Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-02193

Atto n. 4-02193

Pubblicato il 19 giugno 2007
Seduta n. 170

ROSSA - Al Ministro della giustizia. -

Premesso che:

in base a quanto stabilito dagli articoli del Trattato istitutivo della Comunità europea in materia di libera circolazione dei servizi (artt. 43-48) e di libertà di stabilimento (artt. 49-55) e dalle norme di diritto comunitario che disciplinano il riconoscimento dei diplomi e regolamentano alcune specifiche professioni, gli unici ostacoli alla libera circolazione dei servizi (e, quindi, delle professioni), sono quelli per motivi di ordine pubblico, sanità pubblica e pubblica sicurezza;

è prevista a livello europeo (direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE, modificate dalla direttiva 2001/19/CE) una regolamentazione finalizzata ad agevolare il riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche professionali in base ai quali i privati cittadini possono svolgere una specifica professione;

l'articolo 3 della direttiva 89/48/CEE recita espressamente: "Quando nello Stato membro ospitante l'accesso o l'esercizio di una professione regolamentata è subordinato al possesso di un diploma, l'autorità competente non può rifiutare ad un cittadino di un altro Stato membro, per mancanza di qualifiche, l'accesso a/o l'esercizio di tale professione, alle stesse condizioni che vengono applicate ai propri cittadini:

a) se il richiedente possiede il diploma che è prescritto in un altro Stato membro per l'accesso o l'esercizio di questa stessa professione sul suo territorio, e che è stato ottenuto in un altro Stato membro";

ci sono però delle diversità sostanziali tra l'ipotesi in cui la professione non è regolamentata nel Paese in cui si desidera lavorare e l'ipotesi in cui la professione è regolamentata. Nel primo caso non occorre alcun riconoscimento delle qualifiche e nulla impedisce l'esercizio della professione in qualunque altro paese dell’Unione europea. Nel secondo caso se le qualifiche relative alla professione sono state regolamentate a livello UE - è il caso di un numero limitato di professioni quali medici, infermieri, dentisti, ostetrici, veterinari, farmacisti o architetti - le qualifiche nazionali sono riconosciute automaticamente, consentendo così l'esercizio della professione in qualunque altro Paese dell'Unione europea;

ci sono poi altre professioni regolamentate - come quelle dell'ingegnere o dello psicologo - per le quali occorre richiedere il riconoscimento delle qualifiche nel Paese interessato. Le autorità hanno quattro mesi di tempo per rispondere. Se la formazione presenta notevoli differenze in termini di durata e contenuto rispetto a quella impartita nel Paese d’accoglienza, le autorità possono richiedere delle misure di compensazione come un periodo di esperienza professionale aggiuntiva, un tirocinio di adattamento o una prova attitudinale;

a tale proposito occorre ricordare che la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee in merito al riconoscimento dei titoli professionali è piuttosto rigorosa: i limiti al riconoscimento costituiscono un'eccezione alla regola generale, eccezione che pertanto deve essere adeguatamente motivata e giustificata;

considerato inoltre che:

recentemente il Consiglio di Stato (confermando una precedente sentenza del TAR), proprio con riferimento al caso di esercizio in Italia della professione di psicologo da parte di un cittadino che aveva acquisito il titolo in Austria, ha affermato che non è possibile negare il riconoscimento di diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali, sulla base della mancanza di una qualificazione prevista secondo i parametri giuridici vigenti nello Stato ospitante (sentenza n. 1278/2005);

con la sentenza n. 291/2003, infatti, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Bolzano ha annullato il provvedimento di mancato riconoscimento del titolo professionale di psicoterapeuta conseguito in Austria dal dr. Lanthaler per l’esercizio della professione in Italia, adottato in base all’articolo 3 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo il quale l’abilitazione alla professione di psicologo e l’iscrizione all’albo degli psicologi è condizione necessaria per ottenere l’accesso alla professione di psicoterapeuta;

il Tribunale ha ritenuto che valga, per le professioni, la direttiva 89/48 CEE, relativa ad un sistema generale di riconoscimento di diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni;

in particolare il Tribunale, pur dichiarando non automatico il riconoscimento del titolo professionale di psicologo e legittime le misure compensative (tirocinio di adattamento e prova attitudinale), ha stabilito che il riconoscimento non può essere rifiutato tout court (come nel caso de quo, per mancata iscrizione all’albo degli psicologi) e ha disposto il riesame dell’istanza, in particolare sotto l’aspetto dell’eventuale integrazione dei titoli e delle qualifiche con misure compensative;

considerato inoltre che:

il dott. Bocian, cittadino tedesco da tempo residente in Italia, ha ottenuto in Germania l'abilitazione ad esercitare la professione di psicoterapeuta che ha svolto per diversi anni, oltre ad attività di ricerca scientifica;

dopo essersi trasferito in Italia nel 1999 e dopo aver tentato invano di ottenere il riconoscimento della propria qualifica professionale, il 1° giugno 2006, il dott. Bocian, venuto a conoscenza della suddetta sentenza del Consiglio di Stato, ha inoltrato al Ministero della giustizia un'istanza di riconoscimento del titolo di psicoterapeuta acquisito in Germania. Tale istanza è stata corredata di corposa documentazione, attestante non solo la propria attività di studio e formazione, ma anche le attività di ricerca e professionale svolte successivamente al conseguimento dei titoli di cui si chiede il riconoscimento;

il Ministero ha chiesto ai competenti organi tedeschi se i titoli e le autorizzazioni acquisiti dal dott. Bocian consentissero l'esercizio della professione in tutti i campi della psicoterapia, alla luce del fatto che in Italia per esercitare l'attività di psicoterapia è necessaria l'iscrizione all'albo degli psicologi ed il compimento di una scuola di specializzazione in psicoterapia della durata di quattro anni;

il 10 gennaio 2007 il Ministero ha ricevuto un'articolata risposta ai suddetti quesiti. Nella risposta si precisava che il dott. Bocian aveva ottenuto l'abilitazione professionale per esercitare la professione di psicoterapeuta che, peraltro, aveva svolto per molti anni in Germania;

in seguito alla ricezione di questa lettera il Ministero non ha provveduto, a tutt'oggi, a rispondere alla richiesta di riconoscimento dei titoli, nonostante appaia del tutto ovvio che non sussistono motivi ostativi al riconoscimento in Italia dei titoli professionali acquisiti dal dott. Bocian in Germania e, di conseguenza, all'esercizio della professione di psicoterapeuta;

il Ministero non ha provveduto neanche a mandare una decisione di rifiuto che, comunque, dovrebbe pervenire entro quattro mesi dall'invio della domanda di riconoscimento e dovrebbe essere debitamente motivata,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di dare attuazione a quanto stabilito più volte dalla giurisprudenza italiana in materia di riconoscimento della qualifica di psicologo acquisita negli altri Stati membri dell'Unione europea;

quali iniziative intenda adottare al fine rassicurare i cittadini comunitari riguardo all'applicazione di quanto sancito in modo esplicito dalla direttiva 89/48/CEE, evitando così il ripetersi di situazioni contraddittorie e l'insorgenza di conflitti destinati ad essere risolti in sede giudiziaria;

se non ritenga opportuno e doveroso dare finalmente una risposta a tutti quei cittadini comunitari che sono in attesa del riconoscimento della qualifica professionale per poter esercitare, in modo legittimo, la loro professione in Italia.