dovrebbero avere l’opportunità di verificare le condizioni di salute di Abdullah Ocalan in maniera appropriata;

non è possibile stabilire condizioni soddisfacenti per la salvaguardia e la cura della salute del presidente Ocalan nella situazione esistente nell’isola d’Imrali. Egli dovrebbe pertanto essere trasferito in una struttura di sorveglianza al di fuori dell’isola di Imrali;

inoltre le sue opinioni, che potrebbero essere utili quale mezzo per conseguire la democratizzazione della Turchia e la soluzione della questione curda, dovrebbero essere rese accessibili all’opinione pubblica,

si chiede di sapere:

se il Presidente del Consiglio, nell’occasione del semestre italiano di Presidenza dell’Unione europea, non ritenga di dover intervenire perché Erdogan, premier turco, si impegni a rendere operative le riforme annunciate e di proseguire sulla strada del rinnovamento per risolvere positivamente la questione curda, che non è problema unilaterale della parte curda, ma chiama in causa la Turchia, i paesi del Medioriente più strettamente coinvolti, oltre che gli Stati dell’Unione Europea e gli USA;

se non si ritenga necessario verificare la reale situazione della violazione dei diritti umani e politici in Turchia, anche con riferimento alla reale applicazione delle riforme sulla libertà d’espressione in lingua curda, come denunciato dall’Associazione dei diritti umani;

se il Governo italiano non ritenga di dover agire per la salvaguardia della salute di Abdullah Ocalan, al quale il Tribunale civile di Roma riconobbe l’asilo politico nell’ottobre 1999, intervenendo nei confronti del governo turco per sollecitare il trasferimento di Ocalan in un altro istituto di vigilanza e lasciare che una delegazione di medici indipendenti possa visitarlo e rendere pubblica una diagnosi attuale circa la sua situazione di salute, evidentemente incompatibile con le condizioni ambientali in cui è tenuto.