Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02489

Atto n. 4-02489

Pubblicato il 12 gennaio 2010
Seduta n. 309

FERRANTE - Al Presidente del Consiglio dei ministri. -

Premesso che:

un transessuale brasiliano di 34 anni, Carlos S., che si trovava da alcuni giorni nel Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di via Corelli a Milano, si è impiccato con un lenzuolo annodato alle sbarre della cella in cui si trovava, nel giorno di Natale. Era stato fermato assieme ad altri "viados" durante un'operazione di polizia domenica 20 dicembre 2009 ed era stato portato al centro di via Corelli in quanto sprovvisto dei documenti necessari per la sua permanenza in Italia;

si apprende quest'ennesima drammatica notizia dalla lettura di un comunicato stampa dell'associazione “Osservatorio permanente sulle morti in carcere” del 26 dicembre 2009;

Carlos non era formalmente un detenuto, non era nemmeno sotto la responsabilità del Ministero della giustizia, bensì di quello dell’interno, quindi la sua morte non verrà catalogata nelle statistiche ufficiali dei detenuti suicidi, eppure, con ogni evidenza, si è ucciso mentre era ristretto, privato della libertà personale;

nei Centri di identificazione ed espulsione (ex CPT), come pure nelle “camere di sicurezza” delle Questure e delle caserme le persone non sono “detenute”, quindi paradossalmente possono risultare meno tutelate rispetto a chi entra nel circuito penitenziario (regolato da un apparato normativo che prevede anche una serie di strumenti di garanzia per i detenuti);

il suicidio di Carlos è il secondo che avviene in un CIE dall’inizio del 2009 e si aggiunge a un decesso "per causa da accertare" nel CIE di Roma. Nel 2008 nei CIE si sono registrati due morti per malattia, mentre nel 2007 altri tre suicidi (di cui due, nel CIE di Modena, a distanza di un solo giorno l’uno dall’altro);

proprio per verificare la situazione dei CIE italiani il 6, 7 e 8 dicembre 2009 è stata promossa un'iniziativa alla quale hanno partecipato numerosi parlamentari;

i dati di queste visite sono ancora in elaborazione ma solo come esempio si può dire che nel CIE di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) risultavano 193 immigrati, nel CIE di Brindisi 91, mentre 55 erano presenti in quello di Lamezia Terme (Catanzaro);

la situazione più drammatica è stata riscontrata nel CIE di Ponte Galeria (Roma). Il centro, gestito dalla Prefettura di Roma e affidato alla Croce rossa italiana, accoglie attualmente 237 immigrati, di cui 111 donne, di cui molte con figli abbandonati, e 146 uomini;

la struttura si presenta, come tutti gli altri CIE, in maniera inequivocabile come una prigione, con sbarre, cancelli chiusi a chiave e orari di visita regolamentati, con la sola differenza che il personale preposto non è composto da guardie carcerarie ma da operatori della Croce rossa e pochi funzionari di Polizia, che operano con assoluta carenza di mezzi e fondi. Nella struttura, la manutenzione è assolutamente insufficiente: il sistema di riscaldamento è praticamente fuori uso e manca l’acqua calda, mentre i bagni sono in gran parte inagibili;

su tale situazione il firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ha presentato l’interrogazione 3-01079 al Presidente del Consiglio dei ministri, pubblicata il 10 dicembre 2009, alla quale non è stata data ancora risposta,

si chiede di conoscere:

se si ritenga che all’interno dei CIE italiani siano garantiti i diritti fondamentali della persona;

se non si ritenga opportuno e oramai improcrastinabile riferire urgentemente sulla reale consistenza del fenomeno delle morti in carcere, e nei CIE, in modo che possano essere concretamente distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e da quelle, invece, avvenute per cause sospette a partire dai casi di Stefano Cucchi, di Giuseppe Saladino, di Uzoma Emeka e di Carlos S.;

se si ritenga indifferibile, proprio per garantire i diritti fondamentali delle persone, la necessità di creare un osservatorio per il monitoraggio delle morti che avvengono in situazioni di privazione o limitazione della libertà personale al di fuori del sistema penitenziario e di assicurare che in tale osservatorio siano presenti anche le associazioni per i diritti dei detenuti e degli immigrati.