Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00308

Atto n. 1-00308

Pubblicato il 15 settembre 2010
Seduta n. 421

DELLA SETA , DI GIOVAN PAOLO , AMATI , BAIO , FERRANTE , FIORONI , MONGIELLO , NEROZZI , PARDI , PERDUCA , SOLIANI

Il Senato,

premesso che:

Sakineh Mohammadi Ashtiani, cittadina iraniana di 43 anni, madre di due figli, è detenuta da 4 anni nel "braccio della morte" nel carcere di Tabriz (nord-ovest dell'Iran);

nel maggio 2006 Sakineh era stata giudicata colpevole di "relazioni illecite" con due uomini, e punita con 99 frustate;

nel settembre 2006, in un diverso processo, Sakineh è stata condannata a morte per lapidazione per adulterio e per coinvolgimento nell'omicidio del marito. Due dei cinque giudici che componevano la corte l'hanno ritenuta non colpevole per l'assenza di prove o indizi a suo carico, ma i restanti tre giudici hanno deciso a maggioranza per una sentenza di condanna. Durante il processo Sakineh ha ritrattato una precedente "confessione" sostenendo che le era stata estorta con la forza, e da allora si è sempre dichiarata innocente;

in Iran, la lapidazione è prevista per il reato di "adulterio durante il matrimonio". Nel 2002, il capo della magistratura ha incaricato i giudici di imporre una moratoria sulle lapidazioni. Nonostante questo, almeno cinque uomini e una donna sono stati lapidati dal 2002. Nel gennaio 2009, il portavoce della magistratura, Ali Reza Jamshidi, ha confermato che due esecuzioni per lapidazione erano state effettuate nel dicembre 2008 e ha definito senza valore la direttiva sulla moratoria, sostenendo che i giudici potevano ignorarla. Nel giugno 2009, il Comitato per le questioni legali e giuridiche del Parlamento iraniano (Majles) ha raccomandato l'eliminazione della clausola che consente la lapidazione dalla nuova versione del codice penale attualmente in discussione in Parlamento;

le modalità del processo e della sentenza contro Sakineh sono con piena evidenza contrarie ai princìpi di equità e di umanità sanciti dal diritto internazionale;

Mohammed Mostafai, avvocato difensore di Sakineh, nelle scorse settimane ha dovuto lasciare l'Iran dopo che la polizia aveva spiccato nei suoi confronti un mandato di arresto e arrestato per alcune ore sua moglie e suo cognato. Dall'esilio, Mostafai si è impegnato per denunciare all'opinione pubblica internazionale il caso di Sakineh e altre vicende analoghe; anche grazie ai suoi sforzi, in breve tempo si sono moltiplicati gli appelli, le dichiarazioni, le prese di posizione di intellettuali, politici, comuni cittadini perché sia impedita l'esecuzione della sentenza contro Sakineh;

la mobilitazione internazionale ha già prodotto alcuni risultati incoraggianti: l'8 luglio 2010, l'Ambasciata iraniana a Londra ha dichiarato che Sakineh non sarebbe stata lapidata, anche se non è stata emanata comunicazione ufficiale circa l'eventuale commutazione della pena a carico di Sakineh; alla fine di agosto, il portavoce del Ministero degli esteri iraniano ha affermato che l'applicazione della sentenza è stata bloccata ed è in corso un riesame da parte della magistratura,

impegna il Governo ad attivare tutte le possibili e necessarie iniziative diplomatiche, sia nelle sedi internazionali che nei rapporti bilaterali con il Governo iraniano, utili a concorrere ad impedire l'esecuzione della condanna a morte di Sakineh Mohammadi Ashtiani.