Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00269
Azioni disponibili
Atto n. 1-00269
Pubblicato il 13 aprile 2010, nella seduta n. 357
FINOCCHIARO , DELLA MONICA , AGOSTINI , LUSI , D'AMBROSIO , ZANDA , LATORRE , CASSON , CAROFIGLIO , CHIURAZZI , GALPERTI , MARITATI
Il Senato,
premesso che:
importanti indagini giudiziarie hanno riportato all'attenzione dell'opinione pubblica il tema della corruzione. La dimensione e la gravità dei fatti emersi non hanno, tuttavia, sollecitato una debita attenzione di tutte le forze politiche, tale da vederle protagoniste di un dibattito pubblico diffuso, orientato ad affermare un maggiore rigore nell'azione amministrativa e ad adottare efficaci contromisure. L'iniziativa del Governo si è fermata sulla soglia dell'annuncio mediatico di un disegno di legge in materia, stante il fatto che, dalla data del 1° marzo 2010, in cui il Consiglio dei ministri avrebbe discusso di un testo, fino ad ora, ancora nulla è giunto all'esame delle Camere;
nella relazione scritta per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2010, il Procuratore generale della Corte dei conti ha evidenziato la crescita numerica delle denunce per i reati di corruzione, concussione ed abuso d'ufficio, previsti e puniti dagli artt. 317, 317-ter, 318, 319, 320, 323 del codice penale. I dati acquisiti dalla Guardia di finanza indicano "un deciso aumento delle denunce per fatti di corruzione e concussione accertati nel 2009, rispettivamente + 229% e +153%, rispetto al 2008";
la tendenza in atto è stata osservata anche in sede internazionale. Nel 2009, l'organizzazione non governativa Transparency International ha collocato l'Italia al 63° posto del "Corruption perception index". Altre organizzazioni internazionali attente al problema, come World Bank, Transparency International, l'OECD e, in particolare, il suo Directorate for financial and enterprise affairs, convengono con la nostra Corte dei conti e avvicinano il nostro Paese a Stati e regioni del mondo senza alcuna tradizione di democrazia e efficienza, sancendo una distanza abissale con i Paesi che hanno standard più elevati;
il report di valutazione dell'Italia del mese di luglio 2009, curato dai Paesi del GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione) afferma che in Italia la corruzione ha assunto un carattere sistemico, non essendovi più la contrapposizione tra una società politica corrotta e una società civile sana ed onesta; che, al contrario, il sistema della corruzione appare radicato nella società civile, innervandosi nel mondo delle professioni, dell'imprenditoria e della finanza;
la Banca mondiale - che si occupa di erogare prestiti ai Paesi in via di sviluppo - ha aperto una sezione speciale, congiuntamente con l'ufficio ONU "Droga e Crimini", per il recupero dei profitti della corruzione ad opera di imprenditori italiani: da quasi 10 anni, infatti, l'indice BPI ("Bribe Payers Index") mostra che le imprese italiane hanno un'elevata "propensione a corrompere", sono "esportatrici nette" di corruzione (su 22 Paesi l'Italia è diciottesima) con danni economici rilevanti per i Paesi "importatori" di corruzione. Come esplicitato nello "Stolen Asset Recovery Report", l'obiettivo della Banca mondiale e dell'ONU è "assicurare che la ricchezza rubata ritorni ai suoi legittimi scopi";
i fatti corruttivi producono ingenti danni erariali, diretti ed indiretti, e, come si deduce dalla stessa relazione, si traducono in "un'alterazione dell'identità della Pubblica Amministrazione e più ancora nell'apparire di un'immagine negativa della stessa, con grave compromissione di quel totale affidamento che unisce gli amministrati alla Pubblica Amministrazione, che solo giustifica una entificazione pubblica diversificata da quella privata per la peculiare capacità giuridica e d'agire di cui essa è dotata e - dunque - per la peculiare natura dei poteri esercitati";
i comportamenti illeciti si realizzano in ogni ambito di competenza della pubblica amministrazione: essi determinano ingiustificati e fraudolenti aumenti del costo degli appalti pubblici, inquinano il sistema dei servizi pubblici locali, quello concorsuale, la concessione di consulenze o di finanziamenti. Una particolare evidenza hanno assunto le frodi e le altre irregolarità che si compiono nel settore delle erogazioni finanziarie di derivazione comunitaria. Il danno prodotto dall'utilizzo indebito di queste risorse, maggiormente nell'ambito dei fondi strutturali e di quelli destinati all'agricoltura, sta esponendo l'Italia a conseguenze negative di tipo economico, sociale, di sicurezza pubblica e di responsabilità dello Stato che, ancor più dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, appare incapace di garantire una protezione efficace degli interessi finanziari dell'Unione europea;
