Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-04382

Atto n. 4-04382

Pubblicato il 18 gennaio 2011
Seduta n. 487

LANNUTTI - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. -

Premesso che, per quanto risulta all'interrogante:

alla fine degli anni '80 e poi nella primavera del 1992 è stata rilasciata dal Comune di Roccaraso (L'Aquila) - in persona del sindaco Mario Liberatore - alla ditta Battinelli la concessione edilizia n. 38 per l'edificazione di un fabbricato in largo San Rocco, uno dei punti centrali della città, per la costruzione della palazzina Edilmonte;

essendo state riscontrate numerose violazioni di legge, la Procura di Sulmona ha avviato un'azione penale contro il Sindaco ed il costruttore signor Mario Battinelli per i reati di abuso d'ufficio e di costruzione abusiva, azione penale conclusasi con la condanna degli imputati e con l'emissione dell'ordine di demolizione dell'edificio abusivo (sentenza. n. 1 del 9 gennaio-21 febbraio 1997). Detta sentenza è stata poi confermata sia dalla Corte di appello di L'Aquila sia dalla Corte di cassazione. In particolare, con sentenza della Suprema corte di cassazione n. 772 del 1999, passata in giudicato, il signor Mario Liberatore è stato condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per avere commesso, in concorso con il costruttore, signor Mario Battinelli, il reato di abuso d'ufficio aggravato. Tale sentenza ha dichiarato frutto di reato non solo l'originaria concessione edilizia erogata a favore della ditta Edilmonte (poi immobiliare D'Aurora) di cui il Battinelli era proprietario, ma anche dei condoni successivamente concessi dal Sindaco;

sul versante amministrativo, le concessioni in sanatoria sopra menzionate sono state impugnate dal Codacons - nota associazione per la tutela dell'ambiente e dei diritti dei consumatori - davanti al giudice amministrativo per l'Abruzzo il quale nel novembre 1996 ne pronunciava l'annullamento. Detta sentenza è stata impugnata dall'Immobiliare D'Aurora Srl innanzi al Consiglio di Stato;

l'illustrazione delle vicende giudiziarie di seguito esposte è necessaria in quanto all'interno dell'iter processuale amministrativo svoltosi si collocano le perizie tecniche e le note della pubblica amministrazione dalle quali emerge con evidenza la sussistenza del danno ambientale provocato dalla costruzione della palazzina in esame;

in seguito allo svolgimento di ulteriori verifiche intraprese dal Comune in considerazione della relazione del Genio civile regionale attestante la sussistenza di circostanze ostative al mantenimento dell'edificio (nota 5265/5972), il Comune di Roccaraso provvedeva, in sede di autotutela, all'annullamento d'ufficio delle concessioni in sanatoria e, conseguentemente, il Consiglio di Stato pronunciava con sentenza n. 1887/99 la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso originario (impugnazione avverso sentenza 598/96 TAR Abruzzo);

anche le citate ordinanze di annullamento di ufficio venivano fatte oggetto di impugnazione dinanzi al TAR Abruzzo da parte della D'Aurora Srl con separati ricorsi. Questi - dopo esser stati riuniti - venivano tuttavia rigettati dal TAR con la sentenza n. 369 del 25 maggio 2001 in virtù del "serio pericolo, collegato alla natura dei luoghi, connotati da una pendenza pari al 100%";

contro la predetta sentenza sfavorevole, la D'Aurora Srl proponeva appello innanzi al Consiglio di Stato, il quale con sentenza n. 6676 del 29 ottobre 2002 rigettava definitivamente l'appello, statuendo tuttavia che "gli elementi acquisiti in questo secondo grado dimostrano che detta situazione di pericolo geneticamente composita potrebbe comunque essere eliminata con l'adozione di alcune misure" ed affermando che "di queste misure, così come specificate nella verificazione, e di quant'altro in essa rilevato circa le condizioni del fabbricato, dovrà necessariamente tenersi conto da parte dell'amministrazione comunale per l'adozione di ogni possibile ulteriore intervento su questa vicenda, compatibilmente con la salvaguardia o la possibile utilizzazione del fabbricato";

si apriva a questo punto la cosiddetta fase "transattiva" tra l'amministrazione comunale e l'immobiliare D'Aurora conclusasi con la firma, in data 12 agosto 2004, delle concessioni rinnovate in sanatoria;

