Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02558

Atto n. 4-02558

Pubblicato il 2 agosto 2007
Seduta n. 209

ROSSI Fernando , DE PETRIS , PETERLINI , RAME , RIPAMONTI , RUBINATO , SCALERA , BENVENUTO , BELLINI , NEGRI , MALAN , ALFONZI , TECCE - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della giustizia. -

Premesso che:

il 13 luglio 2007 il giudice Laura D’Arcangelo del Tribunale di Larino (Campobasso) - a conclusione del processo sul crollo della scuola "Jovine" di San Giuliano, che vedeva imputati l’ex sindaco Antonio Borrelli, il capo dell’Ufficio tecnico comunale Mario Marinaro, il progettista della sopraelevazione Giuseppe La Serra, e i costruttori Giuseppe Uliano, Giovanni Martino e Carmine Abiuso per i reati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni – ha emesso una sentenza di assoluzione perché “il fatto non sussiste”;

i fatti oggetto della presente interrogazione si riferiscono agli avvenimenti del 31 ottobre 2002, quando un evento sismico colpì una vasta zona fra il Molise e la Puglia; in tale occasione la scuola elementare e media “Jovine” di San Giuliano subì un crollo, mentre le vicine strutture subirono danni, senza tuttavia rovinare al suolo. Il bilancio fu drammatico: dai solai appiattiti uno sull’altro e dalle macerie dell’edificio accartocciatosi su se stesso, furono estratti i corpi esanimi di 27 bambini e di un’insegnante; rimasero inoltre feriti altri 34 bambini e 5 adulti;

si verificarono in tutto il paese solo altri due crolli: palazzo Lombardi - il quale era un fabbricato di vecchia costruzione – e la casa della signora Cosentino – crollata perché realizzata in muratura senza catene;

gli effetti del terremoto non riguardano l’intero complesso scolastico "Jovine", bensì soltanto la parte che fu sopraelevata e inaugurata soltanto 45 giorni prima del crollo, dove era ubicata la scuola elementare e media, mentre la scuola materna, attaccata al medesimo edificio, la palestra e la centrale termica non crollarono, evidenziando l’eccessiva ed anomala vulnerabilità dell’edificio;

la relazione dell’Ufficio servizio sismico della Protezione civile (febbraio 2003, pag. 11) dichiara “che in altre parti del centro abitato si sono misurati effetti di amplificazione (del terremoto) maggiori rispetto a quelli relativi alla scuola, senza che si verificassero crolli totali ma solo danneggiamenti seppure molto significativi”;

in tutto il Molise nessun effetto dovuto al terremoto fu paragonabile a quanto accaduto in quella parte dell’edificio scolastico, come sostenne il prof. Prestininzi, geologo, membro della Commissione incaricata di riferire sul crollo della "Jovine" alla Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo il quale “c’erano molti danni, ma nessun crollo come quello della scuola”, e “nessun crollo poteva essere paragonato a quello della scuola” (udienza del 1° dicembre 2006, pag.2);

durante un’udienza, i periti chiarirono relativamente all’edificio che “qualora fosse stato costruito in maniera migliore quando si è sopraelevato, e se si fossero fatte le necessarie operazioni di rinforzo, sarebbe stato certamente un edificio meno vulnerabile” (udienza del 2 marzo 2007, pag. 4) “sicuramente sarebbe stato meno vulnerabile” (udienza del 2 marzo 2007, pag.5);

del resto, l'11 settembre 1992 l’ing. Ernesto Di Pietro attestava l’agibilità e la staticità della struttura; tuttavia a distanza di soli quattro mesi l’arch. Macchiarolo segnalava “sensibili cedimenti di fondazione con fessure di distacco orizzontali e verticali”; mentre l’11 dicembre 1996 il Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti rilevava “l’esposizione e la vulnerabilità dell’edificio”. Ciononostante il 29 ottobre 1998 l’ingegner Di Pietro tornava incredibilmente a “riscontrare l’assenza di lesioni, dissesti o comportamenti statici irregolari” e ad affermare che “i locali sono idonei per la specifica destinazione d’uso”;

dalle risultanze dibattimentali emerge che i consulenti del pubblico ministero hanno evidenziato l’originaria debolezza del piano inferiore della scuola (in quanto le pietre utilizzate per i muri erano di forma rotonda e non spaccate a regola d’arte; esse erano disposte in due paramenti che si fronteggiavano, spesso privi di collegamento fra loro; inoltre la malta impiegata era di cattiva qualità, con punti di degrado, ovvero un collante friabile, con presenza di argille, che secondo le normative dovrebbero essere praticamente assenti). Le verifiche fatte in seguito al crollo sulla struttura scolastica hanno evidenziato il fatto che “in termini di coefficienti di sicurezza richiesti dalla normativa del 1987, la struttura della scuola non possedeva (…) i livelli di sicurezza richiesti” (udienza del 9 giugno 2006, pag. 22);

