Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02940
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Atto n. 4-02940
Pubblicato il 25 ottobre 2007
Seduta n. 238
FANTOLA - Al Ministro della giustizia. -
Premesso che:
il 23 dicembre 1985, a Cagliari, nel corso di un tentativo di rapina, venne ucciso il titolare di un supermercato, Giovanni Battista Pinna;
il successivo 29 dicembre, venne arrestato, e portato nel carcere di Oristano, con l’accusa di aver ucciso il Pinna (e per i reati collegati di tentata rapina aggravata e detenzione abusiva di armi), uno studente di 24 anni, Aldo Scardella;
dopo l’arresto, e malgrado quanto previsto dalla legge, ad Aldo Scardella non fu data la possibilità di informare i familiari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti, né del luogo ove fosse detenuto;
in data 2 luglio 1986, Aldo Scardella, dopo aver trascorso sei mesi in isolamento, senza aver incontrato i parenti e il difensore, fu trovato impiccato nella sua cella nel carcere Buoncammino di Cagliari, ove era stato trasferito dal carcere di Oristano il 24 aprile dello stesso anno;
le indagini sulla morte dello Scardella si conclusero, ritenendo la morte dovuta a suicidio;
nel 1996, a seguito di nuove indagini, per l’omicidio del quale era stato accusato Aldo Scardella sono state processate e condannate con sentenza passata in giudicato nel 2002 due persone (Walter Camba e Adriano Peddio);
da tale processo è emersa in maniera inequivocabile la totale estraneità dello Scardella, sia rispetto all’omicidio sia rispetto agli altri reati per cui era stato tratto in arresto;
come sostenuto dalla famiglia di Aldo Scardella, che, con varie istanze, si è rivolta alla magistratura senza però riuscire ad ottenere informazioni soddisfacenti, vi sarebbero, in realtà, aspetti poco chiari nell’ambito della grave vicenda che ha visto coinvolto il loro congiunto;
in particolare, al di là della estrema fragilità indiziaria degli elementi che avevano determinato il suo arresto, l’autopsia disposta dalla magistratura avrebbe evidenziato una palese incongruenza: sarebbero state infatti rilevate tracce di metadone nel corpo dello Scardella, pur non avendo questi fatto uso di droghe, e nonostante le stesse cartelle cliniche del carcere non prevedessero nei suoi confronti alcuna terapia a base di metadone;
inoltre, nel 1989, un detenuto, vicino di cella di Aldo Scardella al momento del suicidio, avrebbe riferito all’autorità giudiziaria di essersi accordato con lui per un finto suicidio, al fine di indurre l’autorità di vigilanza all’assegnazione di un piantone per alleviarlo dalla condizione di isolamento;
proprio in considerazione delle anomalie e dell'abnormità che caratterizzerebbero tale vicenda giudiziaria, la famiglia Scardella, oltre a nutrire forti dubbi rispetto alla circostanza del suicidio "volontario" del congiunto, ritiene che vi sia stata tutta una serie di circostanze che avrebbero minato la resistenza psicologica di Aldo Scardella, inducendolo quindi all’atto autolesionistico che ne ha determinato la morte,
si chiede di conoscere:
quali siano le informazioni e le valutazioni del Ministro in indirizzo sui fatti riferiti in premessa;
quali siano i motivi per i quali ai familiari e al difensore di Aldo Scardella non è stata data la possibilità, dopo l’arresto, non solo di avere colloqui con il loro congiunto, ma anche di conoscere il luogo ove fosse detenuto;
se non ritenga necessario assumere idonee iniziative per fare la dovuta chiarezza, dato il tempo trascorso, sulla grave e controversa vicenda giudiziaria di Aldo Scardella e, in particolare, per accertare finalmente, dopo oltre 21 anni, le circostanze che lo avrebbero indotto al presunto suicidio.