Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 4382
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SENATO DELLA REPUBBLICA
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———– XIII LEGISLATURA ———–
—N. 4382
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori MULAS, MACERATINI, FLORINO, BONATESTA, TURINI, NOVI, LAURO, BATTAGLIA, BORNACIN, CASTELLANI Carla, CURTO, CUSIMANO, DEMASI, MAGGI, MAGLIOCCHETTI, MONTELEONE, PACE, PASQUALI, PEDRIZZI, PELLICINI, PONTONE, SERVELLO e VALENTINO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 DICEMBRE 1999
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Norme per l’attuazione degli articoli 46 e 47 della Costituzione, in materia di partecipazione dei lavoratori alla gestione ed all’azionariato delle rispettive aziende
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- RELAZIONE
- DISEGNO DI LEGGE
- Art. 1. (Fini)
- Art. 2. (Ambito di applicazione)
- Art. 3. (Statuto partecipativo)
- Art. 4. (Amministrazione delle società a statuto partecipativo)
- Art. 5. (Statuto partecipativo)
- Art. 6. (Retribuzione)
- Art. 7. (Aumento del capitale sociale)
- Art. 8. (Agevolazioni)
- Art. 9. (Commissione centrale per la partecipazione)
- Art. 10. (Delega al Governo)
- Art. 11. (Norme di compartecipazione aggiuntiva)
- Art. 12. (Associazioni di dipendenti ed ex dipendenti azionisti)
- Art. 13. (Caratteristiche delle associazioni)
- Art. 14. (Delega di rappresentanza)
Onorevoli Senatori. – Nel paesaggio brumoso di una stagione politica che si avvia a vivere, con malcelata rassegnazione, un inverno prevedibilmente rigido, le poche idee, circolanti nei percorsi dei dibattiti istituzionali (o alimentati dalla stampa), rischiano di perdersi o di finire nei vicoli ciechi di un reticolo di argomentazioni privo della segnaletica di salvaguardia dei valori irrinunciabili, fondanti la vera Democrazia politica ed economica. Una Democrazia che, per essere tale, ha bisogno di organizzazione e di regole che segnino, in maniera chiara per tutti, i possibili percorsi di sviluppo e benessere sociale.
Di recente, la «viabilità» politica, ha occupato le cronache quotidiane con i resoconti della kermesse fiorentina del progressismo proletario: la «terza via» (tra socialismo e mercato) del riformismo del XXI secolo, in grado, nelle convinzioni dei ricercatori, di «rispondere, con maggiore efficacia, alle sfide della globalizzazione».
Globalizzazione. Un termine che evoca tristi presagi. Da «Il Popolo d’Italia», del 22 novembre 1921, è dato di leggere:
«È possibile che i prossimi decenni vedano la fine ingloriosa di tutte le cosiddette conquiste democratiche. Dal governo di molti e di tutti, ideale estremo delle democrazie, è probabile che si torni al governo di pochi («globalizzazione»? – ndr) o di uno solo («mercato»? – ndr)».
Siffatte premonizioni spingono al percorso obbligato di tentare di mettere in chiaro quale delle «vie» affacciate nel dibattito in corso sia più agevole ed utile.
Dopo uno sguardo retrospettivo, è facile convenire che, in Italia, «democrazia e liberalismo non hanno certamente una buona reputazione, sia che li consideriamo come un atteggiamento mentale, o come una forma di Governo».
Il perché è presto detto:
la «prima via», quella del «liberalismo», anche se ha consentito al leader statunitense ed a quello britannico di affermare che la globalizzazione è una opportunità e non un flagello di Dio, ha creato troppe ed inaccettabili ineguaglianze;
la «seconda via», quella del socialismo, pur se mantiene buona l’ispirazione, ha sin qui fallito il tentativo di apportare dei correttivi all’economia liberista ed al mercato, segnando, peraltro, in taluni casi, posizioni nettamente divergenti;
la «terza via», d’inversione dei criteri della «seconda via», con impiego di dosi di «liberismo» per correggere gli eccessi del socialismo, non ha saputo (o potuto) sin qui evitare il costituirsi di raggruppamenti di interessi il cui contrasto da un lato ha impedito, di fatto, lo svilupparsi di una vera economia di mercato e, dall’altro, ha concretato corsie preferenziali servite solo a divaricare ulteriormente il delta delle differenze sociali e del mondo produttivo.
Esiste ancora, quindi, un deficit di Democrazia, leggibile attraverso l’incompiutezza del progetto politico. Democrazia non è soltanto «sistema rappresentativo»: i sistemi rappresentativi appartengono più alla meccanica quantitativa che alla morale. Si può votare fino alla noia e fino alla imbecillità, ma se la Democrazia non è capace di darsi una organizzazione storica nel Paese, vuol dire che la Democrazia non ha più niente da dire e da fare.
