Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00070
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Atto n. 1-00070
Pubblicato il 6 marzo 2007
Seduta n. 119
MATTEOLI , BATTAGLIA Antonio , MUGNAI , ALLEGRINI , AUGELLO , BALBONI , BALDASSARRI , BERSELLI , BORNACIN , BUCCICO , BUTTI , CARUSO , COLLINO , CORONELLA , CURSI , CURTO , DE ANGELIS , DELOGU , DIVELLA , FLUTTERO , GRAMAZIO , LOSURDO , MANTICA , MANTOVANO , MARTINAT , MENARDI , MORSELLI , NANIA , PARAVIA , PONTONE , RAMPONI , SAIA , SAPORITO , SELVA , STORACE , STRANO , TOFANI , TOTARO , VALDITARA , VALENTINO , VIESPOLI
Il Senato,
premesso che:
il cambiamento climatico è una delle sfide più importanti che abbiamo davanti e che pone gravi minacce alla prosperità ed alla stabilità della nostra società;
i più recenti rapporti elaborati dagli scienziati dell'Onu e dall'economista inglese Nicholas Stern forniscono dati allarmanti sia sul futuro climatico sia sulle conseguenze che l'effetto serra avrà sullo sviluppo economico delle nostre società;
più del 90 per cento dei 500 scienziati dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), riuniti di recente a Parigi, si è detto convinto che vi sia un rapporto diretto tra attività dell'uomo e riscaldamento terrestre (solo sei anni fa questa ipotesi era sostenuta dal 60% degli studiosi), una quasi unanimità che deve far riflettere e deve dare coraggio alla nostra azione;
gli stessi scienziati dell'Onu hanno anche presentato le nuove proiezioni sui cambiamenti climatici che dicono che l'aumento probabile della temperatura sarà tra 1,8 e 4 gradi entro il 2100 e che l'aumento del livello degli oceani, dovuto al riscaldamento dell'atmosfera ed allo scioglimento dei ghiacci, sarà compreso tra un minimo di 18 centimetri ed un massimo di 58 centimetri, sempre per la stessa data, con conseguenze per decine di milioni di persone che dovranno abbandonare le aree sommerse;
la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera (380 parti per milione), secondo l'Ipcc, è la più alta mai registrata negli ultimi 650 mila anni e l'aumento dell'anidride carbonica è stato di oltre il 35 per cento negli ultimi 200 anni;
nello stesso tempo l'economista inglese Nicholas Stern ha valutato che bloccare il cambiamento climatico in atto costerebbe oggi l'1 per cento del Pil mondiale, ma se si facesse tra 10 o 20 anni i costi sarebbero tra il 5 e il 20 per cento del Pil con risultati minori perché parte del cambiamento sarebbe irreversibile;
il Protocollo di Kyoto ha fornito gli strumenti per raccogliere la sfida, anche se tutti sono ormai consapevoli che il Protocollo non è sufficiente per arrestare l'aumento dei gas serra in atmosfera. Non è sufficiente perché gli obiettivi posti, frutto di una difficile mediazione, sono stati fissati al ribasso, e non è sufficiente perché ne sono fuori paesi industrializzati come gli Stati Uniti e paesi emergenti come Cina, India e Brasile che sono e saranno i paesi a più alte emissioni di anidride carbonica;
secondo il Rapporto 2005 dell'Agenzia internazionale dell'energia, il consumo mondiale di energia da qui al 2030 aumenterà del 55 per cento, determinando un pari aumento delle emissioni globali di CO2 e a fare la parte del leone saranno proprio le economie emergenti: appunto Cina, India, Brasile, Sud Africa, Indonesia che contribuiranno ai due terzi dell'aumento dei consumi e delle relative emissioni;
questo scenario, insieme agli ultimi rapporti, sollecitano quindi ad agire con maggiore risolutezza, ma occorre essere tutti consapevoli che se si vuole affrontare il problema climatico in maniera credibile e pragmatica si deve costruire oggi una prospettiva per il dopo Kyoto che coinvolga il maggior numero possibile di paesi;