a questo punto il Codacons proponeva nuovamente ricorso amministrativo davanti al TAR di L'Aquila (RG nn. 692/04-173/06 e in ultimo 335/07), impugnando nel corso del tempo il certificato di agibilità, i permessi di costruire in sanatoria e vari altri atti presupposti assunti dal Comune di Roccaraso nei confronti della società immobiliare D'Aurora per la realizzazione del fabbricato ex "Edilmonte";

il TAR adìto, riuniti tali ricorsi ai fini cautelari, con l'ordinanza n. 264/2007, respingeva la domanda di sospensione proposta dal Codacons. La suddetta ordinanza veniva però impugnata con ricorso in appello innanzi al Consiglio di Stato ed accolta con ordinanza n. 6770/2007 del 18 dicembre 2007 con la quale disponeva "un'apposita verificazione per accertare se, innanzitutto, le opere eseguite (di cui al certificato di comando del 5.10.07, doc. 10, produzione Immobiliare d'Aurora s.r.l.) corrispondano effettivamente a quelle di cui al parere tecnico del Servizio Difesa del suolo della Regione Abruzzo (doc. 4 produzione Immobiliare d'Aurora s.r.l.) e se le opere stesse (come previste e come eseguite) siano adeguate e idonee alla salvaguardia della pubblica e privata incolumità, ovvero quali altri eventuali opere ed intervento siano necessarie a tali fini". Il Consiglio di Stato, inoltre, sospendeva con l'ordinanza citata "nelle more delle operazioni di verificazione e fino alla prima udienza in camera di consiglio l'efficacia dell'impugnato certificato di agibilità";

le consulenze tecniche d'ufficio e le consulenze tecniche di parte redatte nel corso del giudizio amministrativo rivelano un serio pericolo per l'incolumità pubblica, provocato dalla costruzione della palazzina a tal punto che il Consiglio di Stato accoglieva il ricorso cautelare proposto dal Codacons con ordinanza n. 5109/08, accettando in toto le osservazioni dei consulenti e, quindi, confermava la sospensione già disposta della licenza di abitabilità rilasciata dal Comune di Roccaraso alla D'Aurora per l'immobile;

con successiva decisione n. 1770/2009 del 24 marzo 2009 il Consiglio di Stato ribadiva la necessità che qualunque intervento di messa in sicurezza del costone venisse realizzato sotto stretto controllo e con l'approvazione della Regione Abruzzo. Il Comune di Roccaraso sospendeva quindi l'agibilità del fabbricato ex D'Aurora (residence Neve Sole) "in relazione all'esistenza di condizioni di possibile pericolo" inviando agli acquirenti delle singole unità immobiliari diffida "a non utilizzare le proprietà interne al fabbricato ex D'Aurora (Residence Neve Sole)" (comunicazioni del Comune prot. n. 6779 del 23 ottobre 2008);

come già rilevato, la premessa in ordine all'iter processuale che coinvolge la palazzina ex Edilmonte in Roccaraso si rileva indispensabile in quanto è proprio nel corso di tali giudizi amministrativi che emerge con prepotenza ed evidenza non solo l'incredibile instabilità del fabbricato de quo e la pericolosità dello stesso per l'incolumità pubblica ma anche il danno ambientale provocato dalla costruzione della palazzina stessa;

