Legislatura 14ª - Disegno di legge N. 36
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SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV
LEGISLATURA N. 36
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa del senatore CAMBURSANO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 31 MAGGIO 2001
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Modifica all’articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.—361, in materia di ineleggibilità
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Onorevoli Senatori. – L’articolo 10, primo comma, numero 1), del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, che regola l’elezione della Camera dei deputati, dispone che non sono eleggibili «coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o l’autorizzazione è sottoposta».
È stato ritenuto costantemente in sede di interpretazione che la norma testè citata vada riferita alla concessione ad personam e quindi, se non c’è titolarità della persona fisica, non si pone alcun problema di eleggibilità, pur in presenza di eventuali partecipazioni azionarie. Questa interpretazione della norma individua come cause di ineleggibilità soltanto la proprietà di imprese individuali e la rappresentanza legale di società di capitali, ignorando totalmente i soggetti che detengono la proprietà della maggioranza delle azioni o delle quote sociali. Essa non tiene conto sia del fatto che le più importanti concessioni sono assentite a società di capitali, sia dell’evoluzione degli assetti proprietari e delle architetture dei gruppi societari, nonchè dei profondi mutamenti che lo sviluppo tecnologico e sociale ha prodotto nella comunicazione politica.
Se si vuole introdurre nel nostro paese una democrazia compiuta, si devono adottare regole di deontologia democratica.
L’intervento del legislatore deve svolgersi sia sul versante dell’eleggibilità, perchè l’investitura popolare non può non sottostare a precisi vincoli normativi volti a garantire la parità fra i candidati in un momento essenziale per lo svolgimento della vita democratica, sia sul versante dell’incompatibilità per assicurare l’indipendenza e l’imparzialità nell’esercizio delle funzioni di coloro che sono stati eletti validamente.
Sul piano dell’eleggibilità non può ragionevolmente ammettersi che possano influire sulla libera determinazione del voto soltanto i titolari di imprese individuali, gli amministratori e i rappresentanti di società che esercitano attività pubbliche o di interesse pubblico o comunque collegate con lo Stato; né si può ammettere che soltanto queste categorie di persone possano utilizzare a scopi personali le posizioni di vantaggio che derivano loro dalle concessioni «di notevole entità economica» assentite alle società da essi amministrate. Come si può negare che questi indebiti vantaggi possano essere tratti anche, e a maggior ragione, da chi controlla le società concessionarie?
Un unico soggetto è in grado, attraverso vincoli contrattuali o con il possesso della maggioranza nell’assemblea ordinaria, di esercitare un’influenza dominante o di controllare la società stessa indirizzandone stabilmente le scelte e le attività, nominandone o revocandone gli amministratori. A sua volta la maggioranza del capitale della società può essere posseduta da altre società-madre, dominata o controllata da un unico soggetto al quale in definitiva compete, attraverso la nomina degli amministratori, di terminare l’attività di governo anche della società controllata in via continuativa e non saltuaria, con tutte le sfumature, le dimensioni e l’intensità che essa può assumere.
Del resto, il citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica, n. 361 del 1957, estende l’ineleggibilità perfino ai consulenti legali e amministrativi che prestino in modo permanente la loro opera in favore di società e imprese concessionarie, sicchè già oggi è doverosa un’interpretazione dell’espressione «in proprio» non appiattita sul dato letterale, a meno che non si voglia pervenire alla conclusione che sia ineleggibile il consulente e non l’effettivo padrone della società. È necessario quindi andare al cuore del problema, senza arrestarsi di fronte ad anacronistici schemi formali ed estendere le cause di ineleggibilità a tutti i soggetti che, controllando, direttamente o indirettamente, società gestiscono mezzi di comunicazione di massa utilizzando concessioni assentite dallo Stato e che pertanto hanno una capacità d’influenza incompatibile con le regole del sistema democratico.
Il controllo diretto o indiretto di società concessionarie può rientrare tanto fra le cause di ineleggibilità, che determinano l’invalidità originaria dell’elezione, quanto in quella di incompatibilità, che invece presuppongono la validità dell’elezione e tendono ad impedire il cumulo della carica elettiva con altra carica, situazione o attività particolari al fine di evitare che l’esercizio congiunto leda l’interesse pubblico e ingeneri fenomeni di conflitto di interessi e di affarismo politico. Si ritiene necessario che, per creare ortodosse condizioni di rappresentanza politica, si debba restare sul terreno dell’ineleggibilità anzichè dell’incompatibilità.
Ed invero se il candidato validamente eletto potrebbe opporre che il diretto-dovere di svolgere il mandato elettivo non può essere condizionato dal sacrificio del diritto di proprietà e di iniziativa economica che sono costituzionalmente garantiti, nessuno potrebbe fare questa affermazione nel caso in cui questi valori siano in qualche maniera sacrificati per ragioni inerenti all’eleggibilità. Nessuno infatti impone a chicchessia di candidarsi per una carica elettiva, ma chi decide di candidarsi deve rispettare le regole del gioco ed eliminare preventivamente la causa di ineleggibilità. La scelta del candidato da parte del corpo elettorale deve essere subordinata all’esistenza dei requisiti positivi (capacità elettorali) o negativi (mancanza di cause di ineleggibilità) per una valida elezione, che assicurino una libera e paritaria gara fra gli eleggibili (articolo 51 della Costituzione) nonchè la libera formazione della volontà degli elettori.