Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02297
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Atto n. 4-02297
Pubblicato il 10 giugno 2014, nella seduta n. 258
ALBERTINI - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
a fine ottobre 2012, da deputato europeo, l'interrogante aveva presentato al Ministro della giustizia pro tempore, avvocato Paola Severino Di Benedetto, un esposto/interrogazione per conoscere se alcuni comportamenti del sostituto procuratore di Milano, ora procuratore aggiunto, dottor A. Robledo, relativamente a vicende che lo avevano interessato allorquando era sindaco di quella città, anche se, forse, non avevano comportato la commissione di specifici reati, fossero comunque deontologicamente corretti;
l'interrogante si riferiva, espressamente, alla questione degli emendamenti in bianco (sottoscritti da alcuni consiglieri comunali dell'allora maggioranza); alla questione Serravalle, quando Penati acquistò da Gavio le quote della società ad un prezzo spropositato e fuori mercato per poi avere personalmente o per il suo partito un ritorno parziale di quanto pagato (come accertato dal pubblico ministero di Monza anche se, poi, ha dovuto dichiarare prescritto il reato); alla questione dei derivati sottoscritti, durante la gestione quale sindaco, dal Comune di Milano per dilazionare il debito nei confronti della Cassa depositi e prestiti;
questioni che avevano coinvolto l'attività (o inattività) del dottor Robledo su circostanze verificatesi negli ultimi tre anni del secondo mandato di sindaco;
l'esposto non era maturato da una personale inimicizia nei confronti del dottor Robledo, ma perché l'interrogante ha sempre ritenuto che, se la moglie di Cesare deve essere la più onesta di tutte le donne, ugualmente un magistrato dovrebbe essere il primo a dover rispettare le norme di diritto e di deontologia, senza essere attratto dai riflettori mediatici o da personali opinioni politiche;
di tanto ha voluto dare conto anche al Parlamento europeo perché non ha mai ritenuto che il fine possa giustificare i mezzi e che, invece, si debba sempre parlare di giustizia con la lettera maiuscola;
a maggior ragione, da senatore, l'interrogante ritiene che in Italia tutti i cittadini debbano essere sottoposti alle sue leggi e che nessuno possa impunemente prevaricarle, né detenendo un effettivo potere personale né basandosi sulla presunzione che indagini su eventuali sue infrazioni (per non parlare di altro), venendo condotte da colleghi, sarebbero approdate in un nulla di fatto;
nello specifico si chiedeva se non rasentasse il reato di sequestro di persona, ai sensi dell'art. 605 del codice penale, e fosse, comunque, corretto per lo Stato italiano, al di là di quello che viene chiamato il "rito ambrosiano": 1) far prelevare sul posto di lavoro, dalla Guardia di finanza, una persona semplicemente informata sui fatti senza averle, in precedenza, mai notificato un avviso di convocazione; 2) interrogarla per ore nel proprio ufficio minacciandola di arresto; 3) dopo l'interrogatorio obbligarla a restare nei locali della Procura in attesa che il magistrato redigesse un decreto di perquisizione; 4) farla riaccompagnare da agenti della Guardia di finanza per poter, alle ore 8.00 di sera, far eseguire il sequestro presso il suo posto di lavoro; 5) terminate le operazioni di sequestro, invece di lasciarla libera, farla riaccompagnare presso i locali della Procura di Milano, tenendola vigilata in una stanza senza che neppure potesse conferire con i propri familiari; 6) interrogarla nuovamente dalle ore 12.00 alle ore 02.00 di notte, facendo apparire nel verbale che sarebbe stata la stessa a richiedere di essere interrogata;
azioni, queste, del sostituto procuratore di Milano, che la persona informata sui fatti, che le aveva subite, davanti a più persone aveva definito "un metodo da Gestapo";
il tutto, poi, per una questione che aveva solo risonanza mediatica, in quanto coinvolgeva il Comune di Milano, ma non un'effettiva gravità giuridica, tanto che la Suprema Corte di cassazione ha successivamente ritenuto l'insussistenza di ogni e qualsiasi fatto reato;
