Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03510
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Atto n. 4-03510
Pubblicato il 27 luglio 2010
Seduta n. 411
DELLA SETA - Ai Ministri degli affari esteri e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. -
Premesso che:
il 16 luglio 2010 Janez Potocnik, commissario europeo all'Ambiente, ha annunciato che Bruxelles stringerà i controlli sulle esplorazioni petrolifere offshore. E il suo collega all'Energia, Günther Oettinger, gli ha fatto subito eco, suggerendo ai Governi europei di seguire l'esempio della Norvegia e istituire una moratoria sulle perforazioni in mare, almeno fin quando non saranno chiarite le cause del disastro nel golfo del Messico;
al riguardo spiace rilevare che, sempre il 16 luglio 2010, Shokri Ghanem, capo della National Oil Corporation libica, abbia chiesto alla British Petroleum di accelerare le previste attività di perforazione nel golfo della Sirte. "Noi non sospendiamo nulla - ha detto Ghanem a un'agenzia di stampa - e buona parte delle trivellazioni saranno proprio in acque profonde";
il "Financial Times" ha rivelato, il 23 luglio 2010, che la casa petrolifera britannica comincerà le attività di ricerca al largo della Libia già "nelle prossime settimane". Indiscrezione confermata dal portavoce del gruppo David Nicholas. L'accordo tra Tripoli e British Petroleum vale 900 milioni di dollari ed è stato siglato nel 2007. Profondità stimata: 1.700 metri. Ovvero 100-200 metri più in basso che nell'incidente della piattaforma Deepwater Horizon, al largo della Louisiana. Tutto questo si legge in un articolo pubblicato, il 24 luglio 2010, dal quotidiano nazionale "Il Sole-24Ore";
la convenzione di Espoo del 1991 ha stabilito le regole e principi di collaborazione tra gli Stati sugli impatti ambientali transnazionali ma la Libia, al 20 maggio 2010, non l'ha ancora ratificata. Ma è altrettanto vero che la Libia ha firmato, invece, la convenzione di Barcellona sulla protezione del Mediterraneo;
ogni Stato ha la sua sovranità, ma ha anche il diritto di verificare che le scelte di uno non danneggino tutti gli altri. È evidente che la tecnologia esistente non è in grado di garantire il controllo degli eventi, soprattutto a quelle profondità. Se quello che è successo nel golfo del Messico avvenisse nel Mediterraneo, gli effetti sarebbero esponenzialmente più devastanti;
questo perché il sistema delle correnti marine nel Mediterraneo è molto complesso, ma in generale si può dire che le correnti di profondità si muovono verso l'Atlantico, mentre quelle più superficiali si dirigono verso oriente. Siccome il petrolio è più leggero dell'acqua e viene a galla, a meno che non venga bombardato di solventi come sta facendo la Bp in Louisiana, un eventuale incidente in Libia colpirebbe prima di tutto le coste di Israele, del Libano o della Turchia. Ma a confronto con gli oceani, il Mediterraneo è una pozzanghera. Una perdita di petrolio a grandi profondità avrebbe effetti nefasti dovunque, inclusa la Sicilia o la Sardegna;
è altrettanto importante sottolineare che proprio in seguito all'incidente nel golfo del Messico, il Ministro all'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, ha da poco introdotto, nella riforma del codice ambientale, il divieto di trivellare a meno di 5 miglia dalle coste, che salgono a 12 miglia nel caso delle aree marine protette, ovviamente per i permessi alla trivellazione ancora da concedere. Il che, come sanno bene al Ministero, non risolve i potenziali problemi;
il mar Mediterraneo, sulle sponde del quale risiedono oltre 130 milioni di persone, è un vero e proprio epicentro della biodiversità. Il suo equilibrio, già messo a repentaglio dall'inquinamento e da numerose perdite di petrolio dalle navi, si regge su una delicatissima interrelazione tra flora e fauna. Si va dagli organismi "microfiltratori" come i copepodi, minuscoli crostacei, alle spugne, il mare nostrum ne ospita oltre 500 specie. Fra gli animali considerati più a rischio ci sono la foca monaca, la tartaruga verde e 12 specie di cetacei, dal capodoglio al delfino. Il 28 per cento delle specie presenti vivono esclusivamente in questo mare. Questo è dovuto principalmente alla presenza di habitat diversificati che favoriscono la formazione di nicchie ecologiche;
per ottenere dal colonnello Gheddafi il nulla osta alla trivellazione nel golfo della Sirte, sembrerebbe che la British Petroleum abbia fatto pressioni sul governo britannico perché favorisse il rilascio del terrorista libico Abdel al-Megrahi, condannato all'ergastolo nel 2001 per la strage di Lockerbie e detenuto in Scozia. Megrahi che poi è stato liberato il 20 agosto 2009 per le sue gravi condizioni di salute. A tal proposito il Senato americano ha convocato l'amministratore delegato di British Petroleum, Tony Hayward, per chiedere chiarimenti sulla vicenda,
si chiede di conoscere se i Ministri in indirizzo non intendano immediatamente promuovere, sia per la posizione geografica sia per la politica che il nostro Paese svolge nel bacino del Mediterraneo, un'azione internazionale di tutela del bacino del Mediterraneo presso il governo libico affinché si fermi l'avvio di questa nuova trivellazione, particolarmente critica sia perché si dovrebbe effettuare a grandi profondità, elemento di ulteriore insicurezza, e sia perché, in caso di incidente in un mare chiuso e con un ricambio lentissimo, avrebbe come conseguenza una sciagura senza eguali.