si osserva che con relazione del 20 febbraio 2008 prot. n. 4867 il Ministero dell'ambiente ha precisato che "per ciò che riguarda il danno ambientale provocato dalla costruzione della palazzina Edilmonte, si ribadisce in questa sede quanto già comunicato con la nota n. 39353 del 12.12.2007: il trascorso giudiziario riferito alla vicenda ha stabilito che c'è stata, sicuramente, una violazione delle norme edilizie, su un terreno, peraltro, parzialmente vincolato ex R.D. 3267/1923; scaturisce da questa premessa che il danno provocato al territorio, riferito all'epoca dei fatti è un danno reale". Successivamente, con ulteriore relazione prot. n. 27774 del 18 dicembre 2008, il Ministero affermava testualmente: "Il parere (…) rispetto all'azione di risarcimento del danno è stato già espresso in maniera definitiva con le note nn. 39353 del 12.12.2007 e 4876 del 20.02.2008 (…) Rispetto al contenuto delle note sopra menzionate non si hanno ulteriori elementi di valutazione da comunicare mentre ci si riserva di inoltrare ulteriori notizie, una volta acquisite, riguardanti l'invio, da parte del C.F.S. di tutto il carteggio alla procura della Repubblica di Sulmona. Si ritiene pertanto che Codesta amministrazione debba fare riferimento al parere tecnico, redatto dai periti nominati dal Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e dal Presidente della IV Sezione del CdS in ottemperanza all'ordinanza n. 6770/07 del CdS". Si tratta delle consulenze tecniche citate e svolte nell'ambito del giudizio amministrativo di cui si è già detto pendente davanti al TAR Abruzzo - sede di L'Aquila. Con nota prot. del 12 novembre 2009 n. DDS/2009/12169 Direzione generale per la difesa del suolo del Ministero dell'ambiente comunicava che "l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di L'Aquila con nota in data 20.11.2009 ha ritenuto sussistenti i presupposti per l'esperimento dell'azione per il risarcimento del danno ambientale in sede giurisdizionale ed a tal fine ha richiesto informazioni relative alla vicenda delle società che si sono avvicendate nella costruzione e nella gestione dell'immobile. Conformemente a tale richiesta la scrivente si è attivata per acquisire le informazioni richieste";

con nota del 24 giugno 2010 prot. n. RA/120885, la Giunta della Regione Abruzzo ha finalmente trasmesso il parere richiestole dal Consiglio di Stato con l'ordinanza del 24 marzo 2009 n. 1770. Nelle conclusioni, a conferma della pericolosità dell'edificio e del conseguente danno ambientale, si legge che: "il coefficiente di sicurezza, in ragione della destinazione d'uso dell'area e dei limiti sopra illustrati è apparso Basso. (…) il collasso potrebbe coinvolgere più edifici oltre a quello di stretto interesse (…) 1) Il progetto De Crescenzo- Urcioli deve essere rivisto nella sua interezza e finalizzato, sulla base delle indagini sin qui eseguite dai Tecnici che si sono occupati del problema, all'accertamento della tipologia di movimento franoso e quindi alla specificazione della natura della superficie di scivolamento (paleosuolo?) in ragione di quanto sin qui ipotizzato in termini di geometrie e di profondità; 2) la comprensione del cinematismo franoso è infatti la condizione necessaria per arrivare alla progettazione delle eventuali opere di consolidamento integrative che si rendano necessarie; 3) in ragione della complessità del quadro geomorfologico evidenziato si rappresenta, all'amministrazione comunale, l'urgenza di giungere, in un coordinamento con la competente Autorità di Bacino, alla perimetrazione dell'area e, quindi, alla definizione del grado di rischio idrogeologico";

non sembra risultare, ad oggi, alcuna azione per il risarcimento del danno ambientale, sebbene la pubblica amministrazione abbia riconosciuto l'esistenza dei presupposti per il suo esperimento e sebbene si stiano svolgendo accertamenti sulla sua quantificazione da quasi 5 anni;

il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante il codice dell'ambiente, agli artt. 299 e seguenti detta norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. Con il codice dell'ambiente viene modificata la definizione di danno ambientale, da intendersi oggi come "qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima" (art. 300, comma 1). La riformulazione della disciplina del danno arrecato all'ambiente si è resa necessaria alla luce della direttiva CEE n. 35/2004 che ha come fine quello di istituire in tutti gli Stati membri dell'Unione europea un sistema uniforme di responsabilità per i danni cagionati all'ambiente. La direttiva, infatti, parte dalla considerazione che la prevenzione e la riparazione del danno ambientale dovrebbero essere attuate applicando il principio "chi inquina paga", con particolare riferimento ai principi dello sviluppo sostenibile. L'operatore che con la sua attività ha causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno sarà considerato finanziariamente responsabile in modo da indurre gli altri operatori ad adottare misure e a sviluppare pratiche atte a ridurre al minimo i rischi di danno ambientale. L'art. 299 prevede per il Ministro dell'ambiente l'esercizio di funzioni e di compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, "prevenzione e riparazione dei danni all'ambiente, attraverso la Direzione generale per il danno ambientale istituita presso il Ministero (...) dall'art. 34 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, e gli altri uffici ministeriali competenti";