occorre quindi uno sforzo a livello mondiale per stringere, da una parte, un patto ambientale per il dopo Kyoto con Stati Uniti, Cina, India, Brasile affinché si pongano obiettivi di riduzione dei gas serra e per disseminare, dall'altra, tecnologie a basso contenuto di carbonio nei paesi in via di sviluppo;
considerato che:
nello stesso rapporto l'economista britannico Nicholas Stern mette in luce che non servono misure unilaterali per combattere i cambiamenti climatici, ma serve uno sforzo mondiale. Stern fa anche un esempio: se la Gran Bretagna chiudesse domani tutte le sue centrali elettriche, la riduzione delle emissioni verrebbe vanificata in soli 13 mesi dalla crescita inquinante della Cina;
di fronte a questo scenario in cui l'Europa diventerà sempre più marginale sul palcoscenico globale delle emissioni, i paesi dell’Unione europea potranno avere invece un ruolo di primo piano: intensificare il lavoro diplomatico di pressione e di persuasione nei confronti di quei paesi che oggi non fanno parte del protocollo di Kyoto, ma che dovranno dopo il 2012 se si vuole realmente incidere sulla lotta ai cambiamenti climatici;
sarebbe opportuno convincersi che non ci sarà un dopo Kyoto se non si coinvolgono paesi come Stati Uniti, Cina, India, Brasile; che non ci sarà un dopo Kyoto se questi paesi non si impegneranno a ridurre le loro emissioni di anidride carbonica. L'Europa può decidere di andare avanti, ma deve essere consapevole che la sua battaglia solitaria avrà un impatto minimale sul fronte dei cambiamenti climatici ed un impatto insostenibile sulla competitività del suo sistema produttivo;
la Commissione europea di recente ha presentato un pacchetto di misure che ha come limite temporale il 2020 per affrontare la sfida climatica. Le proposte della Commissione per abbassare le emissioni di anidride carbonica passa soprattutto attraverso un mix energetico che vede al primo posto l'aumento delle fonti rinnovabili, che dovranno costituire il 20 per cento nel 2020 con un aumento della quota di biocarburanti pari al 10 per cento: un passo importante, perché per la prima volta ufficialmente a livello europeo - il Governo del centro-destra lo aveva fatto in un Consiglio informale dei Ministri dell'energia e dell'ambiente a Montecatini - sono state considerate prioritariamente le convergenze delle politiche ambientali con quelle energetiche nella lotta al mutamento climatico;
durante gli anni del Governo di centro-destra, l'Italia si è fortemente impegnata sul Protocollo di Kyoto; giova ricordare che nel mese di maggio 2002 è stato approvato il disegno di legge di ratifica del Protocollo di Kyoto che conferma la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra nella misura del 6,5 per cento entro il 2012 e nello stesso tempo individua misure più flessibili e meno onerose rispetto a quelle definite nel 1998 a Kyoto;
il 19 dicembre 2002 è stato approvato dal Cipe il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra, piano aggiornato a febbraio 2004, che prevede misure nazionali e misure di cooperazione tecnologica internazionale per centrare l’obiettivo di Kyoto;
la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), ha previsto un primo stanziamento per Kyoto rivolto soprattutto all'innovazione tecnologica come i progetti per la diffusione della microgenerazione diffusa, che a regime sarebbero in grado di ridurre le emissioni di CO2 di 10 milioni di tonnellate l'anno, e l'idrogeno;
sembrano ormai chiari gli interventi necessari per centrare gli obiettivi di Kyoto e andare oltre, e ciò è confermato dall'avvio della loro realizzazione: essi passano attraverso una minore dipendenza dai combustibili fossili per la produzione energetica, trasporti più puliti (a questi due settori entro il 2020 sarà imputato il 75 per cento delle emissioni globali di CO2), aumento dell'efficienza negli usi finali e risparmio energetico (che potranno contribuire al 65 per cento della riduzione delle emissioni), incentivazione delle fonti alternative, stop alla deforestazione ed interventi di forestazione;