al Ministro pro tempore l'interrogante chiedeva inoltre se, qualora non fosse stata una voluta omissione degli atti d'ufficio, rappresentasse comunque una negligenza del magistrato: 1) far eseguire una perizia, di fatto, poi, senza neppure integralmente leggerla se non in una delle sue conclusioni, quella che trattava di parti private, mentre, nello specifico la perizia stessa riguardava enti pubblici; 2) preannunciare al difensore della parte offesa, il Comune di Milano, che in base alle conclusioni di quella perizia avrebbe richiesto al gip l'archiviazione di quel procedimento; 3) avendo saputo dal difensore della parte offesa che, in tal caso, vi sarebbe stata opposizione all'archiviazione in quanto altre consulenze attestavano il contrario rispetto a quanto riferito dal magistrato, non compiere più alcun atto di indagine e tenere il fascicolo nel cassetto, forse al solo scopo di far prescrivere l'eventuale reato e, così, non avere l'opposizione all'archiviazione da parte della persona offesa che, potendo leggere la perizia fatta eseguire dalla Procura, si sarebbe accorta che le effettive conclusioni della stessa non erano quelle indicate dal sostituto procuratore;
come terza questione domandava, fra l'altro, se fosse corretto che un sostituto procuratore, molto probabilmente perché la circostanza avrebbe avuto un sicuro riscontro mediatico, incriminasse dei funzionari pubblici, facesse eseguire sui loro beni dei sequestri, reclamasse il loro rinvio a giudizio, per poi, al dibattimento, non essendo emerse circostanze diverse da quelle già in atti delle indagini, chiedesse la loro assoluzione per non aver commesso i fatti;
proprio a tale proposito chiedeva, visto che a norma dell'art. 358 del codice di procedura penale è compito del sostituto procuratore anche quello di fare accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini, se non sarebbe stato più giusto già richiedere al gip il non luogo a procedere per evitare la gogna mediatica del pubblico processo;
questi episodi erano stati, fin dall'inizio, documentalmente provati e, una volta divenuto senatore, l'interrogante con lettera ha fatto presente al Ministro in indirizzo che una difesa del sostituto procuratore che, quanto al primo episodio denunciato, si basasse solo sugli orari indicati nei verbali che lasciavano spazi di tempo fra i loro compimenti non provava affatto che nel frattempo la persona informata sui fatti fosse rimasta libera di agire. Era quindi, a suo avviso, necessario che eventuali ispettori sentissero anche la versione di detta persona;
altre questioni non erano trattate nella lettera, perché l'interrogante ritiene che il comportamento del sostituto procuratore si evidenziava per tabulas;
l'interrogante da senatore ha presentato un esposto, ancor più circostanziato e documentato rispetto a quello presentato al ministro Severino, sia al Consiglio superiore della magistratura che alla Procura presso la Corte di cassazione, in cui allegava oltre alla dichiarazione di quanto subito dalla persona informata sui fatti per il primo episodio, anche i documenti che sicuramente smentivano il sostituto procuratore per il secondo episodio denunciato. Si tratta essenzialmente delle indagini della Procura della Repubblica di Monza con il successivo rinvio a giudizio penale di Penati ed al fatto che anche la Procura presso la Corte dei conti, facendo peraltro riferimento alla stessa perizia fatta eseguire dal dottor Robledo, ha ritenuto di rinviarlo per un danno erariale di svariati milioni di euro;
per quanto a conoscenza dell'interrogante, allo stato, il Consiglio superiore della magistratura non ha archiviato la posizione del sostituto procuratore;
l'interrogante, in data 29 gennaio 2014, sulla stessa questione, ha presentato l'atto di sindacato ispettivo 4-01571 al quale, il Governo non ha ancora fornito risposta,
si chiede di sapere:
se e quale attività ispettiva sia stata effettivamente compiuta da parte del Ministero;
per quali motivi gli eventuali ispettori non abbiano sentito la persona informata dei fatti che aveva subito il comportamento del sostituto procuratore;
per quale motivo non siano state sentite dagli eventuali ispettori le persone indicate dall'interrogante con riguardo ai primi due fatti;
quali conclusioni abbiano eventualmente raggiunto gli ispettori e il Ministero.