Legislatura 13ª - Disegno di legge N. 4031

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 4031


DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei senatori DANIELI, CUSIMANO, MAGNALBÓ, MANTICA, BORNACIN, SPECCHIA, MAGGI, DE CORATO, BONATESTA, FLORINO e MARRI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MAGGIO 1999

Norme di modifica dell'articolo 116 della Costituzione per la concessione di statuti speciali alle regioni a statuto ordinario






ONOREVOLI SENATORI. - É ormai opinione comune, in Italia e all'estero, che con il processo di globalizzazione economica e con la realizzazione della moneta unica europea la competizione si sposti sempre piú a livello dei singoli territori: diventa determinante la loro capacità di mantenere, attrarre e promuovere attività economiche, risorse umane e finanziarie. Occorre di conseguenza consentire ai territori di prendere rapidamente e direttamente le decisioni in relazione a tutte quelle questioni che piú direttamente influiscono sul loro sviluppo. L'esperienza dimostra, d'altra parte, come si siano rivelate gravi ed insopportabili le pastoie del centralismo: basti ricordare a questo proposito solo il tema dei trasporti. In tutta Europa si realizzano, del resto, riforme che investono le istituzioni di livello regionale di sempre maggiori competenze e risorse: dall'Austria al Belgio, dalla Spagna al Regno Unito, per finire all'ultimo esempio in ordine di tempo, quello della Polonia. In questo contesto, considerata la struttura federale di lunga data della Germania e della Svizzera, l'Italia rischia di essere in Europa uno degli ultimi Stati centralizzati fra quelli non aventi dimensioni meramente regionali. Persino in Francia l'autonomia finanziaria di regioni e comuni é piú ampia che in Italia e si sta seriamente discutendo di ampliare le attuali autonomie.
Nel nostro paese la necessità di rafforzare le strutture di governo regionali é poi particolarmente accentuata se si considerano le forti diversità strutturali, socio-economiche, ma anche culturali e politiche esistenti fra le diverse aree della penisola. Esiste d'altra parte, soprattutto nelle regioni settentrionali del paese e ormai da tempo, una larga maggioranza di opinione pubblica favorevole a riforme di tipo federale del nostro assetto istituzionale: deludere troppo a lungo queste attese rischia di indebolire la credibilità del sistema democratico repubblicano, rafforzando la pericolosa e crescente deriva astensionistica.
Proprio la differenziazione anche notevole delle realtà che compongono la Repubblica sembra rendere piú appropriato un processo di devoluzione variabile di competenze che tenga in considerazione piú fattori fra cui, in primo luogo, la disponibilità sul territorio di risorse idonee per affrontare piú complesse ed estese responsabilità. Dati questi presupposti, la formula che consente la piú ampia flessibilità é senz'altro quella delle forme e condizioni di autonomia particolare. É questa anche la formula seguita nelle piú recenti esperienze di riforma in chiave autonomistica. Cosí é stato in Spagna, cosí anche nell'esperienza che ha caratterizzato il Regno Unito: la concessione di condizioni di autonomia particolare realizza infatti, fra l'altro, una devoluzione di competenze dal Parlamento nazionale ai consigli regionali affine a quella che si é avuta per il Parlamento scozzese e per l'Assemblea gallese.
In questa direzione, già nella Commissione parlamentare per le riforme costituzionali prima e alla Camera dei deputati poi, si era raccolto un ampio consenso politico in favore della introduzione nella Costituzione di una norma (articolo 57, quarto comma, del testo risultante dalla pronuncia della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali sugli emendamenti (A.C. n. 3931-A e A.S. n. 2853-A) che prevedesse esplicitamente la possibilità anche per le regioni a statuto ordinario di ottenere forme e condizioni di autonomia particolare.
Nel presente disegno di legge costituzionale viene ripreso, in alcune delle sue linee por tanti, l'impianto del citato articolo 57, emendato dall'Assemblea della Camera dei deputati, con alcune significative innovazioni.
La scelta di attuare una specifica modifica dell'articolo 116 della Costituzione risponde ad una serie di considerazioni di opportunità. Intanto é parso utile sgombrare il campo da possibili obiezioni circa l'ammissibilità di una procedura riformatrice volta a concedere a singole regioni statuti speciali con il meccanismo previsto dall'articolo 138, in costanza della formulazione attuale dell'articolo 116, che riserva tale possibilità soltanto alle regioni ivi richiamate. Il dibattito svoltosi nella Commissione parlamentare per le riforme costituzionali sulla opportunità di inserire nella Costituzione una norma idonea a consentire la estensione alle altre regioni di forme e condizioni di autonomia particolare, cosí come la esplicita menzione di tale facoltà nel progetto di riforma, fa ritenere conveniente seguire la strada di una modifica dell'articolo 116 della Costituzione.
D'altra parte, la procedura attuale prevista dall'articolo 138 espone la concessione di condizioni di autonomia particolare ad una serie di inconvenienti:

a) qualora nella seconda votazione non si dovesse raggiungere la maggioranza dei due terzi si correrebbe il rischio, piú che reale, di dover sottoporre la legge che riguarda l'autonomia di una specifica regione a referendum nazionale, con la possibilità di pericolose e gravi contrapposizioni fra abitanti di regioni diverse;
b) non ci sarebbe nessuna garanzia per evitare revisioni o abrogazioni non gradite dal corpo elettorale di quella regione: basterebbe infatti una nuova legge costituzionale per cancellare forme e condizioni di autonomia particolare;
c) non sarebbe possibile sentire il parere degli elettori della regione interessata;
d) in costanza del meccanismo attuale, le Camere possono apportare liberamente emendamenti: conservando questa impostazione si scatenerebbe una contrattazione selvaggia ed una discussione estenuante che dilazionerebbe all'infinito la concessione delle condizioni di autonomia;
e) la concessione di competenze ulteriori alle regioni potrebbe attualmente avvenire senza limitazioni di ordine finanziario potendo cosí comportare la necessità per lo Stato di trasferire risorse superiori a quanto raccolto in loco con il gettito erariale. A tutto ció si puó aggiungere che sembra piú opportuno fissare un principio generale che possa valere in teoria per tutte le regioni italiane e che sia destinato ad avere una portata politicamente e costituzionalmente rilevante, stimolando e legittimando ulteriormente lo sviluppo di un processo riformatore all'insegna della autonomia dei territori.