pur avendo strumenti e risorse economiche a disposizione, occorre tenere in considerazione gli ostacoli rappresentati dalla riluttanza di alcuni paesi ad impegnarsi e dagli interessi consolidati di alcuni settori produttivi;
è indispensabile che il settore dell'industria valuti l'importanza del Protocollo di Kyoto che può rappresentare una grande occasione per rendere concreta la visione dell'ambiente come occasione di sviluppo, al fine di diventare maggiormente competitive sui mercati globali;
secondo alcuni studi, se l'Italia, per rispettare il Protocollo di Kyoto, dovesse intervenire riducendo le emissioni soltanto all'interno del proprio sistema produttivo, che gode già di un'alta efficienza energetica, avrebbe costi tre o quattro volte superiori a quelli della Germania e di altri paesi dell'Unione europea, meno efficienti a livello energetico;
tuttavia, occorre tener presente che nel breve periodo l'applicazione del Protocollo comporterà aumenti in termini di costi, che incideranno anche sulle utenze elettriche;
l'attuazione di questo grande piano di difesa del clima ha bisogno quindi di scelte politiche coraggiose che producano un vero e proprio shock tecnologico ed una rivoluzione energetica;
gli scriventi sono convinti che l'implementazione a livello mondiale di questa strategia per la difesa del clima possa, da una parte, mettere al sicuro il pianeta dai cambiamenti climatici e, dall'altra, risolversi in una nuova crescita per l'economia,
impegna il Governo ad assumere iniziative volte a:
calibrare in maniera corretta il sistema europeo dell'emission trading in modo da evitare che settori industriali italiani ad alta efficienza paghino, attraverso l'acquisto di quote, lo sviluppo di settori europei meno efficienti;
proseguire sulla strada dell'utilizzo dei meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto. I progetti di cooperazione internazionale avviati dal Ministro dell'ambiente del passato Governo, soprattutto nei settori energetici, forestali ed industriali, potrebbero consentire una riduzione equivalente fino a 60 milioni di tonnellate di anidride carbonica l'anno con un costo inferiore di oltre il 50 per cento rispetto a quello necessario per i programmi in ambito nazionale. In questo modo si potrebbero ottenere due risultati: promuovere i progetti di imprese italiane a livello internazionale, soprattutto nelle economie emergenti, come dimostra il programma in Cina avviato dal precedente Governo, e ridurre significativamente i costi per le imprese italiane;
rifinanziare il Fondo istituito presso la Banca Mondiale al fine di promuovere i progetti di cooperazione. Il mancato rifinanziamento del Fondo da parte dell'attuale Governo compromette infatti la possibilità di sviluppare progetti e di acquisire crediti;
investire nelle energie rinnovabili ed incentivare le nuove tecnologie energetiche che daranno vantaggi all'ambiente, ma anche alla competitività delle imprese nazionali; si cita, a titolo di esempio, la cogenerazione distribuita ad alta efficienza che consente di produrre energia ad alti livelli di efficienza (circa il 90 per cento contro il 50 per cento delle centrali più moderne) e permette di recuperare i gas di scarico prodotti dalla combustione per produrre ulteriore energia, tecnologia questa in cui l'Italia è all'avanguardia; le tecnologie dell'idrogeno; la microcogenerazione diffusa; la produzione di CDR di qualità dai rifiuti da utilizzare come combustibile per la produzione di energia che da solo permette di ridurre 10 milioni di tonnellate di CO2;
scorporare, come proposto nella XIV Legislatura dal Ministro dell'ambiente pro tempore , gli investimenti per Kyoto dal patto di stabilità.