Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 4509
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SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XIII LEGISLATURA ———–
N. 4509
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori TAPPARO, VEDOVATO, LARIZZA, MICELE e SARACCO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1º MARZO 2000
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Norme a tutela delle piccole e medie imprese fornitrici
di prodotti alimentari e di largo consumo
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Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge si ripropone la finalità di fornire un’adeguata tutela alle piccole e medie imprese operanti come fornitori delle grandi catene distributrici di prodotti alimentari a largo consumo.
Il sistema delle piccole e medie imprese costituisce la struttura portante dell’economia italiana. Anche nel settore agricolo-alimentare i piccoli fornitori sono espressione di quella produzione di qualità e di quel marchio che caratterizza gran parte del made in Italy.
Come dimostrano recenti studi di settore, i piccoli fornitori di prodotti alimentari di largo consumo negli ultimi anni hanno subito una sensibile perdita di competitività e un certo ridimensionamento del fatturato. Ciò è soltanto in parte dovuto ai vincoli posti dalla normativa comunitaria che, determinando l’apertura dei mercati, in taluni settori della produzione agricola e alimentare hanno imposto un ridimensionamento della produzione e, conseguentemente, delle forniture. Per la maggior parte delle transazioni commerciali, invece, sui piccoli produttori nostrani pesano in misura maggiore le condizioni di vendita imposte dagli acquirenti. Si tratta infatti di grandi catene distributrici, di grandi gruppi italiani e stranieri (Auchan, Carrefour, Lidl, Promodès, Tengelmann eccetera) che, come oligopolisti che trattano grosse forniture, sono normalmente in grado di imporre, all’interno degli accordi commerciali e dei contratti, clausole inerenti a sconti in denaro o in natura che i fornitori sono costretti a subire e che in vari casi non hanno una prevedibilità compiuta, danneggiando la corretta valutazione dei propri costi, per le piccole imprese.
Il presente disegno di legge intende limitare tale facoltà di imporre condizioni limitative della libertà di contrarre dei piccoli fornitori (sconti in denaro o in natura) nell’intento di tutelare i princìpi della normativa interna e comunitaria sulla salvaguardia della libertà di organizzazione dei mercati. Gli stessi princìpi comunitari in materia di concorrenza impongono infatti una tutela delle piccole e medie imprese fornitrici di prodotti alimentari e di largo consumo. Sul versante del diritto interno, il recente decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, emanato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 59 del 1997 (cosiddetta «Bassanini uno»), ha affermato il principio del pluralismo delle strutture di distribuzione e di vendita come il criterio ispiratore della riforma del commercio, con particolare riguardo al ruolo delle piccole e medie imprese (vedi articolo 1, comma 3, lettera d)). In tal senso, appare necessario approntare una normativa che tuteli anche i piccoli fornitori proprio in ottemperanza dei princìpi comunitari sulla concorrenza, che non tollerano l’imposizione di condizioni di vendita ad opera di cartelli e dei princìpi sul pluralismo delle strutture di produzione, di distribuzione e di vendita che hanno ispirato l’azione del legislatore statale nella recente riforma del commercio. L’iniziativa legislativa appare ancor più opportuna alla luce delle recenti indagini di mercato (per esempio le ricerche AcNielsen, CescomBocconi eccetera), che prevedono una vertiginosa discesa dei punti vendita alimentari entro il 2002 a vantaggio dei colossi stranieri della distribuzione che già controllano il 45 per cento del mercato. Infatti, da un lato l’Italia, nonostante i recenti accordi commerciali tra le grandi reti di distribuzione italiane e straniere (esempio Promodès-Gs e Auchan-Rinascente), appare ancora in ritardo rispetto agli altri Paesi europei quanto alla quota del commercio riservata alla grande distribuzione moderna. Dall’altro, la crescita dei prodotti a marca commerciali (ossia venduti con la marca dei distributori) rende sempre più cruciale il ruolo dei contratti di fornitura nelle relazioni tra industria e distribuzione, con i conseguenti possibili contraccolpi su listini, concorrenza e trasparenza dei contratti. Il Cescom ha addirittura ipotizzato che si determini una situazione simile a quanto avvenuto in Francia laddove la quota degli sconti fuori fattura ha raggiunto in media il 70 per cento.
