Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00420
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Atto n. 3-00420 (in Commissione)
Pubblicato il 26 novembre 2008
Seduta n. 102
VALENTINO , BALBONI , BATTAGLIA , BENEDETTI VALENTINI , BUGNANO , CIARRAPICO , CORONELLA , D'ALI' , DELOGU , FLUTTERO , GENTILE , GRAMAZIO , GRILLO , LI GOTTI , LONGO , MAGISTRELLI , MUGNAI , PONTONE , SPEZIALI , TOTARO , VIZZINI , ZANDA - Ai Ministri della giustizia e dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma è stato incredibilmente “sfrattato” dalla sua sede storica presso la Corte di cassazione per esigenze legate alle attività della Corte ed in presunta ottemperanza a quanto disposto dalla legge 27 marzo 1995, n. 99 recante “Norme sulla destinazione di locali di edifici giudiziari ai consigli dell’Ordine degli avvocati e dei procuratori”;
una prima comunicazione in tal senso giungeva al Consiglio nel 2006, seguita da due ulteriori note dell’Agenzia del demanio di Roma, rispettivamente del 10 aprile e del 30 settembre 2008, con le quali veniva dapprima comunicato l’avvio delle procedure di rilascio per via amministrativa e successivamente quantificato in 20.000 euro mensili “l’indennizzo per l’occupazione del bene oltre le indennità pregresse e salvo il risarcimento di maggiori danni” nonché fissato il 31 dicembre 2008 quale termine ultimo per il rilascio dei locali;
a tali comunicazioni il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma ha sempre replicato evidenziando non solo le ragioni storiche che hanno imposto nel lontano 1911 la collocazione del Consiglio forense romano all’interno del “Palazzaccio”, ma anche le norme secondo cui, al di là di ogni possibile interpretazione, la sua presenza è da ritenersi assolutamente legittima;
la legge n. 99 del 1995 invocata per il rilascio dei locali occupati dal Consiglio degli avvocati di Roma trova, infatti, applicazione per gli altri ordini circondariali e non già per l’ordine romano, la cui peculiare collocazione proprio all’interno del “Palazzaccio” non è ad essi in alcun modo assimilabile; l’Ordine di Roma, peraltro, fa parte della Commissione di manutenzione preposta, a termine dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 99 del 1995, alla “determinazione del numero e alla valutazione di idoneità dei locali” ad esso destinati “tenuto conto della consistenza globale dell’edificio con riferimento alle esigenze connesse al regolare svolgimento dell’attività giudiziaria e di quella forense”;
il decreto del Presidente della Repubblica 11 agosto 1991, n. 291, già nel suo preambolo considera la necessità di modificare la composizione della “Commissione cui è devoluta l’amministrazione e manutenzione del detto edificio, in maniera da renderla automaticamente corrispondente alla reale utilizzazione dell’immobile medesimo” prevedendo espressamente, all’articolo 1, la presenza di un rappresentante del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma;
al di là delle questioni di carattere normativo, appare a giudizio degli interroganti pretestuosa l’esigenza di ulteriori spazi per le attività della Corte di cassazione, peraltro, ai danni del solo Consiglio dell’Ordine degli avvocati, attesa la presenza all’interno dell’enorme palazzo di numerosi locali destinati ad una serie di esercizi, quali bar, banca, ambulatorio medico ed organismi come l’Unione magistrati italiani, la Mutualità magistrati, la Mutualità cancellieri e persino l’Associazione magistrati in quiescenza, che non hanno finalità pubblicistiche e non sembra siano stati investiti da alcuna procedura di rilascio amministrativo per le accresciute esigenze della Corte,
si chiede di sapere dai Ministri in indirizzo, ognuno per quanto di competenza:
se non intendano assumere immediate iniziative tese a scongiurare l’allontanamento del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma dalla storica sede di piazza Cavour, presidio e riferimento di tutta l’avvocatura italiana nell’unica sede della Corte di cassazione e della Procura generale;
se non ritengano di dover verificare la linearità delle procedure adottate per il rilascio dei locali in via amministrativa e, comunque, da chi siano state assunte le determinazioni che hanno condotto a tale richiesta esautorando l’unica, competente commissione preposta a tali valutazioni;
se non ritengano che tutta la vicenda sia, piuttosto, da ricondurre principalmente ad iniziative egoistiche, oltre che illegittime, ai danni del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma che, appare opportuno ribadirlo, ha svolto e continua a svolgere negli ambienti condivisi con la Corte di cassazione da quasi un secolo, un ruolo importantissimo non circoscrivibile alla rappresentanza ed alla funzionalità del solo ordine romano bensì di tutta l’avvocatura italiana.