il piano di unificazione di scuola materna, elementare e media fu predisposto il 13 maggio 1999 dal geometra comunale Marinaro; dopo tre settimane l’ing. Giuseppe La Serra (seppur privo di specifico curriculum vitae) si autopropose per la progettazione dei lavori. Dopo soli tre giorni la Giunta comunale incaricava l’ingegnere, il quale il successivo 5 agosto 1999 sottoponeva al Sindaco il “Progetto generale di adeguamento funzionale del plesso scolastico” (approvato dalla Giunta il giorno stesso), dal quale si evinceva che “le strutture portanti in muratura sono risultate in ottimo stato”. Il 9 giugno 2000 la Giunta affidava a La Serra il progetto e la direzione dei lavori del secondo lotto, che prevedeva la sopraelevazione dell’edificio. L’appalto per i lavori fu vinto dall’impresa Martino Giovanni & C., il quale chiese ed ottenne dalla Giunta (nello stesso giorno, il 5 luglio 2000) la possibilità di subappaltare alla ditta Abiuso Carmine, fra le altre, le opere in calcestruzzo e quelle in muratura;

l’intrinseca vulnerabilità del piano inferiore della scuola si è drammaticamente aggravata con la sopraelevazione del 2002 (consegnato senza collaudo definitivo, ma solo con una verifica provvisoria, e con la certificazione di agibilità e staticità, datata 11 settembre 2002, dell’ing. La Serra) al punto che i periti hanno precisato che, in merito alle sollecitazioni indotte dai carichi verticali, “tutti i muri eccedevano i limiti fissati per le tensioni ammissibili” (udineza del 9 giugno 2006, pag. 44); ulteriore riprova si colloca nella dichiarazione dei periti del giudice per le indagini preliminari, secondo i quali “Nel corso dei saggi effettuati sulle fondazioni dell’edificio crollato si è rilevato (…) un disassamento verso l’esterno di circa 10 cm della parete rispetto alla fondazione. Tale disassamento è sicuramente non rispettoso delle regole del buon costruire”;

relativamente al mancato collaudo, vi sono dichiarazioni che sottolineano come “una figura diversa per ovvi motivi di conflitto di interessi tra il progettista ed il direttore dei lavori (…) avrebbe dovuto accorgersi che la legge del 1987 non era stata rispettata. Di conseguenza immediatamente rifiutarsi al collaudo, chiedendo i controlli”; e ancora che “per la prassi corrente, per quello che abitualmente fanno tutti gli enti, è richiesto il collaudo, [che] deve essere sottoscritto da persona chiaramente distinta, da persona terza rispetto al progettista e al direttore dei lavori” (udienza del 9 giugno 2006, pagg. 159 e 161);

la risultanza delle dichiarazioni dei consulenti del pubblico ministero e dei periti del giudice per le indagini preliminari evidenzia come la struttura edilizia crollata fosse in una certa condizione di precarietà statica per la mancata indagine sulle strutture portanti preesistenti su cui andava ad inserirsi la sopraelevazione, per la mancata indagine geologica in relazione all’alto rischio sismico del territorio, per le carenze formali e sostanziali dei progetti, per la mancanza di un responsabile per il collaudo in corso di esecuzione, per la qualità del materiale utilizzato, per le errate modalità costruttive, per la mancata applicazione di norme tecniche costruttive previste per le costruzioni in cemento armato (e in zona sismica), per il mancato collaudo finale di tutte le opere realizzato con effettuazione di prove di carico;

esistono sentenze precedenti molto significative per evidenziare quanto l’esito del processo possa avere lasciato sgomenta la parte civile: la Corte di appello di Salerno e la Corte di cassazione nel processo relativo al crollo di un solo edificio a Nocera Inferiore (terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980), sentenziarono che la causa doveva essere “l’alta fragilità dell’edificio (che) ha quantomeno agevolato e quindi è entrata in sinergia con l’azione di scuotimento propria del sisma, portando al risultato che costituisce l’evento” (Cassazione Penale, Sezione IV, 16 novembre 1989, n.2643, imp. Magliacane, pagg. 18 e 19);

nonostante tutto quanto esplicitato, come già detto, per il giudice “il fatto non sussiste”, e quindi l’unico responsabile è il terremoto,

si chiede di sapere:

se il Governo fosse a completa conoscenza dei fatti;

se non si ritenga opportuna una tempestiva indagine da parte del Ministero della giustizia presso il Tribunale di Larino;

se non si reputi giusto attivarsi affinché i genitori ed i parenti delle vittime non siano lasciati al loro dolore e al loro sconforto, ma soprattutto perché sia fatta giustizia, affinché siano individuate e punite tutte le responsabilità umane soggettive, imputabili a condotte superficiali, negligenti, omissive, ed in violazione di specifiche normative di legge, da parte di amministratori locali e funzionari pubblici, che hanno fatto sì che a San Giuliano sia stata annientata un’intera generazione di giovanissimi cittadini.