L’articolo 1 intende rafforzare il divieto già vigente ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, di applicare sconti in denaro o in natura non riportati direttamente nella fattura di vendita. Il medesimo articolo introduce anche un limite massimo agli sconti consentiti pari al 15 per cento dell’importo della fattura di vendita al netto dell’IVA per i prodotti alimentari e al 35 per cento per quelli di altro tipo. In tal modo, anziché agire sui prezzi – ad esempio individuando, in base agli indicatori Istat, «forchette» per i vari prodotti alimentari con la determinazione di prezzi massimi – con il rischio di violare la normativa comunitaria sui prezzi, si è preferito individuare un limite agli sconti applicabili. Ciò consentirà non soltanto di tutelare i piccoli fornitori di fronte alle grandi imprese distributrici, ma anche di ottenere un notevole vantaggio per l’Erario. Infatti, l’attuale legge sull’IVA (decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633) non individua alcun limite per gli sconti in natura che sono esclusi dalla base imponibile. Individuando un limite preciso si potrà in tal modo evitare che la facoltà di applicare sconti in natura di notevole entità consenta di sottrarre ingenti somme dalla base imponibile.
L’articolo 2 viene a tipizzare gli sconti applicabili, consentendo soltanto quelli esplicitamente finalizzati al raggiungimento degli obiettivi concertati tra fornitore e acquirente non soltanto al fine di limitare il regime degli sconti consentiti, ma anche con l’obiettivo di promuovere accordi commerciali di più ampio respiro.
L’articolo 3 conferma il divieto di sconti in denaro o in natura per finalità espositive o promozionali.
L’articolo 4 individua un duplice livello sanzionatorio: civilistico e fiscale. Le sanzioni civili prevedono, in caso di violazione, la restituzione di quanto pagato maggiorato degli interessi pari al prime rate più il 5 per cento e degli interessi da rivalutazione monetaria al fine di evitare che il piccolo fornitore, che si vede riconosciuto il torto subito, subisca una perdita ulteriore per effetto del tempo trascorso. Per quanto riguarda le sanzioni fiscali, il comma 2 dell’articolo 4 rinvia alla recente normativa in materia in quanto violazioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e della presente legge si configurano come violazioni degli obblighi di fatturazione e di registrazione.
Per quanto riguarda l’esperibilità del ricorso, al fine di garantire l’effettività della tutela, il comma 3 dell’articolo 4 prevede una procedura analoga a quella prevista per le cause in materia di diritto del lavoro, consentendo la denuncia della violazione di legge entro il termine ordinario di prescrizione, ma decorrente dalla data di scadenza del contratto di fornitura. È infatti evidente che il piccolo fornitore non sarà in grado di denunciare la grande rete di distribuzione durante la durata del contratto di fornitura.
DISEGNO DI LEGGE
(Limite massimo degli sconti)
1. Nelle transazioni commerciali tra le piccole e medie imprese fornitrici di prodotti alimentari e di largo consumo e le grandi reti di distribuzione sono ammessi soltanto gli sconti riportati direttamente nella fattura di vendita, compresa la merce data in omaggio, nella misura non superiore al 15 per cento dell’importo della fattura al netto dell’IVA per i prodotti alimentari e non superiore al 35 per cento per i prodotti non alimentari.
(Sconti finalizzati)
1. Sono ammessi soltanto gli sconti finalizzati al raggiungimento di obiettivi prestabiliti di comune accordo tra fornitore e acquirente, definiti per iscritto e con durata predeterminata.
(Condizioni particolari)
1. Nell’ambito delle transazioni commerciali non sono altresì ammesse contribuzioni in denaro o in merce a carico del fornitore per ottenere il riconoscimento di condizioni particolari da parte dell’acquirente quali, tra l’altro, modalità espositive o promozionali. Tale eventuale riconoscimento di condizioni particolari, nei limiti consentiti dalla legge, è esclusivamente compreso nello sconto riportato nella fattura di vendita.
(Sanzioni)
1. Il mancato rispetto degli obblighi previsti dalla presente legge e delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, comporta il pagamento del corrispettivo di quanto pagato maggiorato degli interessi pari al prime rate più il 5 per cento, nonché degli interessi da rivalutazione monetaria.
2. In caso di violazione degli obblighi di fatturazione e di registrazione sono inoltre applicabili le sanzioni amministrative previste dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni.
3. In caso di violazione delle norme di legge il ricorso è proponibile entro il termine ordinario di prescrizione a decorrere dalla data di scadenza del contratto di fornitura.
(Disposizione transitoria)
1. Sono fatti comunque salvi i contratti stipulati in data anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge.