Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00081

Atto n. 1-00081

Pubblicato il 15 gennaio 2009
Seduta n. 125

SCARPA BONAZZA BUORA , SANCIU , ALLEGRINI , COMINCIOLI , DELOGU , FASANO , GIORDANO , MAZZARACCHIO , PICCIONI , PICCONE , SANTINI

Il Senato,

premesso che:

il Testo unico delle leggi sul nuovo catasto dei terreni, approvato con regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1572, all’articolo 16 disponeva, per quanto interessa, che i fabbricati rurali e le aree che occupano “saranno esenti da imposta”;

nei quaderni di stima dell’azienda agricola (modello 23), utilizzati per la determinazione dei redditi fondiari, è compreso anche il reddito dei fabbricati rurali da imputare al reddito dominicale dei terreni;

i fabbricati rurali, fino al 1993, sono stati iscritti al Catasto terreni senza attribuzione di rendita;

con l’articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 1994 è stato istituito il catasto dei fabbricati, in sostituzione del catasto edilizio urbano, con il solo scopo di censire l’intero patrimonio edilizio nazionale, ivi compresi i fabbricati rurali già iscritti o da iscrivere al catasto terreni;

tale operazione di “censimento”, peraltro non ancora completata, comporta l’attribuzione di una rendita catastale anche per i fabbricati rurali la quale, peraltro, come confermato dalle precisazioni dell’Amministrazione finanziaria, assume rilievo esclusivamente nel caso di perdita dei prescritti requisiti;

il Ministero delle finanze, Dipartimento del territorio, con nota del 18 giugno 1999, n. C2/31047, ha evidenziato che la citata normativa sul catasto dei fabbricati ha rivisitato i criteri per l’accatastamento dei fabbricati e per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, senza però mutare la natura del reddito dominicale dei terreni, che è comprensivo della redditività facente capo alle costruzioni rurali asservite;

l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 50/E del 20 marzo 2000, ha chiarito che “il reddito attribuito al fabbricato rurale deve intendersi come un elemento indicativo della potenzialità reddituale autonoma dell’edificio e (…) il reddito dominicale dei terreni (…) è comprensivo anche della redditività delle costruzioni rurali asservite”;

il Ministero delle finanze, Direzione centrale per la fiscalità locale, con nota n. 2037 del 6 febbraio 2001, ha ribadito che “la rendita attribuita ai fabbricati rurali assume un’autonoma rilevanza fiscale solo nel caso in cui vengano a mancare i requisiti per il riconoscimento della ruralità”. La medesima nota ha altresì precisato che per i fabbricati “l’attribuzione di una rendita catastale non produce alcun effetto automatico sull’imposizione fiscale; infatti, i fabbricati rurali (…), anche se denunciati in catasto con le ordinarie modalità di accatastamento non sono soggetti ad imposte (dirette, indirette, ICI) sui fabbricati”;

l’Agenzia del territorio, con circolare n. 7/T del 15 giugno 2007, ha confermato i precedenti indirizzi ed ha, altresì, puntualizzato che i fabbricati rurali devono essere iscritti al Catasto solo quando vengono meno i requisiti fiscali di ruralità, previsti dall’articolo 9, commi 3 e 3-bis, del citato decreto-legge n. 557 del 1993, nonché quando sono oggetto di ampliamento o ristrutturazione;

nel rispetto dei predetti principi, i fabbricati in possesso dei requisiti fiscali di ruralità, ancorché accatastati con attribuzione di rendita, non sono stati assoggettati al alcuna imposta diretta, indiretta e ICI (imposta comunale sugli immobili);

i requisiti per il riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali sono stati più volte rideterminati nell’ottica di accentuare il carattere di “pertinenza” e di “strumentalità” dei fabbricati all’esercizio delle attività agricole ed in tale ambito è stato ristretto il riferimento soggettivo, in quanto il fabbricato deve essere utilizzato soltanto dagli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese, con notevole incremento di gettito a carico del settore agricolo;

la Corte di cassazione con le sentenze n. 15321 del 10 giugno 2008 e 23596 del 15 settembre 2008 ha affermato che con l’istituzione del catasto dei fabbricati tutti gli immobili iscritti o iscrivibili in catasto con attribuzione di rendita, compresi quelli rurali, sono soggetti all’ICI;

la “innovativa” posizione della Corte non tiene conto della finalità, esclusivamente inventariale, della previsione di iscrizione al catasto dei fabbricati, ancorché rurali, e non trova riscontro in alcuna disposizione normativa;

l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), prendendo spunto dalle argomentazioni della Corte, ha fornito indicazioni ai Comuni circa il recupero dell’ICI sui fabbricati, pretendendo, addirittura, in mancanza di iscrizione nel catasto, di ricorrere alla determinazione della rendita “in via presuntiva”, criterio, tra l’altro, abbandonato dal legislatore e non più utilizzato dall’Amministrazione;

diversi Comuni hanno già proceduto o stanno procedendo alla notifica di avvisi di accertamento dell'imposta ICI, con riferimento a tutte le annualità di imposta non prescritte;

l’autonomo assoggettamento ad ICI dei fabbricati rurali comporta una illegittima duplicazione di imposta, atteso che la capacità contributiva espressa dai fabbricati medesimi è compresa nel reddito dominicale dei terreni sui quali insistono e, in quanto tale, è già assoggettata al tributo comunale;

considerato che il Governo, in risposta all'interrogazione 3-00163 dell'onorevole Brugger, presentata presso la Camera dei deputati, ha condiviso le argomentazioni a sostegno della non debenza del tributo, assicurando nel contempo un intervento risolutivo sulla materia, al fine di garantire il rispetto di principi consolidati nel tempo ed evitare una illegittima duplicazione dell’imposta,

impegna il Governo:

ad adottare con la massima urgenza una disposizione di interpretazione autentica diretta a risolvere definitivamente la questione evidenziata, in modo da evitare un ingiustificato e, soprattutto, illegittimo inasprimento “fiscale”, nonché un aggravio di costi di gestione a carico degli imprenditori agricoli, costretti a ricorrere al contenzioso al fine di resistere alla pretesa impositiva dei Comuni, in controtendenza rispetto ai provvedimenti adottati, anche di recente, dal Governo al fine di ridurre i costi amministrativi delle imprese.