l'azione ministeriale si svolge normalmente in collaborazione con le Regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo (comma 2 dell'art. 299). Ai sensi dei commi 3 e 4, "L'azione ministeriale si svolge nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, delle competenze delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali con applicazione dei principi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione. Per le finalità connesse all'individuazione, all'accertamento ed alla quantificazione del danno ambientale, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale, in regime convenzionale, di soggetti pubblici e privati di elevata e comprovata qualificazione tecnico-scientifica operanti sul territorio, nei limiti delle disponibilità esistenti". Al comma 5 dell'art. 299 si prevede, inoltre, che il Ministro, "con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all'accertamento del danno ambientale e per la riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno". Più precisamente, per ottenere il risarcimento del danno ambientale, l'art. 311 del codice riconosce espressamente al Ministero la proponibilità dell'azione giudiziaria con competenza esclusiva del giudice ordinario. Recita infatti l'art. 311 - intitolato "Azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale" - che: "Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio agisce, anche esercitando l'azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto [comma 1]. Chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato al ripristino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato (...) [comma 2]. Alla quantificazione del danno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede in applicazione dei criteri enunciati negli Allegati 3 e 4 della parte sesta del presente decreto. All'accertamento delle responsabilità risarcitorie ed alla riscossione delle somme dovute per equivalente patrimoniale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede con le procedure di cui al titolo III della parte sesta del presente decreto [comma 3]";

considerato che:

l'art. 9 della Costituzione, inserito tra i principi costituzionali fondamentali, al secondo comma, fa diretto riferimento alla tutela del "paesaggio" e al "patrimonio storico ed artistico della Nazione". Oltre alla salvaguardia dei beni culturali che fanno parte del patrimonio nazionale, il testo costituzionale consente una lettura volta a comprendere la difesa e la promozione dei "valori culturali". La Corte costituzionale, del resto, ha riconosciuto che lo Stato, nel porsi obiettivi di promozione e di sviluppo della cultura, provvede alla tutela dei beni che ne sono la materiale testimonianza ed assumono un rilievo strumentale per il raggiungimento di tali obiettivi. In dottrina, si è ritenuto che la formula costituzionale dell'art. 9 si addicesse alla configurazione del nostro ordinamento quale "Stato di cultura" che si prefigge la tutela delle principali testimonianze della propria civiltà, di modo che l'impegno culturale viene a costituire uno dei profili di caratterizzazione del regime politico democratico. La protezione dell'ambiente viene considerata un principio fondamentale della "costituzione culturale", la quale si manifesterebbe mediante un complesso di regole generali, tendenti a creare "una situazione ambientale che renda quanto più possibile agevole l'esercizio delle libertà individuali" e possa migliorare la qualità della vita. Il combinato degli articoli 9 e 32 della Costituzione consentirebbe, in effetti, di delineare una nozione giuridica di "ambiente salubre", utile a configurare diritti che i soggetti possono esercitare e difendere in giudizio. La cura della salubrità dell'ambiente costituisce un pubblico dovere, da assicurare mediante una gestione accurata e globale delle risorse ambientali. L'art. 32 della Costituzione italiana impegna la Repubblica alla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività e prescrive che i trattamenti sanitari obbligatori possono essere imposti solo per disposizione di legge e sempre "nel rispetto della persona umana". Il combinato degli articoli 9 (tutela del paesaggio) e 32 della Costituzione, per via di una lettura che tenga conto dell'esperienza giuridica, consentirebbe di delineare una nozione giuridica di "ambiente salubre", utile per l'impostazione e l'attuazione degli indirizzi della politica ambientale mediante una gestione globale delle risorse naturali. Il diritto alla tutela della salute viene così esteso sino a comprendere la salubrità ambientale. L'ambiente nelle sentenze della Corte costituzionale è stato definito come un "bene complesso e unitario prioritario" che ha un "valore primario e assoluto" e costituisce un limite per la tutela di altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni (sentenze n. 367/2007; n. 378/2007; n. 104/2008; n. 10/2009; n. 30/2009; n. 220/2009). In tema di paesaggio, nella sentenza che segna questo rilevante contributo interpretativo offerto dalla Corte, si osserva che "l'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle "bellezze naturali" ma l'insieme delle cose, beni materiali, o loro composizioni, che presentano valore paesaggistico" (sentenza n. 367/2007). Questa sentenza segnala, dunque, un passaggio assai significativo nella lettura del novellato Titolo V della Costituzione in quanto chiarisce che l'ambiente, la cui tutela è, in via esclusiva, attribuita allo Stato, si compone di beni (materiali o immateriali) tutti concreti e tali da cui derivano specifiche utilizzazioni e ben precisi interessi;

