Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00719
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Atto n. 1-00719
Pubblicato il 26 novembre 2012, nella seduta n. 842
SERAFINI Anna Maria , FINOCCHIARO , ADAMO , AMATI , ANTEZZA , BASSOLI , BASTICO , BIANCO , BIONDELLI , CECCANTI , CHIAROMONTE , DEL VECCHIO , DELLA MONICA , DONAGGIO , FERRANTE , GARAVAGLIA Mariapia , GHEDINI , GRANAIOLA , INCOSTANTE , MARCENARO , MAZZUCONI , MONACO , PINOTTI , SOLIANI
Il Senato,
premesso che:
la violenza maschile sulle donne è la prima causa di morte delle donne in tutta Europa e nel mondo. In Italia più che altrove: più di 100 donne uccise nel 2012. La violenza oggi non è solo residuale ed individuale. Esiste una dimensione sociale della violenza e il fatto che gran parte della violenza si svolga in famiglia significa che la dimensione sociale include i rapporti coniugali e genitoriali;
il concetto di femminicidio comprende non solo l'uccisione di una donna in quanto donna, ma ogni atto violento o minaccia di violenza esercitata nei confronti di una donna in quanto donna, in ambito pubblico o privato, che provochi o possa provocare un danno fisico, sessuale o psicologico o sofferenza alla donna. L'uccisione della donna è quindi solo una delle sue estreme conseguenze, l'espressione più drammatica della diseguaglianza esistente nella società;
dalla IV Conferenza internazionale sulle donne tenutasi a Pechino nel 1995 alla Conferenza mondiale di Stoccolma contro lo sfruttamento sessuale dei minori del 1996, dalle ultime iniziative dell'ONU a quelle europee, emergono una più matura elaborazione del fenomeno della violenza e una più forte assunzione di responsabilità. Negli ultimi anni, si sono infatti moltiplicate le prese di posizione, le raccomandazioni, le risoluzioni dell'ONU, dell'Unicef, del Parlamento e del Consiglio d'Europa;
il filo conduttore è dato dall'innestarsi di una nuova cultura dei diritti umani, inclusiva di quelli delle donne, delle bambine e dei bambini; nei loro confronti, lo sguardo alla violenza è divenuto, allora, sempre più lo sguardo alla violazione dei loro diritti. La stessa concreta solidarietà a chi incontra la violenza, perché non rimanga fenomeno momentaneo ed isolato, sollecita una più moderna concezione dei rapporti tra donne e uomini, una più elevata visione dell'infanzia e dell'adolescenza;
i dati del Rapporto annuale Istat evidenziano una diminuzione generale degli omicidi nell'ultimo ventennio. Tuttavia, disaggregando i dati per genere, si nota che la riduzione riguarda solo i casi in cui le vittime sono uomini, mentre i dati relativi ai casi in cui le vittime sono donne restano sostanzialmente invariati. Nel 2011 sono state 137 le donne uccise in Italia, 10 in più dell'anno precedente, e in questa parte del 2012 già più di 100 donne sono state uccise da uomini, spesso mariti, compagni o ex partner;
già nel 1995, la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite definì la violenza di genere come il manifestarsi delle relazioni di potere storicamente ineguali fra donne e uomini. L'elaborazione teorica accademica utilizza il concetto di femminicidio per identificare le violenze fisiche e psicologiche contro le donne che avvengono in (e a causa di) un contesto sociale e culturale che contribuisce a una sostanziale impunità sociale di tali atti, relegando la donna, in quanto donna, a un ruolo subordinato e negandone, di fatto, il godimento dei diritti fondamentali;
in Europa il fenomeno produce un rifiuto collettivo e un evidente allarme sociale nella cittadinanza. Secondo Eurobarometro, l'87 per cento dei cittadini europei condivide e appoggia le politiche dell'Unione europea contro la violenza domestica. La risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile 2011 in materia di lotta alla violenza contro le donne (2010/2209(INI)) invita Commissione e Stati membri ad affrontare il problema della violenza contro le donne e la dimensione di genere delle violazioni dei diritti umani sul piano internazionale;
ulteriori strumenti internazionali sono: la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW) del 1979; la Dichiarazione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993; la Piattaforma per l'azione approvata dalla IV Conferenza mondiale sulla donna dell'ONU a Pechino nel 1995; la risoluzione dell'Assemblea mondiale della sanità "Prevenzione della violenza: una priorità della sanità pubblica" del 1996, dove l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) riconosce la violenza come problema cruciale per la salute delle donne; la risoluzione (n. 52/86) dell'Assemblea generale ONU su "Prevenzione dei reati e misure di giustizia penale per eliminare la violenza contro le donne";
l'Italia ha ratificato fin dal 1985 la CEDAW adottata dall'Assemblea generale dell'ONU nel 1979, impegnandosi ad adottare misure adeguate per garantire pari opportunità a donne e uomini in ambito sia pubblico che privato. Il monitoraggio dei risultati avviene ogni 4 anni. Gli Stati firmatari presentano un rapporto governativo con tutti gli interventi portati avanti per raggiungere i risultati richiesti dalla CEDAW. Le ultime raccomandazioni del Comitato CEDAW al nostro Paese sono state fatte in occasione della 49a sessione di valutazione tenutasi nel luglio 2011 presso le Nazioni Unite a New York e sono state pubblicate il 3 agosto 2011;