la crescita della corruzione non esprime soltanto una grave decadenza dell'etica pubblica perché ipoteca pesantemente lo sviluppo economico del Paese e la sua complessiva capacità di competizione. Merita attenzione quanto il Procuratore generale della Corte dei conti osserva al riguardo: "il fenomeno della corruzione all'interno della P.A. è talmente rilevante e gravido di conseguenze da far più che temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese". Si comprende perché la pubblicistica abbia individuato l'esistenza di una "economia della corruzione" o ragioni di "criminalità economica";
la relazione parlamentare alla legge n. 3 del 2009 (di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione) ha ricordato che la corruzione è un costo fisso e un onere che incide pesantemente nelle decisioni di investimento delle imprese e che, in particolare, la corruzione è un fattore determinante per la non-entrata e, spesso, per l'uscita dal mercato delle piccole e medie imprese che non dispongono di mezzi strutturali e finanziari per sostenerne gli oneri. L'osservazione empirica ha evidenziato che in quei sistemi locali nei quali la magistratura ha colto una collusione di interessi tra aziende aggiudicatrici degli appalti e settori della pubblica amministrazione politici e burocratici si può misurare con una certa facilità la caduta di capacità competitiva delle imprese. Quando le imprese stesse operano in simbiosi con la pubblica amministrazione per determinare un mercato "protetto", tale da assicurare una forte barriera all'ingresso da parte di soggetti esterni, si condanna l'impresa stessa ad una costante dipendenza da "quella specifica" committenza e ad una ridotta capacità competitiva. In nome, insomma, di una presunta tutela della comunità e del mercato locali si pratica, nel tempo, una marginalizzazione sul mercato;
-per i cittadini, i costi della corruzione equivalgono ad una "tassa occulta" pagata in termini di prezzi più elevati, minori investimenti, inefficienza degli appalti pubblici, minori servizi pubblici e di qualità inferiore, minore crescita economica e maggiore disuguaglianza dei redditi. In un suo recente intervento, il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha evidenziato che esiste un legame diretto tra questione morale e prosperità collettiva: dove maggiore è la corruzione, minore è il PIL pro capite; viceversa, dove maggiore è la rettitudine, maggiore è lo sviluppo della società. La probità, quindi, è una dote non solo per l'individuo ma per il Paese nel suo insieme;
un approccio più consapevole verso la qualità e la quantità dei reati di corruzione e dei loro effetti risponderebbe alla preoccupazione di riparare la società dai danni che sta subendo, senza indugiare in analisi troppo semplificate del fenomeno. Non si può, infatti, condividere l'idea che esista una normale e fisiologica "quantità" di corruzione che caratterizza i sistemi politici e istituzionali dei Paesi più avanzati. Secondo questa rappresentazione, l'Italia sarebbe assolutamente "in linea" con i partner occidentali e l'evidenza di episodi non dovrebbe produrre scandalo: nessuna anomalia, quindi, anzi un implicito rimprovero di provincialismo a chi ritiene che il "bel Paese" abbia una sua peculiare e gravissima specificità. Nemmeno si può pensare di indagare l'attualità con le lenti del passato, utilizzando categorie che hanno interpretato il fenomeno come era in un altro tempo, che rischiano di essere inattuali e di limitare la strategia di contrasto;
in passato, la presenza di corruzione nella vita pubblica veniva direttamente associata, e a ragione, con l'invadenza della partitocrazia. La stessa affermazione del principio di imparzialità dell'amministrazione, di cui all'art. 97 della Costituzione, fu il risultato della ostinazione di alcuni giuristi della destra storica che intesero, così, assicurare l'azione dello Stato all'interesse pubblico ed arginare l'ingerenza dei partiti nelle funzioni amministrative. Anche più di recente, la crisi della "Prima Repubblica" si è prodotta a causa di un asservimento dell'interesse pubblico alle strategie di consenso e di potere della politica, trascinando via il prestigio e la grandezza dei partiti storici;