Una riflessione, questa, che è un monito ed, al tempo stesso, un fermo invito: a rendere «compiuta» la nostra Democrazia attuando in toto il «patto» costituzionale che ci lega e dà respiro alle nostre speranze e, quindi, ad elevare il dibattito e l’impegno politico dal piano impraticabile della sola economia o del solo mercato a quello «culturale», con la messa a fuoco di una comune responsabilità, tra i soggetti, ed una condivisa finalizzazione dei risultati, fondati su basi morali e solidaristiche; saranno queste (e solo queste) le scelte costitutive di una effettiva «rivoluzione» traguardata non da oggi dagli spiriti sensibili e scandita, con imprimente cadenza, delle encicliche che hanno ben delineato ed attualizzato, nel tempo, la dottrina sociale della Chiesa.
Inoltre, anche l’economia non può fare a meno di valori e di un’etica. La storia moderna dell’affermazione delle libertà e dei diritti costituzionali non è separabile dalle condizioni materiali, dallo sviluppo di una storia economica che, in un rapporto dialettico segnato da contraddizioni e drammi, è stata pur tuttavia lo sfondo senza il quale la Costituzione non sarebbe esistita. Uscire dalle razionalità dell’economia, che si intrecciano nella storia con la legittimazione dei diritti e delle libertà individuali e collettive, è preparare la fuoriuscita dalla Costituzione.
Ed ancora, la complessità dello sviluppo – in termini di fattori d’innovazione, flessibilità e coesione – richiede interventi a livello di sistema ed a squisita responsabilità politica.
Sono queste le considerazioni, condivise dai presentatori ed augurabilmente condivisibili da parte dei colleghi, che hanno animato e motivato il disegno di legge che segue.
DISEGNO DI LEGGE
(Fini)
1. La presente legge, in attuazione delle previsioni degli articoli 46 e 47 della Costituzione, persegue il fine della elevazione economica e sociale del lavoro ed, in armonia con le esigenze della produzione, riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei limiti stabiliti dalla presente legge, alla gestione ed a partecipare all’azionariato delle aziende di appartenenza.
(Ambito di applicazione)
1. La presente legge si applica ai soggetti che hanno svolto ovvero svolgono prestazioni di lavoro subordinato presso aziende produttive, commerciali o di servizi costituite giuridicamente in società di capitali.
2. Tali società di capitali assumono la forma giuridica di società a statuto partecipativo secondo le disposizioni della presente legge.
(Statuto partecipativo)
1. La proposta di adozione dello statuto partecipativo è formulata dagli amministratori in carica, o dagli organismi e associazioni di rappresentanza dei lavoratori dipendenti, nel rispetto della normativa vigente, ovvero congiuntamente. La proposta si intende altresì formulata mediante la semplice sottoscrizione, asseverata, da parte del 20 per cento dei lavoratori dipendenti.
2. La proposta di adozione dello statuto partecipativo deve contenere le modalità di determinazione della quota variabile della retribuzione, di cui all’articolo 6, che diviene parte integrante dello statuto societario, nonché le modalità di adozione e modificazione del contratto aziendale; essa ha natura di proposta contrattuale ed è accettata dai lavoratori dipendenti con la deliberazione di cui al comma 3.
3. L’adozione dello statuto partecipativo è deliberata dall’assemblea straordinaria dei soci, con le maggioranze previste dal codice civile per le deliberazioni concernenti la trasformazione della società, previa conforme deliberazione adottata dai lavoratori dipendenti e le garanzie determinate dai decreti legislativi di cui all’articolo 10.
4. La deliberazione con cui è approvato lo statuto partecipativo è depositata, a pena di invalidità, entro trenta giorni dalla sua adozione, presso la direzione provinciale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio ed è consultabile a semplice richiesta degli interessati.
5. Le modifiche dello statuto partecipativo possono essere apportate solo con deliberazione dell’assemblea dei soci, previa conforme deliberazione dei lavoratori dipendenti, assunta con le maggioranze di cui al comma 3, anche su proposta sottoscritta con le modalità di cui al comma 1.
6. Le società di nuova costituzione possono adottare lo statuto partecipativo mediante specifica previsione dell’atto costitutivo, secondo le prescrizioni della presente legge e le indicazioni di cui al parere della commissione regionale per l’impiego e la massima occupazione, da rilasciarsi entro trenta giorni dalla formalizzazione della richiesta. Trascorso tale termine provvede al rilascio del parere il direttore della direzione regionale del lavoro entro e non oltre i successivi quindici giorni.
(Amministrazione delle società a statuto partecipativo)
1. Il consiglio di amministrazione delle società a statuto partecipativo deve comprendere, tra i suoi componenti, uno o più amministratori designati dai lavoratori dipendenti, secondo la normativa vigente.
2. Il numero degli amministratori, la cui nomina è riservata ai lavoratori dipendenti, non può essere inferiore ad un quinto e superiore alla metà meno uno dei componenti il consiglio di amministrazione.
3. Gli amministratori designati dai lavoratori dipendenti restano in carica per tutta la durata degli altri amministratori e, comunque, non oltre tre anni. Al termine di tale periodo non possono essere confermati.
(Statuto partecipativo)
1. Lo statuto partecipativo può prevedere, tra l’altro:
a) deroghe alle norme previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria e dai contratti territoriali;
b) deroghe alla disciplina prevista dagli articoli 13, 18 e 19 della legge 20 maggio 1970, n.300, e successive modificazioni e integrazioni, ferma restando la inderogabilità degli articoli 13 e 18 per le società che occupano oltre trenta dipendenti nell’ambito dello stesso comune;
c) facoltà, per i lavoratori dipendenti, di decidere annualmente la destinazione del proprio trattamento di fine rapporto, nonché delle altre possidenze integrative, della previdenza sociale, predisposte e gestite dalla società, di cui possono anche chiedere la liquidazione;
d) costituzione di un fondo di azionariato aziendale, cui destinare, in tutto o in parte, il trattamento di fine rapporto, con le modalità indicate nei decreti legislativi di cui all’articolo 10;
e) facoltà, per le società per azioni quotate in borsa, di pagare parte della quota variabile della retribuzione, di cui all’articolo 6, mediante azioni ordinarie della società da emettere, previa deliberazione di aumento del capitale sociale, di pari importo.
(Retribuzione)
1. La retribuzione dei lavoratori dipendenti dalle società a statuto partecipativo è costituita da una quota fissa e da una quota variabile. La quota variabile è determinata con riferimento agli incrementi e decrementi del risultato operativo aziendale, calcolato, ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile, unicamente sulle seguenti voci:
a) valore della produzione;
b) costi della produzione.
2. Gli aspetti del rapporto di lavoro dei dipendenti delle società a statuto partecipativo, non regolati dalla presente legge, sono disciplinati dal contratto aziendale nonché dai contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria e dai contratti territoriali, limitatamente alle parti di essi non derogate ai sensi del comma 1, lettera a) dell’articolo 5.
(Aumento del capitale sociale)
1. In caso di aumento del capitale sociale per importi superiori a quelli comunque conferiti dai lavoratori dipendenti, a questi è riservato il diritto di prelazione per l’acquisto delle nuove quote o azioni subordinatamente al mancato esercizio dello stesso da parte degli altri soci.
2. Nella società in cui sia stato costituito il fondo di azionariato aziendale di cui al comma 1, lettera d), dell’articolo 5, in caso di mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dei soci e dei lavoratori dipendenti, tale diritto è riservato al fondo stesso.
3. I contratti di acquisto di azioni delle società a statuto partecipativo da parte dei loro dipendenti, ovunque negoziati, sono esenti da qualsiasi imposta o tassa.
(Agevolazioni)
1. Le società a statuto partecipativo, nei limiti di quanto disposto dall’articolo 9, beneficiano delle seguenti agevolazioni fiscali e contributive:
a) una quota del reddito d’impresa, pari alla quota variabile della retribuzione corrisposta ai lavoratori dipendenti, è assogettata all’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) nella misura del 20 per cento. Tale disposizione non può determinare un’aliquota media dell’IRPEG inferiore al 27 per cento;
b) ai fini della determinazione della base imponibile per l’applicazione dell’imposta regionale sulla attività produttiva (IRAP) dovuta dalle società a statuto partecipativo, non si tiene conto della quota variabile della retribuzione corrisposta ai dipendenti;
c) ove sia specificatamente previsto nello statuto partecipativo adottato nell’impresa, la quota variabile della retribuzione non è soggetta, in tutto o in parte, ad oneri previdenziali e assicurativi, comportando una corrispondente riduzione delle prestazioni pensionistiche, fatta salva l’erogazione dei minimi pensionistici previsti dalla legge;
d) gli atti e le modificazioni statutarie necessari all’assunzione della qualifica di società a statuto partecipativo, gli atti di trasformazione di società di qualsiasi tipo in società di capitali che contestualmente assumono lo statuto partecipativo, nonché tutti gli adempimenti ad essi conseguenti, sono esenti da qualsiasi tassa o imposta.
2. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) la quota variabile della retribuzione percepita dai lavoratori dipendenti, costituisce reddito da lavoro dipendente, al pari della quota fissa della retribuzione. Nei casi di variabilità di segno negativo della corrispettiva quota di retribuzione, ai lavoratori interessati è riconosciuto un corrispondente abbattimento della restante quota fissa imponibile della retribuzione.