il Rapporto Ombra elaborato dalla Piattaforma "Lavori in corsa: 30 anni CEDAW" presentato il 17 gennaio 2012 alla Camera, insieme alle raccomandazioni del Comitato CEDAW, riferisce che la violenza maschile sulle donne è la prima causa di morte per le donne in tutta Europa e nel mondo e in Italia più che altrove. Nel nostro continente ogni giorno 7 donne vengono uccise dai propri partner o ex partner. In Italia solo nel 2010 i casi di femminicidio sono stati 127: il 6,7 per cento in più rispetto all'anno precedente. Di queste, 114 sono state uccise da membri della famiglia. In particolare, 68 sono state uccise dal partner e 29 dall'ex partner. La maggior parte delle vittime è italiana (78 per cento), così come la maggior parte degli uomini che le hanno uccise (79 per cento). Solo una minima parte di questi delitti è avvenuta per mano di sconosciuti. Nel 2012 sono già più di 100;
il primo Rapporto ONU tematico sul femminicidio, presentato il 25 giugno 2012, frutto del lavoro realizzato in Italia da Rashida Manjoo, afferma che il continuum della violenza nella casa si riflette nel crescente numero di vittime di femminicidio in Italia. Il Rapporto sottolinea che in Italia gli stereotipi di genere sono profondamente radicati e predeterminano i ruoli di uomini e donne nella società. Analizzando i dati relativi alla presenza nei media, il 46 per cento delle donne appare associato a temi quali il sesso, la moda e la bellezza e solo il 2 per cento a questioni di impegno sociale e professionale;
rilevato che:
questi richiami all'Italia sollecitano un'azione più determinata e incisiva. C'è la necessità di un'alleanza strategica di tutte le forze che vogliono combattere le discriminazioni alle donne a partire dal femminicidio;
negli ultimi anni lo Stato italiano ha provveduto a diversi adeguamenti della legislazione interna. Fra le iniziative più rilevanti è possibile citare la legge 15 febbraio 1996, n. 66, "Norme contro la violenza sessuale", la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 marzo 1997 concernente "Azioni volte a promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini", che stabilisce di sviluppare con l'Istat e il Sistema statistico nazionale nuove metodologie d'indagine sui fenomeni di violenza e abusi sessuali e di procedere alla raccolta ed elaborazione di dati disaggregati per sesso e per età, la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù", la legge 4 aprile 2001, n. 154, recante "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari", la legge 23 aprile 2009, n. 38, la cosiddetta legge anti-stalking (di conversione del decreto-legge n. 11 del 2009);
in Italia si sono fatte anche buone leggi a tutela dei diritti delle donne e dei bambini; le associazioni conducono ogni giorno battaglie per affermarli; molti professionisti ogni giorno si spendono per questo; ci sono stati anche dei piani contro la violenza, ma, nonostante l'enorme lavoro fatto, non esiste un progetto organico delle istituzioni nel quale ognuno trovi il suo posto;
è stato presentato nel luglio 2012 il disegno di legge AS 3390 che propone un approccio integrale e multidisciplinare al fenomeno, fondato su strategie di diversa natura, ciascuna delle quali ricompresa in una specifica sezione e formulata anche secondo le più recenti convenzioni internazionali e le Raccomandazioni del Comitato CEDAW;
servono da subito altri segnali forti: un investimento certo e sicuro per i centri antiviolenza e per il sistema dei servizi di prevenzione che si occupano della violenza sulle donne e, in secondo luogo, occorre unificare tutte le informazioni in un'unica banca dati, che consenta alle Forze dell'ordine e all'intero sistema dei servizi antiviolenza di reperire in tempi rapidi le notizie sulle vittime e sugli autori del reato;
il 27 settembre 2012 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità ha firmato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 (infra: Convenzione d'Istanbul),
impegna il Governo:
1) a sostenere i disegni di legge recanti autorizzazione alla ratifica ed esecuzione della Convenzione di Istanbul già presentati in Parlamento, con particolare riguardo al disegno di legge AS 3488, nonché al disegno di legge n. 3390, recante norme per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicido, in attuazione degli orientamenti espressi dalle più recenti convenzioni internazionali CEDAW;
2) ad adottare e sostenere ogni iniziativa legislativa volta ad adeguare l'ordinamento interno alle prescrizioni contenute nella Convenzione di Istanbul, nonché, più in generale, ad adottare le norme regolamentari e i provvedimenti amministrativi idonei a promuovere realmente una cultura della soggettività femminile contrastando il femminicidio quale negazione della soggettività, dei diritti fondamentali, della dignità delle donne agendo sul piano della prevenzione e del contrasto della violenza, della promozione della soggettività femminile e della tutela delle vittime, anche sostenendo iniziative volte a prevedere, in particolare:
a) la promozione dell'adozione, da parte del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti e degli operatori radiofonici, di un codice di deontologia dei media per la promozione della soggettività femminile, recante principi e prescrizioni volti a promuovere, nell'esercizio dell'attività giornalistica, nei messaggi pubblicitari, nei palinsesti e nelle trasmissioni radiofonici, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile, nonché a prevenire ogni forma di discriminazione di genere o di femminicidio;
b) la costituzione, presso l'Istat, di un Osservatorio sulla violenza contro le donne, alimentato dai dati (aggregati o anonimizzati) sulla violenza provenienti da soggetti pubblici e privati, accessibile anche per finalità di ricerca;
c) la promozione dell'istituzione nelle scuole del referente per l'educazione alla relazione e dell'inserimento nei programmi scolastici dell'educazione alla relazione, al fine di sensibilizzare, informare, formare gli studenti e prevenire la violenza nei confronti delle donne, la discriminazione di genere e il femminicidio e promuovere la soggettività femminile;
d) l'obbligo per questure e commissariati di garantire la presenza, nei propri uffici, di una quota di personale titolare di una formazione specifica in materia di delitti contro la personalità individuale e la libertà sessuale, competente a ricevere le denunce o querele da parte di donne vittime di tali reati;
e) il diritto alla riorganizzazione dell'orario di lavoro e alla mobilità geografica per le donne vittime di violenza;
f) l'estensione della sfera di applicazione del permesso di soggiorno ex articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, anche alle vittime di violenza o abuso sessuali, ovvero di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori;
g) la promozione delle funzioni e il sostegno al finanziamento delle case e dei centri delle donne;
h) la ricomprensione, all'interno dei livelli essenziali delle prestazioni di accoglienza e socio-assistenziali, delle attività volte a fornire misure di sostegno alle donne vittime di violenza sessuale, stalking e di maltrattamenti, nonché interventi volti all'ascolto e al sostegno psicologico degli uomini violenti che desiderino intraprendere un percorso riabilitativo, idoneo anche, come si sa, a prevenire la recidiva e dunque, in ultima analisi, ad interrompere il circuito della violenza;
i) tra le norme di carattere penale e penitenziario, in particolare: la codificazione di un'aggravante comune per tutti i delitti contro la persona commessi mediante violenza, realizzati alla presenza di minori e l'introduzione di un'aggravante specifica per il reato di maltrattamenti commesso, parimenti, alla presenza di minori; l'estensione dell'aggravante prevista per il reato di atti persecutori anche ai casi in cui l'autore del reato sia il coniuge o il coniuge separato solo di fatto; l'estensione delle aggravanti per discriminazione previste, tra l'altro, dal decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993, anche alle discriminazioni di genere; la previsione di programmi specifici di riabilitazione, tenuti da personale qualificato anche esterno al carcere, per i detenuti condannati per uno o più dei delitti contro la libertà sessuale e la personalità individuale, anche al fine di prevenirne la recidiva; l'estensione dei diritti della vittima nel procedimento penale, con particolare riguardo alla fase delle indagini preliminari, anche sancendone il diritto a ricevere la comunicazione della richiesta di archiviazione o della conclusione delle indagini preliminari; l'inserimento di un criterio di priorità per la trattazione dei procedimenti penali per violenza contro le donne;
l) specifiche norme in materia di violenza economica e domestica, al fine di contrastare quelle forme sottili di violenza consistenti nel rendere la donna economicamente dipendente o privarla delle risorse necessarie (ove dovute) per l'indipendenza, anche estendendo il reato di frode processuale all'ipotesi di occultamento fraudolento delle proprie risorse patrimoniali e sancendo la rilevanza di tale comportamento ai fini dell'affidamento e della fissazione degli obblighi di mantenimento; consentendo l'adozione/modifica/conferma/revoca degli ordini di protezione anche nell'ambito dei provvedimenti presidenziali; estendendo gli ordini di protezione anche ai non conviventi e prevedendo la procedibilità d'ufficio (anziché a querela) del reato di mancata esecuzione dei provvedimenti giudiziali e, anche al fine di superare l'inammissibilità delle deposizioni de relato, ammettendo la prova della violenza con ogni mezzo;
m) l'istituzione del Fondo per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne, destinato a finanziare le iniziative descritte e alimentato, tra l'altro, dalle sanzioni irrogate per violazione del citato codice di regolamentazione dei media per la promozione della soggettività femminile.