oggi, anche a causa della lunga transizione politica iniziata negli anni '90, le cose stanno diversamente. Scemata l'attenzione dell'opinione pubblica verso l'azione di "mani pulite" non è seguita un'autentica azione riformatrice della politica, una sorta di riappropriazione di ruolo nell'affermazione e nella tutela dell'etica pubblica. L'indebolimento dei partiti ed il peso pubblico dei sistemi economico-finanziari ha prodotto un cambiamento di gerarchie e di forme dell'attività di corruzione. Non sono più i partiti, il sistema partitocratico a tenere in mano le briglie e ad assegnare i ruoli in un contesto fortemente centralizzato e controllato. Sono singoli imprenditori o gruppi di imprenditori che, attraverso un'azione penetrante di condizionamento e di vero e proprio orientamento delle scelte pubbliche, si appropriano delle risorse e ne distribuiscono, anche illecitamente, i vantaggi;
considerato che:
la crescita delle denunce di corruzione non produce un corrispondente aumento dell'allarme sociale. La reazione civile contro i comportamenti illeciti degli attori pubblici trasmette un segnale ancora debole anche perché essi non sono percepiti con un disvalore uguale o superiore a quello di altri reati, non alimentano paura e insicurezza e, soprattutto, si confondono dentro un più complessivo abbassamento della soglia di legalità diffusa. Nonostante tutti i centri di ricerca - nazionali, internazionali, pubblici, accademici, privati - affermino che la corruzione in Italia continuerà a crescere e, come evidenziato da Transparency Interrnational, ne sia convinto il 70 per cento degli italiani, dopo la stagione di "mani pulite" il tema della devianza degli attori pubblici verso interessi particolari, in violazione dei doveri di ufficio e con pregiudizio per la pubblica amministrazione, è ritornato ai margini della decisione politica e della proposta massmediatica, trovando in un confortevole cono d'ombra il suo modo di esistere e di diffondersi;
il disincanto che molti cittadini dimostrano verso un modello di convivenza democratica alimentato dal rispetto delle leggi ha sicuramente più di una causa. Tra queste, c'è certamente la difficoltà, se non l'impossibilità, di ricevere dal sistema politico la testimonianza di virtù pubbliche che incoraggino la fiducia nelle istituzioni e nelle proposte offerte dai partiti. A maggior ragione, questo si può dire in un tempo in cui la maggioranza di Governo non esita ad usare la legge per finalità private o ad introdurre deroghe significative a principi fondamentali dell'ordinamento e allo stesso principio di legalità, sulla base di un malinteso concetto di emergenza, che come noto nel nostro Paese non assurge al rango di fonte del diritto e in nome del quale, tuttavia, si sono ammesse in più casi violazioni delle regole ordinarie;
viene in mente, al riguardo, la "normalizzazione" dell'ordinanza di protezione civile, uno strumento emergenziale e derogatorio della legalità ordinaria che si è voluto impiegare anche nel caso dei "grandi eventi" e spesso in assenza dei presupposti straordinari che, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lett. c), della legge n. 225 del 1992, ne legittimano l'adozione, ovvero il verificarsi di "calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari". Una norma di interpretazione autentica dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, introdotta dall'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2008, ha sottratto le ordinanze di protezione civile al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti: l'esclusione di questo vaglio della magistratura contabile, anche in relazione a procedimenti amministrativi adottati in contesti non emergenziali, agevola certamente il malaffare e sottrae l'affidamento degli appalti pubblici alle regole ordinarie, la cui ratio essenziale risiede anche nell'evitare ogni forma di corruzione o malversazione del denaro e della cosa pubblica a fini privati;
evidenziato che:
l'attività della pubblica amministrazione, in quanto costituzionalmente orientata al pubblico interesse ed informata ai rigorosi principi regolativi di legalità, di imparzialità e di buon andamento, deve essere supportata e garantita da un sistema di norme che favoriscano l'adesione ai suddetti principi ed esprimano, con la loro chiarezza, il rispetto della libertà e dei diritti del cittadino;
per questa ragione, la decisione di contrastare la corruzione non può essere ridotta ad interventi normativi correttivi o di inasprimento delle pene ma deve tradursi in riforme organiche e di sistema, coerenti con i principi costituzionali e con una pratica dell'etica pubblica della quale la politica, per prima, possa riappropriarsi. Occorre parlare, quindi, oltre che di regole formali, delle aspettative e dei valori che orientano le scelte di amministratori pubblici, cittadini e imprenditori. È fuorviante l'idea che l'unico attore in grado di contrastare la corruzione sia la magistratura attraverso l'esercizio dell'azione penale: la magistratura non è l'unico presidio della legalità; piuttosto ne è l'ultimo. In tal senso, occorre superare un deficit di cultura gestionale per puntare ad organizzare, in ambito pubblico, quei presidi intermedi che possono impedire il verificarsi del fatto illecito: istituire forme e strumenti di verifica dell'operato di singoli settori della pubblica amministrazione, introdurre forme di dialettica tra gli organi mirate non solo ad impedire comportamenti di dubbia liceità ma anche i semplici errori di valutazione;
l'iniziativa interna deve sempre più esprimersi in coerenza con la normativa europea e in adesione alle convenzioni internazionali. Ciò è ancor più necessario dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona che ha impegnato tutti gli Stati membri dell'Unione ad assumere obblighi positivi che sostanzino i principi di cooperazione ed assimilazione e a coinvolgersi nella tutela delle risorse comunitarie;
considerato, ancora, che:
nonostante le richieste sopranazionali di contrastare la corruzione con sanzioni proporzionate, adeguate e dissuasive, non è stata intrapresa fino ad ora un'azione efficace e la risposta sanzionatoria ha continuato ad essere incerta e improntata ad assoluta mitezza. Al riguardo, i dati sulle condanne definitive documentano la sostanziale impunità dei delitti di corruzione: nell'87,6 per cento dei procedimenti penali sono state inflitte pene fino a due anni di reclusione (area in cui opera la sospensione condizionale); nell'8,8 per cento dei casi, pene tra due e tre anni (area delle misure alternative, ad esempio l'affidamento in prova ai servizi sociali); soltanto nel 3,5 per cento dei casi sono state irrogate pene superiori a tre anni, eseguibili in forma detentiva, per cui solo a quest'ultima, esigua quota di condanne è affidato l'effetto deterrente tipico della sanzione penale;
al di là dell'intento dichiarato di combattere la corruzione, Governo e maggioranza sostengono norme che rinnegano i dispositivi sopranazionali di origine pattizia. Non c'è dubbio che il disegno di legge Atto Senato n. 1880, che il Governo e la maggioranza hanno voluto e votato in Senato sia in contrasto con la Convenzione ONU contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale nel 2003 a Merida e ratificata dall'Italia con legge 3 agosto 2009, n. 116, nonché con le conclusioni del rapporto adottato il 2 luglio 2009 dai Paesi del GRECO. Le soluzioni adottate, infatti, rischiano di impedire l'accertamento giudiziario se si considera che il reato di corruzione è già stato pesantemente condizionato dai nuovi termini di prescrizione previsti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta legge ex Cirielli): l'intreccio tra i due sistemi prescrizionali - (un periodo breve per l'estinzione del reato ed un termine breve per la conclusione del processo) - rischia di vanificare ogni sforzo nella lotta contro un reato che assai gravemente incide sulla correttezza della pubblica amministrazione, sulla tenuta del bilancio pubblico e sull'affidabilità economica del nostro Paese;