l'ambiente, in quanto bene pubblico comprensivo dell'assetto del territorio, della ricchezza delle risorse naturali, del paesaggio come valore estetico e culturale e come condizione di vita salubre in tutte le sue componenti, va, invero, considerato unitariamente per il valore d'uso da parte della collettività, quale elemento determinante della qualità della vita dell'uomo, come singolo, nonché nella sua aggregazione sociale. Per tale ragione la fonte genetica del risarcimento per la lesione dell'ambiente va individuata direttamente nella Costituzione, ovverosia nel combinato disposto delle norme primarie di cui agli artt. 2, 3, 9, 32, 41 e 42, che tutelano l'individuo e la collettività;

la compromissione dell'ambiente trascende, pertanto, il mero pregiudizio patrimoniale arrecato ai singoli beni che ne fanno parte, in quanto si estrinseca nella violazione di un valore immateriale, primario e assoluto, inerente alla persona, costituzionalmente protetto. Ne consegue che il danno ambientale, proprio perché è determinato dalla lesione di un valore di rango costituzionale inerente alla persona, rientra nel genus del danno ingiusto non patrimoniale, vale a dire in quella categoria di danno a cui vanno ricondotte tutte le ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona non suscettibili di valutazione economica. Per tale ragione, il risarcimento per la lesione dell'"ambiente in sé" va mantenuto distinto dal risarcimento delle conseguenze patrimoniali derivatene;

la Suprema Corte delinea quindi una distinzione tra lesione dell'ambiente in sé, quale valore pubblico immateriale, primario e assoluto, che trova la sua fonte genetica non nella legge n. 349 del 1986, bensì direttamente nella Costituzione e la cui violazione determina, pertanto, un danno ingiusto non patrimoniale, e la lesione dei beni privati e pubblici in cui esso si sostanzia e delimita territorialmente, che dà vita, invece, a un danno di natura patrimoniale,

si chiede di sapere:

se risponda al vero che con nota del 24 giugno 2010 prot. n. RA/120885, la Giunta della Regione Abruzzo abbia trasmesso il parere richiestole dal Consiglio di Stato con l'ordinanza del 24 marzo 2009 n. 1770, nelle cui conclusioni, a conferma della pericolosità dell'edificio e del conseguente danno ambientale, il coefficiente di sicurezza, in ragione della destinazione d'uso dell'area e dei limiti sopra illustrati è apparso "basso";

se sia quindi vero che il collasso della palazzina potrebbe coinvolgere più edifici oltre a quello di stretto interesse, disponendo la revisione del progetto De Crescenzo- Urcioli finalizzato, sulla base delle indagini sin qui eseguite dai tecnici, all'accertamento della tipologia di movimento franoso e quindi alla specificazione della natura della superficie di scivolamento, in termini sia di geometrie che di profondità;

se sia vero che il cinematismo franoso, condizione necessaria per arrivare alla progettazione delle eventuali opere di consolidamento integrative che si rendano necessarie, in ragione del quadro geomorfologico, impongano all'amministrazione comunale l'urgenza di giungere, in un coordinamento con la competente Autorità di bacino, alla perimetrazione dell'area e, quindi, alla definizione del grado di rischio idrogeologico;

considerati gli evidenti danni ambientali ricorrenti ed in corso da anni, quali siano le ragioni della mancanza di un intervento definitivo per un'azione giurisdizionale volta al risarcimento di detti danni provocati ed incombenti;

quali iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, il Governo intenda promuovere, sollecitare ed adottare affinché, chiarita definitivamente la situazione sopra esposta, si proceda al risarcimento del danno ambientale, chiaramente provocato dalla costruzione a Roccaraso, in largo San Rocco, della palazzina ex Edilmonte.