Valutate queste premesse, hanno quindi preso forma il secondo, il terzo e il quarto comma dell'articolo 116 della Costituzione, che il presente disegno di legge intende aggiungere al testo vigente.
Piú nello specifico, con il secondo comma si prevede la possibilità di derogare ad una serie di articoli contenuti nel titolo V della Costituzione. Si tratta di articoli sottoposti ad ampia critica in questi ultimi anni, la cui necessità di modifica, quando non di abrogazione (in particolare, questa, per gli articoli 124, 125, 126, 127), é stata da piú parti sostenuta; non a caso tali articoli erano destinati ad essere rivoluzionati dall'impianto previsto dalla Commissione "bicamerale". Le deroghe si possono dunque riassumere attorno a sei ordini di elementi: 1) le competenze riservate all'attività legislativa delle regioni e i limiti della legislazione regionale medesima, con conseguente estensibilità delle funzioni amministrative regionali; 2) la possibilità per determinate regioni di stabilire ed applicare autonomamente tributi propri, in conformità del resto con quanto già previsto dall'articolo 62 del testo risultante dalla pronuncia della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali sugli emendamenti (A.C. n. 3931-A e A.S. n. 2583-A); 3) l'ordinamento interno di ciascuna regione, compresa pertanto la forma di governo regionale e la legge per la elezione dei consiglieri regionali; 4) la disciplina dei controlli statali sulle leggi e sugli atti amministrativi regionali e in particolare le funzioni del commissario del Governo; 5) i controlli di legittimità sugli atti di province, comuni ed altri enti locali; 6) la modifica delle circoscrizioni comunali e provinciali, la istituzione di nuove, il mutamento dei loro nomi.
Con il terzo comma si intende lasciare alla sola regione la valutazione della opportunità di chiedere condizioni di autonomia particolare, cosí come la formulazione in concreto degli elementi costituenti le forme e condizioni; viene coinvolto altresí, necessariamente, il corpo elettorale regionale che puó bloccare l' iter procedimentale qualora non reputi di suo gradimento il progetto sottopostogli. Ció corrisponde ad esigenze di rispetto del metodo democratico e del principio di autonomia. É significativa innovazione la richiesta di una semplice maggioranza dei voti validi per impedire che chi sia indifferente al processo riformatore possa contribuire a bloccarlo. Importante innovazione é pure le previsione di una legge di approvazione che richiede soltanto la maggioranza assoluta dei componenti le due Camere. Sotto questo specifico aspetto si riproduce la previsione del citato articolo 57, quarto comma, del testo risultante dalla pronuncia della Commissione bicamerali per le riforme costituzionali sugli emendamenti cosí come emendato dall'Assemblea della Camera dei deputati.
Il quarto comma intende fissare un principio di buona amministrazione, evitando che le nuove competenze siano concesse anche quando non vi siano le risorse per farvi fronte, scaricando cosí, in definitiva, il costo dell'autonomia su altre regioni.
Infine, il quinto comma intende rendere vincolante il consenso del corpo elettorale regionale per eventuali modifiche delle condizioni di autonomia particolare. La specifica limitazione qui contenuta ("L'abrogazione o la modifica delle forme e condizioni di autonomia particolare") significa che ogni cambiamento dello statuto, che non riguardi direttamente quelle forme e condizioni di particolarità discendenti dalla legge statale di autonomia, puó avvenire con legge regionale senza richiedere la procedura indicata nel comma medesimo.
Con la presentazione di questo disegno di legge costituzionale si propone una concreta iniziativa volta a trasformare in senso realmente autonomista il nostro sistema istituzionale: si offre dunque l'occasione alle forze politiche di dimostrare chiaramente la loro reale vocazione riformatrice e federalista.





DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE




Art. 1.

1. All'articolo 116 della Costituzione, dopo il primo comma, sono aggiunti i seguenti:

"Forme e condizioni particolari di autonomia, in deroga agli articoli 117, 118, 119, 121, 122, 123, 124, 125, 126, 127, 130 e 133, possono essere concesse anche a Regioni diverse da quelle di cui al primo comma, con legge approvata dalla Camere, ai sensi del terzo, quarto e quinto comma.
L'iniziativa legislativa spetta alla Regione interessata. La proposta di iniziativa regionale deve essere sottoposta a referendum limitato ai cittadini elettori della Regione proponente e non puó essere presentata al Parlamento per l'approvazione se non abbia ottenuto in questa consultazione la maggioranza dei voti validi. La legge é approvata dalle due Camere a maggioranza assoluta dei componenti.
La Regione non puó richiedere forme e condizioni particolari di autonomia qualora il finanziamento delle complessive competenze regionali comporti trasferimenti statali superiori al gettito erariale riscosso nella Regione stessa.
L'abrogazione o la modifica delle forme e delle condizioni di autonomia particolare di cui al secondo, terzo e quarto comma, possono essere disposte solo con legge approvata dalle due Camere a maggioranza assoluta dei componenti e confermata, con la maggioranza dei voti validi, da un referendum limitato ai cittadini elettori della regione interessata".
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