l'adozione delle norme sul cosiddetto scudo fiscale (ossia il condono fiscale realizzabile con il pagamento di un'aliquota al 5 per cento da applicare sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute almeno al 31 dicembre 2008 o rimpatriate e regolarizzate a partire dal 15 ottobre 2009 e fino al 15 aprile 2010) ha ulteriormente dimostrato quanto l'intento praticato da Governo e maggioranza sia quello di indebolire la lotta contro la corruzione, introducendo una normativa che costituisce un altro grave colpo alla possibilità di rintracciare e recuperare patrimoni illeciti, destinati a reati di corruzione o provenienti dalla stessa o da illeciti strumentali, quali la frode fiscale e il falso in bilancio,
impegna il Governo a promuovere e a sostenere ogni iniziativa legislativa, anche dell'opposizione, che sia volta a rendere inequivoca ed effettiva l'azione di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di corruzione. Più in particolare, ogni iniziativa tesa a:
a) modificare le norme che ostacolano l'attività di indagine e di repressione. In tal senso, ad espungere dall'ordinamento le norme di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 401 del 2001, che ha esteso l'ambito delle ordinanze di protezione civile ai grandi eventi, e all'art. 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2008, che ha sottratto dette ordinanze al controllo preventivo di legittimità. Per tale strada, infatti, è avanzata la "normalizzazione" di istituti introdotti per gestire le emergenze che ha accresciuto le opportunità di realizzare illeciti contro la pubblica amministrazione;
b) desistere dal sostenere l'approvazione dell'Atto Camera n. 3137 (già Atto Senato n. 1880) contenente misure contro la durata indeterminata dei processi. Come ha ricordato il Procuratore generale della Corte dei conti, la giurisdizione contabile non ha bisogno e, anzi, può essere pregiudicata dall'adozione di siffatta legge, peraltro retroattiva: "la giustizia contabile (...) non può certo dirsi affetta dalla sistemica lentezza che colpisce altre giurisdizioni. Ciò è dovuto sia alla struttura stessa del processo contabile sia all'impegno sempre più vivo dei magistrati addetti alle procure ed alle sezioni regionali, che sta avviando un trend progressivo di riduzione dei tempi di definizione dei giudizi (...). Il vero profilo di rilevanza della determinazione normativa dei tempi del processo contabile è allora soltanto quello della eventuale retroattività della disposizione, che porrebbe irragionevolmente nel nulla proprio quei giudizi non definiti nei tempi stabiliti a causa della complessità delle questioni affrontate o della connessa necessità di particolari accertamenti istruttori";
c) desistere, altresì, dal sostenere l'approvazione degli Atti Senato n. 1440 e n. 1611 che operano una rivisitazione del procedimento penale e delle disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali in grado di penalizzare l'azione di contrasto alla criminalità e in particolare alla corruzione e agli altri delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione;
d) estendere la lotta alla corruzione contro tutti quei comportamenti che normalmente si pongono con essa in rapporto di interdipendenza funzionale, introducendo nell'ordinamento reati quali il traffico di influenza, la corruzione nel sistema privato, e rivedendo la materia della corruzione nel settore pubblico, il falso in bilancio e i reati fiscali. È noto, infatti, che attraverso il falso in bilancio si occulta il denaro delle tangenti, si realizza la disponibilità di "fondi neri". Per questa ragione devono essere soppresse le disposizioni relative agli illeciti penali ed amministrativi delle società commerciali (decreto legislativo n. 61 del 2002), in conseguenza delle quali sono state ridotte le pene per il falso in bilancio e dunque aumentata la possibilità di estinzione del reato per prescrizione, in violazione della disciplina comunitaria (come ha affermato l'avvocato generale Kokott nella causa contro Berlusconi dinanzi alla Corte di giustizia europea). Lo stesso decreto legislativo, la cui legittimità costituzionale non ha potuto essere vagliata nel merito dalla Consulta in virtù del principio dell'insindacabilità delle norme penali di favore e della irretroattività delle norme incriminanti o che comunque aggravino la posizione dell'imputato nel giudizio a quo, ha introdotto soglie di non punibilità altissime, dando vita ad una sorta di impunità per "modica quantità" di fondi neri. Ancor grave è che per le società, il reato è stato reso perseguibile a querela che la parte offesa, creditore o azionista, difficilmente presenterà contro gli amministratori: il primo perché difficilmente ha conoscenza del reato; il secondo perché di solito è il mandante e il beneficiario del reato. Quanto ai reati fiscali, occorre intervenire sui fattori che favoriscono l'evasione e l'elusione; in particolare, sulla falsa fatturazione, posto che dal 2000 l'uso di fatture per operazioni inesistenti è punito solo se superano una certa soglia e se si riverberano sulla dichiarazione dei redditi;
e) combattere efficacemente il riciclaggio ed introdurre la punibilità del cosiddetto autoriciclaggio, in linea con le legislazioni di altri Paesi e con le direttive europee;
f) rafforzare l'azione della magistratura contabile, garantendone in primo luogo l'effettiva indipendenza da ogni altro potere dello Stato. In tal senso, è necessario accogliere i dubbi opportunamente espressi dal Procuratore generale della Corte dei conti a proposito dei più recenti interventi normativi in materia di responsabilità amministrativa. A ragione, nella citata relazione, egli ha evidenziato che la nuova disciplina sulla giurisdizione amministrativo-contabile (di cui al decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009, come modificato dal decreto-legge n. 103 del 2009, convertito dalla legge n. 141 del 2009, nonché all'art. 42, comma 2, della legge n. 69 del 2009) presenta talune difficoltà interpretative che possono, nell'applicazione delle norme, delegittimare un indirizzo giurisprudenziale consolidato e, nei fatti, ostacolare l'attività istruttoria del pubblico ministero contabile ed indebolire quella giudicante della Corte. Coerentemente, devono essere restituite alla Corte dei conti le prerogative e i poteri che gli sono stati sottratti con l'art. 11 della legge n. 15 del 2009 - impugnato dinanzi alla Consulta per asserita lesione dell'indipendenza della magistratura contabile - che ha inteso valorizzare nell'ambito dell'organo di autogoverno la componente laica a scapito di quella togata;
g) sotto il profilo del diritto penale sostanziale, realizzare un'ampia e organica revisione del settore dei delitti commessi dai pubblici ufficiali o da incaricati di pubblico servizio. La necessaria ed urgente ratifica della Convenzione penale sulla corruzione fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari, del 27 gennaio 1999, può essere anche l'occasione in cui razionalizzare ed inasprire l'apparato sanzionatorio: la condotta di concussione per costrizione va ricompresa in quelle di estorsione e la condotta di concussione per induzione all'interno di una rivisitata fattispecie di corruzione, assistita da una circostanza attenuante per il solo extraneus che collabori fattivamente con l'autorità giudiziaria, così da sconfiggere quel muro di omertà che circonda simili illeciti e che determina l'elevata cifra oscura che li caratterizza. Vanno ricercate soluzioni normative nuove che, oltre a semplificare la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse, diano rilevanza anche a quelle condotte che, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione e idonee ad ingenerare dubbi sulla sua effettiva imparzialità ed efficienza, non risultano sanzionate all'interno del sistema penale italiano. In tal senso, si dovrebbe introdurre nel codice penale la fattispecie del traffico di influenze illecite, prevista specificamente dalla Convenzione di Strasburgo e volta a punire la condotta dei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione;
h) introdurre nel codice penale, in conformità alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, il delitto di corruzione privata, com'era peraltro previsto dalla legge comunitaria per il 2008 e al fine di contrastare fenomeni di corruttela e malaffare nel settore privato, oggi non esaustivamente tipizzati in fattispecie incriminatrici ad hoc e tuttavia responsabili dell'ulteriore diffusione della cultura dell'illegalità nel nostro Paese. Così è anche opportuno rafforzare la responsabilità degli enti di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001 per la commissione di reati, estendendola anche al delitto di corruzione privata di cui si propone l'introduzione, in ragione della sua idoneità a prevenire e contrastare la tendenza alla commissione di reati sotto lo "scudo" della persona giuridica;
