Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-06949
Azioni disponibili
Atto n. 4-06949
Pubblicato il 28 febbraio 2012
Seduta n. 681
FERRANTE , DELLA SETA - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
dall'inizio del 2012 sono 10 i detenuti che si sono tolti la vita e 24 il totale dei decessi avvenuti nelle carceri, di cui 10 per cause ancora da accertare. Alcuni di loro sono: Aurel Contrea, Bruno Baldini, David Di Bonaventura, M.M., Gabriele B., Youssef Ahmed Sauri, Massimo Loggello e Pino Cobianchi;
a questa lista di suicidi dal 18 febbraio si aggiunge Alessandro Gallelli che era accusato di violenza sessuale. Da quattro mesi era in carcere in attesa di giudizio. Aveva più volte denunciato di aver subito violenze. Dal carcere garantiscono comunque che il giovane era in isolamento e che quindi non poteva essere vittima di pestaggi o percosse. Aveva compiuto 21 anni da poche settimane;
14 i capi di imputazione, tra cui violenza sessuale e molestie ai danni di ragazze minorenni. Dalla sua cella del carcere milanese di San Vittore si è sempre dichiarato innocente e raccontava ai genitori di presunte percosse subite da altri detenuti poco inclini ad accettare con loro carcerati accusati di reati che ritengono infamanti: il pestaggio è infatti un triste "classico" del codice che vige in prigione nei confronti di chi è imputato di reati sessuali. Alla fine Alessandro Gallelli, residente a San Vittore Olona, non ha retto a tanta disperazione. Non ha avuto la forza di andare avanti. Si è tolto la vita sabato sera, impiccandosi;
il legale di Gallelli ha affermato di essere sconcertato per quanto di terribile è successo, che i genitori gli avevano affidato l’incarico di difenderlo ed egli, fin da subito, aveva presentato istanza di scarcerazione con richiesta di arresti domiciliari a casa dei nonni. Ma era stata respinta e non vi erano, a suo parere, gravi indizi di colpevolezza e Alessandro era incensurato. Il non aver concesso un provvedimento cautelare meno restrittivo, tra l’altro con motivazioni non condivisibili, ha significato agire con troppa leggerezza;
fin da subito la sua famiglia l'ha sempre considerato innocente, lottando per la sua scarcerazione. Da quanto riferito comunque dal carcere, il giovane era seguito da medici specialisti e si sarebbe ucciso subito dopo una seduta psichiatrica. Un gesto repentino, avvenuto di fronte ad altre persone che però non sarebbero riuscite a fermarlo. Come avviene sempre in questi casi, si è aperta un’inchiesta e sul corpo è stata disposta l’autopsia;
i numeri dei suicidi in carcere diventano ancora più devastanti se si riportano i dati elaborati, dal 2000 al 20 febbraio 2012, dal centro studi di "Ristretti orizzonti" che riguardano rispettivamente l'anno, i suicidi e il totale dei morti: 2000, 61, 165; 2001, 69, 177; 2002, 52, 160; 2003, 56, 157; 2004, 52, 156; 2005, 57, 172; 2006, 50, 134; 2007, 45, 123; 2008, 46, 142; 2009, 72, 177; 2010, 66, 184, 2011, 66, 186 e 2012, 10, 24. Per un totale di 1.957 morti, di cui 702 suicidi;
è del tutto evidente che la situazione in Italia, tra chi muore a poche ore dal fermo e chi si suicida in carcere, è diventata drammatica per un Paese civile. Nelle carceri italiane si può affermare, senza paura di smentita, anche alla luce dei dati statistici elaborati da "Ristretti orizzonti", che oramai è in corso una drammatica e inesorabile strage silenziosa;
purtroppo non sono solo i detenuti a suicidarsi ma anche gli appartenenti al Corpo della Polizia penitenziaria. Nelle ultime 48 ore dal suicidio, di un assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Roma Rebibbia, a Formia si è appreso di un altro suicidio di un appartenente al Corpo. Questa ulteriore drammatica notizia l'ha resa nota Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo Polizia penitenziaria, Sappe. L'uomo, 41 anni, sposato e con due figli, si è tolto la vita nella sua abitazione di Sessa Aurunca, nel casertano, impiccandosi. Capece afferma che non sono ancora chiare le ragioni che hanno spinto l'uomo a compiere il gesto estremo, di essere impietrito per questa nuova immane tragedia, anche perché avviene a poche ore dal suicidio di un altro collega a Formia e a pochi mesi dalla tragica morte di altri appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio ad Avellino, Mamone Lodè, Caltagirone, Viterbo, Torino e Roma. Capece aggiunge che oggi è il momento di piangere la vittima di un'altra tragedia che ha sconvolto i baschi azzurri, nell'indifferenza assoluta e colpevole dell'Amministrazione penitenziaria che continua a sottovalutare questa grave realtà e di stringersi con tutto l'affetto e la solidarietà possibili al dolore indescrivibile della moglie, dei figli, dei familiari, degli amici, dei colleghi. Secondo Capece dal 2000 ad oggi si sono uccisi circa 100 poliziotti penitenziari, un direttore di istituto e un dirigente regionale. E otto suicidi in pochi mesi sono sconvolgenti. Da tempo ricorda che si sostiene che bisogna comprendere e accertare quanto hanno eventualmente inciso l'attività lavorativa e le difficili condizioni lavorative nel tragico gesto estremo posto in essere;
a questi drammatici silenzi si aggiunge, oltre all'evidente sgarbo istituzionale, quello, a giudizio degli interroganti assordante delle istituzioni a cui il primo firmatario del presente atto ha già rivolto, e per i quali più volte ha sollecitato in Assemblea una risposta, ben 19 atti di sindacato ispettivo: 3-01079, 4-02254, 4-02449, 4-02489, 4-02496, 4-02584, 4-02781, 4-02920, 4-02974, 4-03616, 4-03823, 4-04299, 4-04928, 4-04976, 4-05183, 4-05423, 4-05598, 4-06172 e 4-06232, e firmato una mozione, 1-00227, nei quali si denunciano, senza alcun riscontro dopo ben 800 giorni dalla presentazione, novembre 2009, della prima interrogazione, lo stato di degrado, di mancato rispetto dei diritti umani e i suicidi sospetti nelle carceri e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) italiani e nei quali si chiede quanti suicidi ancora debbano avvenire affinché il Governo si decida a riferire sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere e nei CIE, in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette,
si chiede di conoscere:
se non si ritenga oramai indifferibile, anche in virtù delle 19 interrogazioni depositate a cui non è stata data, a giudizio degli interroganti inaccettabilmente, alcuna risposta, riferire sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere e nei CIE in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette;
se non si ritenga necessaria e indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la creazione di un osservatorio per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale anche al di fuori del sistema penitenziario, osservatorio in cui siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati;
se non si intenda immediatamente stanziare fondi per migliorare la vita degli agenti penitenziari e dei detenuti in modo che il carcere non sia solo un luogo di espiazione, ma diventi soprattutto un luogo in cui i detenuti, attraverso la promozione di attività culturali, lavorative e sociali, possano avviare un percorso concreto per essere reinseriti a pieno titolo nella società;
se non sia indispensabile e urgente ricorrere a forme di pene alternative per garantire un'immediata riduzione dell'affollamento delle carceri italiane;
se non si dubiti del fatto che, all'interno delle carceri e dei CIE, siano garantiti i diritti fondamentali della persona.