(Commissione centrale per la
partecipazione)
1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita la Commissione centrale per la partecipazione, di seguito denominata «la Commissione», composta da rappresentanti dello stesso Ministero, del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del Ministero delle finanze e delle organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori.
2. La Commissione, ai fini della concessione delle agevolazioni di cui al comma 1, lettere a) e b) dell’articolo 8, valuta le domande presentate e ripartisce le risorse disponibili e preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993 n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
3. La Commissione procede, annualmente, ad una valutazione degli effetti determinati o indotti dall’attuazione della presente legge sotto i seguenti profili:
a) diffusione delle società a statuto partecipativo e relativi effetti sull’andamento dei livelli produttivi, retributivi ed occupazionali;
b) grado di utilizzo delle risorse destinate alla concessione di benefici fiscali o agevolazioni, di cui alla presente legge, nell’ambito del Fondo per l’occupazione e conseguenti variazioni del gettito fiscale.
4. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale riferisce al Parlamento le valutazioni della Commissione con cadenza annuale e propone gli eventuali interventi correttivi, alle disposizioni della presente legge, utili alla maggiore diffusione delle società a statuto partecipativo ed al relativo miglioramento dei livelli produttivi retributivi ed occupazionali.
(Delega al Governo)
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e secondo i princìpi ed i criteri direttivi in essa contenuti, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari permanenti uno o più decreti legislativi recanti:
a) le disposizioni necessarie per l’assunzione delle deliberazioni dei lavoratori dipendenti delle società a statuto partecipativo e di quelle che intendono diventare tali, con modalità idonee a garantire la libertà e la segretezza del voto nonché la regolarità dello scrutinio;
b) le disposizioni integrative del testo unico emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, necessarie alla costituzione ed alla gestione del fondo di azionariato aziendale, di cui all’articolo 5 della presente legge, per:
1) la designazione, da parte dei dipendenti della società a statuto partecipativo, degli enti o dei soggetti gestori del fondo;
2) l’investimento del patrimonio del fondo in azioni o quote sociali delle società a statuto partecipativo;
3) la determinazione delle modalità ed i limiti dei conferimenti diretti al fondo da parte dei lavoratori dipendenti ed in quiescenza, garantiti da adeguati livelli di redditività;
4) la determinazione delle modalità di liquidazione delle quote in favore dei dipendenti che non hanno più rapporto di lavoro con la società a statuto partecipativo;
c) le disposizioni necessarie alla formulazione della proposta di adozione dello statuto partecipativo relativamente alle società di capitale le cui azioni sono interamente di proprietà dello Stato o di enti pubblici territoriali oppure economici, ancorchè destinate alla privatizzazione;
d) la composizione e le modalità di funzionamento della Commissione, le modalità ed il termine di presentazione delle domande di cui all’articolo 9, nonché i criteri in base ai quali saranno ripartite le risorse disponibili, con riferimento alle finalità perseguite dalla presente legge.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati ai sensi dell’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
(Norme di compartecipazione aggiuntiva)
1. Le società a statuto partecipativo che procedono agli aumenti di capitale sociale deliberati dall’assemblea dei soci, fissano, secondo le indicazioni della Commissione una quota azionaria destinata all’acquisizione da parte di propri ex dipendenti lavoratori entro i termini di prelazione previsti dalla legge.
(Associazioni di dipendenti ed ex dipendenti azionisti)
1. In attuazione degli articoli 46 e 47 della Costituzione, i dipendenti e gli ex dipendenti azionisti di società a statuto partecipativo possono farsi rappresentare e partecipare agli organismi di gestione delle stesse da associazioni appositamente costituite secondo le modalità di cui all’articolo 13.
(Caratteristiche delle associazioni)
1. Le associazioni, di cui all’articolo 12, devono possedere le seguenti caratteristiche:
a) essere formalmente costituite;
b) avere lo scopo esclusivo di promuovere, nei confronti dei propri associati, l’informazione sulla vita della società di riferimento, sulla posizione dei medesimi azionisti, sui diritti economici derivanti dai titoli, nonché su tutto ciò che direttamente ed indirettamente li riguardi;
c) essere composte esclusivamente da dipendenti azionisti della società di riferimento, in servizio o collocati in quiescenza, che rappresentino almeno il 5 per cento del capitale sociale ed il 10 per cento del totale dei dipendenti azionisti.
(Delega di rappresentanza)
1. I singoli associati possono conferire alle associazioni di cui all’articolo 12, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2372 del codice civile, mandato per l’esercizio del diritto di voto, in assemblea, per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni.
2. Al mandato di cui al comma 1, si applicano le norme previste dagli articoli 1703 e seguenti del codice civile in materia di rappresentanza.
3. La Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) svolge l’attività di vigilanza nei confronti delle associazioni di cui al comma 1.