i) al fine di rafforzare l'attitudine deterrente e anche la stessa efficacia simbolico-performativa della legge penale in materia, prevedere, quale sanzione accessoria per i delitti in questione, la «riparazione pecuniaria» in favore della pubblica amministrazione cui appartenga il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio colpevole, in misura pari all'importo dato o promesso al corrotto, senza pregiudizio del diritto della pubblica amministrazione al risarcimento del danno. Nella medesima prospettiva è altresì auspicabile introdurre, quali circostanze aggravanti ulteriori rispetto a quelle oggi previste, quelle relative alle ipotesi in cui taluno dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione sia commesso nell'ambito della gestione di calamità naturali o dei grandi eventi (ad esse parificate dall'articolo 5-bis, comma 5, decreto-legge n. 343 del 2001) o al fine di conseguire indebitamente contributi, finanziamenti o altre erogazioni concesse dallo Stato, da altri enti pubblici o dalla Comunità europea, ovvero al fine di turbare la gara nei pubblici incanti, nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni o comunque in procedure per l'affidamento di contratti pubblici, così da rimarcare il particolare disvalore che tali condotte assumono, in ragione del contesto in cui si svolgono ovvero delle finalità sottese e in considerazione del fatto che molti dei fatti di corruzione di recente verificatisi sono stati commessi in tale ambito;
l) allo scopo di potenziare le misure patrimoniali di contrasto ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione e di dare piena attuazione alla decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005, estendere la confisca per equivalente di cui all'articolo 322-ter, comma 1, del codice penale, anche al profitto (oltre che al prezzo) del reato; estensione che non è possibile operare in via interpretativa in ragione del tenore normativo, come dimostra la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione del 25 giugno 2009, n. 38691, Caruso, rv. 244191;
m) sotto il profilo processuale penale, estendere ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione le attività sotto copertura e di contrasto previste dall'art. 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, sul crimine organizzato transnazionale, in ragione della loro particolare importanza al fine di acquisire elementi di prova essenziali in ordine a fatti di corruzione commessi anche (come sempre più spesso avviene) su scala transnazionale;
n) potenziare lo strumento delle intercettazioni (telefoniche, telematiche, ambientali) nell'ambito di procedimenti per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione e desistere da ogni proposta tesa a restringerne ambito, durata, presupposti di ammissibilità e di utilizzabilità anche in altri procedimenti (si veda l'Atto Senato n. 1611), nonché da ogni progetto di riforma volto ad ostacolare l'accertamento dei reati o a limitare i poteri cognitori del giudice. Si pensi, in proposito, alla prescrizione processuale di cui all'Atto Camera n. 3137, che contrasterebbe anche con gli impegni assunti in sede internazionale con la ratifica (con legge 3 agosto 2009, n. 116) della Convenzione Onu contro la corruzione. E si pensi ancora alla proposta di sottrarre ai magistrati del pubblico ministero la possibilità di acquisire autonomamente la notitia criminis, ovvero all'indebita estensione dei tempi dibattimentali inevitabilmente connessa alla prevista eliminazione della possibilità del giudice di espungere le prove manifestamente superflue o di ammettere prove d'ufficio (Atto Senato n. 1440). È chiaro che tali norme, estendendo ulteriormente i tempi di definizione del processo, e prestandosi a strumentalizzazioni a fini dilatori, renderanno più agevole la maturazione della prescrizione, specialmente per reati, come quelli contro la pubblica amministrazione, che si prescrivono in tempi relativamente brevi (tanto più alla luce dell'Atto Camera n. 3137). Ulteriori restrizioni ai poteri cognitori del giudice deriverebbero anche dalla prevista limitazione alla circolazione probatoria delle sentenze irrevocabili, che nell'Atto Senato n. 1440 viene consentita solo per i delitti di criminalità organizzata di cui agli artt. 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lett. a), del codice di procedura penale, con ulteriore limitazione della possibilità di accertamento del reato in tempi compatibili con il regime prescrizionale previsto per gli illeciti in questione;
o) al fine di estendere le possibilità di accertamento dei reati contro la pubblica amministrazione e degli illeciti connessi, prevedere la sospensione del corso della prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari dal momento della consumazione del delitto di corruzione fino al momento dell'esercizio dell'azione penale per il predetto delitto, allorché lo stesso sia stato commesso per ottenerne l'occultamento o il mancato perseguimento;
p) realizzare una migliore trasparenza e conoscibilità dell'attività e delle disponibilità economico-finanziarie di coloro che svolgono responsabilità politiche ed istituzionali, anche in conseguenza del rapporto dei Paesi del GRECO che ha evidenziato che il codice deontologico del pubblico dipendente (e quelli dei componenti degli organi giurisdizionali) non trova riscontro in analoghi codici vincolanti per i componenti del Parlamento e del Governo, e che anzi la legge n. 441 del 1982 - sulla dichiarazione patrimoniale dei parlamentari e dei componenti del Governo - costituisce un adempimento meramente formale non suscettibile di alcun controllo da parte di una oversight authority;
q) introdurre una regolamentazione più rigorosa dei criteri e degli ambiti nei quali è consentito avvalersi di consulenze ed incarichi affidati a professionisti esterni alla pubblica amministrazione ovvero è consentito che siano svolti incarichi extragiudiziali, stante il fatto che la loro scelta o la loro retribuzione può essere la via per realizzare o soddisfare rapporti corruttivi o clientelari, con sviamento dell'interesse pubblico;
r) attivare adeguate ed efficaci forme di tutela della trasparenza delle gare e della competitività in tutti i settori, specialmente in quello delle costruzioni e dei lavori pubblici;
s) sostenere con l'offerta formativa, di strumentazione e di risorse adeguate la capacità di investigazione e di contrasto svolta con professionalità dalle Forze di polizia, migliorando la loro azione di coordinamento e realizzando una condivisione dei dati autonomamente raccolti, indispensabile a conoscere nel tempo l'evoluzione degli illeciti. Non vi è dubbio, infatti, che la crescita delle denunce sia anche l'indice dell'attività svolta dagli operatori, in grado di realizzare una contrazione del "numero oscuro" dei reati e per questo meritevole di sostegno e di incoraggiamento;
t) rendere effettive le 22 raccomandazioni amministrative, procedurali e normative che i Paesi del GRECO hanno inviato all'Italia per combattere la corruzione tra cui: 1) lo sviluppo (per mezzo del SAeT o di altra autorità competente) di una politica anti-corruzione globale con il pieno coinvolgimento della società civile; 2) l'istituzione di programmi rivolti a tutte le Forze di polizia, per la condivisione della conoscenza del fenomeno corruzione e delle strategie per combatterla; 3) il coordinamento e la conoscenza condivisa tra le Forze di polizia coinvolte nelle attività investigative considerando la possibilità di sviluppare un meccanismo di supporto orizzontale sul modello della Direzione investigativa antimafia; 4) l'individuazione di forme e modalità operative affinché tutti i dipendenti della pubblica amministrazione (compresi manager e consulenti), a tutti i livelli di governo, si adeguino e rispettino definiti standard etici, con un sistema di verifica del rispetto degli stessi; 5) l'adozione di modalità chiare e facilmente realizzabili per la risoluzione di eventuali conflitti di interesse per ogni persona che, ad ogni livello di governo, voglia svolgere funzioni all'interno della pubblica amministrazione; 6) l'istituzione di adeguati sistemi di protezione per coloro che, in buona fede, informano su sospetti atti di corruzione nella pubblica amministrazione (informatori); 7) l'introduzione del divieto di mantenere funzioni dirigenziali per tutti quegli individui che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato per reati di corruzione;
u) ampliare il regime delle ineleggibilità e delle incompatibilità per i soggetti titolari di cariche elettive pubbliche e di governo che siano stati condannati per fatti di corruzione, anche al fine di assicurare che i livelli istituzionali più vicini ai cittadini operino, nel rispetto della loro autonomia costituzionale e statutaria, comunque in un regime di imparzialità e di serietà.